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In ambito letterario e cinematografico i morti viventi si sono spesso accavallati o confusi con gli zombie. Lo zombi (o in inglese zombie) è una parola di origine haitiana collegata ai miti del vudù (o voodoo), e si riferisce ad uno spirito evocato con riti magici dall'aldilà che si incarna in un cadavere.[1] Figura quanto mai leggendaria, su cui si è molto speculato, specialmente durante la dittatura sull'isola della famiglia Duvalier.
A partire però dalla metà circa del XX secolo, il morto vivente ha assunto una forma diversa da quella dello zombi haitiano, che, seppur ancora legata in parte a quella dello zombi (e del quale spesso mantiene la definizione), si è modificata in favore di una nuova immagine più corrispondente alla natura delle paure di una società occidentale moderna.[2] Tale tipologia di morto vivente ha avuto il suo sviluppo principalmente attraverso il cinema e la narrativa.
Il morto vivente cinematografico appare per la prima volta nel film L'isola degli zombies (White Zombie, 1932) di V. Halperin, ma ancora nella sua veste originale legata alla tradizione della magia nera haitiana. Molto simile a questo modello di morto vivente è quasi tutta la filmografia successiva, dove le creature che si susseguono sullo schermo sono quasi sempre il prodotto di magia nera o forze diaboliche. Dagli anni cinquanta in poi, con l'inizio dell'Era Atomica, durante il periodo della Guerra Fredda, e con la sempre presente minaccia di una guerra nucleare, la figura del morto vivente si trasforma.
E pur non rinunciando completamente alla sua veste precedente, diventa il prodotto di esperimenti scientifici malsani, e piani d'invasione extraterrestre. A creare una figura di transizione tra queste due tipologie di morti viventi e il morto vivente moderno, fu Richard Matheson con il suo libro Io sono leggenda (1954), dove la creatura affamata di carne umana, aveva caratteristiche a metà tra il morto vivente e il vampiro. Il romanzo di Matheson può essere a ragion veduta considerato il capostipite del genere che si svilupperà subito dopo, e non a caso ne sono state tratte numerosissime versioni cinematografiche, più o meno fedeli all'originale.
La prima vera apparizione di un morto vivente non tradizionale avviene nel film La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) di George A. Romero. Da questo momento in poi, grazie anche al successo della pellicola, la figura cinematografica del morto vivente si distacca dai canoni precedenti e sviluppa autonomamente una sua propria fisionomia, riconosciuta poi in tutti i film a seguire. Con la successiva massiccia diffusione di questo nuovo genere di mostro cinematografico, il morto vivente ha sopravanzato ogni altra sua precedente interpretazione. Ed è principalmente a lui che al giorno d'oggi è legata la conoscenza del vocabolo “zombi” a livello mondiale[3].
Il morto vivente cinematografico, così come appare per la prima volta sugli schermi, è un cadavere riportato ad uno stato di vita apparente e alla continua ricerca di carne umana o animale. Fondamentalmente questo non-morto o resuscitato non possiede alcuna funzione vitale: non ha battito cardiaco, respirazione, o riflessi. Anche se, a seconda dello stato di deturpamento dovuto al processo di putrefazione subito dal corpo durante il periodo di non-vita, può mantenere inalterate alcune delle facoltà precedentemente possedute, come la deambulazione, o la vista, l'udito e l'olfatto.
Originariamente i suoi movimenti erano solitamente lenti e goffi, ma con il passare degli anni le nuove generazioni sembrano aver guadagnato una maggiore mobilità e consapevolezza. Il morto vivente non è in genere in grado di parlare e al massimo emette solo una limitata gamma di suoni gutturali. Preso nella sua singolarità non rappresenta in genere un pericolo insormontabile per un essere vivente adulto e in buona salute. La sua pericolosità deriva principalmente dal suo radunarsi in gruppi più o meno numerosi, dalla tenacia con cui tenta di arrivare a divorare le sue vittime, e dal suo morso sempre letale per un essere vivente. Pertanto, il radunarsi in gruppi, o meglio, in orde, rende gli zombie dei veri superpredatori.
Ne Il giorno dei morti viventi (The Day of the Dead, 1985), terzo film del genere diretto da George Romero, attraverso uno dei personaggi del film, il Dr. Logan, che compie esperimenti sui corpi dei morti viventi, viene offerta una sintetica descrizione della fisiologia di un morto vivente. Secondo quanto afferma il Dr. Logan, conseguentemente al “risveglio” si presenta nel cadavere un subitaneo rallentamento dei processi di decomposizione dei tessuti.
Il che porta a ipotizzare una piena attività del morto vivente per un arco di tempo che può raggiungere i 15 anni nei cadaveri più recenti, e che quindi hanno subito meno danneggiamenti. Sempre secondo le ricerche compiute dal Dr. Logan, tutte le funzioni possedute da un non-morto si manifestano attraverso stimolazioni cerebrali provenienti dall'archeo-cervello (o cervello degli istinti e passioni), unica struttura del corpo a non presentare un evidente disfacimento, posizionata alla base del cervello, in un'area corrispondente all'incirca a quella dell'ipotalamo. La stessa bramosia incessante di carne che caratterizza il comportamento del morto vivente non avrebbe quindi la funzione di nutrirlo, ma farebbe parte solamente di un istinto arcaico prodotto dall'attività di questa parte del cervello.
Non ci sono invece teorie univoche circa il contagio trasmesso dal morso del morto vivente. In certi casi, quando la manifestazione del fenomeno è legata ad un agente di natura virale, è legittimo ipotizzare la presenza di un virus che si trasmette tramite la saliva (o il sangue stesso, come nel film 28 giorni dopo). Ma nelle restanti categorie di manifestazione la natura del contagio rimane quasi sempre non specificata. Altrettanto non univocamente specificato è il tempo di mutazione in seguito al morso - che può variare da pochi istanti a periodi di 12 ore o più. Nonostante i non morti siano principalmente rappresentati come zombie, ne esistono vari tipi con differenti connotazioni fisiche. I cosiddetti lich, dallo scozzese cadavere, vengono ritratti come scheletri o cadaveri viventi dotati di poteri soprannaturali. Altro esempio sono i vampiri, con canini aguzzi e carnagione pallida.
Come ampiamente illustrato nel nuovo libro di Max Brooks - Eat My Brains! (inedito in Italia), è possibile catalogare la manifestazione del fenomeno del risveglio dei morti in almeno quattro categorie principali:
Morti Viventi divenuti tali per opere di magia nera o forze demoniache.
Morti Viventi divenuti tali per l'azione di esseri o cose provenienti da altri mondi.
Morti Viventi divenuti tali in seguito a esperimenti scientifici (esposizione a virus, gas, radiazioni, ecc.).
Morti Viventi divenuti tali senza una spiegazione apparente.
Molto spesso, a seconda della diversa categoria di manifestazione, si possono presentare alcune varianti riguardo a quelli che sono in generale ritenuti i comportamenti tipici dei morti viventi. I tipi di non morti conosciuti maggiormente nel fantasy e nella mitologia e folklore sono i Vampiri, gli zombi, i Revenant e i Lich
Nella serie iniziata con Il ritorno dei morti viventi (The Return of the Living Dead, 1985) di Dan O'Bannon, i cadaveri venivano risvegliati da un particolare tipo di gas sperimentale realizzato dall'esercito statunitense. Una volta che un essere vivente o defunto entrava in contatto con questo gas, si trasformava in un morto vivente che non poteva essere eliminato utilizzando i metodi tradizionali. Anche volendone bruciare il corpo, il gas mischiato al fumo della cremazione si spargeva nell'aria contagiando nuove aree. Il gas permetteva loro anche di parlare, indipendentemente lo stato di decomposizione del corpo, e di muoversi con una maggiore agilità rispetto agli standard normali.
Nel film Undead or Alive. Mezzi vivi, mezzi morti (Undead or Alive: A Zombedy, 2007) di Glasgow Phillips, per uccidere i morti viventi creati dalla maledizione che il capo indiano Geronimo aveva lanciato agli uomini bianchi che avevano sterminato il suo popolo, si rendeva necessaria la completa decapitazione. Anche in questo caso i corpi rianimati possedevano l'uso della parola e delle principali facoltà di un normale essere vivente.
In molti film, e in special modo in quelli che si sono ispirati più o meno liberamente al romanzo di Matheson, si è verificata addirittura una sovrapposizione della figura del morto vivente con quella del vampiro, con le altrettanto inevitabili sovrapposizioni dei comportamenti, facoltà e vulnerabilità delle due tipologie di creature in questione.
Nella letteratura fantastica del XVIII secolo, il morto vivente veniva generalmente correlato al tema della necromanzia. Spesso il non morto stesso era uno stregone tornato dal regno dei morti, o un altro essere umano riportato in vita da un negromante come suo schiavo. Nella maggior parte dei casi si trattava di un essere umano malvagio, per esempio un assassino. Per alcune fonti esisteva un nesso anche fra il ritorno alla vita come revenant e l'essere "nato con la camicia", ovvero con la membrana amniotica sul corpo o sulla testa.
Il morto vivente è in genere un non morto con poteri magici fortissimi; nel caso sia stato risvegliato da un necromante, può succedere che i poteri magici del non morto siano superiori a quelli del suo "padrone". Il folklore vuole che se chi governa il non morto dovesse morire, il morto vivente stesso cesserebbe di esistere perché mentalmente ed "energicamente" legato al suo padrone.
Per impedire ad una persona morta di diventare un morto vivente, la leggenda vuole che si dovessero infilare dei chiodi benedetti nel cranio, oppure amputargli arti e testa per segregarlo per sempre nel buio della tomba. La figura del non morto è stata recuperata da diverse opere di letteratura horror e fantasy moderne, nonché da altre forme di finzione come i giochi di ruolo. Un esempio è il mostro Revenant nella serie di videogiochi Final Fantasy, dove il Revenant è appunto, un tipo di mostro umanoide della classe non morto o zombi, a volte con arti mancanti.
Lo storico Renzo De Felice utilizza il termine revenants per indicare quei personaggi politici che, caduti in disgrazia con l'avvento della dittatura fascista, tornarono improvvisamente in auge dopo la caduta di Benito Mussolini[4].
Dopo essere stato per lungo tempo un genere principalmente di produzione statunitense (con discreti contributi da parte della cinematografia europea, in special modo italiana) la figura del morto vivente ha conosciuto negli ultimi dieci anni una sviluppo planetario, con produzioni di film e serie tv distribuite nell'arco di quattro continenti. Sono numerose infatti le produzioni giapponesi e inglesi, seguite da Canada, Australia, Nuova Zelanda, Corea e Hong Kong. In Europa si sono cimentate, anche con buoni risultati, produzioni spagnole, tedesche, francesi e irlandesi. Un piccolo contributo è stato dato anche dalla Repubblica Ceca e dalla Grecia.
Morti viventi si trovano perfino nella cinematografia indiana: nel datato Chalta Purza (1932) di Balwant Bhatt, o nel più recente Border di J.P. Dutta (1997) e in quella pakistana con Hell's ground (Zibahkhana - 2007) di Omar Khan.
Parallelamente al filone esplicitamente horror, si è andato sviluppando, soprattutto negli anni più recenti, anche un diverso genere maggiormente ispirato da una vena umoristica o grottesca. Di questo genere può essere riconosciuto come capostipite il film Il ritorno dei morti viventi (The Return of the Living Dead, 1985) di Dan O'Bannon.
Con l'inizio del nuovo secolo si sta assistendo ad un vero e proprio fenomeno zombi, dove la figura del morto vivente ha conosciuto positivi consensi di pubblico anche nel filone letterario, nei fumetti e nelle serie televisive. Notevole sviluppo si è avuto anche nella creazione di videogiochi in tema.
L'immagine del morto vivente, introdotta da La notte dei morti viventi in poi, è stata spesso utilizzata come metafora sociale, e come critica nei confronti di molti aspetti della società moderna.
Nel secondo film realizzato da George Romero – Zombi (Dawn of the dead - 1978), i morti viventi affollavano un centro commerciale, mimando grottescamente le medesime gestualità dei vivi.
Nell'episodio Candidato maledetto (Homecoming - 2005), girato da Joe Dante per la serie Masters of Horror – i morti viventi erano soldati uccisi durante la guerra in Iraq che tornavano in vita solo per partecipare con il loro voto alle elezioni presidenziali statunitensi.
In Fido, pellicola canadese realizzata dal regista Andrew Currie (2006), i morti viventi entravano a far parte della società stessa, resi innocui da un collare elettronico e utilizzati quindi come bassa manovalanza. In maniera similare si concludeva anche l'inglese L'alba dei morti dementi (Shaun of the dead – 2004) di Edgar Wright.
Secondo poi un'ottica prettamente religiosa la figura del morto vivente cinematografico incarna l'immagine stessa del mito dell'Apocalisse di Giovanni (o Libro della Rivelazione) - dove è scritto che al finire dei tempi i morti resusciteranno dalla tomba per il Giudizio Finale[5].
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Nei giochi da tavolo o nei wargame ad ambientazione fantasy i morti viventi sono creature che abitano cimiteri e cripte.
In Dungeons & Dragons i morti viventi sono tutti classificati come "non morti" e costituiscono un nutrito gruppo di creature che di solito sono avversari dei personaggi giocanti. Tuttavia, alcuni non morti dotati di intelligenza, possono essere usati dai giocatori come personaggi.