La Germania Superior, inizialmente organizzata in provincia imperiale romana tra l'85[1] ed il 90 d.C., comprendeva vasti territori appartenuti in precedenza alla Gallia Belgica. In quest'ultima venne incluso anche il territorio occupato dagli Elvezi, regione di confine racchiusa tra l'alto corso del Reno e l'alto corso del Danubio, ossia la regione degli Agri Decumates. La provincia venne affidata ad un legatus Augusti pro praetore.
Uno dei primi e più famosi governatori della provincia fu Traiano, che amministrò la Germania Superior attorno al 98 d.C., anno della sua adozione a succedere a Nerva quale nuovo imperatore di Roma.
I territori delle future province di Germania inferiore e superiore entrarono nella sfera di influenza romana ai tempi della conquista della Gallia di Gaio Giulio Cesare degli anni 58 e 57 a.C. Si racconta infatti, che Cesare, una volta battuti gli Elvezi, rivolse la sua attenzione all'invasore della Gallia: le popolazioni germaniche, comandate dal re Ariovisto.[2] Quest'ultimo aveva invaso, insieme alle sue genti, i territori della riva sinistra del Reno, fin dal 72 a.C., insieme alle popolazioni sveve provenienti dalle vallate dei fiumi Neckar e Meno.[3] Nel corso degli anni le popolazioni germaniche che avevano passato il Reno erano cresciute in numero fino a raggiungere rapidamente le 120.000 unità, ma Cesare alla fine ebbe la meglio riuscendo a batterle in Alsazia, in una piana ai piedi dei monti Vosgi, oggi compresa tra le città di Mulhouse e Cernay[4] (nel 58 a.C.).
I Germani al termine di uno scontro assai cruento, furono sconfitti e massacrati dalla cavalleria romana mentre cercavano di attraversare il fiume, e lo stesso Ariovisto scampò a stento alla morte, riuscendo a guadare il Reno insieme a pochi fedeli.[5]
Da questo momento Ariovisto scomparve dalla scena storica. Cesare, respingendo gli Suebi al di là del Reno, trasformò questo fiume in quella che sarebbe stata la barriera naturale dell'Impero per i successivi quattro-cinque secoli.[6]
La conquista di Rezia, Vindelicia e Germania Magna sotto Augusto (30 a.C.-9 d.C.)
Le popolazioni germaniche avevano più volte tentato di passare il Reno con grave danno per le province galliche: nel 38 a.C. (anno in cui gli alleati germani, Ubi, furono trasferiti in territorio romano), nel 29 a.C. da parte dei Suebi e nel 17 a.C. ad opera di Sigambri e dei loro alleati Tencteri ed Usipeti (in questo caso causando la sconfitta del proconsole Marco Lollio e la perdita delle insegne legionarie della legio V Alaudae). Augusto recatosi in Gallia nel 16 a.C. insieme al figlio adottivo, Tiberio, ritenne fosse giunto il momento di annettere la Germania, come aveva fatto suo padre adottivo, Gaio Giulio Cesare con la Gallia. Desiderava spingere i confini dell'Impero romano più ad est, spostandoli dal fiume Reno fino al fiume Elba. Prima però fu necessario occupare tutti i territori alpini, della Vindelicia e Rezia, con una serie di campagne militari (dal 26 all'8 a.C.) condotte anche dagli stessi figliastri dell'imperatore, Tiberio e Druso maggiore.
Così, dopo la morte di Marco Vipsanio Agrippa, il comando delle operazioni fu affidato, prima al secondo figliastro dell'imperatore Augusto, Druso maggiore, poi al fratello maggiore di Druso, Tiberio. A loro il difficile compito di sottomettere le popolazioni dell'intera Germania. Le armate romane percorsero i territori della Germania libera partendo dai castra principali di Castra Vetera e Mogontiacum. E dopo un'iniziale sottomissione di tutti i territori germanici e loro costituzione in provincia romana (con esclusione della sola Boemia dei Marcomanni di Maroboduo), furono sconfitti e cacciati in modo irreparabile e definitivo nel 9. Tre intere legioni furono distrutte nella selva di Teutoburgo, il limes fu ritirato ancora una volta ad ovest del fiume Reno, mentre le due zone delle future province di Germania inferiore e superiore (dall'85[1]/90 circa) andarono a costituire importanti aree militarizzate a difesa di questo tratto di frontiera.
Tutta la zona tra il Reno e l'Elba era andata definitivamente perduta e neppure le azioni intraprese da Tiberio negli anni 10-11, poterono ripristinare quanto era stato così faticosamente conquistato in vent'anni di campagne militari precedenti.[7] Il confine naturale sarebbe tornato definitivamente al fiume Reno, e nessun altro imperatore avrebbe tentato una nuova impresa tanto difficile e dispendiosa, come aveva provato Augusto durante questo ventennio.
Vi fu un nuovo tentativo pochi anni più tardi da parte del figlio di Druso, Germanico, più che altro volto a vendicare l'onore di Roma, ma nulla di più (nel 14-16). Tiberio, infatti, malgrado le aspettative del giovane generale, ritenne di rinunciare a nuovi piani di conquista di quei territori, poiché la Germania, era risultata una terra selvaggia e primitiva, inospitale, ricoperta da immense paludi e fitte foreste, con limitate risorse naturali (a quel tempo conosciute) e, quindi, non particolarmente appetibile da un punto di vista economico. Tiberio decise, pertanto, di sospendere ogni attività militare oltre il Reno, lasciando che fossero le stesse popolazioni germaniche a sbrigarsela, combattendosi tra loro.
Con la fine del regno di Nerone e la guerra civile scatenata per la sua successione, lungo il basso corso del Reno, alcune unità ausiliarie germaniche, i Batavi si ribellavano e cercavano l'indipendenza. La rivolta fu soffocata nel sangue dalle legioni delle province di Germania inferiore e superiore.
Un legato della Germania Superiore, un certo Gneo Pinario Cornelio Clemente ricevette le insegne trionfali per imprese vittoriose in Germania[8] nel 74, ed una pietra miliare trovata ad Offenburg, poco ad est del Reno, attesta la costruzione di una via che da Argentoratae conduceva alla Rezia[9]. Fu solo sotto Domiziano che furono acquisiti nuovi territori, tra le alte valli di Reno e Danubio, a seguito delle campagne condotte dai suoi generali negli anni 83-85 (i cosiddetti Agri Decumates), tanto da determinare la necessità di creare due nuove province attorno all'85/90: la Germania inferiore e quella superiore.[1]
Fine del II secolo / prima metà del III secolo: le prime invasioni germaniche
Con l'inizio del III secolo gli sfondamenti del limes germanico-retico andarono sempre più intensificandosi a partire dall'inizio del secondo decennio come mostra qui sotto la cronologia degli eventi:
Dopo circa quarant'anni di assenza di invasioni lungo il tratto di limes in questione, i Cattigermanici tornarono a premere lungo i confini della provincia, mentre, per la prima volta, furono menzionati gli Alemanni, nel Wetterau. L'anno seguente Caracalla, giunto nella primavera di quell'anno lungo il limes germanico-retico, condusse una campagna contro le popolazioni germaniche, sconfiggendo prima i Catti lungo il fiume Meno, poi gli Alemanni nella zona che va dalla Rezia all'altopiano della Svevia. In seguito a queste vittorie il giovane imperatore assunse l'appellativo di Germanicus maximus (6 ottobre[10][11]; riformulato in "Alemannicus" dalla storiografia posteriore[12]). Tuttavia, pare che avesse comprato la pace con i barbari, come suggerisce Cassio Dione.[13]
Una ventina di anni più tardi il limes germanico-retico, furono attaccati pesantemente dagli Alemanni. La difesa di questo tratto di limes potrebbe essere stata affidata proprio al futuro imperatore Pupieno, che anche questa volta riportò un successo contro i barbari. Notevoli sono le testimonianze archeologiche delle distruzioni riportate in queste province nel corso delle incursioni, da Castra Regina a Pfünz fino a Treveri.[14]
Alessandro Severo, partito da Roma per il fronte settentrionale[15] dopo aver arruolato numerose nuove truppe ausiliarie (tra cui Armeni, Osroeni e perfino Parti,[16]) riuscì a respingere le incursioni degli Alemanni, che avevano sfondato il fronte degli Agri Decumates. L'imperatore però commise l'errore di voler concludere con i Germani un trattato di pace, offrendo loro grandi somme di denaro: questo atteggiamento fu accolto male dal suo esercito che, sotto la guida del generale Massimino il Trace, si ribellò e trucidò Alessandro e la madre presso la sede del governatore della Germania superior, Mogontiacum. Poco dopo le legioni proclamarono il nuovo imperatore romano nello stesso Massimino.[17]
Sotto il giovane Gordiano III, durante le campagne orientali del giovane imperatore, potrebbero essersi verificati nuovi sfondamenti del Limes germanico-retico ad opera degli Alemanni, come risulterebbe da alcuni ritrovamenti archeologici nei pressi del forte di Künzing.[19]
Gli Alemanni furono fermati nel corso di un loro tentativo di sfondamento del limes romano dal giovane cesareGallieno, il quale si meritò per questi successi l'appellativo di "Restitutor Galliarum" e di "Germanicus maximus".[20][21]
«Avendo così Gallieno abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da Odenato.»
(Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 11.)
Postumo era riuscito, infatti, a costituire un impero in Occidente, centrato sulle provincie della Germania inferiore e della Gallia Belgica, alle quali si unirono poco dopo tutte le altre province galliche, della Germania superiore, della Britannia e della Spagna e, per un breve periodo, anche quella di Rezia.[23]
È proprio in questo periodo che Gallieno fu costretto al definitivo abbandono di tutti i territori ad est del Reno e a nord del Danubio (i cosiddetti agri Decumates), a causa delle continue invasioni delle tribù germaniche limitrofe degli Alemanni, ed alla contemporanea secessione della parte occidentale dell'impero, guidata dal governatore di Germania superiore ed inferiore, Postumo.[24][25] Gli Alemanni, che avevano sfondato il limes retico e attraversato il Passo del Brennero, si erano spinti in Italia, dove furono intercettati e battuti dalle armate di Gallieno nei pressi di Milano. L'imperatore sembra non avesse potuto intervenire prima lungo il fronte germanico-retico a causa della contemporanea crisi orientale, che vide coinvolto il proprio padre, Valeriano, catturato dai Sasanidi di Sapore I nella tarda estate.[26][27]
L'anno successivo, una nuova incursione degli Alemanni nella zona della Mosella, fino a Treveri e a Metz fu fermata dalle armate di Postumo. La controffensiva romana fu, infatti, condotta dall'ex-governatore, ora reggente dell'Impero delle Gallie. Egli non solo respinse l'invasione degli Alemanni e dei Franchi più a nord, ma riuscì a rioccupare e fortificare nuovamente alcune postazioni ausiliarie avanzate nel territorio degli ex-Agri decumates, lungo la piana del fiume Neckar, meritandosi la proclamazione della "Victoria germanica".[28] Per questi successi, egli assunse l'appellativo di "Restitutor Galliarum" ("restauratore delle Gallie"), decidendo inoltre di assoldare tra le file del suo esercito bande di soldati franchi appena sconfitti, per combattere contro i loro stessi "fratelli", come testimonia Sesto Aurelio Vittore.[29]
Pochi anni più tardi, gli Alemanni riuscirono ancora una volta a penetrare nell'Italia settentrionale attraverso il passo del Brennero,[30] approfittando dell'assenza dell'esercito romano, impegnato a fronteggiare sia la devastante invasione dei Goti in Mesia, Acaia, Macedonia, Ponto ed Asia, sia l'usurpatore Aureolo, che si era fortificato a Milano. L'accorrere successivo dell'esercito romano di Claudio II il Gotico (il nuovo imperatore che aveva assistito alla capitolazione di Aureolo[31]), costrinse gli Alemanni ad interrompere le loro scorrerie e a trattare il loro ritiro dal suolo italico. Il mancato accordo costrinse Claudio a combatterli: riportò la vittoria decisiva in novembre, nella battaglia del lago Benaco (il lago di Garda) che, come racconta Aurelio Vittore, permise la loro definitiva cacciata dall'Italia settentrionale con gravissime perdite. Si racconta, infatti, che più della metà dei barbari perirono nel corso della battaglia.[32]
Tre anni più tardi nel, un'importante invasione congiunta di Alemanni, Marcomanni e forse di alcune bande di Iutungi, tornò a sfondare il limes germanico e retico, raggiungendo il suolo italico. Aureliano, anche questa volta, fu costretto ad accorrere in Italia, ora che questi popoli avevano già forzato i passi alpini. Raggiunta la Pianura Padana a marce forzate percorrendo la via Postumia, fu inizialmente sconfitto dalla coalizione dei barbari presso Piacenza, a causa di un'imboscata. Nel prosieguo della campagna, i barbari però, per avidità di bottino, si divisero in numerose bande armate, sparpagliate nel territorio circostante, permettendo ad Aureliano di ribaltare le sorti della guerra. L'imperatore riuscì a batterli una prima volta e poi una seconda volta, in modo risolutivo, sulla strada del ritorno nei pressi di Pavia.[33][34]
Un nuovo tentativo di usurpazione avvenne in questi anni, quando l'allora governatore della Germania inferiore, Gaio Quinto Bonoso, permise che bande di Alemanni attraversassero il Reno e bruciassero alcune navi della flotta Germanica.[35] Temendo le conseguenze di questa perdita, verso la fine del 280 si fece proclamare, a Colonia Agrippinensis (l'odierna Colonia) e assieme a Tito Ilio Proculo, imperatore di tutte le Gallie, della Britannia e della Spagna.[36] Alla fine però entrambi questi usurpatori trovarono la morte con l'arrivo di Probo nelle Gallie.
La riforma tetrarchica di Diocleziano e Costantino (284-337)
Nella riorganizzazione dell'impero iniziata con la tetrarchia di Diocleziano e portata a termine da Costantino I, l'impero venne diviso in dodici diocesi (al posto delle vecchie province augustee, di cui 6 in Occidente e 6 in Oriente), di cui la più grande, quella orientale, includeva sedici province. Le altre erano le prefetture dell'Italia, della Gallia e dell'Illirico, che corrispondevano alla divisione dell'impero in zone di influenza della tetrarchia.
Ogni diocesi era governata da un pretore vicario o semplicemente vicario (vicarius), sottoposto al prefetto del pretorio (alcune diocesi, peraltro, potevano essere governate direttamente dal prefetto del pretorio). Il vicario controllava i governatori delle singole province (variamente denominati: proconsules, consulares, correctores, praesides). I vicari non avevano poteri militari, infatti le truppe stanziate nella diocesi erano sotto il comando di un comes rei militaris, che dipendeva direttamente dal magister militum e aveva alle sue dipendenze i duces ai quali era affidato il comando militare nelle singole province.
Nella prima riorganizzazione voluta da Diocleziano con la tetrarchia, la Germania superiore divenne parte della Diocesi delle Gallie con il nuovo nome di Germania I.[37]
Massimiano, cesare di Diocleziano per l'Occidente, mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di quell'anno,[38] poi battendosi con un esercito di Burgundi e Alemanni, che avevano forzato il limes renano ed erano entrati in Gallia. L'esercito barbarico alla fine morì di fame e malattia.[39][40] In seguito a questi eventi il cesare stabilì il quartier generale sul Reno in previsione di future campagne,[41] I successi di questi anni di campagne militari, sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di "Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno, grazie al cesare, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi lungo l'alto Reno.[42][43][44]
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, si procedette a un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo cesare per l'Oriente Galerio, mentre Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro per l'Occidente.[45]
Il cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera renana, riuscì a battere la coalizione degli Alemanni in due importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine almeno per qualche decennio,[46] e facendo a pezzi circa sessantamila Alemanni.[47]
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia combattuta nel 298.[30]
Ancora una volta Costantino I, insieme al figlio Costantino II fu costretto ad intervenire lungo il Reno e a battere gli Alemanni che avevano tentato di invadere i territori della Gallia.[50] Per questi successi ricevettero il titolo di "Alamannicus maximus".
Crollo del limes e fine della provincia romana: Alemanni e Burgundi (IV e V secolo)
Nella prima metà del IV secolo le incursioni germaniche seguirono in parte lo stesso modello sperimentato nel secolo precedente, con spedizioni finalizzate al saccheggio che muovevano dalle aree di stanziamento poste immediatamente al di là del Limes romano. Già in questa fase, tuttavia, si affacciò una nuova modalità, che vide intere popolazioni, e non più solo i guerrieri, passare il Limes e cercare aree di stanziamento in territorio romano. Roma tentò, pertanto, di assorbire gli spostamenti delle popolazioni germaniche inserendole all'interno delle proprie strutture, affidando loro un territorio di stanziamento lungo il limes, compreso quello della Germania inferiore, in cambio dell'accoglienza alla difesa del Limes stesso.
Un'incursione degli Alemanni, partiti dal loro territorio d'insediamento nell'odierna Germania meridionale, sfociò in un ampio conflitto contro l'imperatore Costanzo II. Guidata dai fratelli Gundomado e Vadomario, la confederazione penetrò in Gallia attraverso il Limes renano e saccheggiò numerose città.
Gli Alemanni, che erano riusciti a sconfiggere Giuliano nella Battaglia di Reims, l'anno successivo furono battuti pesantemente e cacciati dalla Gallia, grazie alla vittoria nella Battaglia di Strasburgo.
Vadomario guidò un nuovo tentativo degli Alemanni di attaccare a tradimento le truppe della Germania superiore di Giuliano, il quale non solo riuscì a batterlo ma ad impiegare il condottiero germanico e i suoi guerrieri, come truppe mercenarie in Asia e in Armenia.
Ancora gli Alemanni varcarono il Reno invadendo la Gallia.[52] L'imperatore Valentiniano I divenuto augusto, insieme al fratello Valente, decise di recarsi in Gallia presso Parigi e poi Reims per dirigere le operazioni in prima persona contro le popolazioni barbariche degli Alemanni.[52]
Gli Alemanni travolsero Mogontiacum (Magonza) e costrinsero l'imperatore Valentiniano I ad accorrere, insieme al fratello ed augusto Valente. I due imperatori passarono il Reno e si spinsero fino al fiume Neckar dove ottennero un'importante vittoria sulle genti germaniche nei pressi di Solcinium.[52]
Teodosio il Vecchio, padre del futuro imperatore Teodosio I, riuscì a respingere una nuova invasione di Alemanni.[52] mentre Valentiniano, negli anni successivi, fu costretto a combattere per alcuni anni contro il re alemanno Macriano. L'imperatore romano d'occidente, non essendo, però, riuscito a mettergli contro i Burgundi, fu costretto a scendere a patti con lo stesso concludendo con lo stesso un foedus. Gli Alemanni divenivano così a tutti gli effetti dei foederati dell'Impero romano.
Approfittando dello sguarnimento del limes renano ordinato qualche anno prima da Stilicone per combattere in Italia Alarico I dei Visigoti e Radagaiso, i Burgundi scavalcarono gli Alemanni a ovest e varcarono il Reno, entrando nei territori imperiali e si insediarono nella valle del Reno. Il re burgundo Gundicaro (Gundahar o Gundikar, il Gunther della saga dei Nibelunghi) si stabilì sulla riva sinistra (romana) del Reno, tra i fiumi Lauter e Nahe, impadronendosi di Worms, Spira e Strasburgo. Pare che in base ad una tregua l'imperatore Onorio abbia in seguito ufficializzato la situazione e attribuito ai Burgundi le terre che avevano occupato.
Nonostante il loro status di foederati, le razzie dei Burgundi nella Gallia Belgica divennero intollerabili e furono bruscamente interrotte nel 436, quando il generale romano Flavio Ezio chiamò in aiuto mercenari unni che invasero il regno renano (e la sua capitale sul vecchio insediamento gallo-romano di Borbetomagus, odierna Worms). Gundicario fu ucciso in combattimento insieme a circa 20.000 soldati burgundi[54]
Vi erano poi oltre una ventina di unità ausiliarie a difesa dei confini e delle principali strade che conducevano all'interno nella Gallia Belgica, per un totale di un massimo di 30.000 armati circa, fino ad un minimo di 20.000 armati, proprio quando le legioni furono costrette sotto Domiziano-Traiano a trasferirsi lungo il fronte danubiano. Sappiamo da tutta una serie di iscrizioni epigrafiche che nella provincia c'erano:
I Flavia Damascenorum milliaria equitata sagittaria,[59]I classica, I Latobicorum, I (?) Varcianorum, I Thracum, II Thracum, II civium Romanorum, II Asturum, III Dalmatarum, IIII Thracum e VI Thracum.
per le ali: I Flavia Gemina, I Cannenefatium, II Flavia Gemina, I Scubulorum e I Picentiana;
per le coorti: I Germanorum, I Aquitanorum, I Asturum, I Thracum, II Raetorum, II Aquitanorum, III Aquitanorum, IIII Aquitanorum e VII Raetorum.
I Flavia Damascenorum milliaria equitata sagittaria,[59]I Biturigum, I Thracum, I Aquitanorum veterana, I Asturum, II Aquitanorum, II Cyrenaica, II Raetorum, III Delmatarum, III Aquitanorum, IIIl Aquitanorum, IIII Vindelicorum, V Delmatarum e VII Raetorum
per le ali: I Flavia Gemina, I Cannanefatium, I singularium e Scubulorum;
per le coorti: I Flavia Damascenorum milliaria equitata sagittaria,[59]I Biturigum, I Thracum, I Aquitanorum veterana, I Asturum, II Aquitanorum, II Cyrenaica, II Raetorum, III Delmatarum, III Aquitanorum, IIIl Aquitanorum, IIII Vindelicorum, V Delmatarum e VII Raetorum.
per le coorti: I Germanorum civium Romanorum, I Flavia Damascenorum milliaria, I Ligurum et Hispanorum civium Romanorum, I civium Romanorum, I Asturum, I Aquitanorum veterana, I Biturigum, I Thracum civium Romanorum, II Augusta Cyrenaica, II Hispanorum Pia Fidelis, II Raetorum civium Romanorum, III Aquitanorum, III Delmatarum Pia Fidelis, IIII Aquitanorum, IIII Vindelicorum, V Delmatarum e VII Raetorum.
per le ali: I Scubulorum, I Flavia Gemina e Indiana Gallorum Pia Fidelis;
per le coorti: I Germanorum, I Flavia Damascenorum milliaria equitata sagittaria,[59]I Ligurum et Hispanorum civium Romanorum, I civium Romanorum, I Aquitanorum veterana, I Biturigum civium Romanorum, I Thracum civium Romanorum, II Augusta Cyrenaica, II Hispanorum Pia Fidelis, II Raetorum civium Romanorum, III Aquitanorum, III Delmatarum Pia Fidelis, IIII Aquitanorum, IIII Vindelicorum, V Delmatarum e VII Raetorum.
per le coorti: I Germanorum, I Flavia Damascenorum milliaria equitata sagittaria,[59]I Ligurum et Hispanorum civium Romanorum, I civium Romanorum, I Aquitanorum veterana, I Biturigum civium Romanorum, I Astrurum, II Augusta Cyrenaica, II Raetorum civium Romanorum, III Aquitanorum, III Delmatarum Pia Fidelis, IIII Aquitanorum, IIII Vindelicorum, V Delmatarum e VII Raetorum.
Ai tempi della Notitia Dignitatum, in quella che era stata la provincia della Germania superiore, furono creati alcuni comandi militari, facenti parte del Numerus intra Gallias ed affidati ad:[65][66][67]
un Dux Mogontiacensis, a capo di 11 unità (o distaccamenti) collegati alla flotta militare imperiale del Reno[68], come il Praefectus militum Pacensium (di stanza a Saletione); il Praefectus militum Menapiorum, a Tabernis; il Praefectus militum Anderetianorum, a Vico Iulio; il Praefectus militum vindicum, a Nemetis; il Praefectus militum Martensium, ad Alta Ripa; il Praefectus militum II Flaviae, a Vangiones; il Praefectus militum armigerorum, a Mogontiaco; il Praefectus militum Bingensium, a Bingio; il Praefectus militum balistariorum, a Bodobrica; il Praefectus militum defensorum, alle confluenze del fiume Reno-Meno; ed il Praefectus militum Acincensium, ad Antonaco;
ed un Dux Sequanicae, a capo di una sola unità, i Milites Latavienses, posizionati a Olitione.[69]
Va, inoltre, aggiunto che furono tre le fasi principali di questo tratto di limes, dopo il definitivo abbandono da parte di Augusto e Tiberio del progetto di occupazione della Germania Magna:
un iniziale consolidamento del fronte renano-danubiano sotto i Giulio-Claudii;
La prima fase evolutiva del limes della provincia germanica superiore, una volta abbandonato il progetto di annessione della Germania Magna ad oriente del Reno, fu quella di consolidare i presidi lungo il grande fiume almeno durante la dinastia giulio-claudia.
Ulteriori informazioni Forte/burgus lungo il limes, località antica ...
Questa prima avanzata consentì un'iniziale costruzione di tutta una serie di fortini e vie militari nel Wetterau e nel Taunus, cominciando a creare il primo tratto fortificato del limes germanico-retico, congiungendo il fiume Lahn al fiume Meno. Contemporaneamente si procedette all'avanzata nei territori dei Nemeti e dei Triboci, percorrendo il corso del fiume Neckar da est ad ovest e costruendo i nuovi forti a Ladenburg e a Neuenheim.[86]
Il successore di Traiano, Adriano, contribuì ad un ulteriore avanzamento verso est del limes, da Osterburken a Lorch, potenziando l'intera linea difensiva iniziando a realizzare una serie di palizzate a protezione di forti, fortini e torri di avvistamento in legno, sostituiti con altri in pietra. Ma è sotto Antonino Pio (nel periodo 145-159) che molte delle torri e dei forti in legno, furono ricostruiti interamente in pietra. A ciò aggiungiamo che si ebbe il definitivo avanzamento del limes di oltre 30km ad est della precedente linea dell'Odenwald-Neckar, definitivamente abbandonata. Il tratto di limes che andò così creandosi, congiungeva i due grandi fiumi, Reno e Danubio, partendo da Rheinbrohl, vicino Neuwied, e raggiungendo Kelheim, dopo ben 548km di strade, fortificazioni, torrette di avvistamento, fossati, agger e palizzata.
Sotto Caracalla, potrebbero essere stati aggiunti ulteriori sbarramenti, fossati, palizzate e terrapieni, in seguito alle prime invasioni degli Alemanni del 213, i quali continuarono a guerreggiare con i successori, da Alessandro Severo a Massimino il Trace, fino a Gallieno.
Il confine fortificato, oggi patrimonio dell'umanità UNESCO, che da Bonna congiungeva Castra Regina lungo il lato orientale della provincia, costituiva il tratto del Limes Germanicus commercio di vino e birra legname
Cesare potrebbe quindi aver percorso in 6 giorni di marcia (partendo da Vesonzio), una distanza di circa 120-140 km, con una media di circa 20-25 km al giorno (E. Abranson e J.P. Colbus, La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia, Milano 1979, pp. 30-31), considerando che il tragitto da Vesontio al Reno è di circa 150 km e che il luogo della battaglia, secondo quanto ci tramanda lo stesso Cesare, si trovava a soli 7,5 km dal fiume Reno (De bello Gallico, I, 53,1), forse confuso con il fiume Ill.
Cesare, De bello Gallico, I, 53. Appiano (in Storia della Gallia, frammento 3) parla di 80.000 Germani uccisi nel corso della battaglia tra armati e civili.
Michael Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, p. 186; al termine delle operazioni militari di Massimino, furono ricostruiti numerosi forti ausiliari come quelli di Echzell, Butzbach, Kapersburg, Saalburg e Kleiner Feldberg (cfr. H.Shonberger, The Roman Frontier in Germany: an Archaeological Survey, p. 175).
Sesto Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 34.2; Watson (p. 220) data la battaglia del lago di Garda al 269, ponendo gli Iutungi tra gli alleati degli Alemanni.
Historia Augusta - Aureliano, 18.4; 19.4; Zosimo, Storia nuova, I, 49; Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 35.2; Mazzarino, p. 567-568; Watson, p. 51, 216 e seg.
Historia Augusta - Probo, 18.5-7; Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 37.2; Aurelio Vittore, De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum, 37.3; Eutropio, Breviarium ab urbe condita, IX, 17.1; Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem, VII, 24.3.
A Gneo Pinario Cornelio Clemente potrebbe attribuirsi la costruzione di una strada militare che congiungeva Argentoratae al forte di Rottweil, che continuava poi in due direzioni: a sud fino alla fortezza legionaria di Vindonissa; ad est fino al Danubio nei pressi di Laiz (D.Baatz, Der römische Limes: Archäologische Ausflüge zwischen Rhein und Donau, cartina p.18).
Baatz D.,Der römische Limes: Archäologische Ausflüge zwischen Rhein und Donau, cartina p.18; Syme,Guerre e frontiere del Periodo dei Flavi, cartina di p.603.
(FR) Yann Le Bohec, Les aspects militaires de la crise du IIIe siècle: L'armée romaine de Dioclétien à Valentinien Ier. Actes du congrès de Lyon (12-14 septembre 2002), Lione, rassemblés et éd. par Y. Le Bohec et C. Wolff, 2004.
(FR) Yann Le Bohec, Les aspects militaires de la crise du IIIe siècle: L'armée romaine de Dioclétien à Valentinien Ier. Actes du congrès de Lyon (12-14 septembre 2002), Lione, rassemblés et éd. par Y. Le Bohec et C. Wolff, 2004.