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rivista settimanale italiana di politica, economia e cultura Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'Espresso è una rivista italiana fondata a Roma nel 1955. Il primo numero è andato in edicola il 2 ottobre 1955.[2] Si definisce nella testata «settimanale di politica, cultura ed economia». È, con Panorama, uno dei due settimanali italiani più importanti. Dal 2023 è edito dalla Ludoil Energy di Donato Ammaturo.
L'Espresso | |
---|---|
Stato | Italia |
Lingua | italiano |
Periodicità | settimanale |
Genere | stampa nazionale |
Formato | magazine |
Fondazione | 1955 (da Arrigo Benedetti) |
Sede | Roma |
Editore | Ludoil Energy SpA attraverso L'Espresso Media SpA |
Tiratura | 263 567[1] (aprile 2020) |
Diffusione cartacea | 199 924[1] (aprile 2020) |
Diffusione digitale | 7 511[1] (aprile 2020) |
Direttore | Emilio Carelli |
ISSN | 0423-4243 | e 2499-0833
Sito web | lespresso.it/ |
Dal 15 settembre 2023 esce in edicola il venerdì, riprendendo lo storico giorno di uscita (dal 7 agosto 2016 al 10 settembre 2023 è uscito la domenica in abbinamento obbligatorio con il quotidiano la Repubblica).
Nel 1955 venne fondata la “Società editrice L’Espresso” e furono realizzate le prime pubblicazioni della rivista sotto la direzione di Arrigo Benedetti. La prima edizione fu pubblicata il 2 ottobre 1955, 16 pagine di grande formato. Nel 1963 Eugenio Scalfari fu nominato nuovo direttore. Dopo che la rivista divenne più colorata a partire dal 1965 grazie alle immagini colorate e alla pubblicità colorata, la diffusione aumentò rapidamente e nel 1967 fu superato per la prima volta il limite di 100.000 riviste vendute per edizione.[3][4][5]
Nel 1975 la società venne rinominata “Editoriale L'Espresso” e nell'autunno del 1986 venne scorporata la sezione Affari & Finanza (Affari & Finanza) distribuita insieme al quotidiano La Repubblica.
L'Espresso è stato storicamente vicino alle posizioni di centro-sinistra, anche se non ha mai lesinato critiche a tale schieramento.[46] In questo senso L'Espresso si è fatto portavoce di diverse battaglie civili, quali quella per l'approvazione in Italia della legge sul divorzio e per il "no" al successivo referendum abrogativo del 1974 promosso dalle forze cattoliche; quella a favore della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, con una copertina scandalo dove si vedeva una donna nuda e incinta in croce; la campagna contro il presidente della Repubblica Italiana Giovanni Leone, che sfociò nelle sue dimissioni,[47] quella contro il monopolio RAI e quella sulla moralizzazione della vita pubblica a proposito della cosiddetta Tangentopoli.
Verso l'inizio degli anni novanta ha avuto risonanza nei mass media una polemica riferita alla presenza sistematica sulle copertine della rivista del corpo femminile nudo che, ad opinione di molti detrattori, aveva come unico scopo quello di attirare l'attenzione del pubblico. Si invoglia all'acquisto, ma tali immagini hanno all'interno ben poca o nessuna attinenza con gli argomenti trattati dalla rivista. L'uso del nudo femminile in copertina è stato abbandonato a partire dal 2002.
Nata nel 1955 con il nome "Società Editrice L'Espresso", nel 1975 cambia denominazione in "Editoriale L'Espresso". Nel 2016 diviene GEDI Gruppo Editoriale S.p.A., società quotata in borsa. Dal 23 aprile 2020 il maggior azionista del gruppo editoriale diviene Giano Holding, società interamente posseduta dalla Exor, controllata dalla famiglia Agnelli, che acquisisce il 60,9% del capitale sociale di GEDI.[48]
Il 7 marzo 2022 la rivista è stata venduta dal gruppo Gedi Spa a una nuova società, L'Espresso Media srl, del gruppo BFC Media. Il passaggio di proprietà è diventato operativo il 1º luglio.[49][50]
Nel dicembre 2023 la rivista viene ceduta alla società petrolifera Ludoil, di proprietà di Donato Ammaturo.[51]
Per molti anni appuntamenti fissi del settimanale sono stati quelli relativi alla politica estera (Taccuino Internazionale di Antonio Gambino),[52] cinema (la cui rubrica è stata tenuta da Alberto Moravia), all'architettura (Bruno Zevi), alla televisione Sergio Saviane, alla letteratura (Paolo Milano dal 1957 ai primi anni Ottanta, quindi Enzo Siciliano), e al costume (Il lato debole di Camilla Cederna).
Dal 2001 al 2016 l'ultima pagina del giornale ha ospitato in alternanza quindicinale due rubriche: La bustina di minerva (nata nel 1985), una rubrica di divagazioni, firmata da Umberto Eco, e Il vetro soffiato, una rubrica di ragionamenti, di Eugenio Scalfari. Dopo la morte di Eco, l'alternanza è tra Scalfari e Bernardo Valli, la cui rubrica si intitola Dentro e fuori.[53]
Tra le rubriche fisse nel corso degli anni vi sono state la vignetta di Altan in apertura dello sfoglio del giornale, le tavole di Makkox, la striscia di Mauro Biani intitolata Taglio alto, la pagina di Michele Serra intitolata Satira preventiva, quella di Bernardo Valli Dentro e fuori e quella di Michela Murgia, L'Antitaliana, che riprende quella storica di Giorgio Bocca, a cui era succeduto nel 2011 Roberto Saviano.[54]
Dal 2001, per alcuni anni, sul sito web della testata è stata presente la sezione Slangopedia, un vocabolario on-line di espressioni gergali e giovanili della lingua italiana, curato da Maria Simonetti e aggiornato con nuove segnalazioni ogni due settimane. Sempre sul sito è presente la sezione Chiesa.it, curata da Sandro Magister,[55] che ha raggiunto fama internazionale con la recensione che le ha dedicato la rivista statunitense Foreign Policy.
Tra i precedenti collaboratori dell'Espresso figurano noti giornalisti ed editorialisti come Umberto Eco, Giampaolo Pansa, Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Peter Gomez ed Edmondo Berson. Tra i suoi attuali contributori notevoli figurano Eugenio Scalfari, Michele Serra, Stefano Bartezzaghi, Marco Travaglio, Massimo Riva, Alessandro Gilioli, Massimo Cacciari, Alessandro Longo, Gianni Vattimo, Umberto Veronesi, Luigi Zingales, il vaticano corrispondente Sandro Magister, lo scrittore Roberto Saviano e l'economista Jeremy Rifkin.
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