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filosofo, scrittore e paroliere italiano (1924-2014) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Manlio Sgalambro (Lentini, 9 dicembre 1924 – Catania, 6 marzo 2014) è stato un filosofo, scrittore, poeta, aforista e paroliere italiano.
Manlio Sgalambro | |
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Nazionalità | Italia |
Genere | Musica d'autore Pop |
Periodo di attività musicale | 1993 – 2014 |
Album pubblicati | 1 |
Sito ufficiale | |
La sua opera filosofica è stata definita di orientamento nichilista[1][2], definizione spesso respinta da Sgalambro stesso[3][4], ma talvolta anche accettata[5], e si può piuttosto definire un'originale sintesi tra la filosofia della vita di Arthur Schopenhauer[6] e il materialismo e pessimismo di Giuseppe Rensi[7], con le influenze dell'esistenzialismo sui generis di Emil Cioran[8], di alcuni temi della scolastica e della "teologia empia" e naturalistica di Vanini e Mauthner[9], della tensione fra essere e dovere propria di Emil Lask e Georg Simmel, nonché del pensiero anti-idealistico di Giacomo Leopardi.[10]
Sgalambro è noto anche per la collaborazione con il cantautore Franco Battiato, delle cui canzoni fu autore dei testi tra il 1995 e il 2012.
Manlio Sgalambro nacque a Lentini nel 1924, da una famiglia benestante (il padre era un farmacista). Ha sempre osservato un riserbo quasi "conventuale"[11] nella sua vita privata, fornendo tuttavia alcuni elementi biografici nelle sue interviste o presentazioni. Dopo l'infanzia trascorsa a Lentini, si trasferisce a Catania, dove rimane per tutta la vita. Nel 1947 si iscrive all'Università degli studi di Catania:
«All'università decisi di non iscrivermi in Filosofia perché la coltivavo già autonomamente. Mi piaceva il diritto penale e per questo scelsi la facoltà di Giurisprudenza.[12]»
Inoltre non si trovava d'accordo con la cultura filosofica dominante allora nelle accademie, troppo legata all'idealismo di Croce e Gentile:
«Erano loro che occupavano tutto lo spazio culturale, ma io non mi ritrovavo affatto in quei sistemi complessi e completi, dove ogni cosa era già stata incasellata. Per me pensare era una destructio piuttosto che una costructio: ero uno che notava le rovine, piuttosto che la bellezza. Questo era un po' scomodo, e non certamente accademico.[5]»
Nel 1963, a 39 anni, si sposa, e dal matrimonio nascono cinque figli (Elena, Simona, Riccardo, Irene, Elisa). Il reddito che proveniva da un agrumeto (lasciatogli in eredità dal padre) non basta più, così sceglie di integrarlo compilando tesi di laurea e facendo supplenze nelle scuole:
Muore il 6 marzo 2014 a Catania, all'età di 89 anni.[13] Sgalambro era dichiaratamente ateo anche se credeva nella reincarnazione, come ricordato anche dall'amico Battiato[14], e ha avuto un funerale religioso.[15] Da molti anni viveva da solo nella sua casa catanese.[5]
«Che non ci sia niente di peggiore del mondo, non si deve dimostrare.»
Sgalambro ripeteva spesso che non possedeva titoli né lauree «per i biglietti da visita» e quindi come sia riuscito a diventare uno scrittore di filosofia – i cui libri sono tradotti in francese, tedesco e spagnolo – era «un mistero» che egli stesso stentava a spiegarsi.
Il suo primo contatto con un'opera filosofica avviene nel periodo dell'adolescenza, quando legge La formazione naturale nel fatto del sistema solare di Roberto Ardigò nella biblioteca di un parente[16]. Seguono i Principi di psicologia di William James, le Ricerche logiche di Husserl (un'opera che ritornerà più volte nella sua riflessione[17]), e, soprattutto, Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer[18]. L'incontro con il pensatore tedesco spinge Sgalambro ad un interesse sempre crescente per la cultura nordeuropea, che sfocerà poi nella scoperta di Kant, Hegel[19], Friedrich Nietzsche[16], e Kierkegaard, a cui dedica i suoi primi saggi.
Nel 1945 inizia a collaborare alla rivista catanese Prisma (diretta da Leonardo Grassi): il primo scritto è Paralipomeni all'irrazionalismo, dove, influenzato da Rensi, sviluppa un attacco all'idealismo crociano allora in piena egemonia.[20] Egli si ispira anche all'ironia di Karl Kraus di cui ama lo stile aforistico ("Se Karl Kraus avesse scritto Il Capitale lo avrebbe fatto in tre righe"). La sua filosofia, in linea con Schopenhauer, viene a configurarsi come filosofia del Male in cui il bene è la realtà apparente che serve come termine dialettico per la distruzione di ciò che è nel nulla termodinamico, ponendosi agli antipodi di Emanuele Severino.[21]
Dal 1959, assieme a Sebastiano Addamo, scrive per il periodico Incidenze: il primo articolo è Crepuscolo e notte (che viene ristampato nel 2011), un breve saggio di "esistenzialismo negativo", ispirato ad Heidegger e Céline.[5] Frattanto inizia a scrivere anche per la rivista Tempo presente (diretta da Nicola Chiaromonte ed Ignazio Silone).[5]
Alla fine degli anni Settanta decide di organizzare il suo pensiero in un'opera sistematica: a 55 anni, Sgalambro manda il suo primo libro, La morte del sole, con un biglietto di due righe alla casa editrice Adelphi; al proposito dirà:
«E lì è rimasto due anni. Ma siccome io sono fatto in questo modo, non ho chiesto niente. Poi è arrivata una telefonata a mia moglie. Mi chiedevano di andare a Milano, per prendere contatto con l'editore. Roberto Calasso mi disse che quel libro non era maturo, era marcio: ed era esattamente così”.[22]»
Negli anni seguenti, con lo stesso editore, pubblica anche: Trattato dell'empietà (1987), Anatol (1990), Del pensare breve (1991), Dialogo teologico (1993), Dell'indifferenza in materia di società (1994), La consolazione (1995), Trattato dell'età (1999), De mundo pessimo (2004), La conoscenza del peggio (2007), Del delitto (2009) e Della misantropia (2012).[5]
Spesso viene avvicinato alla corrente nichilista; talvolta ha respinto la definizione, mentre altre volte l'ha accettata, nel senso di un nichilismo attivo e demolitore, non passivo e chiuso:
«Indubbiamente questa visione è nell'intimo di me stesso. Per un nichilista le cose – il Papa, Mussolini, un vaso di terracotta – si equivalgono. Questo non significa che non si ha il senso di ciò che vale: significa piuttosto che si prova a romperlo come si può, per esempio con il martello del pensare.[5]»
Intanto, all'inizio degli anni novanta, con alcuni amici avvia una piccola attività editoriale a Catania: nasce così la De Martinis. All'interno di questa casa editrice, Sgalambro si occupa di saggistica, pubblicando un paio di propri testi (Dialogo sul comunismo e Contro la musica) e ristampando alcune opere di Giulio Cesare Vanini e di Julien Benda.
Nel 2005 suscita polemiche una sua intervista a Francesco Battistini sulla mafia, dove critica anche Leonardo Sciascia e il mito dell'antimafia "militante" (che tra l'altro fu criticata da Sciascia stesso negli ultimi anni di vita):
«L'immagine della Sicilia… C'è, come no? Ma cercarla in faccende di Cuffaro e di Gabanelli è come cercare un tesoro fra le spine dei fichi d'India. Cercare che cosa, poi? La griglia mafiosa è una gabbia. È chiaro che ha ragione la Gabanelli e che Cuffaro vuole cancellare a suo modo la mafia, con un tratto di parole. Ma contesto che la mafiosità sia una chiave di conoscenza... Non cambio idea. La mafia è un concetto astratto. E gli astratti si distruggono con la logica, non con la polizia... La polizia può arrestare la mafia. Eliminarla, mai. Quello che importa è la Mafia maiuscola, concetto generale e perciò indistruttibile...
La mafia in sé non mi fa venire in mente nulla. Come la patria, i morti di Solferino. Cose vetuste. Leonardo Sciascia era lo scrittore sociale, un maestro di scuola che voleva insegnarci le buone maniere sociali. Ma rivisitarlo oggi è come rileggere Silvio Pellico. La sua funzione si è esaurita... La mafia è l'unica economia reale di quest'isola... Ci sono fenomeni della storia, ricchezze che non si possono fare con le mani pulite. Qui la ricchezza è sempre stata fondiaria, senza investimenti... La ricchezza è per sua natura sporca... Basta col gioco della spartizione: è mafioso o no? Domande da periodo di lotte religiose: è luterano o cattolico? In Sicilia sono arrivati anche i laici, per fortuna.[23]»
Definisce poi Claudio Fava "quel piagnone", affermando che "i famosi Cavalieri", soprannome dato dal padre di Fava a quattro imprenditori catanesi considerati collusi con Cosa nostra, «erano l'unica economia possibile» per la città.[23] Nel 2014 è tornato in maniera sarcastica sull'argomento: «Considero la Sicilia come un fenomeno estetico e non ne cambierei nulla. In questo senso potrei dire che mi considero un mafioso…».[5] Già nel 1995 era stato attaccato dal sociologo Franco Ferrarotti che lo definì "un neo-reazionario" e di "intolleranza aristocratica e silenzio sulla mafia".[24] Il filosofo rispose a Ferrarotti di non aver mai parlato di mafia "perché, in quanto uomo che pensa, la mafia non mi fa venire in mente nulla. In quanto uomo che prova delle emozioni, credo di provare le stesse emozioni che la mafia suscita in chiunque altro, e mi pare inutile ripetere ciò che tutti provano. [...] si arriva ad assumere l'intera Sicilia come sinonimo di mafia. Caso mai avrei qualcosa da dire sul problema del male...".[24]
Alla sua isola ha dedicato l'opera Teoria della Sicilia:
«Là dove domina l'elemento insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell'isola è segnata da questa certezza. Un'isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull'instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave: vi incombe il naufragio.»
Oltre ai saggi per Adelphi, ha pubblicato per Bompiani Teoria della canzone (1997), Variazioni e capricci morali (2013) e due raccolte di poesie, Nietzsche (frammenti di una biografia per versi e voce) (1998) e Marcisce anche il pensiero (frammenti di un poema) (2011), dedicato all'ultima mezz'ora di vita di Immanuel Kant, nonché L'impiegato di Filosofia (2010), nel quale ironicamente afferma di aver rinunciato alla filosofia ritrovandosi più filosofo che mai, curioso libretto stampato in un museo della stampa con caratteri mobili, edito da La Pietra Infinita.
Infine, ha pubblicato con Il Girasole: Del metodo ipocondriaco (1989), Quaternario (racconto parigino) (2006), la raccolta di poesie Nell'anno della pecora di ferro (2011), la pièce teatrale L'illusion comique (2013) e Dal ciclo della vita (2014, postumo).
«La matematica è il tribunale del mondo. Il numero è ordine e disciplina. Ciò con cui si indica lo scopo della scienza, tradisce col termine la cosa. L'ordine, già il termine ha qualcosa di bieco, che sa di polizia, adombra negli adepti le forze dell'ordine cosmico, i riti cosmici. L'autentico sentimento scientifico è impotente davanti all'universo. L'inflazione che caccia nelle mani dell'individuo, in un gesto solo, miliardi di marchi, lasciandolo più miserabile di prima, dimostra punto per punto che il denaro è un'allucinazione collettiva»
Nel 1993 avviene l'incontro con Franco Battiato, del tutto casualmente, perché presentavano insieme un volume di poesie dell'amico comune Angelo Scandurra. Dopo pochi giorni da quell'incontro, Battiato gli chiede un appuntamento per proporgli di scrivere il libretto dell'opera Il cavaliere dell'intelletto:
«Un anno fa non ci conoscevamo neppure. Da allora non abbiamo fatto altro che lavorare insieme. Lui sarà anche un filosofo, ma per me è un talento che mi stimola e arricchisce. Mi sembra impossibile, oggi, tornare a scrivere i testi delle mie cose.[25]»
«In mezzo a tutto questo, mi capitò tra i piedi Franco Battiato. Per un certo verso direi che è stato uno di quegli incontri che ti portano fuori strada, ma questa è una percezione che ho avuto molto tardi. A volte trovo che è come se tutto quel tempo io lo abbia perduto: la questione starebbe nel vedere se sia possibile recuperarlo…[5]»
Sgalambro accetta e risponde ironicamente all'invito di Battiato chiedendogli di scrivere insieme un disco di musica pop[11]. Tra Sgalambro e Battiato si sviluppa un sodalizio artistico e umano, anche se non sempre facile:
«Anche perché io non sono un grande seguace dell'amicizia. Con Battiato abbiamo avuto lunghe liti, che duravano parecchio. Poi uno dei due, in genere lui, telefonava e il rapporto riprendeva. Tutti i litigi erano per un rigo da cambiare in una canzone: io non accettavo le esigenze della musica e per lui questo era costoso. Il suo impegno in politica? Non ho mai capito come si sia potuto lasciare tentare, tutti i giorni ho cercato di convincerlo a levarsi, solo ora per fortuna sta tornando in se stesso.[5]»
A partire dal 1994 collabora a quasi tutti i progetti di Franco Battiato, per cui scrive:
Benché affermasse che la canzone era per lui "una distrazione"[5], dal 1998 scrive testi di canzoni anche per Patty Pravo (Emma), Alice (Come un sigillo, Eri con me), Fiorella Mannoia (Il movimento del dare), Carmen Consoli (Marie ti amiamo), Milva (Non conosco nessun Patrizio), Adriano Celentano (Facciamo finta che sia vero) e Ornella Vanoni (Aurora).
Dopo essere intervenuto anche ai concerti di Battiato, nel 2000 si cimenta lui stesso con la musica e pubblica il singolo La mer, contenente la cover del celebre brano di Charles Trenet.
In una rappresentazione di Histoire du soldat di Igor' Stravinskij (2000) interpretò la voce narrante, con Giovanni Lindo Ferretti nella parte del soldato e Franco Battiato in quella del Diavolo.
Nel 2001 pubblica l'album Fun club, prodotto da Franco Battiato e Saro Cosentino, che contiene «evergreen» del calibro di La vie en rose (di Édith Piaf) e Moon river (di Henry Mancini), ma anche l'ironica Me gustas tú (di Manu Chao):
«Un alleggerimento che considero doveroso. Dobbiamo sgravare la gente dal peso del vivere, invece che dare pane e brioches. Questa volta, mi sono sgravato anch'io. E poi, la musica leggera ha questo di bello, che in tre minuti si può dire quanto in un libro di 400 pagine o in un'opera completa a teatro.[26]»
Nel 2007 dà la voce all'aereo DC-9 Itavia nell'opera Ultimo volo di Pippo Pollina sulla strage di Ustica.
Nel 2009 pubblica il singolo La canzone della galassia, contenente la cover di The galaxy song (tratto da Il senso della vita dei Monty Python), cantata assieme al gruppo sardo-inglese Mab.
Nel 2009 torna dopo 40 anni ad esibirsi in un pub di Catania, assieme al filosofo Salvatore Massimo Fazio e il curatore del suo sito Alessio Cantarella. Finita l'esibizione alla presenza di Pippo Russo e Franco Battiato, seguì il concerto delle Lilies on Mars, band formata da due ex componenti del gruppo Mab (Lisa Masia e Marina Cristofalo), band che si era esibita con Battiato nella canzone Il vuoto, su testo di Sgalambro.
Muore il 6 marzo 2014 a Catania. Pur essendo dichiaratamente ateo, viene sepolto nella chiesa del Crocifisso dei miracoli di Catania.[27]
«Ταὐτὸ τενὶ ζῶν καὶ τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς καὶ καθεῦδον καὶ νέον καὶ γηραιόν' τάδε γὰρ μεταπεσόντα ἐκεινά ἐστι κἀκεῖνα πάλιν ταῦτα.»
«La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli mutando son questi.»
«Ti invito al viaggio in quel paese che ti somiglia tanto. I soli languidi dei suoi cieli annebbiati hanno per il mio spirito l'incanto dei tuoi occhi quando brillano offuscati. Laggiù, tutto è ordine e bellezza, calma e voluttà; il mondo s'addormenta in una calda luce di giacinto e d'oro; dormono pigramente i vascelli vagabondi, arrivati da ogni confine per soddisfare i tuoi desideri.»
«Se io, come miei punti, penso quali si vogliano sistemi di cose, per esempio, il sistema: amore, legge, spazzacamino… e poi non faccio altro che assumere tutti i miei assiomi come relazioni tra tali cose, allora le mie proposizioni, per esempio, il teorema di Pitagora, valgono anche per queste cose.»
Dal 1996 partecipa a quasi tutti i tour di Franco Battiato:
«Bacterium flourescens liquefaciens, Bacterium histolyticum, Bacterium mesentericum, Bacterium sporagenes, Bacterium putrificus…»
«Quello che c'è / ciò che verrà / ciò che siamo stati / e comunque andrà /tutto si dissolverà (...) Sulle scogliere fissavo il mare / che biancheggiava nell'oscurità / tutto si dissolverà.»
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