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frazione del comune italiano di San Vincenzo Valle Roveto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Roccavivi (La Rocca in dialetto locale) è la frazione più popolosa del comune di San Vincenzo Valle Roveto (AQ) di circa 1 100 abitanti[1].
Roccavivi frazione | |
---|---|
Roccavivi vista dal santuario della Madonna delle Grazie | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Abruzzo |
Provincia | L'Aquila |
Comune | San Vincenzo Valle Roveto |
Territorio | |
Coordinate | 41°48′43.9″N 13°32′12.5″E |
Altitudine | 470 m s.l.m. |
Abitanti | 1 083[1] (2011) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 67050 |
Prefisso | 0863 |
Fuso orario | UTC+1 |
Targa | AQ |
Cl. sismica | zona 1 (sismicità alta)[2] |
Nome abitanti | roccavivesi (localmente rocchiciani) |
Patrono | san Silvestro |
Giorno festivo | 31 dicembre |
Cartografia | |
Roccavivi è situata a sud della valle Roveto a 470 m s.l.m.[1] È posta alle pendici del monte Pizzo Deta che segna il confine sud-occidentale dell'Abruzzo con il Lazio, lungo la catena dei monti Ernici. Il paese confina a sud con Balsorano, a nord con San Vincenzo Valle Roveto, ad est con la frazione di San Giovanni Valle Roveto e ad ovest con il territorio comunale di Veroli (FR).
Dista circa 2,5 chilometri dalla sede municipale di San Vincenzo Valle Roveto Inferiore[3].
Non ci sono certezze sull'origine del toponimo Roccavivi.
L'ipotesi più accreditata lega il nome al borgo originario denominato Castro Rivo Vivo che era attraversato dalle acque precipitose di un ruscello. Una supposizione è quella che lega il nome del luogo agli abitanti sopravvissuti ad un'antica sciagura, di cui però non si hanno riscontri di carattere storico.
Di certo il borgo originario essendo posizionato in altura alle pendici del Pizzo Deta acquisì, dopo l'edificazione della torre e del borgo fortificato, il termine Rocca, proprio della fortificazione dominante sulla valle Roveto. In un antico documento dell'archivio gentilizio Caetani presso il castello di Sermoneta (LT) è riportato il nome del borgo antico: "... ecclesiarum Sancti Pauli et Sancti Stephani sitarum Roccae de Vivo in Valle Urbeti". In altri documenti storici ed ecclesiastici appare citato perlopiù come "Rocca Rivi Vivi", "Rocca de' Vivo" e "Rocca Vivorum". I primi accenni risalgono al 1089 come "Rivo Vivo", successivamente il borgo risulta citato nel Catalogo dei Baroni e in altri atti medievali[4].
L'antico stemma dell'universitas riporta la scritta "Rocca de Vivi", toponimo apparso per la prima volta in un documento del 1677[4][5].
Il nucleo primordiale di Roccavivi si formò gradualmente con l'unione degli abitanti che vivevano nei casali situati presso le chiese di Santo Stefano e di San Paolo. Una chiesa che alcuni storici locali hanno ricondotto al borgo rovetano è quella di Santo Stefano in Valle Sorana donata nel 745 dal duca longobardo di Benevento, Gisulfo II, al monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno[6].
Di sicuro il borgo originario fortificato di Roccavivi, l'incastellamento detto di Roccavecchia, fu fondato intorno alla torre medievale tra l'XI e il XII secolo[7]. Incluso originariamente nella contea dei Marsi, dall'anno 1208, per circa un secolo, fece parte della contea di Sora, concessa al fratello Riccardo, dei conti di Segni, da Papa Innocenzo III. Nel 1218 Papa Onorio III ordinò ad Adenolfo di Alvito e a Ruggero di Aquino di restituire a Riccardo la terra di Rocca, che essi avevano violentemente saccheggiato. Appare da questo ordine pontificio che i due potenti signori la usurparono e la devastarono. Ma già prima di questo anno, l'11 ottobre del 1215, l'imperatore Federico II riconfermò a Riccardo tutti i diritti di cui egli godeva a Rocca de' Vivo dal tempo della nomina fatta in suo favore da Innocenzo III.
Il borgo subì diverse modifiche del toponimo; infatti lo storico ed archivista Erasmo Gattola riportò la donazione che Gentile, figlio del conte dei Marsi Balduino, fece nel 1089 al monastero benedettino di Santa Maria in Luco delle chiese di San Nicola in Valle Sorana (Balsorano), di Santo Stefano in "Rivo Vivo", di Santa Restituta, di Santa Maria in Morrei (Morrea) e di Santa Maria in Collelongo. La donazione è contenuta nel Registrum pergamenaceo del benedettino Pietro Diacono[8]. Il documento riporta che Gentile, con i due nipoti Trasmondo e Berardo e con la matrigna Altruda, abitanti di Valle Sorana (la contemporanea Balsorano), concedeva nel maggio del 1089 al monastero di Santa Maria di Luco, soggetto all'abbazia di Montecassino, tra le altre chiese anche la chiesa di Santo Stefano, posta nel territorio denominato in questo caso "Castro Rio Vivo"[9].
Che i nomi "Castro Rio Vivo" o "Rivo Vivo" siano riferiti a Roccavivi è dimostrato dal fatto che col passare del tempo, quando nacquero contestazioni tra il monastero di Luco e le chiese della donazione del 1089, non si parlava più di "Santo Stefano Rivo Vivi" o di "Castro Rio Vivo", ma di Santo Stefano in "Rocca de' Vivo". Il Castro Rio Vivo o la località Rivo Vivo non sono altro che "Rocca Rivi Vivi", nome modificato successivamente prima in "Rocca de' Vivo" e in seguito in "Rocca Vivorum", toponimo che si trasformò linguisticamente in Roccavivi. La denominazione "Santi Stephani in Rivo Vivo" si trova anche nel diploma del 22 settembre 1137 di Lotario III, imperatore del Sacro Romano Impero.
Quando si trattò di restaurare Rocca de' Vivo saccheggiata e distrutta nel 1218, gli abitanti del paese, assieme a quelli di San Paolo e di San Giovanni de Collibus, furono obbligati a ricostruire il borgo per disposizione imperiale. Questo ha fatto dedurre che attorno alla chiesa di San Paolo si trovava anche un piccolo villaggio. Nel 1272, era di stanza nella dogana del passo di "Vado di Rocca de' Vivo", istituita come in altre località da Carlo I d'Angiò, un regio custode per l'esazione delle gabelle fuori del regno. Roccavivi, come Capistrello e qualche volta anche Civitella Roveto, Pescocanale e Canistro, fu scelto come un posto di controllo per coloro che dal Regno di Napoli passavano allo Stato Pontificio. La località era nota per questo motivo come "Vado di Rocca de' Vivi" o semplicemente "Vado di Rocca"[4].
Prima della proclamazione del Regno d'Italia, con sede a Roma, i paesi della valle Roveto che fungevano da posti di dogana ai confini dello Stato della Chiesa erano ancora Canistro e Roccavivi. Il paese fece parte della contea di Sora per un periodo limitato di circa un secolo, pare infatti che già nel XIV secolo appartenesse alla contea di Albe. Alla fine del XV secolo, come tutti i paesi della valle Roveto, ad eccezione di Balsorano e di Morrea (con i suoi casali di San Vincenzo, San Giovanni e Castronovo), anche Roccavivi divenne un feudo dei Colonna. Prima del 1806, anno dell'abolizione del feudalesimo, Roccavivi era una universitas con una propria autonomia amministrativa.
Con l'avvento al Regno di Napoli di Giuseppe Bonaparte prima e di Gioacchino Murat dopo, Roccavivi fu aggregata assieme a Rendinara al comune centrale di Balsorano. Il Decurionato, di cui facevano parte anche cittadini eletti di Roccavivi, si riunivano per le più importanti questioni a Balsorano. Prima della unione a questo comune, gli amministratori (i "massari") di Roccavivi si eleggevano "a cartelle".
L'8 febbraio 1616, una frana colpì l'antico paese, costruito molto più in alto rispetto al paese contemporaneo. A causa della catastrofe naturale morirono molti dei suoi abitanti. Subito dopo il duca di Tagliacozzo, Filippo I Colonna, ordinò di ricostruire il paese in un altro luogo, più vicino al fondovalle e con nuovo criterio: il paese contemporaneo è attraversato da un corso, intersecato trasversalmente da vicoli diritti e in leggero pendio.
L'antico borgo fu distrutto dalla frana causata da una forte pioggia l'8 febbraio 1616. Alcuni documenti permettono di stabilire la data della sciagura e di conoscere alcuni dettagli della tragedia. Nel Brogliardo Giovannelli, conservato presso l'archivio della curia vescovile di Sora, una bolla di nomina è riferita al nuovo parroco di Roccavivi, don Donato Canna, nominato il 6 agosto 1616 al posto di don Camillo Di Fede deceduto a causa della frana. Il vescovo Piccardi nella relazione della sua visita pastorale fatta nel 1663 conferma che il vecchio paese fu distrutto 47 anni prima. In una lettera indirizzata dal contestabile Colonna al vescovo di Sora, Girolamo Giovannelli, il 20 dicembre 1621 vennero descritti alcuni particolari relativi alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Roccavivi. Il duca 34 anni prima aveva stanziato 150 ducati per la fabbrica del nuovo edificio sacro e si era proposto di far affiggere una lapide nella chiesa a ricordo di quella elargizione. Egli aveva impartito ordine al suo governatore che risiedeva a Civitella Roveto di amministrare il denaro che doveva essere versato dall'erario di Trasacco e aveva disposto che i "massari" di Roccavivi, addetti all'amministrazione del comune, s'impegnassero a provvedere per la manodopera e a portare a termine l'opera.
Altre notizie le fornisce nel 1763 l'abate don Ermenegildo De Paulis che in una relazione in vista della visita pastorale, definisce i fatti della valanga "vera e costante tradizione", aggiungendo altre note che si riferivano ad un "oscuro presagio della catastrofe".
In particolare la narrazione di una lite di confini sorta in quell'anno tra Roccavivi e Balsorano. Per poter giungere alla conoscenza della verità e dirimere la questione il vescovo, Girolamo Giovannelli, aveva lanciato la scomunica contro tutti coloro che erano a conoscenza dei veri confini e si rifiutavano di dichiararli. L'abate del tempo, Camillo Di Fede, riportò al vescovo la reazione della popolazione all'annuncio della scomunica che egli diede: "Sprevit et despectui habuit excommunicationis fulmen", letteralmente "Disprezzò e schernì il fulmine della scomunica"[10].
La mattina del 7 febbraio, vigilia della distruzione del paese, mentre l'abate celebrava la messa un "orribile maiale" entrò in chiesa e alla presenza dei fedeli prima lacerò il paliotto dell'altare, poi strinse con i denti la fune della campana e cominciò a farla suonare, quindi si dileguò lasciando la gente inorridita.
Un altro evento prospettò la prossima sciagura. Un vecchio del luogo, Tommaso Liberatore, era stato avvertito in sogno dell'imminente rovina del paese, ma nessuno aveva prestato fede alle sue parole. Egli però per salvarsi dal disastro si era rifugiato con i familiari in un altro luogo. Nella notte seguente si scatenò un uragano con tuoni, pioggia e neve e il paese restò sepolto da una valanga d'acqua mista a fango precipitata dal monte. Cadde anche la chiesa, di cui rimase in piedi solo la parete alla quale era addossato l'altare che custodiva l'eucaristia. Molte persone avevano trovato rifugio nella chiesa, ma dalle rovine furono estratti ottanta cadaveri. In un angolo, protetta dalle travi, fu trovata viva solo una donna di nome Altesia che aveva affermato di essere rimasta incolume perché aveva invocato San Carlo Borromeo, patrono del vecchio paese. L'abate don Camillo Di Fede fu trovato morto sotto le macerie della sua casa col breviario in mano. L'abate don Ermenegildo De Paulis concluse la narrazione ricordando che ogni anno il 7 febbraio veniva celebrato un anniversario in suffragio delle vittime dell'immane catastrofe e ammoniva i fedeli ad aver paura della scomunica[10]. Dell'antico abitato di Roccavecchia rimase in piedi soltanto una parte dell'antico santuario della Madonna delle Grazie, dedicato in origine anche a San Silvestro[11].
In seguito all'eversione feudale il paese venne incluso nel governo di Civitella Roveto dal 1807, nel comune di Balsorano dal 1811, infine dal 1816 in quello di San Vincenzo di cui rappresenta la frazione più popolosa[12]: il Catasto fu terminato, dopo l'ordine del Re Carlo III, soltanto nel 1748. Roccavivi fece registrare 255 abitanti ai tempi di Carlo V, 275 nel 1595, 150 nel 1648, 350 nel 1669, 353 nel 1779, 510 nel 1806, 797 nel 1838, 1 157 nel 1931, 1 277 nel 1951, infine 1 215 nel 1961[4].
Il brigantaggio fu al centro delle vicende storiche del territorio così come avvenne in gran parte della Marsica prima e dopo l'unità d'Italia[13]. In particolare tra il 1861 e il 1862 il paese, luogo di transito tra la valle Roveto e i passi montani della Serra Lunga, fu saccheggiato e si registrarono gravi atti di violenza da parte dei briganti guidati dal capobanda Luigi Alonzi detto Chiavone[14].
Essendo situato in una zona ad alto rischio sismico il paese è stato colpito da alcuni gravi terremoti. Il più grave, il terremoto della Marsica del 1915, causò gravi danni al patrimonio architettonico non facendo tuttavia registrare vittime tra la popolazione[15].
Stemma: sullo stemma di Roccavivi appare, appoggiata su una base conica tronca, una torre, come una colonna, a ricordo della dominazione della famiglia Colonna. Ai piedi della base conica e della torre si apre una porta. Attorno allo stemma si legge: Rocca de Vivi. Esso è stato ripreso nell'Archivio di Stato di Napoli dal Catasto Onciario[16][17].
Il 31 dicembre di ogni anno si celebra la festa patronale in onore di san Silvestro, patrono di Roccavivi[28].
Tra la fine di maggio e il mese di giugno si svolge l'infiorata in occasione del Corpus Domini[29].
Nel primo fine settimana di luglio di ogni anno la statua della Madonna delle Grazie viene portata in processione dalla chiesa parrocchiale al santuario di Roccavecchia[30].
Ad inizio agosto si svolge il festival internazionale del Folklore[31].
Tra le ricette tipiche di Roccavivi figurano le focacce casarecce con gli òrapi (spinaci selvatici di montagna), la polenta e fagioli, i tagliolini in bianco (detti "Tagliarin") o i primi piatti conditi con funghi e tartufi e le zuppe contadine[32].
Lungo la strada statale 82 della Valle del Liri al Km 40+100 c'è il bivio per Roccavivi raggiungibile percorrendo l'arteria inaugurata nel 1928. Dal 1965 Roccavivi è collegata anche con San Vincenzo Valle Roveto da una carrozzabile di circa due chilometri e mezzo[4].
La ferrovia Avezzano-Roccasecca, attraversa il territorio di Roccavivi servendolo con l'omonima stazione.
La società sportiva Roccavivi Valle Roveto è stata la principale realtà calcistica del paese. Nel 2011 il club si fuse con l'A.S.D. San Vincenzo formando un'unica società sportiva denominata U.S.D. San Vincenzo Roccavivi che ha militato nei tornei dilettantistici abruzzesi[33].
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