Reverendo è un trattamento di cortesia riservato agli ecclesiastici in varie Chiese cristiane.
Nella Chiesa cattolica il trattamento di Reverendo presenta tre diversi gradi: Reverendissimo, Molto Reverendo e Reverendo; ognuno di essi regolato da precise norme di impiego.
Reverendissimo
Il trattamento di Reverendissimo (spesso abbreviato Rev.mo, in latino Reverendissimus) è riservato:
- ai cardinali, che godono del trattamento di Eminenza Reverendissima, tuttavia l'istruzione Ut sive sollicite della Segreteria di Stato della Santa Sede del 31 marzo 1969, rese opzionale l'aggettivo "Reverendissima".[1]
- ai patriarchi, cui è riservata il trattamento di Beatitudine Reverendissima.[2]
- agli arcivescovi e ai vescovi, cui si riserva il trattamento di Eccellenza Reverendissima, tuttavia l'istruzione Ut sive sollicite della Segreteria di Stato della Santa Sede del 31 marzo 1969, rese opzionale l'aggettivo "Reverendissima" e confermò il trattamento di "Eccellenza" per i vescovi, per il decano del Tribunale della Rota Romana, per il segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e per il vicecamerlengo.[1]
- ai seguenti prelati, che godono del trattamento di Monsignore reverendissimo:[1]
- i superiori generali degli ordini religiosi, eccettuati i carmelitani, e agli abati, cui spetta il trattamento di Reverendissimo Padre.
- ai vicari generali.
Molto Reverendo
Il trattamento di Molto Reverendo (abbreviato in M.R., in latino Admodum Reverendus) è riservato:
Reverendo
Il trattamento di Reverendo (abbreviato in Rev., , in latino Reverendus) è riservato:
- ai protonotari apostolici supra numerum, che godono del trattamento di Reverendo Monsignore;[1]
- ai sacerdoti non qualificati;
- ai diaconi, in quanto appartenenti al clero;
- ai seminaristi del Seminario Romano Maggiore.
Secondo la lettera del decreto del Sanctissimus del 31 dicembre 1930, anche ai patriarchi era riservato il trattamento di "Eccellenza Reverendissima", ma in pratica la Santa Sede continuò a rivolgersi a loro con il titolo di "Beatitudine", che fu formalmente sanzionato con il motu proprio Cleri sanctitati del 2 giugno 1957. Vedi: (LA) Motu proprio Cleri sanctitati can. 283, § 1, n. 10, AAS 49 (1957), p. 443
- Francesco Parisi, Istruzioni per la gioventù impiegata nella segreteria, t. III, Roma, 1785, pp. 51-55
- Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. LVII, Venezia, 1852, pp. 161-163
- Giovanni Veneroni, The complete Italian master, London, 1823, pp. 428-429
- Paul Winninger, La vanità nella Chiesa, Cittadella editrice, 1969