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film del 1959 diretto da Steno Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
I tartassati è un film italo-francese del 1959 diretto da Steno.
I tartassati | |
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Aldo Fabrizi, Totò e Ciccio Barbi in una scena del film | |
Lingua originale | italiano, francese |
Paese di produzione | Italia, Francia |
Anno | 1959 |
Durata | 105 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | commedia |
Regia | Steno |
Soggetto | Aldo Fabrizi, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Vittorio Metz e Steno |
Sceneggiatura | Aldo Fabrizi, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Vittorio Metz, Steno |
Produttore | Mario Cecchi Gori |
Produttore esecutivo | Giuseppe Franzese, Elena Laurenti |
Casa di produzione | Maxima Film, CEI Incom, Champs-Élysées Productions |
Distribuzione in italiano | CEI Incom |
Fotografia | Marco Scarpelli |
Montaggio | Eraldo Da Roma |
Musiche | Piero Piccioni |
Scenografia | Giorgio Giovannini |
Costumi | Ugo Pericoli |
Trucco | Marcello Ceccarelli |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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«Lui non parla l'italiano, io non so una parola di francese, ma ci capiamo benissimo: la comicità è un linguaggio universale.»
Prodotto da Mario Cecchi Gori, il film può essere considerato in senso figurato un seguito di Guardie e ladri "in versione medio-borghese",[2][3] difatti i due protagonisti si ritrovano negli stessi ruoli di "ladro" e "guardia". Ma a differenza di quanto succede nell'altra pellicola dove i furti sono in qualche modo "moralmente giustificati" dalla povertà di Totò, qui egli è ricco e ruba per avidità.
Roma, primi anni del Boom economico. Il cavalier Torquato Pezzella possiede e gestisce un lussuoso negozio di abbigliamento molto ben avviato. Una mattina riceve la visita di due agenti della polizia tributaria, il maresciallo Topponi e il brigadiere Bardi, inviati dalla Guardia di Finanza per una verifica fiscale.
Pezzella è un evasore convinto e, guidato dai consigli del suo esigente consulente fiscale (interpretato da Louis de Funès), tenta maldestramente di ingraziarsi in tutti i modi l'integerrimo maresciallo per cavarsela con una piccola ammenda. Nel frattempo suo figlio Agostino corteggia la giovane Laura, figlia del maresciallo, e l'amore tra i due inasprirà ancor più la situazione tra equivoci e goffi tentativi di corruzione. Il maresciallo Topponi, implacabile, stende infine il suo rapporto di indagine fiscale che condannerebbe il commerciante al pagamento di un'enorme multa.
Il cavalier Pezzella ricorre così a un ultimo estremo tentativo, suggeritogli ancora una volta dal suo meschino consulente, quello di sottrarre la borsa del maresciallo contenente i documenti del suo accertamento, con l'intenzione di bruciare le carte. Pentitosi infine del gesto dopo essersi confidato con il suo cappellano di fiducia, restituisce il maltolto consegnandosi di fatto al maresciallo. Tra i due scoppia l'amicizia e, da futuri consuoceri, insieme progettano di tentare la fortuna giocando al Totocalcio.
Le scene iniziali d’esterno sono state girate a Roma, in via Porta dei Cavalleggeri, accanto al Vaticano, presso un grande condominio che sorge tra i civici 103 e 119. Le vetrine del negozio sono state allestite nei pressi di uno degli ingressi del palazzo, al civico 107. La stazione di servizio che si vede alle spalle di Aldo Fabrizi è ancora esistente. La scena finale d’esterno del film è girata in via del Portico d’Ottavia, di fronte all’Isola Tiberina. Il portone del palazzo dal quale esce il maresciallo Topponi, atteso dal cavalier Pezzella, è esattamente di fronte al Tempio Maggiore di Roma del quale si scorge per alcuni secondi il muro di cinta del giardino. Gli ultimi secondi della lunga sequenza riprendono sullo sfondo il Lungotevere De' Cenci e il Ponte Fabricio.
Il film fu esportato nei seguenti paesi:[5]
L'incasso accertato della pellicola all'epoca è stato di ₤ 392.776.000.[6][7] Gli spettatori nel periodo di proiezione sono stati 2.414.706.[6][7]
Ben accolto dalla critica, giudicato un film "vivace e divertente" e ricco di buone trovate,[8] valutate positivamente anche le efficaci interpretazioni dei protagonisti e la regia di Steno, "agile e scorrevole".[9][10][11][12]
«L'antica lotta fra guardia e ladro (che è una delle chiavi di volta del cinema italiano comico, e non delle più fragili); la schermaglia ormai annosa fra Totò perseguitato e Fabrizi persecutore, viene riproposta, in questo filmetto di Steno, in chiave fiscale. Il film ha contenuti decorosi, senza ricorrere alla volgarità che così spesso deturpa soprattutto i nostri film di pretese comiche. Sorretto e salvato dal mestiere antico e furbesco dei due protagonisti, che hanno esperienza da tenere in piedi, da soli, sceneggiatura e regia di dieci opere equivalenti.[10][11]»
«Dopo essere stati ladro e guardia in un film che ancora oggi viene ricordato con simpatia, Totò e Fabrizi tornano insieme in una vicenda forse ancora più attuale. Sulla linea di un dialogo particolarmente spassoso, Totò e Aldo Fabrizi hanno dato il meglio delle loro apprezzate doti che, specialmente per quanto riguarda il primo, sembravano un po' offuscate in questi ultimi tempi.[10]»
«Si tratta di una garbata commedia che, nel rilevare con spirito satirico certi aspetti umani e sociali del nostro tempo, assume un tono gaiamente umoristico, sostenuto da trovate e notazioni felici. Malgrado qualche lungaggine, la regia risulta agile e scorrevole, efficace e misurata la recitazione.[9]»
Di questo film esiste anche una versione francese sotto il titolo di Fripouillard et Cie. Il montaggio è piuttosto diverso. Nel complesso il film è molto più corto. I tagli tendono a diminuire l'importanza di Fabrizi, mentre quella di de Funès aumenta grazie a delle scene non incluse nella versione italiana, in particolare grazie ad una sequenza in cui il suo personaggio finisce in carcere dopo essere stato scambiato per bracconiere. Tuttavia, anche nella versione francese, il ruolo di de Funès resta marginale. Nella versione francese compare anche un allora giovane Jacques Dufilho, non presente nella versione italiana del film. Le due versioni ammontano così a malapena a più di 70 minuti di riprese in comune.
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