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funzionario della corona di Francia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Maréchal de France, italianizzato in maresciallo di Francia è, dal momento della soppressione della dignità di connestabile di Francia nel 1627, la più alta distinzione militare francese. L'ultimo a detenerla è stato Alphonse Juin, deceduto nel giugno del 1967.
Maresciallo di Francia è un termine coniato a partire da "maresciallo", per il quale una spiegazione etimologica rimanda al termine celtico march (cavallo) e all'alemanno scalch (maestro), da cui il latino medievale marescallus come "maestro dei cavalli"[1][2].
Inizialmente, in epoca carolingia, era così designato un ufficiale sovrintendente alle scuderie reali; nel medesimo periodo esisteva con analoghi compiti la funzione di connestabile (dal latino comes stabuli, "compagno della scuderia"): durante il Basso impero romano e in alcuni regni romano-barbarici la parola comes (da cui in seguito "conte") designava i funzionari di corte, tra cui sicuramente amici e parenti del sovrano. Per un certo periodo quindi le due figure coesistettero e si sovrapposero, ma quella di connestabile, in quanto retaggio della cultura imperiale romana, fu sempre considerata superiore all'altra, patrimonio degli invasori germanici[1].
Fu con la monarchia capetingia (la prima per cui esistono in merito fonti certe), che all'accrescersi delle necessità dello Stato tenne dietro, per questa come per altre cariche, un accrescersi di importanza e di rango: la guerra, mobilitando via via maggiori risorse, richiedeva sempre più uomini e cavalli, cosicché il siniscalco ebbe il comando dell'esercito, e il maresciallo, sempre in subordine, ebbe il comando della cavalleria e una serie di altre funzioni di tipo ispettivo e organizzativo[1][3].
Guglielmo il Bretone, parlando della conquista dell'Angiò e del Poitou da parte di Filippo Augusto, racconta che il ruolo del maresciallo consisteva nel comandare l'avanguardia e dare il segnale d'attacco[2], laddove il connestabile, a lui superiore, comandava il grosso dell'esercito[4]; il ridursi del potere del connestabile avrebbe nel corso del tempo magnificato il ruolo del maresciallo[5].
Occasionalmente il re conferiva la carica di maresciallo generale degli accampamenti e delle armate del re (Maréchal général des camps et armées du roi), il cui titolare aveva autorità su tutti gli altri marescialli, ed era il più alto riconoscimento dell'esercito, ma quasi mai conferito a militari in servizio attivo, trattandosi piuttosto, specie nei secoli XVIII e XIX, di una ricompensa a fine carriera per i marescialli particolarmente meritevoli. Solamente sei furono i titolari del grado di maresciallo generale.
La carica per lungo tempo non fu implicitamente vitalizia: vi furono titolari che l'abbandonarono per assumere altri incarichi: ad esempio Bernard de Moreuil si dimise nel 1328 per attendere all'educazione del delfino di Francia Giovanni (poi Giovanni II), Arnoul d'Audrehem fece lo stesso nel 1368 per diventare portaorifiamma, Louis de Sancerre lasciò la carica di maresciallo nel 1397 per assumere quella di connestabile di Francia.
Sebbene più di una volta la carica di maresciallo sia stata conferita a membri diversi di una stessa famiglia, essa non fu mai ereditaria: per esempio, all'atto dell'investitura di Jean III Clement, Luigi VIII gli fece giurare, per sé e la propria discendenza, di non pretendere né l'ereditarietà della carica, né la proprietà dei cavalli a sua disposizione[1].
Inizialmente poteva esistere in carica un solo maresciallo, fu Luigi IX a nominarne un secondo, per le accresciute esigenze belliche, e due rimasero fino a Carlo VII; nel corso del tempo il loro numero fu poi variamente regolamentato[4].
Nel XIV secolo i marescialli entrarono nel novero dei grandi ufficiali della Corona, e le loro funzioni si accrebbero, anche grazie a un sistema di funzionari stabilitosi intorno a loro.
Enrico II nel 1547 emanò un'ordinanza che divideva il reame in tre dipartimenti, ognuno dei quali sotto la giurisdizione di un maresciallo incaricato di provvedere alla disciplina delle truppe, alla sorveglianza delle piazzeforti e alla giustizia militare; sotto il suo regno il numero dei marescialli salì a sette, da cinque che erano con Francesco I: quest'ultimo introdusse anche la nomina vitalizia, onorando i marescialli col titolo di cugino del Re.
Sotto Filippo di Valois i marescialli godevano di una ricompensa di 500 lire tornesi per ogni anno in carica, inoltre ricevevano un cavallo delle scuderie reali quando intraprendevano una campagna bellica. All'epoca di Carlo IX risale con qualche probabilità l'istituzione del simbolo della dignità, ossia il bastone di maresciallo, in uso poi per secoli[2].
Enrico IV nel 1598 decise una prebenda di 12 000 lire annuali, più 1 000 per ogni 45 giorni trascorsi al comando dell'esercito.
Il XVII secolo, prima con Luigi XIII che nel 1627 soppresse la carica di connestabile, poi con Luigi XIV, vide una notevole crescita nella valorizzazione della carica di maresciallo, sia per dignità che per ricchezza; anche l'esigenza bellica, per le varie guerre condotte dalla Corona di Francia, impose il proprio contributo: il numero dei marescialli si moltiplicò in quel secolo, e da cinque che erano nel 1615 passò a diciassette nel 1655; se poi scese a sei nel 1692, crebbe sino ai venti del 1704 (46 diversi marescialli furono nominati nei 45 anni precedenti la morte di Luigi XIV)[1].
Contemporaneamente si perse il rapporto diretto fra la figura del maresciallo e la direzione delle operazioni militari: il sovrano decideva talvolta la nomina indipendentemente dai meriti squisitamente bellici, e da grado militare il maresciallato divenne una distinzione[1].
Con una ordinanza del 12 maggio 1696, Luigi XIV si occupò minuziosamente degli onori dovuti alla carica: quando un maresciallo entrava in una città doveva essere salutato da più colpi di cannone; doveva ricevere una guardia personale di 50 uomini, compreso un sergente e un tamburino, comandata da un capitano, un tenente, un sottotenente o un alfiere con bandiera; la guardia doveva essere scelta fra i più antichi reggimenti della guarnigione e schierata davanti all'alloggio del maresciallo al momento del suo arrivo. La dignità di maresciallo, ottenuta sino ad allora soltanto con il servizio per terra, con Luigi XIV fu accordata anche per il servizio in mare, e la ricompensa fu portata a 40 000 lire annue[2].
Dal 2 febbraio 1705 i marescialli divennero ipso facto cavalieri dell'Ordine del re, e la nomina fu vitalizia. Crebbe l'importanza dei marescialli nella vita di corte: accompagnavano il sovrano in parlamento per rendere giustizia, alle consacrazioni reali rappresentavano le alte cariche che non erano presenti, sia per soppressione formale che per assenza dei titolari. Alle udienze degli ambasciatori era sempre presente un maresciallo, il che ne sottolineava il crescente ruolo in politica estera[1].
Luigi XV, con un'ordinanza del 17 marzo 1708 fissò il trattamento economico dei marescialli a 30 000 lire annue, 36 000 per chi in aggiunta governava una provincia; i marescialli ricevettero inoltre il titolo di monseigneur, ed erano giudicati da un tribunale apposito (Tribunal du point d'honneur, Connétablie o Table de marbre) che si riuniva al palazzo reale[2].
Oltre alle funzioni politico-militari, i marescialli avevano anche la responsabilità del mantenimento dell'ordine durante le campagne, tramite i prevosti dei marescialli, da cui deriva il soprannome maréchaussée, occasionalmente attribuito in Francia alla polizia.
Nel 1714 per la prima volta l'Académie française ebbe fra i suoi membri un maresciallo di Francia: Claude Louis Hector de Villars. Ciò contrassegnò l'apertura dall'Accademia non solo ai grandi nomi delle belle lettere, ma anche a personaggi appartenenti all'élite dell'esercito, della Chiesa, della politica; i marescialli del XVIII secolo appartenevano infatti tutti alla più alta nobiltà, a eccezione di Nicolas Luckner[1].
Nel 1758, col maresciallo de Belle-Isle al ministero della guerra, venne regolamentato con precisione il simbolo del maresciallato, il celebre bastone, riguardo a forma, dimensioni e ornamenti: il bastone è da allora un cilindro di legno pieno, di 52 centimetri di lunghezza e 3,5 di diametro, ricoperto di velluto color blu di Francia e decorato con 36 fiordalisi d'oro (furono aquile con l'Impero, stelle con la Repubblica); a ogni estremità reca un pomolo in oro, sul cui piatto è raffigurato un fiordaliso, mentre attorno al pomolo superiore è incisa la scritta "Terror belli, decus pacis" ovvero "Terrore in guerra, ornamento in pace", che esprime la duplice natura del maresciallato[1].
Un'ordinanza del 17 marzo 1788 fissò il numero massimo dei marescialli a 12 in tempo di pace. L'Ancien Régime era ormai al tramonto: il maresciallato fu abolito in quanto dignità dalla Convenzione nazionale nel settembre 1790, equiparato al massimo grado dell'esercito, e ai suoi titolari vennero riservate solo funzioni militari.[1]
Nel 1792, dopo la proclamazione della Prima Repubblica francese, il maresciallato fu abolito del tutto. Poco dopo iniziò il Regime del Terrore: il 4 gennaio 1794 Luckner salì al patibolo, de Mailly subì la medesima sorte il 25 marzo; tre mesi dopo venne il turno di de Mouchy.[1]
Alla nascita del Primo Impero (18 maggio 1804) lo stesso senatoconsulto che affidò a Napoleone Bonaparte il governo della Repubblica in veste di imperatore, ripristinò il titolo di maresciallo con una leggera variante: maresciallo dell'Impero, e fissò a sedici il numero massimo (più i marescialli onorari, maréchaux sénateurs). Durante l'Impero, con i numerosi conflitti combattuti, le promozioni si succedettero a ritmo serrato, per un totale di 25 nomine; le funzioni e prerogative dei marescialli tornarono ad avvicinarsi a quelle ante rivoluzione: il comando militare era solo una di queste, come testimoniano Berthier ministro della guerra, Bessières ambasciatore, Sérurier governatore dell'Hôtel des Invalides, Murat re di Napoli.[1]
Con la Restaurazione i marescialli dell'Impero tornarono a essere marescialli di Francia, reintegrati a tutti gli effetti nella struttura portante della monarchia francese (14 marescialli entrarono, ad esempio, nella Camera dei Pari). Durante i Cento giorni fra i marescialli vi fu chi rimase fedele alla monarchia (come Perrin e Marmont), chi assunse un atteggiamento defilato (come Kellermann), chi cambiò campo più volte (come Sérurier) e chi tornò a fianco di Napoleone (fu il caso di Ney). Il 15 luglio 1816 i marescialli rimasti fedeli alla monarchia e quelli di nuova nomina prestarono giuramento secondo l'antica formula feudale di fronte a Luigi XVIII, che poté così legare nuovamente il maresciallato alla Corona. Anche scenograficamente la figura del maresciallo tornò all'antico: alla cerimonia di consacrazione di Carlo X (l'ultima di un re francese) Moncey occupava il posto del connestabile, Jourdan portava la corona di Carlo Magno e Soult reggeva lo scettro.[1]
La Monarchia di luglio (legge del 4 agosto 1839) portò definitivamente a sei il numero dei marescialli in tempo di pace e a dodici in tempo di guerra.
La Seconda Repubblica e il Secondo Impero non modificarono nulla. I marescialli di Francia divennero membri di diritto del Senato.
Con l'avvento della Terza Repubblica, la funzione fu percepita come troppo legata all'Impero e non fu più nominato alcun maresciallo: la legge del 13 marzo 1875 mise i quattro marescialli allora in carica alla testa dello Stato maggiore, rimandando a ulteriori disposizioni la regolamentazione delle successive nomine; l'ultimo maresciallo, Canrobert, morì nel 1895. Fu con la prima guerra mondiale che la carica venne ripristinata, quando il 26 dicembre 1916 un decreto del Presidente della Repubblica nominò il maresciallo Joffre, già comandante in capo dell'esercito francese. Attualmente in Francia il maresciallato è una distinzione o una dignità, non un grado militare. È simbolizzato da sette stelle contro le cinque del grado più elevato, generale d'armata.
Ricostruire una cronologia esatta dei diversi marescialli di Francia succedutisi nei primi secoli è piuttosto complesso, in quanto le diverse fonti sono in disaccordo su quando collocare l'istituzione di tale carica, e circa i nomi dei primi investiti, stante anche la scarsità di documenti antecedenti al XIV secolo.
Père Anselme, e con lui la tradizione maggiormente diffusa, indica come primo maresciallo Albéric Clément, investito del titolo da Filippo Augusto verso il 1190.[5]
Pinard, nella sua Chronologie historique-militaire, cita l'esistenza nel 1179 di un maresciallo (e non un siniscalco o un connestabile) al servizio del conte Enrico I di Champagne, e trova improbabile che tale carica non fosse in uso anche presso la corte di Francia: riporta infatti un certo Pierre, maresciallo dal 1185 al 1190 e citato in diverse ordinanze di Filippo Augusto; con lo stesso nome inizia la Chronologie des maréchaux de France lieutenants-généraux et marechaux de camp edita nel 1886 dal ministero della Guerra francese.[4]
Il tenente colonnello Beaufort nel suo trattato del 1784 Recueil concernant le tribunal de nosseigneurs les maréchaux de France, les prérogatives et les fonctions des officiers chargés d'exécuter ses ordres, sottoposto all'approvazione dal Tribunale dei marescialli di Francia, si riferisce col termine "maresciallo" ad alcuni grandi comandanti dell'Alto Medioevo che - pur senza ricevere tale denominazione ufficiale - combatterono al servizio dei sovrani di Francia incarnando un'autorità in seguito divenuta propria dei marescialli: l'elenco stilato da Beaufort per i "marescialli" più antichi inizia da un certo Wambert, al servizio di Clotario I nel 543, per giungere sino ai tempi di Filippo I, quando un certo Guy e un certo Ancelin o Anselme sottoscrissero in qualità di marescialli un documento per la chiesa di Saint-Martin-des-Champs di Parigi (1067); non è citato il Pierre riportato da altre fonti, e la nomina di Albéric Clément è collocata al 1185.[6]
26 Marescialli nominati da Napoleone
I nomi di 19 marescialli sono stati dati a una serie di boulevards che circondano Parigi (Boulevards des Maréchaux, "viali dei marescialli"). Altri 3 sono stati onorati con una via in un'altra parte della città. Questo riconoscimento dunque non è spettato a 4 dei 26: Bernadotte e Marmont, considerati traditori; Pérignon, eliminato dall'elenco dei marescialli nel 1815 da Napoleone stesso; Grouchy, ritenuto responsabile della sconfitta di Waterloo.
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