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figlio d'Abramo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ismaele (in ebraico יִשְׁמָעֵאל?, Yismāʿēl; in arabo إسماعيل?, Ismāʿīl) è un personaggio biblico, il primo figlio del patriarca Abramo. In ebraico il suo nome significa "Dio ascolta" oppure "l'atto di Dio di far ascoltare".[1]
Ismaele | |
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Giambattista Tiepolo, Agar e Ismaele nel deserto | |
profeta | |
Nascita | XVIII secolo a.C. circa |
Morte | ? |
Venerato da | Islam |
Santuario principale | Kaʿba della Mecca |
È citato più volte nel Corano come esempio di rettitudine, come profeta di Dio.
Il libro della Genesi afferma che Ismaele nacque dalla schiava Agar:[2]
« Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito » ( Gen 16,15, su laparola.net.) |
Dopo la nascita del figlio Isacco dalla moglie Sara insorge un'acuta gelosia di quest'ultima nei confronti della giovane schiava Agar. Abramo si trova allora costretto ad allontanare Agar e il loro figlio Ismaele (cfr. Genesi 21,8-21[3]), che si riducono a vivere nel Deserto di Paran, conosciuto oggi con il nome di Deserto del Negev, la località dove si trova il Monte Sinai. Più avanti Ismaele prenderà in moglie una egiziana.
« Il bambino Ismaele crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana, quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cosa dispiacque molto ad Abramo per riguardo a suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «Non ti dispiaccia questo, per il fanciullo e la tua schiava: ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua prole». Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. Essa se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora essa depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: «Non voglio veder morire il fanciullo!». Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione». Dio le aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l'otre e fece bere il fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie del paese d'Egitto. » ( Gen 21,8-21, su laparola.net.) |
I figli d'Ismaele furono, secondo la Bibbia, Nebaioth, Kedar, Adbeel, Mibsam, Mishma, Duma, Massa, Hadar, Tema, Jethur, Nafish, Kedma. (cfr. Genesi I 25,13-16). Ismaele è il progenitore "nobile" degli Arabi i cui discendenti, da questo punto di vista, possono essere definiti "ismaeliti", senza, però, che questo debba ingenerare confusione con quella parte dei musulmani che si rifanno alla variante ismailita (o settimani) dello Sciismo.
Ismaele viene citato anche nel Nuovo Testamento. San Paolo, nella lettera ai Galati (4,21-31[4]), lo indica come figlio della schiava (Agar, figura della Legge), e lo contrappone a Isacco, il figlio della donna libera (Sara, figura della grazia, cioè della salvezza che si ottiene mediante la fede).
La tradizione islamica è divisa nell'individuare in Ismaele o nel fratello consanguineo Isacco (avuto da Sara) il figlio che Dio ordinò ad Abramo di sacrificargli, fermandone la mano prima dell'esecuzione, soddisfatto dell'ubbidienza totale (islām) mostrata da Abramo.[5]
Partorito dalla madre Hāgar nell'area stepposa della Mecca in cui Abramo l'aveva accompagnata, Ismaele passò lì tutta la sua giovinezza. Secondo la tradizione araba Ismaele prese in moglie la figlia del capo della tribù locale dei Jurhum, primi signori della Mecca.
Nel corso di una delle visite effettuate da suo padre lo avrebbe aiutato secondo la medesima tradizione a riedificare la Kaʿba, del tutto distrutta in seguito al Diluvio Universale, aiutandolo anche nella ricollocazione nell'angolo Sud-Est della Pietra nera (al-ḥajar al-aswad), ultimo lacerto della Casa Antica fatta calare da Dio in Terra all'inizio dei tempi come Suo santuario.
Alla sua morte sarebbe stato inumato accanto a sua madre, accostato alla Kaʿba, fra la parete sud-occidentale e il muretto semicircolare (hatīm) poco discosto. Sarebbe questo il motivo per cui i pellegrini musulmani, in segno di rispetto, non possono calpestarne l'area interna così delimitata, definita in arabo ḥijr Ismāʿīl, esclusa quindi dalla circumdeambulazione rituale (ṭawāf).
Per essere nato e vissuto presso La Mecca, è considerato l'antenato illustre degli arabi settentrionali. I nomi dei dodici figli di Ismaele sono eponimi di alcune potenti tribù arabe, in particolare Nebaioth per i Nabatei, Kedar per i Kedariti, Duma per i Thamudeni, e così via[6]. Nel Corano, nel mondo islamico e in Occidente, gli arabi sono stati per secoli e ancora nel XX secolo sono detti Ismaeliti, intesi "letteralmente" come discendenti di sangue da un comune progenitore, quanto le dodici tribù di Israele dai dodici figli di Giacobbe.
«Chiamatemi Ismaele»
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