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pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Paolo Domenico[1] Finoglio, o Finoglia (Orta di Atella o Napoli, intorno al 1590 – Conversano, 1645), è stato un pittore italiano.
Data e luogo di nascita non sono noti con certezza. L'ipotesi che sia nato a Orta d'Atella nel 1590 è stata avanzata solo nel XVIII secolo da Bernardo De Dominici[2], il quale cita anche il secondo nome "Domenico" che non trova tuttavia alcun riscontro documentario. Si firmava Neapolitanus e probabilmente fece l'apprendistato a Napoli presso il pittore tardo-manierista Ippolito Borghese; la cui influenza non fu però forte come quella del Caravaggio, da lui molto ammirato. L'unica opera attribuibile al Finoglio risalente al periodo della sua formazione è la tela Sant'Andrea Avellino in gloria, conservata nella Basilica di San Paolo Maggiore di Napoli, probabilmente realizzata nella bottega del Borghese. Ci sono evidenze che il Finoglio abbia alternato l'attività di pittore a quella di mercante d'arte e tessuti, mai venuta meno durante tutta la sua vita.
Intorno al 1610 è attestata la sua presenza a Lecce, dove probabilmente ebbe una sua bottega e alcuni seguaci: in quel periodo la Terra d'Otranto stava pian piano abbandonando la moda manierista in favore del caravaggismo; l'arte del Finoglio, che le riassumeva entrambe, riscosse pertanto un buon successo in questo momento di transizione. Nella città salentina il Finoglio sposò una nobildonna, Rosa (o Teresa) Lolli, e qui nacquero i suoi due figli Beatrice e Giuseppe (o Giovanni). A Lecce sono conservate molte sue tele, tra cui quattro Storie di Abramo nella chiesa di San Giovanni Battista al Rosario: una di esse, la scena del Sacrificio di Isacco, è autografa e datata al 1610, cosa che la rende la più antica tra quelle sicuramente attribuibili alla sua mano. Altre sue opere leccesi sono una Sacra Famiglia con san Giovanni Battista e orante e un Trionfo di sant'Orsola, entrambe provenienti da altre chiese della città e oggi conservate nel Museo Diocesano[3]. Altre sue tele sono conservate a Ugento, Capurso, Tricase e Alessano, ma alcune di esse datano al periodo successivo: il Finoglio mantenne i contatti col Salento anche una volta tornato a Napoli e quando in seguito si stabilì a Conversano.
Intorno al 1626 Finoglio fece ritorno a Napoli. La sua produzione ascrivibile a quel periodo si riassume nelle dieci lunette raffiguranti i fondatori degli ordini religiosi nella Sala Capitolare (1620-1626) della Certosa di San Martino a Napoli, che mostrano un sapiente amalgama di tardo-manierismo e stile caravaggesco. La Circoncisione (del 1626), sempre nella Sala Capitolare, rivela la forte influenza di Battistello Caracciolo, come pure il primo importante ciclo di affreschi del Finoglio, la decorazione della cappella di San Martino nella stessa Certosa (databile a patire dal 1630), con scene della vita del santo, che facevano da accompagnamento all'altare di San Gennaro del Caracciolo nel medesimo edificio. L'influenza di Caracciolo resta anche in opere successive, come ad esempio il San Pietro che consacra vescovo San Celso (ca. 1635) presso la Cattedrale di Pozzuoli.
La preziosa resa dei dettagli di gusto tardo-manierista, combinata con gli effetti di luce caravaggeschi, si riscontra anche nelle varie versioni dell'Immacolata Concezione (1629-30), conservate nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, ad Airola presso la chiesa dell'Annunziata e a Montesarchio presso San Francesco. Simili suggestioni sono riscontrabili nel dipinto della Vergine con i santi Margherita, Bernardo e Antonio da Padova e angeli musicanti (1634) per la chiesa dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca a Napoli (oggi conservata nel Museo civico di Castel Nuovo). In questi anni Finoglio realizzò alcune tele di grandi dimensioni con scene dell'Antico Testamento e mitologiche, destinate al Palazzo del Buon Ritiro di Madrid: per questo incarico, impartitogli dal Conte Olivares, Finoglio collaborò con importanti personalità artistiche di stanza a Napoli, tra cui Artemisia Gentileschi e Massimo Stanzione. Delle tele da lui realizzate ne è sopravvissuta solo una, un Trionfo di Bacco oggi conservato al Museo del Prado.
Intorno al 1635 il Finoglio si stabilì a Conversano presso la corte di Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona (detto il Guercio delle Puglie), la cui politica era fortemente improntata al mecenatismo: nella Contea il pittore riscosse particolare successo, stringendo favorevoli rapporti col clero e il notabilato locale; importanti tele di sua mano sono conservate in tutta la Puglia, principalmente nella stessa Conversano e a Monopoli. A Conversano il Finoglio tenne a bottega artisti del calibro di Cesare Fracanzano e Carlo Rosa. Per gli Acquaviva d'Aragona affrescò la camera nuziale del Castello di Conversano, e soprattutto realizzò il famoso ciclo delle Scene della Gerusalemme liberata, tratte dall'omonimo poema di Torquato Tasso. Si tratta del ciclo più importante del Seicento italiano dedicato al famoso poema di Tasso, nel quale si mettono in primo piano i protagonisti della riconquista di Gerusalemme, i loro duelli e i loro amori. Sempre a Conversano, nella chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano, cinque dei sei altari che arricchiscono le navate sono sormontati da tele di Paolo Finoglio; di dubbia paternità sono invece gli affreschi sulla volta, probabilmente realizzati da apprendisti su suoi cartoni, in seguito alla sua improvvisa morte avvenuta tra settembre e dicembre 1645. La sua ultima tela autografa, risalente allo stesso anno, è la pala dell'altare maggiore del Monastero di san Benedetto, raffigurante San Benedetto e San Biagio.
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