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La metropolia di Nicomedia è una sede soppressa del patriarcato di Costantinopoli (in greco Μητρόπολις Νικομηδείας?, Mitrópolis Nikomedeias).
Remote sono le origini della comunità cristiana di Nicomedia, corrispondente all'odierna città turca di İzmit. Secondo la tradizione, raccolta nei menologi greci, primo vescovo sarebbe stato san Procoro, uno dei sette diaconi istituiti a Gerusalemme dagli apostoli (Atti degli Apostoli 6,5[1]). La prima testimonianza sulla comunità di Nicomedia, secondo quanto riporta Eusebio di Cesarea, è una lettera scritta da Dionigi di Corinto ai cristiani della città sull'eresia marcionita.[2]
Innumerevoli sono i santi ed i martiri di Nicomedia ricordati dal Martirologio Romano. Tra questi: Luciano e Marciano, Adriano, Giuliana, Olimpia, Barbara, Flavio e Pantaleone.
Con la riforma dioclezianea dell'impero romano, Nicomedia divenne la capitale della provincia romana di Bitinia, nella diocesi civile del Ponto e contestualmente fu elevata al rango di sede metropolitana della provincia ecclesiastica corrispondente a quella civile, nel patriarcato di Costantinopoli.
Nelle controversie teologiche che animarono la Chiesa nel IV secolo, il vescovo Eusebio fu uno dei principali sostenitori dell'arianesimo. Deposto al concilio di Nicea del 325, poté occupare nuovamente la sede di Nicomedia nel 329 e nel 339 divenne vescovo di Costantinopoli.
La controversia ariana fu anche all'origine della disputa tra Nicomedia e Nicea per la predominanza sulla provincia della Bitinia, che si accentuò quando Nicea, all'epoca degli imperatori Valentiniano I (364-375) e Valente (364-378), fu elevata al rango di sede metropolitana. L'annosa questione fu risolta durante il concilio di Calcedonia (451), quando Nicomedia fu dichiarata unica metropolia della Bitinia, mentre a Nicea fu riconosciuto il solo titolo onorifico, al secondo posto tra le diocesi della provincia, dopo Nicomedia.[2]
Nelle Notitiae Episcopatuum, la prima delle quali databile al VII secolo, la sede di Nicomedia appare sempre al 7º posto nell'ordine gerarchico delle sedi metropolitane del patriarcato di Costantinopoli, dopo Cesarea, Efeso, Eraclea, Ancira, Cizico e Sardi (Filadelfia dal XIV secolo). Le diverse Notitiae attribuiscono a Nicomedia 12 suffraganee: Prusa (chiamata anche Teopoli), Preneto, Elenopoli, Basilinopoli, Dascilio, Apolloniade, Neocesarea, Adriani, Cesarea, Cadossia (chiamata anche Gallo o Lofi)[3], Dafnusia e Ariste (o Eriste).[4]
In seguito alla conquista crociata di Costantinopoli (1204), la sede di Nicomedia fu per un certo periodo occupata da arcivescovi latini.[5]
Nicomedia fu l'ultima città dell'Asia Minore a rimanere sotto controllo bizantino, nei primi decenni del XIV secolo, fino alla sua conquista da parte degli ottomani nel 1337. Questo ha messo in crisi l'organizzazione ecclesiastica della Bitinia; la sede rimase probabilmente vacante a lungo ed è incerto che i pochi prelati conosciuti abbiamo realmente esercitato le funzioni di metropoliti. L'arcidiocesi fu riorganizzata con la fine dell'impero bizantino (1453) e l'incorporazione istituzionale del patriarcato ortodosso nelle strutture ottomane; è documentata in due documenti patriarcali del 1483 e del 1525.[6]
La grande concentrazione di diocesi in Bitinia e nelle regioni circostanti (Calcedonia, Nicomedia, Nicea, Prusa, Cizico), in un periodo in cui solo poche diocesi sopravvissero in tutta l'Asia Minore coprendo aree molto estese, non è solo dovuto al rango e all'importanza di queste sedi, ma anche per una ragione più pratica, vale a dire la loro vicinanza a Costantinopoli e dunque la possibilità, per i loro metropoliti, di partecipare con frequenza alle sedute del Santo Sinodo di Costantinopoli, oppure di risiedere stabilmente nella capitale pur mantenendo un costante contatto con le loro sedi.[6]
Diversamente da quanto avvenne per altre diocesi, i metropoliti continuarono a risiedere a Nicomedia, indizio che la città ospitò a lungo una nutrita comunità cristiana, malgrado il generale calo della presenza cristiana in Bitinia per le progressive e costanti conversioni all'islam. È documentato che nel XVI secolo Nicomedia aveva ancora come suffraganea la diocesi di Apolloniade; si tratta di uno dei rari casi di vescovadi dipendenti noti in Asia Minore durante il periodo ottomano.[6]
Nel XVIII secolo il ruolo e il prestigio del metropolita di Nicomedia si accrebbe con il decreto ottomano del 1757 che istituì il gruppo ristretto dei cinque metropoliti, del quale facevano parte, oltre a quello di Nicomedia, i metropoliti di Eraclea, Cizico, Nicea e Calcedonia. Questi dovevano partecipare obbligatoriamente alle sedute del Santo Sinodo, risiedendo perciò abitualmente nella capitale; inoltre avevano accesso diretto al sultano, con l'obbligo di comunicare l'elezione del nuovo patriarca oppure di proporne la destituzione.[6]
A seguito del trattato di Losanna, per porre fine alla guerra greco-turca, nel 1923 fu attuato uno scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia che portò alla totale estinzione della presenza cristiana ortodossa nel territorio dell'arcidiocesi di Nicomedia. L'ultimo metropolita residente fu Alexandros Rigopoulos, morto nel 1928. Al momento dello scambio delle popolazioni, la sede metropolitana comprendeva poco più di sessantamila fedeli ortodossi.[6]
Con la fine della presenza cristiana ortodossa a Nicomedia e nel suo territorio (1923), il patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha iniziato ad attribuire il titolo di Nicomedia a metropoliti non residenti.[7]
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