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regista francese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
René Clair, nome d'arte di René Chomette (Parigi, 11 novembre 1898 – Neuilly-sur-Seine, 15 marzo 1981), è stato un regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico francese.
Tra i maestri del cinema mondiale[1], è considerato da Henri Langlois il regista che meglio incarna lo spirito del cinema francese.
Esordisce con il cinema d'avanguardia Entr'acte, opera-simbolo del dadaismo[2], per passare poi alla commedia e affermarsi come "il maestro dell'immagine di Parigi"[3]. Della città e dei suoi abitanti sa cogliere la poesia della vita quotidiana: con finezza e humour, con sensibilità e umanità, narra le storie tragicomiche degli abitanti della periferia parigina:
«Di qui il suo successo mondiale, che lo rese, insieme a Chaplin, il più applaudito regista di commedie leggere, i cui personaggi non erano principi e principesse, ladri internazionali o ricchi borghesi, donne del gran mondo o camerieri intriganti, ma il popolino, la gente minuta, i rappresentanti più genuini d'una umanità facilmente riconoscibile.»
L'altra caratteristica del cinema di Clair è la componente fantastica. I film di Clair sono popolati di fate, fantasmi e maghi, si passa dal sogno alla realtà e dalla realtà al sogno. Secondo Edoardo Bruno[4] il cinema di René Clair è «...un cinema in cui l'impossibile si inscrive nelle coordinate del quotidiano, dove una strega del diciassettesimo secolo può fare irruzione nel mondo contemporaneo o un giornale del giorno dopo, anticipando il futuro, può mettere in moto un racconto del tutto coerente nel suo estremo irrealismo».
Infine il mondo di Clair è un mondo pervaso da una profonda vena morale. André Bazin sottolinea:
«La stilizzazione dei personaggi e delle situazioni, la riduzione del mondo a congiunture morali, coincide splendidamente, in René Clair, con l'essenza stessa del cinema, che è immagine e movimento. La sua opera è quella di un moralista perché ha saputo ritrovare la morale nel cinema.»
Nasce a Parigi, da un commerciante originario dell'Alvernia, che trasformò il saponificio fondato dal padre in una florida azienda di forniture per alberghi. Cresce nel quartiere di Halles, al n. 11 bis di Rue des Halles.[5]
Frequenta, dai sei ai quattordici anni, il Liceo Montaigne, poi il Liceo Louis-le-Grand. Manifesta precocemente inclinazione per la letteratura.
Durante la prima guerra mondiale si arruola volontario e viene impiegato come autista di ambulanze. È ferito.[6]
René Clair esprime la vocazione letteraria in più direzioni:
Presentato a Léon Daudet, diviene giornalista a L'intransigeant come critico letterario e si distingue per gli articoli su Du coté de chez Swann di Marcel Proust che ha scoperto su consiglio di Alphonse Daudet e che ha letto nell'unica edizione allora disponibile, pubblicata da Grasset nel 1913, a spese dell'autore. Manifesta interesse anche per le opere di Stendhal, Gérard de Nerval, Gautier. Collabora, con una rubrica di cinema, a Paris-Journal e a Théâtre-Comoedia Illustré, rivista diretta da Jacques Hébertot, responsabile del Théâtre des Champs-Elysées.[8]
Come giornalista scrive sotto lo pseudonimo di René Desprès.
Fa le sue prime prove come attore interpretando alcuni ruoli in film come Le Lys de la vie di Loïe Fuller, Le Sens de la mort di Protazanov, L'Orpheline, Parisette di Louis Feuillade. Per il cinema sceglie lo pseudonimo René Clair.
Il fratello, Henri Chomette, lo presenta al cineasta Jacques de Baroncelli per il quale egli già lavorava come aiuto regista. Ne diviene l'assistente nei film muti Pêcheurs d'Islande, Carillon de Minuit e La légende de Soeur Beatrix. Collabora anche con Henri Diamant-Berger.[9] Stende, nel 1922, il suo primo progetto come regista, Geneviève de Brabant che avrebbe dovuto essere prodotto da una società belga ma non vide mai la luce.
Nel 1923 realizza Parigi che dorme (Paris qui dort), uscito nelle sale l'anno successivo, nel 1924: è la prima prova di René Clair nel mondo della regia. Si tratta di "un gioco ottico-dinamico che parte da una storia fantascientifica"[10] e situa René Clair nell'ambito delle avanguardie artistiche. Il film fu accolto calorosamente dal pubblico.[11]
Nel 1924, "l'incontro del dadaismo con il cinema produce un capolavoro"[12], Entr'acte (Intermezzo), un cortometraggio dadaista tratto da un'idea del pittore Francis Picabia che venne proiettato come intermezzo fra il primo e il secondo atto di Relâche balletto con musica di Erik Satie.
Seguono alcuni film di transizione: Le fantôme du Moulin Rouge (1924), Le voyage imaginaire (1926), La proie du vent (1927), nei quali continua a divertirsi a mescolare fantastico e giallo.
Abbandona le ricerche tecnico-formali delle avanguardie e si dedica alla commedia di costume. Il film che impone Clair all'attenzione del pubblico e della critica è "...una variazione della pochade ottocentesca", il film muto Un cappello di paglia di Firenze (1927), tratto dall'omonima farsa teatrale di Eugène Labiche e Marc-Michel.[13]
Anche il film successivo, I due timidi (Les Deux Timides) (1928), s'ispira ancora a una commedia di successo di Labiche e Michel.
Il suo primo film sonoro è Sotto i tetti di Parigi (1930), un omaggio sentimentale alla sua città, una Parigi tutta ricostruita in studio dallo scenografo Lazare Meerson, abituale collaboratore del regista. Clair dimostra di saper già abilmente usare il sonoro, mescolando in modo raffinato parlato e rumori di sottofondo. Il film ha un grande successo.
Il successo è bissato dal film successivo, Il milione del 1931, un ritorno alla commedia brillante, un vaudeville ricco di gag, dal ritmo veloce in cui si rincorre per tutta Parigi un biglietto della lotteria perduto.
Con A me la libertà (À nous la libertè), ancora del 1931, Clair tocca i temi sociali e fa una satira del rapporto uomo-macchina.
Per le vie di Parigi (1933) è storia d'amore fra un taxista e una fioraia che riprende l'omaggio alla città di Parigi.
L'ultimo miliardario del (1934) incontra l'ostilità della stampa del settore ed è un cocente insuccesso.
«Se Clair si impose con i suoi film muti sì da essere considerato, per certi aspetti, il regista più originale e significativo di quegli anni in Francia, la sua arte raggiunse i significati più alti nei primi anni del sonoro, quando una più diretta partecipazione dell'autore ai fatti narrati e una più acuta introspezione psicologica dei personaggi, unita a una più accurata descrizione ambientale, fecero dei suoi film, per molti anni, gli esempi più autorevoli di un cinema "populista", in cui il discorso ironico era sempre sotteso da una adesione sentimentale ai casi narrati, che avevano come protagonisti operai e impiegatucci, gente del popolo e piccoli borghesi, visti sì con una certa ironia, spesso graffiante, ma anche rappresentati nella loro "positività" di gente sana, fiduciosa, morale.»
La Tobis, società produttrice del film di Clair À nous la liberté (in Italia titolato "A me la libertà" ), all'uscita del film di Chaplin, Tempi moderni, rilevava una quasi assoluta identità fra i due film e intentò una causa legale alla United Artists. Invitò René Clair a costituirsi parte lesa ma ne ottenne un deciso rifiuto.
«Vi ho venduto i diritti del film e perciò siete autorizzati a difendere la vostra proprietà, ma a tutto questo io sono completamente estraneo. Tutti abbiamo imparato da Chaplin. Tutti dobbiamo qualcosa a quest'uomo che ammiro. Se egli si è ispirato al mio film per me è un grande onore.»
Dopo l'insuccesso de L'ultimo miliardario (1934), René Clair accetta l'offerta che gli viene proposta da Alexander Korda di lavorare a Londra. Firma un contratto per la realizzazione di tre film in due anni. Ottiene un certo successo con una commedia divertente The Ghost Goes West (1936), Il fantasma galante, ma il film successivo, Break the News (1937), Vogliamo la celebrità, tratto dalla novella di Loïs de Gouriadec e remake inglese de Le Mort en fuite, di Carlo Rim e Berthomieu, uscito l'anno prima in Francia, è un fallimento.
Ritornato in Francia nel 1938, comincia a girare Air pur, 1939.
La lavorazione è interrotta dallo scoppio della guerra. Parecchi membri della troupe sono chiamati nell'esercito con la mobilitazione di settembre e il film non sarà mai terminato.
Clair si mette a disposizione del Ministero delle Informazioni ed entra a far parte di una "Commissione per il cinema". Lavora a Nizza e a Marsiglia. La commissione è trasformata in un centro di produzione cinematografico francese negli Stati Uniti. Vengono inviati in America René Clair, Julien Duvivier e il produttore Jean Lévis-Strauss.
Nel mese di marzo 1940 Clair firma un contratto per girare un film in America con la Columbia o con la RKO.
Il 25 giugno 1940 parte in auto da Saint-Tropez, con la moglie, il figlio e l'attore Jean Murat, raggiunge la Spagna, poi il Portogallo. Qui passano sei settimane di trattative per ottenere il visto di entrata negli U.S.A. Nell'agosto, finalmente Clair si imbarca per New York.[14]
Caduto il progetto di un Centro Cinematografico Francese, nel 1941, il governo della repubblica di Vichy lo priva della nazionalità francese e intenta un procedimento per la confisca dei suoi beni. Il fratello Henry, che dirige in Marocco il Servizio Cinematografico dell'Esercito di "Francia Libera", si adopera per far rientrare il provvedimento; nell'agosto muore a Rabat di poliomielite.[15]
Negli Stati Uniti, a Hollywood, è ben accolto e gira quattro film:
Clair ottiene l'autorizzazione per il rientro in Francia e nel luglio del 1945 torna in patria.
Nel 1947 dirige Le Silence est d'or (Il silenzio è d'oro), un film sui suoi temi più cari, Parigi e il Cinema, "ritrovando ancora una volta il suo sguardo più autentico, ormai fattosi maturo e venato di un filo di malinconica nostalgia".[16]
Inizia la collaborazione con l'attore Gérard Philipe che interpreterà i suoi tre film successivi:
Con il film Porte des Lilas (Il quartiere dei lillà), 1957, riprende il tema dell'amicizia e torna a ritrarre il mondo parigino.
Nel 1959 Clair sperimenta la messa in scena teatrale adattando per il Théâtre National Populaire On ne badine pas avec l'amour di Alfred de Musset, interpretato da Gérard Philipe.
Realizza alcuni episodi inseriti in film collettivi come Il matrimonio (Le mariage), episodio di La francese e l'amore (La Française et l'amour) (1960), con la collaborazione di Decoin, Delannoy, Boisrond, Verneuil, Christian-Jaque, J.P. Le Chanois e I due piccioni (Les Deux pigeons), episodio di Le quattro verità (Les Quatre vérités) (1962) per la regia di Blasetti, Berlanga, Bromberger.
I suoi due ultimi lungometraggi sono Tutto l'oro del mondo (Tout l'or du monde), 1961 e Per il re per la patria e per Susanna! (Les Fêtes galantes), 1965.
Gli è stato dato un dottorato onorario dall'Università di Cambridge e ha ricevuto il Grand Prix du Cinéma Français nel 1953. Nel 1960 è stato eletto all'Académie Française.[17]
Divenne l'icona assoluta del cinema francese e il riconoscimento principale assegnato dall'Académie Française per il cinema porta il suo nome.
Henri Langlois dichiara[9]:
«Dans le monde entier, depuis vingt-cinq ans, un seul homme personnifie le cinéma français : René Clair. Mieux encore, il résume aux yeux de l’étranger non seulement notre cinéma, mais l’esprit même de notre nation ; il est considéré à la fois comme le successeur de Feydeau et de Molière.»
Nel 1974 è presidente del Festival di Cannes.
«Il suo cinema, fatto di fantasia e humour, di liricità e realismo, di eleganza e chiarezza, rivela una grande sapienza linguistica che esplora molte delle possibilità del mezzo filmico per descrivere la vita, l'amore, l'amicizia nei loro tratti comici, grotteschi, ma anche tragici.»
«...Clair è il primo "autore" a pieno titolo del cinema francese, in grado d'imporre il comando di un unico individuo in tutte le fasi creative. Ma questo essere autore non si manifesta tanto nella valorizzazione della regia né nella direzione degli attori, quanto nella preparazione scrupolosa della sceneggiatura, che gli consente di cautelarsi dagli incerti del montaggio. [...] La sua autorialità si fonda su un'idea molto letteraria della pratica cinematografica...»
Nominato membro dell'Académie Française, nel discorso inaugurale pronunciato il 10 maggio 1962, il regista presenta se stesso e la sua arte, il cinema, con queste parole:
«Messieurs, dans l'histoire de votre compagnie on compte peu d'élus dont les titres soient aussi légers que ceux d'un montreur d'ombres qui n'apporte chez vous que des illusions pour tout bagage [...] celui qui vous parle n'a rien créé d'autre que des ombres qui présentent le caractère inconsistant des fantômes mais ne partagent pas avec ces créatures transparentes le privilège de la pérennité.»
«Signori, nella storia della vostra compagnia si contano pochi eletti i cui titoli siano così leggeri come quelli di un presentatore d'ombre che non vi porta che illusioni nel suo bagaglio [...] colui che vi parla non ha creato nient'altro che ombre che presentano il carattere inconsistente dei fantasmi ma che non condividono con queste creature trasparenti il privilegio dell'eternità.»
René Clair, scrittore, giornalista, critico letterario, ha raccolto i suoi scritti sul cinema:
René Clair difende con convinzione un cinema artistico che si situa agli antipodi del cinema commerciale, e tuttavia è ben consapevole che si tratta di un'arte popolare. Il cinema è un'arte autonoma e non un mezzo per imitare o riprodurre le altre arti.
Clair definisce il cinematografo ...machine à fabriquer des rêves, "macchina per fabbricare sogni".[18] Lo dimostrano le opere dei registi che egli considera dei poeti dello schermo come D.W. Griffith, Mack Sennett, Charlie Chaplin.[20]
Se non indicato diversamente, la regia è dello stesso Clair
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