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pittore e incisore italiano (1874-1949) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Giannetto (Giovanni) Costetti (Reggio Emilia, 13 luglio 1874 – Settignano, 3 settembre 1949) è stato un pittore, incisore e poeta italiano.
Nato a Reggio Emilia da Luigia Sacchi e dal sarto Massimiliano, effettua i primi studi a Bologna e presso la scuola di disegno per operai di Reggio Emilia.
Dopo alcuni viaggi a Torino e in Svizzera, dove si mantiene disegnando illustrazioni[1], grazie all'interessamento degli artisti reggiani Gaetano Chierici e Cirillo Manicardi, che riconoscono in lui del potenziale talento, nel 1897 ottiene dal comune di Reggio Emilia una borsa di studio (il legato Sanguinetti)[2] che gli consente di iscriversi alla Scuola fiorentina del Nudo del maestro Giovanni Fattori, dove è compagno di Oscar Ghiglia, Ardengo Soffici, Armando Spadini, Giuseppe Graziosi e Beatrice Ancillotti Goretti[3][4][5], con i quali frequenta gli ambienti fiorentini del Caffè Gambrinus.
Nel 1899 allestisce la prima mostra personale Disegni dai Maestri del Rinascimento, dove espone disegni ispirati alle opere di Giorgione, Giotto e Tiziano.
Nel novembre 1900 soggiorna con Umberto Brunelleschi e Soffici a Parigi, dove studia le opere di Puvis e la cultura simbolista, viene a contatto con i dipinti di Paul Cézanne e conosce lo scultore Auguste Rodin; di ritorno, si stabilisce a Firenze con Soffici, Brunelleschi, Giovanni Graziosi e Gino Melis, prendendo parte attiva alla vita culturale della città. Fino al 1905 è redattore, recensore e incisore della rivista Il Leonardo, diretta da Giovanni Papini[6] e collabora con i periodici Hermes e La nave di Gabriele D'Annunzio.
Nel 1901 partecipa al concorso Alinari con tema l'illustrazione della Divina Commedia, vinto da Adolfo De Carolis[7], nel 1902 è presente all'Esposizione dell'arte decorativa di Torino, mentre l'anno successivo espone alcuni ritratti alla Rassegna d'arte di Firenze e nove disegni alla Biennale di Venezia.
Tra il 1904 e il 1906 abbandona le sue opere di ambito simbolista per avviarsi alla realizzazione di quadri dai tratti orridi e grotteschi[8].
Risentito a causa di attriti con Soffici per il suo avvicinamento al Futurismo, si isola tra Settignano e Pistoia, dedicandosi prevalentemente alla produzione di ritratti; nel 1912 è alla Biennale di Venezia con quadri e disegni[9], nel 1913 contribuisce con Renato Fondi e Giovanni Michelucci alla nascita della Famiglia artistica pistoiese, con la quale organizza la Mostra di Bianco e Nero[10].
Nel 1914 espone 12 acqueforti a una personale con il fratello Romeo allestita presso il Museo Civico di Reggio Emilia e avvia una collaborazione con la rivista pistoiese La Tempra, che successivamente dirigerà insieme a Fondi[11].
Dal 1919, a conclusione del conflitto bellico, si dedica alla redazione di poesie, saggi e drammi: nel 1921 pubblica il dramma L'Idolo e diviene in seguito editore del Giornale di Poesia.
Nel 1921 espone alla Primaverile Fiorentina, alla Biennale di Roma e partecipa alla Biennale di Venezia con Autoritratto e Il convento[12].
Nella produzione artistica dal 1920 al 1930, l’arte di Costetti è pervasa da una forte carica di spiritualità e misticismo, che lo conduce a ritrarre temi sacri (Il buon samaritano, Ai piedi della croce, L’ingiunzione) e con riferimenti alle filosofie orientali (Krishnamurti).
In questo periodo, collabora con le riviste L’Uomo Nuovo, il Giornale di Poesia, La Via, Fantastica e Sagittario.
Nel 1923 sposa in seconde nozze[13][14] la giornalista norvegese Mary Elizabeth Clare (Mai) Sewell (1892-1975), l'anno successivo espone alla II Fiera d'arte di Firenze.
Nel 1925 sottoscrive il Contromanifesto promosso da Benedetto Croce in risposta allo schieramento degli intellettuali che avevano promulgato il Manifesto per il regime fascista di Giovanni Gentile[15]; nel 1926 partecipa alla I mostra milanese del Novecento e soggiorna a Parigi, dove conosce il filosofo Giuseppe Lanza Del Vasto, che lo spinge all'interesse per le filosofie orientali e la ballerina statunitense Anieka Yan Leggett, che utilizza come soggetto per un ciclo di oltre cento disegni focalizzati sulla danza[16].
Nel 1928 è ancora a Venezia con cinque opere[17] e viaggia tra Oslo e Parigi; nel 1931 organizza a Berlino una mostra collettiva degli spiritualisti e a Parigi una personale con 55 dipinti, l'anno successivo un'altra personale alla Galleria Bellini di Firenze.
Rifugiatosi tra Norvegia e Paesi Bassi per sfuggire al fascismo, rientra in Italia nel 1948 e muore a Settignano il 3 settembre 1949.
Il fratello Romeo (1874-1957) è anch'egli artista d'avanguardia, specializzato nella tecnica del monotipo e presente a numerose esposizioni internazionali.
I manoscritti di Costetti sono stati riuniti in un Fondo (il Legato May Sewell Costetti) conservato dal 1976 presso i Musei Civici di Reggio Emilia che racchiude parte della produzione letteraria, fra cui testi teatrali (i drammi Nero redux[18] e L'idolo), commedie (Confessioni di un autore drammatico con prefazione di Giosuè Carducci del 1883), studi critici (Il teatro italiano nel 1800), romanzi (Ermanno Luch), saggi filosofici e poesie (Il libro di Mai).
Tra i suoi allievi, il pistoiese Renzo Agostini, Arrigo Del Rigo, Carlo Socrate e Domenico Candia.
«Trovo che la mia personalità non è mai rivolta a una sola intelligenza e a un solo sentire. Nei grandi artisti di tutte le scuole sento che ci sono dentro anch’io e che alla loro parola si potrebbe aggiungerne un’altra»
«Bisogna che le cose in arte siano anima e che l'anima si esprima con le forme. Nessun altro modo io conosco di realizzazione nell'arte, ma nessuna menzogna può pretendere di raggiungerlo»
Artista multiforme, con una personalità voltata all'irrequietezza e alla necessità di continue sperimentazioni, viene riconosciuto come uno dei primi pittori ad aver introdotto in Italia il Simbolismo e l’Espressionismo nordici, appresi tramite i frequenti viaggi all'estero, in particolare i temi propri dell'arte dello svizzero Arnold Böcklin[19], ripresi poi da Giorgio de Chirico agli albori della sua produzione.
Ritrattista, la prima fase della sua attività si ispira ai modelli naturalistici rinascimentali (Ritratto di Giovanni Papini) appresi dalla Scuola del Nudo di Giovanni Fattori; in seguito, viene attratto (come, fra altri, il livornese Oscar Ghiglia) dallo stile di Paul Cézanne, senza però mai aderire ai canoni dell'Impressionismo francese.
Nella seconda fase della sua vita artistica adotta uno stile simbolista, che presto sfocia in una produzione dai tratti orridi e grotteschi, tendente a una polemica ideologica antiborghese, derivata dalla sua frequentazione con Arrigo Levasti e gli ambienti del misticismo fiorentino.
L'ultima fase artistica è contraddistinta dalla forte ribellione contro la politica culturale fascista e opere realizzate con ideali espressionisti e Fauves che richiamano Edvard Munch e il periodo grigio, con forte risalto dei sentimenti di sofferenza e tormento interiore.
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