La settimana è un periodo di tempo ciclico, regolare e costante di sette giorni, che dipende dal calendario lunisolare:[1][2] l'unità cronologica minima che questo prende in considerazione, infatti, è una singola fase lunare tra le quattro principali mensili, nell'interazione fra i due luminari, il Sole e la Luna.

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Illustrazione delle sette divinità germaniche che danno il nome ai corrispondenti giorni della settimana, su una stampa olandese:[3] Zon-Domenica, Maan-Lunedì, Tuisco-Martedì, Wodan-Mercoledì, Thor-Giovedì, Friga-Venerdì, Seater-Sabato.

Il sette è inoltre un numero ricorrente nelle antiche scuole di esoterismo, al quale tradizionalmente venivano ricondotti i principi primordiali della realtà.[4]

Storia

La settimana aveva una valenza sacra in tutta l'area mesopotamica, culla anche della cultura ebraica e del suo calendario, in cui la sua istituzione risulta fra le più antiche. L'osservanza del sabato (il settimo giorno) e la cadenza settimanale sono accertate solo dopo l'esilio da Gerusalemme, cui gli ebrei furono costretti a seguito della conquista babilonese del 586 a.C., ma probabilmente l'uso preesisteva da molto.[5]

La settimana entrò anche nella pratica dei Caldei, caratterizzandosi, come era tipico della loro cultura, con una connotazione astrologica. La loro concezione del tempo era infatti più qualitativa che quantitativa. I Caldei associarono cioè ogni ora del giorno ad un pianeta, che ne determinava la qualità: l'associazione ad un certo pianeta rendeva in tal modo una certa ora adatta ad una specifica preghiera e ad un culto divino; vi erano pianeti che sovrintendevano agli affari, altri ai sentimenti, e così via. La vita dei fedeli veniva scandita con un sistema di rapida successione di diverse possibili attività a seconda del trascorrere delle ore.

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Tavola delle «ore ineguali» o «planetarie» di Egnazio Danti, che associa ogni pianeta al rispettivo giorno della settimana: la prima ora è quella che determina la qualità planetaria dell'intera giornata; ad esempio il sabato è associato a Saturno, la domenica al Sole, e così via. Le ore successive sono associate a pianeti diversi a seconda dei giorni della settimana.[6]

I pianeti conosciuti nell'astronomia antica erano appunto sette; il termine pianeta, dal greco πλανήτες, planétes, significa «mobile» o «vagante», perché essi si muovevano nel cielo rispetto alle stelle fisse, anche con alcune irregolaritá[7]. Associati a precise qualità astrologico-mitologiche, erano i seguenti, con accanto il glifo che li identificava:

Questi nomi sono di origine latina, e sono i corrispondenti romani di quelli greci. L'ordine è quello in uso tra gli astronomi di epoca ellenistica, e corrisponde all'ordine dei periodi orbitali o delle distanze dalla Terra decrescenti, definiti ad Alessandria d'Egitto probabilmente nel II secolo a.C. Notiamo che Saturno è padre di Giove, che a sua volta lo è di Marte, di Apollo (cui è associato il Sole), di Venere e di Mercurio. Un ruolo a parte ha la Luna nell'Olimpo greco (Selene) e romano.

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Schema di confronto tra l'ordine dei pianeti classici, disposti a cerchio secondo la loro progressiva distanza dalla Terra (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), e la sequenza dei giorni della settimana che si ottiene congiungendo con una linea retta i punti più estremi fino a comporre una stella a sette punte (ettagramma).

Il pianeta che governa la prima ora è per i Caldei il pianeta dominante della giornata e ne caratterizza la qualità;[8] il giorno prende nome da questo pianeta.

Dalla successione dei pianeti governatori delle prime ore otteniamo la successione dei giorni della settimana. Se la prima ora di oggi è associata alla Luna vuol dire che oggi è lunedì; scorrendo le 24 ore e la corrispondente serie di pianeti si vede che la prima ora di domani è associata a Marte; quindi domani è martedì e così via.[8] Più semplicemente l'ordine della sequenza dei giorni della settimana si ottiene percorrendo i lati della stella a sette punte della figura qui riportata nel senso indicato dalla freccia.

Dai Caldei, attraverso i Greci, i nomi e le qualità dei giorni della settimana sono arrivati ai Romani nella forma latina seguente:

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Mosaico romano ad Italica (Spagna), nella Casa del Planetario, che raffigura i giorni della settimana nelle sembianze delle sette divinità pianetarie (Venere al centro, poi a partire da destra, in senso antiorario, Giove, Saturno, Apollo, Luna, Marte, Mercurio).
Lo stesso argomento in dettaglio: Calendario romano.

Il calendario settimanale si diffuse a Roma e in tutto l'Impero; fu il suo valore astrologico a decretarne il successo e a farne una istituzione del calendario: nel I secolo a.C. era già introdotto a Roma; certamente lo era dopo la conquista dell'Egitto ad opera di Augusto (30 a.C.) se non prima.

Ai tempi della Repubblica i Romani usavano un ciclo di 8 giorni detto nundinum che significa (periodo) di nove giorni[11], soprattutto ad uso dei mercati: i calendari romani portavano l'indicazione del giorno delle nundinae con una lettera (A-H) che accompagnava tutti i giorni dell'anno. Le nundinae sono state in uso fino al II secolo d.C., poi vennero soppiantate dalla settimana.

I primi cristiani erano di origine ebraica, usavano la settimana ebraica e onoravano il sabato. Il graduale allontanamento dall'originale matrice ebraica che caratterizzò lo sviluppo del cristianesimo antico, si manifestò in molti modi e anche nella liturgia festiva. Il giorno sacro è quello nel quale Cristo è risorto e questo secondo i vangeli è avvenuto in un giorno successivo al sabato; di qui la decisione di rendere festivo il giorno successivo al sabato, cioè il dies Solis che divenne dies Domini.

I cristiani mantennero l'uso della settimana, anche per loro un istituto divino, ma cambiarono il giorno dedicato al Signore e successivamente proibirono (sinodo di Laodicea, 360 circa) di celebrare il sabato.

La settimana ebraica si trasferì dunque con le variazioni citate in quella cristiana, che a Roma si fuse con quella astrologica. L'astrologia si era diffusa nell'Impero romano prima e più velocemente del cristianesimo, e quando la Chiesa conquistò la supremazia religiosa nell'Impero (inizio del IV secolo) l'uso era ormai molto ben radicato. I cristiani cercarono di imporre nuovi nomi in sostituzione della terminologia pagana ma non riuscirono a cambiare una tradizione popolare ormai consolidata. Vi riuscirono invece i cristiani ortodossi, che mantennero una nomenclatura simile a quella ebraica.

Ai margini dell'Impero, ad esempio in Britannia e Germania, la diffusione del cristianesimo avvenne più tardi, e qui i nomi astrologici sopravvissero: né il sabato, né la domenica sono entrati nell'uso. I popoli sassoni e nordici hanno tradotto i nomi delle divinità latine nei corrispondenti locali:

Nell'odierno inglese, il sabato rimase dedicato al dio romano Saturno e diviene Saturday. La domenica dei romani era il primo giorno della settimana e a partire da Costantino I divenne un giorno festivo dedicato al Sol Invictus. Sole in inglese si dice Sun, quindi domenica è il "giorno del Sole" o Sunday. Il lunedì era il secondo giorno della settimana, dedicato alla Luna (Moon) quindi Monday, ecc.

In tedesco la denominazione dei giorni (Tag) della settimana è simile all'inglese: sabato è Samstag, domenica è Sonntag (Sonne è il Sole), lunedì è Montag, ma la parola "mercoledì" (Mittwoch) significa «metà della settimana» (iniziando a contare da domenica).

Quindi la settimana astrologica che oggi usiamo è nata da un complesso di contributi:

  • ebraico: come istituzione sacra
  • egizio: la suddivisione del giorno in 24 ore
  • caldeo: le corrispondenze astrologiche
  • ellenistico: ordine dei pianeti
  • latino: nomi dei pianeti
  • cristiano: emancipazione dalla matrice giudaica e definitiva consacrazione e diffusione della settimana

Gli ebrei chiamano il pianeta Saturno "Shabtai", cioè il pianeta del sabato: adottando un processo inverso a quello dei caldei, hanno dato al pianeta il nome del giorno della settimana.

Anche l'Islam adottò la settimana, seppure con variazioni del giorno festivo e del suo nome, analogamente a quanto fecero i cristiani.

La settimana nell'anno

Nei calendari moderni la settimana corrisponde a sette giorni.

Un anno è composto da poco più di 52 settimane:

Lo standard internazionale ISO 8601 assegna anche un numero a ogni settimana dell'anno.

Le settimane che si trovano parte in un anno e parte in un altro vengono considerate appartenenti all'anno che le contiene per almeno quattro giorni:

la settimana 01 dell'anno è quindi la prima settimana che contiene quattro o più giorni del nuovo anno.

Può essere anche equivalentemente definita come:

  • la settimana che contiene il primo giovedì dell'anno;
  • la settimana che contiene il 4 gennaio;
  • la settimana che inizia con il lunedì fra il 29 dicembre e il 4 gennaio.

Ne deriva che se il 1º gennaio è un lunedì, martedì, mercoledì o giovedì allora è nella settimana 01. Se è un venerdì, sabato o domenica allora appartiene all'ultima settimana (52ª o 53ª) dell'anno precedente.

Anni di 52 o 53 settimane

Ancora secondo lo standard internazionale ISO 8601, in un anno sono presenti 52 o 53 settimane: in questo modo ogni anno può essere composto di 52 o seppure più raramente di 53 settimane.

Gli anni costituiti di 53 settimane possono essere individuati secondo la definizione:

  • anni comuni che iniziano di giovedì (lettera domenicale D) e anni bisestili che iniziano di mercoledì (ED) o giovedì (DC)

o anche, in modo equivalente:

  • anni comuni che terminano di giovedì (lettera domenicale D); anni bisestili che terminano di giovedì (ED) o venerdì (DC)
  • anni comuni in cui il 1º gennaio e il 31 dicembre ricorrono entrambi di giovedì; anni bisestili in cui il 1º gennaio e il 30 dicembre ricorrono entrambi di mercoledì o di giovedì.

L'anno liturgico è composto di 52 o 53 settimane (fanno ovviamente eccezione gli anni liturgici a cavallo dell'adozione del calendario gregoriano. Per i paesi cattolici l'anno liturgico contenente la Pasqua 1582 ha 350 giorni ossia 50 settimane).

Altri usi del termine

Note

Bibliografia

Voci correlate

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