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film del 1972 diretto da Marco Bellocchio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Nel nome del padre è un film del 1972 diretto da Marco Bellocchio.
Nel nome del padre | |
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Una scena del film | |
Titolo originale | Nel nome del padre |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1972 |
Durata | 109 min |
Genere | drammatico, grottesco |
Regia | Marco Bellocchio |
Soggetto | Marco Bellocchio |
Sceneggiatura | Marco Bellocchio |
Produttore | Franco Cristaldi |
Casa di produzione | Vides Cinematografica |
Fotografia | Franco Di Giacomo |
Montaggio | Franco Arcalli |
Musiche | Nicola Piovani |
Costumi | Enrico Job |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[1].
1958, anno della morte di Pio XII. In collegio entra Angelo Transeunti: bello, anticonformista e teorizzatore del Superuomo. Fin da subito, dimostra un'avversione alle regole vetuste dell'istituto, mettendosi contro il vicerettore Padre Corazza. Il carisma del giovane ribelle irretisce i compagni, e con un gruppo di essi organizza uno spettacolo blasfemo e grottesco in cui vengono messi alla berlina la fede e il timor di Dio. Successivamente, gli inservienti - degli emarginati che subiscono l'estremo sfruttamento mascherato da carità cristiana- si rivoltano dopo il suicidio disperato di uno di loro. Alla notizia dell'ammutinamento, gli studenti decidono di ribellarsi a loro volta. Tuttavia, nel momento in cui si tenta un'alleanza coi domestici, i ragazzi, gelosi del proprio status sociale, rifiutano di partecipare. Intanto, anche lo sciopero dei servitori si placa, e Salvatore, capo degli ammutinati, viene licenziato. Nel finale, Angelo e il folle inserviente Dino si recano nei pressi di un "pero miracoloso" oggetto di peregrinazioni spirituali, ed abbattono l'albero, affermando che "tutto ciò che è anti-scientifico dev'essere eliminato".
Il film è stato girato nei primi mesi del 1971 a Roma presso l'ex liceo Massimo in piazza dei Cinquecento e nel teatro Carlo Goldoni ed anche a Bobbio.
È stato scritto che Nel nome del padre spazia da deliranti forme di ribellione contro l'autorità tradizionale messa in atto dagli studenti di un esclusivo convitto a quella dell'oggettivo conflitto di classe della rivolta degli inservienti dello stesso collegio, il tutto attraverso un approccio ironico e distaccato per una seducente trama.[2] L'opera, così come altre dell'epoca che seguono quella dell'esordio, I pugni in tasca, e a tale proposito l'Enciclopedia dello spettacolo cita La Cina è vicina, Sbatti il mostro in prima pagina, Marcia trionfale, non è «riconducibile agli schemi del cinema "politico" corrente in Italia (...)».[3] L'accoglienza su Ombre rosse è appassionata, Saverio Esposito dedica alla pellicola alcune pagine il cui incipit è «La prepotenza registica istintiva di Bellocchio si rivela in questo suo ultimo film al suo meglio» per terminare poi: «Bellocchio ha scelto la sua strada. Rifugge dalla denuncia e dalla elucidazione immediata, continua un discorso di autore. (...) E apre su uno dei nostri possibili futuri, allargando le pareti del momento per indicarcene la costante minaccia».[4]
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