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testo ittita - KUB 14.33 - CTH 181 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La cosiddetta lettera di Tawagalawa (o più correttamente Lettera di Piyama-Radu)[1] è una lettera in lingua luvia/ittita inviata nella prima metà del XIII secolo a.C. da un re ittita di incerta identificazione[2] al sovrano dello Stato miceneo ricordato dagli archivi ittiti come Aḫḫiyawa[3]. La lettera si componeva in origine di tre tavolette in argilla di cui ci è giunta solo la terza.
L'importanza del testo deriva dal fatto che esso offra numerose notizie sulla situazione politica dell'Anatolia del periodo e perché riferisce di una disputa, presumibilmente armata, tra Ittiti e Ahhiyawa per la città-stato di Wilusa, la Troia dei Greci, richiamando alla memoria così le vicende della guerra di Troia omerica.
Il nome con cui è conosciuto il testo si deve ad un iniziale errore di traduzione: Tawagalawa, figura che il mondo accademico ormai identifica come un sovrano di Aḫḫiyawa[4]: infatti è il primo soggetto in esso nominato, e fu allora erroneamente ritenuto l'autore delle azioni in esso narrate; in realtà il suo ruolo è marginale, mentre il protagonista è invece Piyama-Radu[5], un personaggio citato anche in altri testi ittiti.
È uno degli enigmi più affascinanti della "ittotologia": il re ittita che inviò la lettera al sovrano di Aḫḫiyawa è stato identificato alternativamente con Hattušili III o Muwatalli II.
Inizialmente il testo fu attribuito a Muwatalli II, ma nel corso degli anni '90 prevalse l'idea di assegnarlo a suo fratello minore, con Hawkins, Starke[19], Bryce, Hoffner, Bilgin e Latacz sostenitori di questa teoria tra gli altri; nel decennio successivo, invece, Gurney rilanciò l'idea originaria di Muwatalli[20], sostenuto anche da Freu, Unal, Smit[21] ed oggi Woudhuizen, ma recisamente opposto, oltre che dagli storici succitati, da Miller e De Martino, convinti assertori dell'identità di Hattušili quale mittente.
La terza via, poco seguita negli anni, è che l'autore possa essere invece Muršili III, figlio di Muwatalli detronizzato da Hattusili, in carica dal 1272 al 1265, per il quale in realtà molti elementi sarebbero calzanti.
Ciò che generalmente viene accettato è che la contesa su Wilusa possa essere la medesima narrata anche nella Lettera di Manhapa-Tarhunta[22], databile all'incirca al 1285 a.C. Gli studiosi che ritengono Muwatalli il mittente, datano la lettera di Tawagalawa subito prima della battaglia di Qadeš del 1274 a.C., ritenendo che Muwatalli volesse rendere stabile i confini occidentali del regno prima di affrontare il conflitto con l'Egitto ad Est. Coloro che sostengono che il re ittita fosse Hattušili, la collocano invece subito dopo il trattato di pace con gli Egizi, intorno al 1255 a.C.
Alcune delle argomentazioni a favore dell'una o dell'altra ipotesi sono le seguenti:
Nonostante la maggioranza del mondo accademico propenda per Hattušili III come mittente, la questione resta aperta.
La tavoletta è l'unico testo a noi giunto che ci parli di uno scontro, presumibilmente armato[32], che abbia visto contrapposti i greci/Aḫḫiyawa a Wilusa/Troia, in tempi compatibili con la cronologia classica della guerra di Troia, ed è l'episodio storico che potrebbe aver fatto da fondamento al mito[33].
La sua portata sarebbe stata assai inferiore a quella che fu cantata dagli aedi greci e da Omero in particolare, ma se il mittente fosse Hattušili III il persistente ricordo, dopo un trentennio, di questo scontro indicherebbe che comunque non si sarebbe trattato di una semplice scaramuccia. L'episodio dovrebbe aver visto due distinte fasi belliche: la presa di Wilusa da parte degli Aḫḫiyawa, guidati da Piyama Radu, e la riconquista ittita della città con la cacciata dei Greci, episodio ben narrato nella Lettera di Manhapa-Tarhunta[34].
La figura di Piyama-Radu è uno degli enigmi maggiormente dibattuti della storia ittita: presente già nella Lettera di Manhapa-Tarhunta del 1280 ca.[35], compare in svariate orazioni agli dei da parte di re e regine ittite e, sia pure come un personaggio del passato, nella Lettera di Millawata[36], databile addirittura al 1220 a.C. In base a questi testi, egli sarebbe rimasto per almeno un trentennio una vera spina nel fianco dell'organizzato apparato ittita, periodo lungo in generale per chiunque, ed in particolare per un semplice pirata o avventuriero.
Gli studiosi negli anni hanno ipotizzato che Piyama-Radu potrebbe essere stato in realtà il principe ereditario del trono arzawa del defunto re Uhha-Ziti, sconfitto dal sovrano ittita Muršili II nel 1319 a.C., che perse il regno e fuggì con i propri figli, riparando proprio nelle isole di Aḫḫiyawa[37]. Dei figli, catturati o uccisi dagli Ittiti, conosciamo i nomi; Piyama-Radu potrebbe essere perciò il nipote di Uhha-Ziti[38]. Questi sarebbe nato o cresciuto proprio ad Ahhiyawa dopo la fuga dell'intero casato reale arzawa, circostanza che spiegherebbe ancor meglio il legame e le operazioni svolte in Anatolia con il supporto o per conto di questo stato. Diversamente, come ha convincentemente sottolineato Hawkins[39], Piyama-Radu non avrebbe avuto alcuna sensata ragione di reiterare la richiesta al sovrano ittita di essere posto su un trono come suo vassallo[40], trono peraltro, come ben si evince dal contesto dove egli operò, che secondo la sua richiesta, dovesse appartenere all'area Arzawa.
Lo status di "Grande Re" attribuito dal sovrano ittita a quello acheo e le elaborate formule con cui gli si rivolge sono sembrate eccessive ad alcuni storici[41], nei confronti del sovrano non di un grande regno[42] ma di uno dei principati o città stato degli Ahhiyawa. Altri invece hanno fatto notare come questi ultimi avessero assunto in Anatolia una sempre maggiore importanza[43] e la città di Millawata fosse stata da loro riconquistata per fungere da base operativa nell'area; pertanto un sovrano "primo tra pari" delle varie città-stato micenee (tipo l'Agamennone omerico) avrebbe potuto benissimo essere percepito dagli Ittiti come un Gran Re. Probabilmente, al di là di queste considerazioni, l'intenzione del re ittita fu anche quella di blandire il destinatario della lettera, allo scopo di ottenere la sua collaborazione per fermare il pericolo rappresentato da Piyama-Radu[25], anche se la percezione che gli Ittiti ritenessero Aḫḫiyawa una importante entità politica e militare è palese.
La figura di Tawagalawa, rimasta nell'ombra per anni, sembra oggi trovare ampio consenso nel mondo accademico che lo identifica non più come fratello del Re di Aḫḫiyawa ma bensì come Grande Re di Aḫḫiyawa a tutti gli effetti[44]. Posto che lo si identifichi come tale in un episodio del passato recente rispetto alla datazione della lettera, gli studiosi si dividono tra chi veda in lui il Gran Re di Aḫḫiyawa predecessore del fratello, attuale re e destinatario della lettera[45], e chi lo ritenga invece un personaggio contemporaneo al testo, sovrano a sua volta di una diversa città-stato micenea[46] rispetto al destinatario. La questione non è banale poiché in un caso (come sostengono Latacz e Kelder) Aḫḫiyawa potrebbe rivelarsi un'entità unica che racchiuderebbe in uno stato solo la gran parte o la totalità del mondo acheo, nell'altro (come ritengono Beckman e Taracha) si delineerebbe invece come una serie di piccole entità politiche indipendenti, confluenti in una confederazione comune in casi eccezionali, come narrato peraltro da Omero. In quest'ultimo caso il destinatario della lettera sarebbe il sovrano Primo tra pari che tanto ricorda l'Agamennone omerico.
Sorprendente il riferimento a Kurunta con il possibile appellativo di erede al trono, cioè tuhkanti, o più probabilmente tartenu (Paragrafo 5, ii 4-6), il cui significato, non chiaro, non si scosta comunque molto per gli studiosi da principe ereditario. Per quanto noto finora, mai Kurunta rivestì tale ruolo sotto alcun re: se confermata, tale informazione getterebbe una luce nuova anche sugli sviluppi che negli anni seguenti portarono alla diaspora dell'impero. Non sappiamo se Muršili III avesse già nominato nel suo breve regno un erede, è però noto il nome sia del tuhkanti di Muwatalli II (cioè Muršili III appunto) che di Hattušili III (Nerikkaili, poi scavalcato nella gerarchia dal fratello Tudhaliya IV), ed è pertanto probabile che ci si riferisca a Kurunta come Tartenu; l'esatta identificazione del significato del termine potrebbe fornire dati importantissimi sul contesto storico e sugli eventi che seguirono.
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