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filosofo italiano (1898-1969) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Siro Contri, anagraficamente Luigi Sirio Contri (Cazzano di Tramigna, 27 maggio 1898 – Pegli, 1969), è stato un filosofo e storico della filosofia italiano cattolico allievo di Giuseppe Zamboni. Elaborò una minuziosa critica al pensiero logico di Hegel, di cui mise in rilievo le incongruenze gnoseologiche e metodologiche che portano all'errata concezione hegeliana della realtà come vita dell'idea. Rovesciando l'immanentismo hegeliano, Contri scoprì un mondo di realtà sviluppando una concezione della filosofia della storia che denominò storiosofia.
Nacque a Cazzano di Tramigna (Verona) il 27 maggio 1898; fu alunno del Collegio Don Mazza di Verona riservato a studenti indigenti dotati e meritevoli, si diplomò allo storico Liceo classico Scipione Maffei[1].
Nel 1917 partecipò alla prima guerra mondiale e cadde prigioniero nel 1918 e trattenuto a Dunaszerdahely nella attuale Slovacchia.
Nel 1921 si laureò a Padova in Filosofia.
Nel 1923 entrò nella redazione del quotidiano di Bologna L'Avvenire d'Italia. Fu discepolo fervente di Giuseppe Zamboni, di cui accolse e sostenne la dottrina della gnoseologia pura. In alcune occasioni il Contri si descrisse come elaboratore in contemporanea al suo maestro Zamboni di alcune teorie, collegate all’estetica ma non solo[2]. Insegnò storia e filosofia al Liceo classico S. Luigi di Bologna dei padri Barnabiti. Intensificò l’attività di pubblicista e collaborò con il Corriere d'Italia, Il popolo veneto di Padova, L'Avvenire d'Italia[3], Il Carroccio[4], Il Nuovo cittadino[5] e La rivista pedagogica. Tenne conferenze, alcune delle quali furono pubblicate, al “Circolo di Cultura” di Bologna[6].
Nel 1931 in difesa e sostegno a Giuseppe Zamboni iniziò una vivace polemica con l'Università Cattolica di Milano in particolare contro padre Agostino Gemelli, Francesco Olgiati e Amato Masnovo[7]. Uno dei primi atti dello scontro filosofico fu la conferenza al Circolo di Cultura di Bologna su La filosofia scolastica in Italia nell'ora presente. A cui seguì la risposta firmata da Olgiati. Nel 1932 Zamboni, il maestro e amico di Contri, fu espulso da Gemelli con il supporto di Olgiati e Masnovo, dall'Università Cattolica con la motivazione di allontanamento dall'ortodossia tomistica e con accusa di non conformità al Magistero della dottrina cattolica. Ad alcuni testi di Zamboni fu tolto l’imprimatur. Molti anni più tardi queste accuse sollevate a Zamboni risultarono errate e Zamboni fu riabilitato anche se tardivamente con la testimonianza di personalità quali Sofia Vanni Rovighi[8]. Contri pubblicò la Lettera a S. Santità Pio XI sull'interpretazione di S. Tommaso in prosecuzione della lunga polemica contro i rappresentanti dell'Università Cattolica di Milano. Li accusò di mantenere una posizione chiusa a ogni proposta di rinnovamento del pensiero cattolico, mantenendolo ancorato ad un tomismo corretto, ma non più sufficiente ad interpretare le dinamiche innovazioni della società industriale e di dare un'adeguata interpretazione della storia. Contrì definì la posizione della Cattolica con il termine da lui coniato di “archeoscolastica”. La posizione “archeoscolastica” della Cattolica di Milano, di una conoscenza dell’ente indimostrata e a priori, era bersaglio di critiche da parte di filosofi cristiani e non che la ritenevano inadeguata nell’ambito del pensiero moderno[9]. Contri sostenne che la dimostrazione della conoscenza dell’ente data dalla Gnoseologia Pura di Zamboni superava definitivamente tali critiche e ridava certezza dimostrata della conoscenza e dell’esistenza di Dio.
Sul giornale di Milano L'Ambrosiano, numeri 5, 8, 10, 15, 29, Contri accusò di plagio padre Agostino Gemelli per aver pubblicato nella monografia Il mio contributo alla filosofia neoscolastica (Milano, 1926) pagine già scritte da Desiré Mercier e da Maurice De Wulf[10], senza indicare le citazioni. Gemelli diede le dimissioni da rettore dell'Università Cattolica, ma rimase in carica. Successivamente a questo episodio, Contri fu licenziato come insegnante dal Liceo classico San Luigi dei padri Barnabiti di Bologna. Il professor Ferdinando Napoli, generale dei Barnabiti, cultore di scienze naturali, venne depennato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, allora presieduta dal Gemelli. Venne dato ordine ai giornali cattolici di non pubblicare più articoli a firma di Siro Contri[6].
Nel 1933 Contri, continuando la difesa della dottrina del suo maestro Zamboni, fondò la rivista quadrimestrale di polemica e di dottrina neoscolastica “Criterion”. La rivista di cui Contri era il direttore responsabile fu pubblicata dal 1933 al 1941. Il confronto con l’Università Cattolica di Milano continuò negli anni successivi con relazioni a numerosi congressi di cui Contri diede resoconto sulla rivista[11].
Contri tornò all’insegnamento nel 1934 quando fu nominato titolare di cattedra, al liceo classico di Ivrea. Nel 1936 incontrò Irene Baggio con cui si unì in matrimonio e ebbe tre figli.
Sulla rivista Criterion apparvero intanto i primi saggi del Contri sui suoi studi hegeliani che prelusero all'opera definitiva del '38, '39, '40: La Genesi fenomenologica della Logica hegeliana. L’opera fu pubblicata sulla rivista Criterion a capitoli a partire dal gennaio 1938 e l’ultima parte nel 1941.
Dal 1942 al 1945 Siro Contri partecipò attivamente agli organi culturali del fascismo[12] e a frange cattoliche aderenti al partito fascista. Durante la svolta fascista, giudicata da alcuni autori” tardiva ed oggettivamente incomprensibile”, Contri scrisse su giornali quali Il Secolo Fascista, Quadrivio, Il Regime Fascista,[13] Il meridiano di Roma e La Crociata Italica. Contri si avvalse della tribuna offerta da queste testate per promuovere i suoi studi filosofici e criticò filosoficamente un, da lui definito, pensiero ebraico negli scritti di Spinoza, Durkeheim e Bergson. Il 28 aprile 1942, presso la R. Università di Milano, tenne una lezione apertamente antisemita, successivamente pubblicata con il titolo "Pervertimenti giudaici nella filosofia" (ed. Criterion, Salsomaggiore). Dal 25 aprile 1945, dopo la guerra, per questa sua compromissione politica con il fascismo Contri fu sospeso dall’insegnamento[14].
Dal 1947 Contri riprese il ruolo di insegnante presso il Liceo classico Giuseppe Parini di Milano[15] e tenne conferenze su studi hegeliani e biblici. Nel 1948 sorse una disputa con Giuseppe Zamboni in seguito all'articolo Il campo della gnoseologia, il campo della storiosofia, Verona, 1948, in risposta alla pubblicazione del Contri Dallo storicismo alla storiosofia, Verona, Albarelli, 1947[16]. Il carteggio Controversia Zamboni-Contri è conservato presso la Biblioteca Capitolare di Verona.[17]
Nel 1952 fu docente in Storia della filosofia all'Università di Milano. Prese parte attiva a congressi tomistici internazionali e a congressi rosminiani.
Dal 1957 partecipò attivamente alla “Missione di Milano”, lanciata dall’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini.
Come riconoscimenti ai suoi studi nel 1958 conseguì alcuni premi, fra i quali uno indetto dall'Angelicum sul tema “Quid est veritas”, e una segnalazione all'Accademia dei Lincei per l'opera: Punti di trascendenza nell'immanentismo hegeliano, Milano, LSU, 1955.
Nel 1968 andò in pensione. Morì a Pegli nel gennaio del 1969.
Siro Contri fu discepolo e, secondo Gaetano Peretti, geniale continuatore di Giuseppe Zamboni. Contri così potrebbe definire la situazione filosofica di oggi: "Il mondo del pensiero, perduta la bussola non teologica d'orientamento, è costituito da una miriade di metafisiche che cozzano le une contro le altre tanto da definirsi heghelianicamente come il divenire in sé, che è puro fenomenismo."[1]
A tale fenomenismo corrispondono molteplici fenomenologie. Per esempio quella di Martin Heidegger, afferma: "il reale è un solo, una totalità onniafferrante (Hegel direbbe begriff), tanto come essere quanto come niente". Anche Heidegger poi tenta la via della salvezza ammettendo la realtà del mondo esterno come di un che[ente?], che resiste al soggetto, ponendosi nel solco del pensiero di Zamboni. In questo modo Heidegger ha toccato "il problema che si volle e che si vuole eludere: la realtà del mondo esterno. Esistono queste realtà, come la mia realtà, indipendentemente dal pensarle?"
Per dare risposta a questo interrogativo cruciale, secondo Siro Contri è necessaria la gnoseologia pura di Giuseppe Zamboni.
Il filosofo veronese Giuseppe Zamboni, secondo Contri, scoprì la risoluzione definitiva del problema della certezza della conoscenza umana, con la fondazione della gnoseologia pura. Essa permise di risolvere il problema dell'esistenza di Dio, riavvalorando criticamente le cinque vie della dimostrazione di San Tommaso d'Aquino. Sono meriti del metodo filosofico di Zamboni il poter affermare "la sostanzialità del mio io personale, la mia realtà individua e dimostrare l'esistenza di Dio, trascendente, personale".
Il metodo zamboniano distingue gli elementi della conoscenza umana tra sensazioni, che sono sempre oggettive, e stati d'animo e tra questi "quello stato d'animo che è anche atto: l'attenzione". Gli stati d'animo sono sempre soggettivi. Nel tentativo di fare una descrizione sintetica del metodo zamboniano Gaetano Peretti così scrisse: Zamboni "riesce a cogliere la realtà del proprio io, nei suoi atti e stati. Essi sono reali, perché immediatamente presenti all'io, e se sono reali gli accidenti dell'io, perché essi sono modo di essere dell'io, reale è l'io, come sostanza, cui essi ineriscono. Perciò dall'immediata certezza della realtà degli accidenti di un ente si giunge alla certezza della realtà sostanziale dell'io."[17]
La descrizione di Peretti, continua affrontando il tema della dimostrazione della realtà dell'ente:" Si fonda così nell'esperienza immediata ed integrale il concetto di ente, che non è più necessario assumere acriticamente, come qualcosa di razionalmente immediato, pena l'impossibilità di una logica razionale. L'assunzione acritica del concetto di ente è propria del neotomismo dell'Università Cattolica, che in un suo autore, Amato Masnovo, perviene alla sua massima teorizzazione nel "mio hic et nunc diveniente atto di pensiero". Ma con questo l'ente è solo pensato e ammesso acriticamente come pensiero, è un presupposto, mentre nella gnoseologia zamboniana è il risultato di un processo di astrazione, che deriva da una realtà immediatamente presente all'autocoscienza dell'io, che non ha la natura del pensiero, non è pensiero essa stessa, ma qualcosa di diverso. Si può pertanto uscire dalla formula logica della ragion sufficiente, che è sempre e comunque razionalista e riduce al razionalismo anche il neotomismo. Nell'ambito dell'esperienza immediata ed integrale si scopre invece non la ragion sufficiente, ma la sufficienza ad esistere o no. E la fondazione ed il ripensamento delle prove dell'esistenza di Dio, e in particolare della terza via tomistica, diventano inoppugnabili. Nessuno più può dubitare dell'esistenza del sufficiente ad esistere, che è Dio."[18]
Secondo Peretti la fondazione gnoseologica della metafisica è il più grande merito di Giuseppe Zamboni.
L'ambiente filosofico dell'Università Cattolica non accettò la gnoseologia zamboniana e fondò la metafisica sul concetto di ente, assunto acriticamente, come un presupposto indimostrabile. Esso finì per identificarsi con l'ente di ragione, non sfuggendo all'insidia hegeliana, che lo aveva dialettizzato sia come essenza che come esistenza. La dialettica negativa di Hegel produsse ben presto nella corrente neotomista di Milano (ma anche in altre università cattoliche) i suoi effetti devastanti. Siro Contri, aveva messo in guardia i neotomisti dalla fraus hegeliana, che si svela nell'antitesi come negazione.
Seguendo la metodologia gnoseologica zamboniana, Siro Contri ha affrontato Hegel, il "padre del fenomenismo" compiendo una minuziosa e sistematica analisi della fenomenologia hegeliana. Dopo averle individuate ha messo in rilievo le incongruenze gnoseologiche e perciò metodologiche degli scritti e del pensiero di Hegel, che sfocia nella concezione della realtà come vita dell'idea, presentandola "come uno svolgimento dialettico del begiff, come qualche cosa che non mai in sé, ma diviene eternamente in sé e per sé".
Contri resa evidente questa impostazione, anima del fenomenismo, e scoperta nella deficienza gnoseologica e pertanto metodologica, derivata dall'impostazione razionalista ed empirista che al fondo dello stesso criticismo, rovescia l'immanentismo hegeliano, che si gli scopre non più come mondo di idee, ma di realtà, di cui ognuna è altro del suo altro, in un ordito cosmologico, di cui la storia dell'uomo rappresenta l'essenza. Ed ecco la storiosofia[19] contriana, che reclama, al posto dell'immanentismo gnoseologicamente insostenibile, la trascendenza della trama di questo ordito, che a questo punto in sé e per sé non può più essere spiegato (si ricordi che l'anima della spiegazione hegeliana è la "negazione"!). Tale trascendenza prova l'esistenza di un Dio trascendente, che ha concepito la trama creando le realtà ordito di questa trama, di realtà in reciproca relazione, in cui non c'è membro che sia fermo. In questo ordine si risolvono in modo nuovo i rapporti tra le realtà, e per esempio tra l'anima e il corpo, superando così gli scogli di una spinosa questione di eredità aristotelica, di grande importanza anche oggi, in cui le realtà terrene e spirituali non trovano la sintesi equilibratrice[16].
La storiosofia contriana rappresenta uno sviluppo realizzato da Contri del metodo di Zamboni, considerandolo la via per rinnovare tutta la filosofia "poiché esso non è storicismo filosofico, non è naturalismo, è anti positivistico, non è speculazione, ma metodo appunto, (metodo) che da secoli la filosofia europea ha cercato, perdendolo oggi nella disperazione del momento."[20]
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