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Patriarca ecumenico di Costantinopoli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Dionisio II (in greco Διονύσιος Β΄?; ... – Costantinopoli, 1556) è stato un arcivescovo ortodosso greco, patriarca ecumenico di Costantinopoli dal 1546 al 1556.
Dionisio II | |
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Dionisio II invia Iosafat, metropolita di Cizico, come ambasciatore presso Ivan IV di Russia. | |
Patriarca ecumenico di Costantinopoli | |
Elezione | 17 aprile 1546 |
Fine patriarcato | luglio 1556 |
Predecessore | Geremia I |
Successore | Josafat II |
Morte | Costantinopoli 1556 |
Sepoltura | Monastero di Kamariotissa a Chalki |
Dionisio nacque a Galata (ora un quartiere di Istanbul)[1]. Nel 1516[2] fu nominato metropolita di Nicomedia e venne consacrato vescovo dal patriarca Teolepto I[1].
Dionisio venne scelto dal patriarca Geremia I come suo successore e fu eletto dopo la morte di Geremia il 17 aprile 1546[2], supportato da manifestazioni popolari, ma contro le intenzioni del Santo Sinodo[3]. Durante il suo patriarcato fu accusato di aver alzato la tassa di nomina ( peshtesh) da pagare al sultano ottomano a tremila Écu e per aver demolito, ordinato dal sultano, la grande croce sul tetto della chiesa di Pammacaristos, al tempo sede del patriarcato di Costantinopoli[4].
L'evento più significativo del suo patriarcato fu il viaggio nel 1546 in Italia del giovane metropolita di Cesarea, Metrofane, che anni dopo sarebbe diventato patriarca. Dionisio mandò Metrofane a Venezia con lo scopo di raccogliere fondi, ma si recò anche a Roma e incontrò il Papa. Nel 1548 le notizie destarono grande preoccupazione nei cittadini greci di Costantinopoli, preoccupazioni che sfociarono in rivolte e nel tentato assassinio di Dionisio, ritenuto colpevole al pari di Metrofane[5]. Dionisio era sul punto di essere deposto, ma nessuna azione fu intrapresa contro di lui perché godeva dell'appoggio di Solimano il Magnifico[6].
Dionisio regnò fino alla sua morte. La data è contestata tra gli studiosi e ne sono state proposte varie, come il 1554 e il 1555, ma la data corretta sembra essere il luglio 1556[2], una conclusione supportata da documenti veneziani[5]. Fu sepolto nel monastero di Kamariotissa sull'isola di Chalki[1].
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