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film del 1931 diretto da René Clair Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
A me la libertà! (À nous la liberté) è un film del 1931 diretto da René Clair.
A me la libertà | |
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una scena del film | |
Titolo originale | À nous la liberté |
Paese di produzione | Francia |
Anno | 1931 |
Durata | 104 min (versione originale) 89 min (versione italiana) |
Dati tecnici | B/N rapporto: 1,20:1 |
Genere | commedia, musicale |
Regia | René Clair |
Soggetto | René Clair |
Sceneggiatura | René Clair |
Produttore | Frank Clifford e (non accreditati) Alexandre Kamenka, Roger Le Bon |
Fotografia | Georges Périnal |
Musiche | Georges Auric |
Scenografia | Lazare Meerson |
Costumi | René Hubert |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Alla prima edizione della Mostra del cinema di Venezia, ottenne un riconoscimento non ufficiale come film più divertente.
Nel 1932 fu indicato tra i migliori film stranieri dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures.
Due amici detenuti, Emilio e Luigi, cercano di evadere. Luigi ci riesce grazie a Emilio, che crea un diversivo e svia l'attenzione degli inseguitori. Fuori, Luigi trova un lavoro e diventa commerciante di dischi per i fonografi. Mette su una piccola azienda. Il commercio prospera: con il tempo, la sua impresa diventa sempre più grande e importante. Emilio, uscito di galera, senza un lavoro, disoccupato, vagabonda per strada, prende il sole... Un giorno, vede Giovanna, la nipote del contabile dell'azienda di proprietà di Luigi e se ne innamora. La segue fino alla fabbrica dove, suo malgrado, viene assunto. I due vecchi amici si ritrovano uno davanti all'altro. Il lavoro in fabbrica è sempre più disumano, privilegiando l'automatismo: gli uomini devono comportarsi come macchine. Luigi crede che il vecchio amico lo ricatti, poi scopre che il ricattatore è un altro malavitoso. Decide di regalare la fabbrica ai suoi operai e se ne va a fare il vagabondo insieme al vecchio amico.
Prodotto dalla Films Sonores Tobis.
Il film fu distribuito in Francia dalla Films Sonores Tobis, uscendo il 18 dicembre 1931. In Italia venne presentato alla 1ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il 6 agosto 1932, e distribuito nelle sale in ottobre dalla Cines-Pittaluga.
L'edizione italiana venne modificata dalla censura a partire dal titolo, in cui il noi venne trasformato in me così da strapparlo da intonazioni di carattere rivoluzionario. Venne inoltre "sforbiciato" di 15 minuti dall'edizione originale; in particolare vennero eliminate, nel finale, le scene nelle quali, mentre le macchine producono automaticamente i grammofoni, gli operai giuocano, bevono, pescano e danzano.[1] I dialoghi vennero curati da Alessandro De Stefani, la direzione artistica (doppiaggio) da Mario Almirante. Rappresenta uno dei primi film doppiati in Italia, nel neonato stabilimento di doppiaggio della Cines-Pittaluga a Roma.
«Il film vuol essere la satira dell'industria contemporanea, della standardizzazione; ma il fiato è corto e le intenzioni, che s'abbondano, non sempre giungono a un risultato. Sovente gustoso e piacevole, qua e là appaiono però alcuni dei più vieti elementi delle vecchie «comiche» cinematografiche, non sempre riscattati dall'ironia che li ravvivava in Le million: il servo distratto che rovescia crema e crema sulle spalle dei commensali esige addirittura tutto un breve capitolo, con gli sviluppi ma non con la cadenza che gli avrebbe attribuito un Chaplin della prima maniera. In compenso affiorano parecchie trovate felici, innestate con una garbata eleganza che sa rinverdire anche altri elementi già abusati.»
Nel 1937, il Ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels, controllante della casa di produzione Sonores Tobis, produttrice del film, mosse causa per plagio contro la United Artists, a riguardo del film Tempi moderni del 1936, in quanto secondo lui venne copiata la scena della catena di montaggio. In realtà, la causa fu montata solo per arrecare danno a Charlie Chaplin, ma René Clair si dissociò, con conseguente annullamento della procedura; il regista si dichiarò persino onorato per lo spunto di Chaplin preso dal suo film. Clair, come da sua abitudine, eliminò dal montaggio due scene per un totale di 7 minuti (c'è chi sostiene 10); ufficialmente per accorciare la durata, ma in realtà per non dare adito a situazioni controverse che avrebbero danneggiato la pellicola: 1) Quella del campo di grano davanti alla fabbrica ormai meccanizzata, che vede l'operaio nel sonno, poi sveglio e pronto a cantare mentre raccoglie un fiore, subito preso da due guardie. 2) La lunga bolgia nel parco, con durata ininterrotta di circa 5 minuti. Le due sequenze furono poi nuovamente inserite dallo stesso Clair nella riedizione del 1952.[2]
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