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magistrato e critico letterario italiano, figlio di Dante Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Pietro Alighieri (Firenze, 1300 – Treviso, 21 aprile 1364) è stato un magistrato e critico letterario italiano, noto per essere stato figlio di Dante Alighieri e di Gemma Donati.
Figlio primogenito[1] o secondogenito[2] di Dante, nel 1315 fu esiliato con il padre (ovviamente già bandito da Firenze) e il fratello Jacopo al compimento della maggiore età. I due fratelli seguirono il padre, dunque, nel suo peregrinare, prima a Verona, dove il genitore era protetto dal signore della città, Cangrande I della Scala, e poi a Ravenna, città dove Dante trovò protezione nel signore della città Guido Novello da Polenta e dove Pietro aveva ottenuto alcuni benefici ecclesiastici[3].
Nel 1322, dopo la morte del padre, poté rientrare a Firenze, dove trovò la situazione economica della famiglia dissestata[4]. Per questo nel 1323 volle studiare diritto a Bologna (finanziato da Cangrande della Scala), dove si addottorò e dove conobbe il Petrarca che gli fu amico[5]. Non avendo usufruito dell'amnistia per coloro che si erano macchiati di reati politici (al contrario del fratello Jacopo)[6], Pietro decise, nel 1331[4], di non tornare più a Firenze e di stabilirsi definitivamente a Verona, in Palazzo Bevilacqua, da dove assistette alla rottura delle relazioni con suo zio, Francesco di Alighiero II, in seguito a rivalità testamentarie[7], e dove dal 1332 al 1347 è ricordato prima come delegato del Podestà di Verona; poi come giudice[8]. Intorno al 1335 sposò Iacopa di Dolcetto de Salerni che gli diede tre figlie, Alighiera, Gemma e Lucia, che presero i voti come monache benedettine a S. Michele in Campagna[9]; e un figlio, Dante, nato verso il 1349[10]. Ebbe un quinto figlio illegittimo, Bernardo[1]. Sempre durante il periodo veronese, Pietro acquistò anche delle proprietà terriere intorno a Verona, come a Gargagnago nella Valpolicella, residenza della famiglia Alighieri nei secoli seguenti[1]. Fu anche a Vicenza, col rango di vicario del podestà Bernardo Canaccio degli Scannabecchi che era stato autore dell'epitaffio Iura Monarchiae della tomba di Dante[4].
Pietro, ormai anziano, passò poi a Treviso, dove stipulò il suo testamento il 21 febbraio 1364, il cui contenuto è approssimativamente il seguente:
«Nel suo testamento si ricordò l'Alighieri della patria, avendo lasciato alla Compagnia di Orsanmichele la sua casa posta sulla piazzetta di San Martino; e da questo atto si rileva che Iacopa sua moglie, morta nel 1358, a quanto risulta dai necrologi veronesi, fu figlia di un messer Dolcetto dei Salerni di santa Cecilia, avendo nominati tutori ai suoi figli Giovanni e Pietro fratelli di lei, ed esecutori dell'ultima sua volontà Pietro e Tommaso di Tano Pantaleoni suoi nipoti di sorella»
Il figlio di Dante morì esattamente due mesi dopo nella stessa città, ovvero il 21 aprile 1364[3]. Era andato nella Marca, secondo alcuni, «per salvare i suoi depositi dal fallimento degli Agolanti, banchieri fiorentini»[5]. Celebrato il funerale il 29 aprile[1], Pietro Alighieri «fu sepolto nel chiostro del convento di S. Margherita»[4], ove gli fu eretto un monumento ad opera di Zilberto Santi di Venezia, del quale non rimaneva più traccia nel momento in cui fu pubblicato il libro Dante e il suo secolo, ovvero il 1865[11]. Successivamente le varie parti della tomba furono ritrovate e nel 1935 le spoglie di Pietro furono traslate nella chiesa di San Francesco a Treviso, dove tuttora riposano[3].
Nel seicentenario della morte Pietro Alighieri viene inserito da Alberto Viviani tra i protagonisti della rubrica I centenari dell' Almanacco Italiano 1964 dell'editore Bemporad, l'annuario dell'editore fiorentino che, dal 1920 al 1943, era stato affiancato anche dall' Almanacco della Donna Italiana. «Seicento anni e niente altro, dunque: perché il Tempo dimostra sempre di più come i grandi Padri sieno dei veri e proprii guastamestieri per la golosità di fama dei figlioli»[12]. A conferma di ciò, ricorrendo l'anno successivo il settecentenario della nascita di Dante Alighieri, l'Almanacco Italiano 1965 è in gran parte dedicato al grande Poeta nazionale attraverso la pubblicazione di numerosi articoli encomiastici[13].
La produzione di Pietro Alighieri, oltre al canzoniere di rime e canzoni da lui composte, ruota principalmente intorno all'attività esegetica della produzione letteraria paterna. Si può quindi suddividere la produzione del figlio di Dante in due filoni:
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