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militare statunitense Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
George Armstrong Custer (New Rumley, 5 dicembre 1839 – Little Bighorn, 25 giugno 1876) è stato un militare statunitense.
George Armstrong Custer | |
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Custer con i gradi da maggior generale (brevetto) nel 1865 | |
Soprannome | "Armstrong", "Artie", "Autie", "The Boy General", "Curly", "Funny", "Hard Ass", "Iron Butt", "Ringlets", "Yellow Hair", "Son of the Morning Star" |
Nascita | New Rumley, 5 dicembre 1839 |
Morte | Little Bighorn, 25 giugno 1876 |
Cause della morte | caduto in combattimento |
Luogo di sepoltura | inizialmente sul campo di battaglia, successivamente interrato nel West Point Cemetery |
Dati militari | |
Paese servito | Stati Uniti Unione |
Forza armata | United States Army Union Army |
Corpo | cavalleria |
Anni di servizio | 1861–1876 |
Grado | Tenente colonnello (United States Army) Maggior generale (United States Volunteers) |
Guerre | Guerra civile americana Guerre indiane |
Campagne | Campagna di Gettysburg Campagna terrestre Campagna della Valle dello Shenandoah (1864) Campagna di Appomattox |
Battaglie | Prima battaglia di Bull Run Battaglia di Antietam Battaglia di Chancellorsville Battaglia di Gettysburg Battaglia di Manassas Gap Battaglia del Wilderness Battaglia di Yellow Tavern Battaglia di Trevilian Station Battaglia di Guard Hill Terza battaglia di Winchester Battaglia di Cedar Creek Battaglia di Tom's Brook Assedio di Petersburg Battaglia del Washita Battaglia del Little Bighorn |
Comandante di | Michigan Brigade 3rd Cavalry Division 2nd Cavalry Division 7th U.S. Cavalry |
Studi militari | United States Military Academy |
Pubblicazioni | George Armstrong Custer (ed. 1991), La mia vita nelle Pianure. Esperienze personali tra gli indiani Milano, Mursia, ISBN 88-425-1078-5 |
The Harper Encyclopedia of Military Biography[1] | |
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Fu ufficiale dell'esercito degli Stati Uniti d'America e comandante di reparti di cavalleria durante la guerra civile americana e le guerre indiane. Cresciuto nel Michigan e nell'Ohio, Custer venne ammesso a West Point nel 1857 dove si diplomò nel 1861 come ultimo della sua classe. Allo scoppio della guerra civile statunitense venne chiamato a servire nell'esercito dell'Unione. Durante la guerra civile si guadagnò una buona reputazione e il suo battesimo del fuoco avvenne nella prima battaglia di Bull Run del 21 luglio 1861. I suoi rapporti con alcuni importanti ufficiali favorirono la sua carriera, così come la sua determinazione nel comando di reparti di cavalleria. Venne promosso capitano nel 1864 e ottenne il brevetto (rango temporaneo) di maggior generale dei volontari nel 1865. Alla conclusione della campagna di Appomattox, nella quale le sue truppe giocarono un ruolo decisivo, Custer fu presente alla resa del generale Robert E. Lee nelle mani del generale Ulysses S. Grant il 9 aprile 1865.
Dopo la guerra di secessione ("la grande ribellione" scrisse nella sua autobiografia) Custer mantenne il brevetto di maggior generale dei volontari fino al loro congedo definitivo nel 1866. Riassunto il grado di capitano che per progressione di carriera gli spettava, venne promosso tenente colonnello del 7th Cavalry Regiment nel luglio del 1866; nel 1867 fu invece destinato nell'ovest per prendere parte alle guerre indiane. Il 27 novembre 1868 si rese responsabile del massacro del Washita, ai danni di un accampamento di indiani Cheyenne. Custer, due suoi fratelli e gran parte degli uomini del 7º cavalleria appartenenti alla colonna da lui capeggiata furono uccisi il 25 giugno 1876 nella battaglia del Little Bighorn, combattuta contro una coalizione di tribù native. La battaglia divenne popolarmente nota nella storia statunitense come Custer's Last Stand ("L'ultima resistenza di Custer").
Benché colloquialmente e popolarmente indicato come "generale", di fatto Custer non raggiunse mai questo grado in forma effettiva, bensì solo come brevetto, ovvero un grado temporaneo concesso per l'assolvimento di specifici incarichi o per la durata di una campagna o di una sola missione.
Gli antenati di Custer, Paulus e Gertrude Küster (in seguito anglofonizzato in Custer), immigrarono negli Stati Uniti d'America nel 1693 provenienti dalla Renania[2][3].
George Armstrong nacque a New Rumley, nell'Ohio, il 5 dicembre 1839, da Emmanuel Henry Custer (1806-1892), fabbro, e dalla sua seconda moglie Marie Ward Kirkpatrick (1807-1882)[N 1]. Il nome fu scelto dalla madre in onore di un pastore protestante nella speranza che seguisse la carriera ecclesiastica,
Custer crebbe in una famiglia molto numerosa; il padre, infatti, da un primo matrimonio aveva avuto tre figli e dal matrimonio con la vedova Ward (che a sua volta ne aveva altri tre) ne ebbe altri cinque (George, Nevin, Thomas detto Tom[N 2], Boston[N 3] e Margareth). Tom e Boston, come il marito di Margareth, James Calhoun[N 4], morirono poi nella battaglia del Little Bighorn insieme a George Armstrong[4].
La sorellastra, Lydia Ann Kirkpatrick, nel 1849 sposò tale David Reed trasferendosi nella città di quest'ultimo, Monroe (Michigan), ad oltre 320 chilometri da New Rumley; il giovane George Armstrong accompagnò la sorellastra quale legame affettivo con la famiglia d'origine[5].
Nel 1857, su raccomandazione[N 5] del deputato repubblicano John Bingham e nonostante la famiglia fosse notoriamente di "fede" democratica[6][N 6], George Armstrong Custer fu ammesso all'Accademia Militare degli Stati Uniti d'America di West Point. Di carattere testardo, ribelle, orgoglioso, permaloso, scarso amante dello studio, in pochi mesi raggiunse tante e tali note di demerito da rischiare l'espulsione, evitata, anche in questo caso, per intervento del deputato Bingham[6]. Uniche materie in cui eccelse erano quelle pratiche: scherma, tiro con la pistola, equitazione. Durante una licenza a Monroe conobbe Elizabeth Clift Bacon (1842-1933), soprannominata "Libbie", che successivamente sposò[7].
Le promozioni e gli incarichi sotto riportati comprendono anche i gradi temporanei ("brevetto") assunti in occasione di particolari situazioni e che valevano solo fino al raggiungimento dell'obiettivo o al termine delle operazioni per cui furono concessi[8]:
Insegna | Grado | Data | Organizzazione |
---|---|---|---|
nessuna | Cadetto (cadet) | 1º luglio 1857 | Accademia Militare di West Point |
Sottotenente (second lieutenant) | 24 giugno 1861 | Regular Army (Esercito regolare) | |
Capitano (Captain) | 5 giugno 1862 | grado brevet (brevetto) come ufficiale di stato maggiore aiutante di campo | |
Tenente (first lieutenant) | 17 luglio 1862 | Regular Army (Esercito regolare) | |
Generale di brigata (brigadier general) | 29 giugno 1863 | Volontari degli Stati Uniti | |
Maggiore (major) | 3 luglio 1863 | grado brevet per la battaglia di Gettysburg | |
Capitano (captain) | 8 maggio 1864 | Regular Army (Esercito regolare) | |
Tenente colonnello (lieutenant colonel) | 11 maggio 1864 | grado brevet per le battaglie di Yellow Tavern | |
Colonnello (colonel) | 19 settembre 1864 | grado brevet per la battaglia di Winchester e Fisher Hill | |
Generale di brigata (brigadier general) | 13 marzo 1865 | Regular Army (Esercito regolare) | |
Generale di divisione (major general) | 13 marzo 1865 | grado brevet per le battaglie di Five Forks, Dinwiddie e Sailor's Creek | |
Generale di divisione (major general) | 15 aprile 1865 | Volontari degli Stati Uniti (fino allo scioglimento del reparto) | |
Tenente colonnello (lieutenant colonel) | 28 luglio 1866 | grado effettivo Regular Army (Esercito regolare) nel 7º cavalleria che comanda alla battaglia di Little Big Horn |
Allo scoppio della guerra civile, la classe di Custer, il cui corso sarebbe dovuto durare 5 anni, venne diplomata con un anno di anticipo nel 1861 per fornire ufficiali alle truppe nordiste; in origine facevano parte del corso di Custer 68 cadetti, ridotti a 57 a causa di espulsioni o di dimissioni volontarie e nel 1860 a 34 per le dimissioni degli allievi provenienti dagli Stati del Sud[9]. Classificatosi ultimo del suo corso (34º su 34 con un ammontare record, per West Point, di 726 note di demerito[10]), Custer fu assegnato con il grado di sottotenente al 2º Cavalleria, Compagnia "G", di stanza a Washington[11][N 7], ed ebbe il battesimo del fuoco il 21 luglio 1861 nella prima battaglia di Bull Run.
Nel 1862, destinato al 5º Reggimento cavalleria, Custer partecipò all'assedio di Yorktown, dal 5 aprile al 4 maggio, ed entrò a far parte dello stato maggiore del maggior generale George B. McClellan, comandante dell'unità più grande dell'esercito nordista, l'Armata del Potomac. Nel giugno dello stesso anno, dopo un'azione nel corso della quale il suo reparto catturò 50 tra militari e ufficiali confederati, Custer fu promosso capitano dallo stesso McClellan, ma nel mese successivo, a causa della cattiva condotta delle operazioni[12], il generale McClellan venne esonerato dal comando e sostituito dal generale Ambrose Burnside; Custer, che faceva parte dello stato maggiore, fu retrocesso al grado di tenente[13], posto in aspettativa e inviato in licenza, nel corso della quale si fidanzò con Elizabeth Bacon[14].
Nel 1863 Custer fu trasferito, con il grado di tenente, alle dipendenze di Alfred Pleasonton, tenente colonnello "brevet" dell'Esercito Regolare ma Brigadier Generale comandante di una delle divisioni di cavalleria dell'Armata del Potomac. Alla fine di giugno, e due giorni prima della battaglia di Gettysburg, il Brigadier Generale Pleasonton gli conferì il brevetto di Generale, ovvero un grado valido per il solo periodo di durata del conflitto, e lo assegnò al comando della brigata di cavalleria del Michigan con la quale Custer si distinse in vari interventi[15]. In tale periodo Custer, inizio ad utilizzare capi di vestiario fuori ordinanza tra cui il fazzoletto da collo rosso che venne adottato dal suo reparto di cavalleria[N 8].
il 9 febbraio 1864 Custer sposò Elizabeth Clift Bacon, nonostante il padre di lei, il giudice Daniel Bacon di Monroe nel Michigan, osteggiasse il suo legame con George Armstrong non ritenuto per lignaggio degno della figlia, essendo figlio di un fabbro.
La stessa, così descrive il marito all'età di 34 anni, nel 1873: «alto 1,78 pesava circa 75 chili, i suoi occhi erano azzurri e con lo sguardo profondo, i suoi capelli corti ondulati e del colore dell'oro. I suoi baffi erano lunghi, folti e ambrati, il colore della sua carnagione era vivo».
La fama di Custer proseguì durante la guerra, che concluse con il grado di "major general brevet" (un grado valido temporaneamente e concesso in occasione di eventi bellici che richiedevano effettivi assai più numerosi per la conduzione delle operazioni). Dal punto di vista eminentemente tattico, Custer non dimostrò particolare immaginazione nell'esecuzione degli attacchi, limitandosi a sfruttare quello che era il criterio di attacco frontale normalmente insegnato presso le scuole militari dell'epoca e giustificando così l'asserzione di un suo collega che dichiarò che era salito ai vertici della carriera militare «camminando sulla schiena dei suoi soldati caduti in battaglia»[16].
Spesso avventato, abituato ad attaccare sempre il nemico anche in condizioni di evidente inferiorità numerica, Custer ebbe di certo dalla sua una notevole fortuna: a Gettysburg la brigata comandata da Custer ebbe circa 300 caduti su una forza complessiva di 1700 unità[17][N 9], nella battaglia del Wilderness cadde oltre un terzo degli effettivi, mentre alla battaglia di Appomattox, l'ultima della guerra di secessione, solo la sua brigata subì gravissime perdite[16]. Tuttavia, di fronte alla manifesta inettitudine di altri generali nordisti, i giornali dell'epoca si appropriarono della figura di George Armstrong Custer, facendone l'eroe per eccellenza e coniando per lui il soprannome di «Murat americano» e, ancor più data la giovane età, di Boy General ("generale ragazzino").
Nel 1866 la presidenza di Andrew Johnson firmò una legge che ristrutturò profondamente l'esercito, trasformandolo, di fatto, in un organismo di polizia militare con compiti di controllo dell'ordine negli ex Stati confederati e nei territori dell'Ovest. A seguito di tale legge, tutti gli ufficiali con "brevet" temporaneo furono retrocessi al grado che per progressione di carriera loro competeva. Anche George Armstrong Custer, generale di brigata dei volontari, fu retrocesso al grado di capitano, tanto che egli accarezzò l'idea di trasferirsi in Messico, allettato dalla necessità dell'imperatore Massimiliano d'Austria di disporre di molti generali esperti per combattere i patrioti ribelli di Benito Juárez.
Ad analoga "retrocessione" furono soggetti gli ufficiali confederati transitati nell'esercito degli Stati Uniti d'America; tale disagio si ripercosse, per ovvi motivi, sulla linea di comando, giacché ufficiali già esperti si trovarono a dover sottostare, di fatto, ad altri più giovani, spesso meno preparati e con minore esperienza sul campo.
Contestualmente, dal febbraio 1866, Custer si assentò dal servizio[N 10] sondando la possibilità di trovare impiego civile a New York presso industrie ferroviarie o minerarie[18]. Nel maggio 1866, rientrato a Monroe a seguito della scomparsa del suocero, Custer considerò la possibilità di candidarsi per il Congresso degli Stati Uniti d'America, prendendo parte a numerosi comizi ed eventi; nel settembre 1866 accompagnò il presidente Andrew Johnson in un viaggio elettorale in treno attraverso gli Stati, che si concluse nei pressi di Monroe quando Custer, colpito dalle frasi ingiuriose rivolte al presidente da abitanti del luogo, decise di rientrare nella sua cittadina[19].
Custer abbandonò il progetto di trasferirsi in Messico solo quando il generale Philip Henry Sheridan, già suo comandante di divisione, lo assegnò al comando di un nuovo reggimento in via di formazione[N 11][20]. Si trattava del 7º Cavalleria, che si formò a Fort Riley (Kansas) tra l'agosto ed il settembre del 1866[21][22]. Custer assunse il comando del 7º il 3 novembre 1866 con il grado di tenente colonnello, in sostituzione del colonnello Andrew Smith che era stato distaccato al quartier generale dell'esercito.
Entro la fine dell'anno, il 7º Cavalleria contò 800 uomini, tra cui moltissimi stranieri (si calcola che l'incidenza di stranieri, polacchi, italiani, messicani, tedeschi, inglesi, irlandesi, fosse all'epoca, nell'esercito degli Stati Uniti, del 70%), cui si era intanto aggiunto il capitano Thomas "Tom" Custer, fratello di George[23]. La paga era molto scarsa (13 $ al mese per un soldato, 15 $ per un caporale, 22 $ per un sergente, che salivano a 34 $ se con molti anni di servizio e sposato[23]), l'armamento quanto mai eterogeneo[N 12] e l'addestramento altrettanto scarso, anche per la difficoltà di trasmissione degli ordini a causa delle differenti lingue parlate[24][25]. Le punizioni erano molto severe (dalla camera di punizione alla marcia con lo zaino carico di sassi sotto il sole, alla fustigazione, alla legatura a terra sotto il sole, alla fucilazione) e anche in questo Custer si distinse per severità, pur avendo il pregio di dare l'esempio, sottoponendosi assieme ai suoi uomini alle medesime esercitazioni e alle marce più dure[N 13].
Nel 1867 il generale Winfield Scott Hancock organizzò una campagna contro i Cheyenne; si trattò, tuttavia, di una campagna dissennata e inutile, giacché i nativi americani erano in pace e l'intera spedizione non portò a nessun risultato concreto e, anzi, scatenò i Cheyenne sul "sentiero di guerra"[26][27]. Tutti i reparti impegnati vennero sottoposti a massacranti turni di servizio e a marce forzate[N 14] che, nel caso del 7º Cavalleria, forte di circa 800 uomini, finirono con l'arrecare gravi danni al reparto stesso, che fu oggetto, come altri del resto[N 15], di centinaia di diserzioni[28][29][30][N 16].
Benché non prevista dall'ordinamento militare, Custer applicò ai disertori la pena di morte, talché, al termine della campagna, fu arrestato, tradotto a Fort Leavenworth e accusato dal Comando supremo di[31][32]:
La corte marziale, riunitasi il 15 settembre 1867 a Fort Leavenworth, il 20 novembre successivo giudicò Custer colpevole di tutti i reati ascrittigli, ma, grazie alle amicizie altolocate (il generale Sheridan lo aveva richiesto per la imminente nuova campagna contro i Cheyenne) e politiche che intanto aveva coltivato e alla fama ottenuta durante la guerra di secessione, la pena si limitò alla sospensione dal grado, dal comando, dall'attività militare in genere, con confisca dello stipendio fino al 7 ottobre 1868[33]. Quanto alla fucilazione dei disertori, Custer fece notare alla corte che dagli inizi del 1867, da quando cioè la fucilazione era stata commutata in detenzione per sei mesi, le diserzioni erano notevolmente aumentate.
A riprova della considerazione in cui era tenuto dal generale Sheridan, durante il periodo di sospensione dal servizio e dal comando Custer e la moglie alloggiarono presso l'appartamento messo a loro disposizione dallo stesso Sheridan a Fort Laevenworth[34].
Il 24 settembre 1868 Custer fu reintegrato in servizio dal generale Sheridan in vista della campagna invernale contro i Cheyenne meridionali e raggiunse il 7º Cavalleria il 7 ottobre 1868, riassumendone il comando il successivo giorno 15. Il 27 novembre il 7º Cavalleria[35], dopo circa due settimane di marcia nella neve e forte di 11 compagnie, sorprese un villaggio indiano sul fiume Washita (Oklahoma). L'accampamento, sotto il comando di Pentola Nera, era quanto restava di un più vasto campo che si era diviso quando una parte dei guerrieri aveva deciso un'incursione contro la tribù dei Pawnee. Si trattava di 50 tende Cheyenne, più altre due di ospiti Arapaho e due di ospiti Lakota[36], in totale circa 250 persone[37]. Pentola Nera, che era già sopravvissuto nel 1864 al massacro di Sand Creek ad opera del colonnello John Chivington, puntava ad una pace duratura per il suo accampamento e in una riunione del 26 novembre prese la decisione di raggiungere un accordo alla fine dell'inverno e di spostare intanto il campo, il giorno seguente, oltre il fiume Washita per ricollegarsi ad altri accampamenti ivi esistenti di Kiowa-Apache e Comanche per un totale di circa 6.000 unità[37][38].
Le guide Osage di Custer individuarono il percorso del gruppo guerriero che si era allontanato dal campo di Pentola Nera e, seguendolo a ritroso, raggiunsero l'accampamento. Custer suddivise il suo reparto in quattro colonne e portò un attacco convergente alle prime luci dell'alba[39]; da qui il soprannome, assegnatogli dai nativi americani, di "Figlio della Stella del Mattino". Secondo il resoconto di Custer, nel corso della battaglia vennero uccisi 103 guerrieri e alcune donne e bambini, mentre 53 tra donne, vecchi e bambini furono presi prigionieri; secondo gli Cheyenne il bilancio sarebbe stato invece molto più basso, con 11 guerrieri e 19 tra donne e bambini uccisi[40]. Pentola Nera Motavato e la moglie, Donna Medicina, morirono colpiti alle spalle mentre fuggivano a dorso di pony[41].
Secondo studi più recenti del Centro di Storia Militare dell'Esercito degli Stati Uniti, mentre tra i nativi i caduti furono circa 50 ed altrettanti feriti, il 7º Cavalleria perse 21 tra ufficiali e soldati ed ebbe 13 feriti. Nei 21 morti vanno annoverati i 20 di un piccolo drappello al comando del maggiore Joel Elliot che, apparentemente senza autorizzazione di Custer[42], si era staccato dalle altre tre compagnie per attaccare un gruppo di Cheyenne in fuga, trovandosi quindi contrattaccato da guerrieri Cheyenne, Kiowa e Arapaho che si stavano dirigendo verso il campo di Pentola Nera per portare il loro aiuto[42][43][44]. L'unico caduto del reparto di Custer nell'attacco del villaggio al Washita fu il capitano Hamilton.
Il brusco ritiro di Custer e il diniego di portare aiuto al reparto di Eliott portò a renderlo inviso alla maggior parte dei suoi ufficiali[45].
Nel 7º Cavalleria, anche a seguito dell'attacco del Washita e dell'episodio del maggiore Elliott, si formarono addirittura quattro fazioni[46]:
Ad aggravare ancor più la situazione interna al 7º Cavalleria, si consideri che, a seguito delle retrocessioni conseguenti alla fine della guerra di secessione, molti ufficiali alle dipendenze di Custer, provenienti anche dall'ex-esercito sudista, avevano avuto durante la guerra un grado effettivo superiore a quello di generale "brevet" raggiunto da Custer e perciò mal tolleravano le imposizioni del tenente colonnello Custer.
Secondo notizie riportate dal capitano Frederick Benteen, nonché dal capo degli scout Ben Clark e dalla tradizione orale degli Cheyenne, nel 1868, dopo la battaglia del Washita, Custer ebbe una relazione con Mo-nah-se-tah ("Erba di Primavera"), figlia del capo Cheyenne Hō-hăn-ĭ-no-o′ ("Piccola Roccia"), da cui sarebbe nato un figlio[48]. La narrazione Cheyenne vuole che dalla relazione nascesse anche un secondo figlio alla fine del 1869; tuttavia, alcuni studiosi statunitensi ritengono che Custer fosse sterile a seguito di una malattia venerea contratta durante il periodo a West Point e che il padre dei piccoli, in realtà, fosse suo fratello Thomas[49].
«le Paha Shapa sono la mia terra e io le amo. Chiunque vi metterà piede sentirà il suono di questo fucile» disse Little Big Man»
«...La terra che ho sotto i piedi è ancora mia. Non l'ho mai ceduta o venduta a nessuno, se ho lasciato le Paha Sapa cinque anni fa, fu perché desideravo tirare su la mia famiglia in tranquillità. È la legge della Gran Madre che tutto sia in pace nel suo territorio ...omissis... scrivete che sono stato l'ultimo della mia gente a deporre il fucile.»
Tra il gennaio del 1872 e l'ottobre del 1874 Custer scrisse una serie di articoli, sulle sue esperienze, per la rivista Galaxy successivamente raccolti e pubblicati nel 1874 con il titolo My Life on the Plains (traduzione in italiano La mia vita nelle grandi pianure).
Nel giugno del 1873 Custer, con dieci squadroni del 7º Cavalleggeri, fu di appoggio alla spedizione esplorativa nello Yellowstone guidata dal colonnello David S. Stanley, che aveva anche il compito di proteggere gli uomini che stavano lavorando alla costruzione della ferrovia Northern Pacific cui si opponevano i nativi.
Dopo le spedizioni con cui l'esercito annientò la resistenza dei nativi americani, i bianchi volsero la loro attenzione alle Paha Shapa, le "Colline Nere" (Black Hills), su cui si riteneva, a ragione, potesse essere trovato l'oro. Tuttavia esse erano considerate terreno sacro dai Lakota e, con il trattato di Fort Laramie del 1868, erano state assegnate ai nativi americani; nel 1870 le voci sulla presenza di oro si fecero più insistenti e, nel 1874, l'esercito venne inviato ad esplorarle in previsione di una proposta d'acquisto, con la motivazione ufficiale di impiantare nuove postazioni a difesa delle montagne.
La spedizione nelle Black Hills si componeva di 10 compagnie del 7º Cavalleria comandato da Custer, coadiuvate da esploratori Arikara e Santee, per un totale di oltre 1.000 uomini, 2.000 cavalcature e oltre 100 carri. Solo alcuni mesi dopo, agli inizi del 1875, confermata la presenza dell'oro (in un rapporto informale inviato da Custer nell'agosto del 1874 si legge: «lo si trova (l'oro) persino nelle radici dell'erba»[50]), le Colline Nere videro sopraggiungere oltre un migliaio di minatori. Il governo tentò di acquistare le Colline Nere dai Sioux, ma nel settembre 1875 alla commissione inviata dal governo i rappresentanti di oltre 14.000 nativi americani opposero il loro parere contrario; impossibilitato ad acquistare le colline, il governo statunitense tuttavia cessò i blandi tentativi fatti fino ad allora per tenere lontani i minatori dalla zona[51][N 19]; soltanto la neonata cittadina di Deadwood, nel cuore delle Colline Nere, alla fine del 1876 contava oltre 20.000 abitanti[N 20].
La presidenza di Ulysses S. Grant decise di rimuovere l'ostacolo rappresentato da questi indiani "ribelli" ricorrendo alla forza militare[52]: il 9 novembre 1876 venne redatto un rapporto da cui risultavano accuse a carico dei nativi americani, poi rivelatesi infondate, tra cui quella che i Lakota Hunkpapa di Toro Seduto rifiutassero i benefici della civiltà e rappresentassero un pericolo per tutto il sistema delle riserve; fu caldeggiato l'intervento dell'esercito se i nativi americani non avessero immediatamente fatto rientro nelle loro riserve e un ultimatum in tal senso fu emanato il 3 dicembre; Toro Seduto rispose che sarebbe «forse» rientrato nella riserva la primavera successiva, mentre Cavallo Pazzo non rispose affatto[53].
Nel frattempo il generale Sheridan aveva dato ordine alle truppe di muovere verso le Colline Nere con partenza da Fort Abraham Lincoln nell'aprile 1876. Le forze dovevano essere suddivise in tre colonne (le Colonne del Montana, del Wyoming e del Dakota) e convergere sulla regione del fiume Powder per individuare gli accampamenti dei nativi americani e costringere i "ribelli" a rientrare nelle riserve.
Tra i reparti di cui era previsto il coinvolgimento nell'operazione vi era anche il 7º Cavalleria: il generale Sheridan aveva selezionato Custer come comandante dell'intera Colonna del Dakota, ma nel marzo dello stesso anno il colonnello fu trattenuto a Washington per rendere testimonianza davanti a una commissione d'inchiesta del Congresso relativa a uno scandalo per corruzione, dallo stesso Custer sollevato, che coinvolgeva il Segretario di Stato per la guerra William W. Belknap, il fratello del presidente Grant, Orville, e commercianti che fornivano approvvigionamenti all'esercito in zona d'operazioni[54].
La testimonianza di Custer fu duramente criticata dalla stampa repubblicana, poiché egli costituiva l'unica fonte dell'accusa, e all'opposto lodata dalla stampa democratica. Screzi vari a livello politico, tra cui uno con lo stesso presidente Grant per aver pubblicato un articolo in cui criticava la sua politica di pacificazione con gli indiani, ritardarono il rientro di Custer a Fort Lincoln (ove era di stanza il 7º e da dove, secondo la tattica del generale Sheridan, avrebbe dovuto muovere la Colonna del Dakota per convergere sui nativi americani "ostili"). Il generale Alfred Terry tentò di intercedere, dichiarando di non avere a disposizione abbastanza ufficiali di alto rango cui affidare i comandi, ma il generale Sheridan rifiutò di aderire alla richiesta e impose a Custer di non lasciare Washington prima di aver incontrato il presidente Grant. Per tutta risposta, dopo aver richiesto tre colloqui con il presidente, Custer lasciò Washington il 2 maggio, recandosi a Chicago con l'idea di ricongiungersi al suo reparto, ma venne arrestato per ordine dello stesso Grant per non aver ottemperato all'ordine ricevuto. Il generale Terry incontrò Custer a Fort Snelling, in Minnesota, il 6 maggio 1876 e perorò nuovamente la sua causa presso il presidente Grant, sottolineando i vantaggi che sarebbero derivati dall'avere Custer a capo della spedizione. Sheridan intervenne, questa volta, in favore di Custer, suggerendo di valutare le colpe di Custer al termine della missione[55].
Custer arrivò a Fort Lincoln soltanto l'8 maggio 1876, ma gli era stato tolto il comando della Colonna del Dakota, che passò alle dirette dipendenze del generale Terry (alla sua prima esperienza di guerra contro gli indiani), e lo stesso incarico di comando del 7º era sottoposto alla diretta supervisione del medesimo generale[54]; la colonna lasciò così il forte il 17 maggio 1876 diretta ad ovest.
L'approssimazione con cui la campagna di guerra stava iniziando era considerevole, dacché mancavano le più elementari informazioni necessarie per organizzare un qualsivoglia movimento tattico: non era nota l'entità del "nemico" (le notizie in possesso facevano supporre una forza di 800-1.000 unità), né la sua dislocazione sul territorio e, di conseguenza, nemmeno il terreno su cui lo scontro avrebbe avuto luogo.
In realtà, a febbraio, Toro Seduto aveva chiamato a raccolta tutte le principali tribù Sioux al solo scopo di vivere, almeno per un'ultima volta, "all'antica maniera", con cacce al bisonte e cerimonie sacre, prima di decidere cosa fare nei rapporti con l'uomo bianco[56]; Cavallo Pazzo, a sua volta, aveva invitato alla riunione gli Cheyenne del Capo Due Lune e alla medesima area, lungo il torrente Bighorn, si diressero i Brulé di Coda Chiazzata, i Piedi Neri, i Santee, i Sans Arc, gli Assiniboin, gli Yankton, gli Arapaho, per un totale, stimato, di oltre 3.000 tende, ovvero 10-15.000 unità, con un numero di guerrieri valutato tra i 1.800 e i 2.000[57][58].
La Colonna del Dakota avanzò molto lentamente, percorrendo solo 260 chilometri in due settimane; il 29 maggio Custer prese quattro compagnie del 7º Cavalleria e si separò dalla colonna principale per due giorni per condurre un'esplorazione a corto raggio: non furono trovate tracce di indiani ostili e al rientro il tenente colonnello fu rimproverato da Terry per aver diviso le forze e perché, senza la sua guida, la colonna principale aveva preso una pista sbagliata. Dopo essersi ricongiunto l'8 giugno alla Colonna del Montana, arrivata da ovest, il 10 giugno il generale Terry distaccò metà del 7º Cavalleria per condurre una ricognizione lungo i torrenti Rosebud e Tongue; Terry affidò il comando del distaccamento al maggiore Reno, provocando le ire di Custer: è possibile che la decisione fosse una mossa di Terry per riaffermare la sua autorità sull'indisciplinato colonnello, ma del resto Custer era vitale per coordinare le guide e gli esploratori e mantenere la colonna principale sulla pista giusta[59]. È noto, specie dalle lettere che giornalmente Custer inviava con corriere alla moglie Elizabeth, che tale decisione fu aspramente criticata, ritenendo che il comportamento del generale Terry fosse dettato dalla paura di fornire a Custer un motivo in più per farsi onore sul campo di battaglia.
Spingendosi oltre il limite inizialmente previsto per la ricognizione (cosa che gli costò poi i rimproveri di Terry e Custer), Reno individuò l'area di un grosso accampamento smobilitato e un'enorme pista percorsa di fresco che si dirigeva a ovest verso la vallata del Rosebud: prima di tornare indietro per ricongiungersi a Terry il 19 giugno, gli scout indiani di Reno arrivarono fino a un solo giorno di cammino dietro l'accampamento di Toro Seduto e Cavallo Pazzo[4].
Il 21 giugno Terry riunì i suoi comandanti a bordo del battello fluviale Far West, ancorato sul fiume Yellowstone; ritenendo verosimile che il nemico si fosse spostato nella valle del fiume Little Bighorn, il generale prevedeva di condurre il grosso delle Colonne del Montana e del Dakota a nord del fiume, dopo averle traghettatte attraverso lo Yellowstone, mentre Custer con l'intero 7º Cavalleria si doveva muovere verso sud come forza indipendente per raggiungere l'area del campo smobilitato e seguire la pista individuata da Reno fino al nuovo accampamento, ma senza attaccare se non quando fosse stato raggiunto dalle restanti forze di Terry; molta attenzione doveva essere data all'impedire agli indiani di fuggire, stringendoli, in una manovra a tenaglia, tra le due forze avanzanti. Terry assegnò a Custer, oltre agli scout indiani Arikara già aggregati al 7º Cavalleria, i sei migliori esploratori Absaroka (o Crow) di cui disponeva, ottimi conoscitori della zona, privandosi così di guide affidabili; il generale offrì inoltre a Custer una sezione di due mitragliatrici Gatling a sei canne rotanti, che rifiutò ritenendole d'impaccio per un'unità di cavalleria, e quattro compagnie del 2º Cavalleria già parte della Colonna del Montana: Custer affermò deciso che «il 7º Cavalleria può affrontare qualunque cosa si trovi davanti»[60][61].
Prima di lasciare il forte, Custer offrì a Coltello Insanguinato[N 21] capo delle sue guide Arikara, molteplici doni, dicendogli che quella sarebbe stata per lui l'ultima campagna indiana e che, se lui e i suoi esploratori lo avessero bene aiutato nel conseguimento di una brillante vittoria, egli sarebbe diventato presidente[62].
Alla data del 17 maggio 1876, il 7º Cavalleria aveva una forza di 33 ufficiali e 718 militari suddivisi in 12 compagnie, più la compagnia comando e la banda[63]. Il 25 giugno 1876 la forza effettiva era scesa a 31 ufficiali (di cui 3 medici) e 617 tra sottufficiali, truppa, esploratori Arikara e Absaroka e civili bianchi (interpreti, imballatori e addetti ai muli)[N 22][64]. A mezzogiorno del 22 giugno Custer e il 7º Cavalleria lasciarono la colonna di Terry in assetto "leggero"[N 23], accompagnato da un convoglio di 175 muli da soma con munizioni e rifornimenti per 15 giorni[65][N 24]; quel 22 giugno la colonna risalì il Rosebud, percorrendo circa 20 miglia (32 km) prima di accamparsi, ma nei due giorni successivi, il 23 e 24 giugno, il 7º Cavalleria coprì invece circa 100 miglia (160 km) (ben oltre la tappa giornaliera di 20-25 miglia prevista dal Manuale di tattica della Cavalleria degli Stati Uniti[N 25]), tenendosi sul terreno elevato in modo da avere la massima visibilità possibile[66].
Dopo aver superato il punto dove la ricognizione di Reno si era arrestata, nel pomeriggio del 24 giugno il 7º Cavalleria raggiunse una pista fresca che conduceva alla vallata del Little Bighorn: gli scout Absaroka si arrampicarono sulle alture dello spartiacque tra la vallata del Rosebud e quella del Little Bighorn e, dal promontorio poi noto come Crow's Nest ("Nido del Corvo"), notarono alcuni tipi lontano sull'orizzonte, circa 13 chilometri più a valle. Le istruzioni di Terry imponevano al 7º Cavalleria di dirigere ancora più a sud lungo il Rosebud prima di piegare verso il Little Bighorn e raggiungere il luogo del presunto accampamento per il 26 giugno, ma Custer trovò nelle tracce fresche appena scoperte «un motivo sufficiente per discostarsene»[67][68]; alle 23:30 circa del 24 giugno, con uomini e cavalli decisamente stanchi, Custer riprese l'avanzata verso l'area in cui presumibilmente si trovava l'accampamento indiano, procedendo per nove chilometri e mezzo su per le colline, fermandosi solo alle 2:00 del 25 giugno per far bivaccare gli esausti soldati.
La mattina del 25 giugno, mentre il 7º Cavalleria riprendeva la marcia verso lo spartiacque, Custer salì al Crow's Nest per verificare gli avvistamenti dei suoi scout; Coltello Insanguinato riferì a Custer che, dall'analisi delle tracce sul terreno, i Sioux erano certamente più numerosi delle pallottole di cui il 7º disponeva[N 26][69], ma Custer si dimostrò poco preoccupato per il numero dei nemici, quanto più per il fatto che potessero fuggire[70]. Dal Crow's Nest Custer non riuscì a vedere niente con il suo cannocchiale, ma mentre scendeva per riunirsi al suo reggimento un piccolo gruppo di Sioux fu visto di sfuggita darsi alla fuga sopra alcuni crinali; riuniti i suoi ufficiali, Custer stabilì che «ogni speranza di sorpresa era ormai perduta» e che, per impedire la fuga degli indiani, bisognava attaccare il più presto possibile quello che riteneva fosse «il più grande accampamento indiano del continente nordamericano». Custer divise il 7º Cavalleria in quattro distaccamenti: il maggiore Reno avrebbe condotto un battaglione di tre compagnie in direzione nord-ovest, lungo il corso principale di un torrente (poi "Reno Creek") che dal Crow's Nest andava a immettersi nel Little Bighorn più a ovest, seguito dal convoglio di muli scortato dalla compagnia del capitano McDouglas, che prevedibilmente sarebbe rimasto attardato più indietro; Custer avrebbe condotto un battaglione di cinque compagnie alla destra di Reno, sul terreno elevato lungo la riva opposta del torrente, mentre al capitano Benteen furono affidate le restanti tre compagnie per condurre un'ampia manovra sul fianco sinistro di Reno per esplorare una serie di alture che impedivano la visuale e intercettare eventuali gruppi di indiani in fuga verso sud. L'obiezione di Benteen che questo piano finiva con il frammentare le forze del reggimento fu ignorata da Custer[71].
La battaglia che ne seguì, passata alla storia come battaglia del Little Bighorn, ebbe inizio verso le 15:00 del 25 giugno 1876: dopo aver guadato la confluenza tra il Reno Creek e il Little Bighorn e procedendo lungo la riva occidentale del secondo, il battaglione di Reno finì con il cozzare inaspettatamente contro l'angolo meridionale dell'immenso accampamento indiano, un'area di tende lunga circa 5 chilometri. Reno decise di attaccare, convinto che gli indiani, presi completamente di sorpresa, fossero in fuga: mentre i non combattenti (donne, bambini e anziani) fuggivano verso nord, da ogni parte dell'accampamento i guerrieri presero invece a convergere sulla posizione di Reno, che si ritrovò ben presto in schiacciante inferiorità numerica[72]. Da verifiche e analisi sui bossoli e sulle pallottole repertate sul luogo della battaglia, è stato possibile valutare che i nativi disponevano di oltre 30 tipi di armi da fuoco, di marca e calibro differenti, in numero di circa 370, oltre ad archi di due tipi (semplici e composti) con una gittata media di 150-200 metri e armi bianche (coltelli, asce, mazze e lance)[73]; verosimilmente, al momento dell'attacco i nativi non riconobbero il reparto, giacché la bandiera del 7º Cavalleria, costituita da uno stendardo blu con frange e l'aquila americana, non era presente, essendo rimasta con le salmerie[74][75]. Reno si ritrovò ben presto sconfitto dalla massa dei guerrieri e respinto in una disordinata fuga sulla riva orientale del Little Bighorn; trinceratosi su una collina (poi "Reno Hill"), fu qui raggiunto da Benteen e dal convoglio dei muli, ma l'intero contingente si ritrovò bloccato e circondato su ogni lato dagli indiani[76].
Non esistono resoconti certi delle vicende accadute al battaglione di Custer. L'ultimo bianco a vedere vivo il colonnello fu il trombettiere John Martin (italiano naturalizzato, il cui nome era Giovanni Martini), che alle 15:20 fu inviato da Custer a recapitare un messaggio per Benteen dove si chiedevano rinforzi e munizioni[77]; due esploratori indiani, il meticcio Mitch Bouyer e l'Absaroka Curly (Ashishishe), raggiunsero Custer verso le 16:00 dopo essere sopravvissuti alla rotta del battaglione di Reno; il colonnello lasciò i due liberi di andarsene e, mentre Bouyer scelse di restare e rimase ucciso più tardi, Curly si nascose su un'altura più a est e osservò la distruzione della forza di Custer da un chilometro e mezzo di distanza[78]. A parte questo, le uniche fonti per ricostruire i movimenti del battaglione di Custer sono le testimonianze rese dai capi indiani che presero parte alla battaglia, spesso imprecise e prive di una visione generale, e i rilevamenti archeologici fatti nei decenni successivi; conseguentemente, qualunque ricostruzione contiene una certa dose di speculazioni e supposizioni, cosa che diede adito, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla battaglia, a resoconti degli eventi fantasiosi e largamente imprecisi, spesso tesi a dare una visione a effetto della battaglia per ammantare di gloria il disastro o coprire gli errori commessi dai protagonisti[78].
Dalla posizione occupata alle 15:20 (una piccola altura poi nota come "Weir Point"[N 27]), Custer ebbe per la prima volta una visione completa dell'accampamento indiano, della massa dei guerrieri che convergeva sulle posizioni di Reno per dare battaglia e dei gruppi di non combattenti che all'opposto fuggivano a nord del campo verso un torrente tributario del Little Bighorn (poi "Squaw Creek"). Fu questo il momento decisivo della battaglia[79]: lo scopo della spedizione dell'esercito era di obbligare i gruppi di nomadi nativi a rientrare nelle riserve dove potevano essere disarmati e tenuti sotto controllo e un ottimo sistema per realizzare ciò sarebbe stato il prendere in ostaggio le famiglie dei guerrieri; il battaglione di Custer non era molto numeroso (220 tra ufficiali, sottufficiali e truppa[N 28]), ma le alture a picco sul Little Bighorn ne celavano la vista agli indiani nella vallata e la strada alle sue spalle era ancora aperta[N 29]: se Benteen fosse arrivato con il suo battaglione, ci sarebbero stati soldati a sufficienza per portare un attacco oltre il Little Bighorn e catturare i gruppi di non combattenti che si nascondevano nella zona dello Squaw Creek[80].
Il battaglione di Custer si spinse quindi verso nord, tenendosi sulla riva orientale del Little Bighorn; verso le 15:45 l'ala sinistra fu inviata sulla sponda del Little Bighorn, poco a nord del margine settentrionale dell'accampamento, in una mossa tesa probabilmente ad allentare la pressione sul battaglione di Reno più a sud; ne seguì un breve scontro con i pochi guerrieri rimasti in quella zona, prima che i soldati si ritirassero sulle alture e procedessero ulteriormente verso nord. I soldati attraversarono una vallata ("Deep Ravine") e raggiunsero un crinale ("Battle Ridge") dove si attestarono tra due colline, "Calhoun Hill"[N 30] a sud e "Custer Hill" a nord, inviando distaccamenti fin verso la confluenza dello Squaw Creek con il Little Bighorn più a nord. A quell'ora, però, lo scontro con Reno nella vallata era ormai cessato e la massa dei guerrieri indiani cambiò direzione: vari gruppi di indiani presero ad attraversare il Little Bighorn e a fronteggiare i soldati da nord e ovest, mentre una formazione più numerosa, guidata da Cavallo Pazzo, risalì la Deep Ravine e tagliò la via di fuga di Custer verso sud. Attaccate da tutti i lati, le compagnie del battaglione di Custer furono sopraffatte una dopo l'altra e annientate senza lasciare alcun superstite[81].
La postazione del 7º Cavalleria sulla Reno Hill fu bersagliata dagli indiani per tutta la notte, anche se la gran parte dei guerrieri si ritirò nell'accampamento, che fu spostato un po' più a nord[N 31]. Nella mattinata del 26 giugno i combattimenti continuarono intorno alla Reno Hill, ma gli indiani non fecero alcun serio tentativo di espugnare la postazione e infine, quel pomeriggio, si ritirarono dal luogo della battaglia[82]: i guerrieri avevano consumato gran parte delle loro riserve di munizioni e gli esploratori avevano segnalato l'approssimarsi al Little Bighorn della colonna di Terry da nord[83].
Il generale Terry arrivò sul luogo dello scontro la mattina del 27 giugno, dopo un approccio molto cauto; dopo aver soccorso i superstiti del 7º Cavalleria sulla Reno Hill, iniziò l'esplorazione del campo di battaglia; l'opera di ricerca e riconoscimento delle vittime, per una sepoltura sul luogo ove erano cadute, fu resa difficile, e talvolta impossibile, dal gran caldo estivo e dalle mutilazioni cui i corpi erano stati sottoposti e si concluse solo il 30 giugno. Il corpo di Custer fu rinvenuto in giornata sulla cima della Custer Hill da Fred Gerard, esploratore bianco del battaglione di Reno: completamente nudo[84], tranne i calzini, era reclinato, poggiato ai corpi di altri due soldati. Il viso, al contrario di quello di altri caduti, contratto, teso e dolorante, appariva disteso e sereno[85]; il corpo presentava un foro di pallottola all'altezza del cuore, con sangue raggrumato, e un altro alla tempia sinistra[86][87]: la dichiarata mancanza del cosiddetto "orletto escoriativo"[N 32], fece escludere il suicidio. Tutto intorno al comandante del 7º vennero trovati 39 cavalli morti, abbattuti verosimilmente per farne riparo, e 42 corpi, tra cui quelli dei fratelli Tom e Boston Custer, del nipote 'Autie' Reed[88], del tenente William Cooke (aiutante di campo di Custer), del primo trombettiere del reggimento Henry Voss, del sergente Hughes Farther (alfiere del guidone personale di Custer)[89].
Particolarmente dura fu la reazione del capitano Benteen, il più anziano degli ufficiali del 7º, che, davanti al corpo del suo comandante esclamò: «È qui, che Dio lo maledica! Finalmente non combatterà più!»[90].
Lo scalpo di Custer non era stato asportato[91], probabilmente perché al momento dello scontro i suoi capelli erano particolarmente corti[84], avendoli tagliati prima di lasciare Fort Lincoln; questa circostanza rese Custer irriconoscibile agli indiani e per gran tempo i Sioux ritennero di aver sconfitto un reparto comandato dal generale Crook[92]. Il corpo di Custer non venne mutilato o sfregiato, salvo, secondo alcune fonti [93], una punta di freccia che gli era stata conficcata lungo il pene; questo confermerebbe che non fu riconosciuto dai suoi avversari, oppure che doveva esser stato ucciso quasi subito[94], perché gli attaccanti non avevano riscontrato, da parte sua, azioni particolarmente meritevoli da giustificare le mutilazioni rituali sul nemico[95]. Quando successivamente si seppe che il reparto era comandato da Custer, molti nativi cercarono di accreditarsi come coloro che lo avevano ucciso; tra questi vi furono "Joseph" White Bull (Tȟatȟáŋka Ská in lingua Lakota)[N 33], Toro Bianco dei Miniconjou e Pioggia sul Viso (Ité Omáǧažu in Lakota). Il capo Cavallo Rosso disse che Custer fu ucciso da un guerriero Dakota Santee non identificato, mentre Toro Seduto sostenne che il colonnello fu riconosciuto da un gruppo di indiani subito prima di essere ucciso[83].
La sepoltura dei caduti fu necessariamente sommaria, per mancanza di attrezzi idonei allo scavo di fosse, ricoprendo i corpi di un sottile strato di terra e sassi; solo per Custer e per suo fratello Tom venne scavata una fossa di circa 30 cm di profondità. I corpi furono avvolti con pezzi di coperta e teli da tenda, prima di coprire il tutto con terra e sassi; quale segnacolo della sepoltura, una stanga da carro venne piantata a colpi di pietra[96]; 26 dei caduti del battaglione di Custer non vennero mai rinvenuti e nulla si è mai più saputo di loro.
Solo il 2 luglio Terry inviò corrieri con la notizia della disfatta del Little Bighorn e gli Stati Uniti vennero a conoscenza dei fatti solo il 5 luglio, nel pieno dei festeggiamenti del centenario dell'indipendenza; prevedibilmente, la notizia scatenò le ire dell'opinione pubblica e degli ambienti politici, i quali pretesero un'inchiesta formale sull'accaduto e immediate azioni di rappresaglia contro gli indiani ostili. Tanto Terry quanto il generale Sheridan presentarono rapporti fortemente revisionistici, tralasciando le proprie responsabilità nella pianificazione della campagna e lasciando intendere in sottotraccia che la colpa del disastro dovesse essere ripartita unicamente tra Custer, Reno e Benteen[97]. In un rapporto al generale Sheridan, datato 27 giugno, il generale Terry riferì che il massacro si era verificato, probabilmente, «perché [Custer] quasi certamente era convinto che gli indiani fossero in fuga»[N 34][98]. A sua volta Sheridan, nel suo rapporto al generale Sherman, ritenne di dover imputare l'azione «né ad avventatezza né al desiderio di porsi in luce, ma a scarsa conoscenza della situazione e ad eccessivo coraggio»[99]. Nel settembre 1876 il presidente degli Stati Uniti Grant dichiarò al quotidiano New York Herald: «considero il Custer's massacre come un inutile sacrificio di uomini, di cui ritengo responsabile lo stesso Custer»[99]. Dinanzi alla corte che lo interrogava per valutare il suo comportamento nella battaglia del Little Big Horn, il maggiore Marcus Reno ebbe a dichiarare che «conosceva da lungo tempo il generale Custer come soldato, e non aveva stima delle sue capacità professionali»[90].
Solo più di un anno dopo, il 10 ottobre 1877, quelli che si ritenne essere i resti mortali di Custer[N 35] vennero recuperati e sepolti, con tutti gli onori militari[100], nel cimitero dell'accademia militare di West Point ove ancora oggi si trovano. Sulla tomba fu posta una statua di bronzo che, però, non essendo gradita alla vedova Elizabeth Bacon Custer, fu in seguito rimossa; oggi il luogo di sepoltura di Custer è contrassegnato da un obelisco.
I colleghi di accademia, i nativi ed i suoi militari assegnarono a Custer diversi soprannomi:
Per la moglie Elizabeth era invece "Autie", abbreviazione derivante dal modo in cui, da infante, pronunciava il suo nome Armstrong.
Una statua equestre dedicata a George Armstrong Custer, opera di Edward Clark Potter, fu eretta a Monroe nel Michigan e inaugurata dal Presidente William Howard Taft il 4 giugno 1910; dal 1992 la statua fu designata come sito storico dello Stato del Michigan e, dal 9 dicembre 1994, è stata inserita nel National Register of Historic Places come il Monumento equestre a George Armstrong Custer[102]. Un altro memoriale completo di una statua è stato eretto nella città natale di Custer, New Rumley in Ohio, ad opera della locale società storica[103]. Il parco statale di Fort Abraham Lincoln nel Dakota del Sud contiene una ricostruzione dell'alloggio occupato da Custer e dalla moglie dal 1873 al 1876[104]; gran parte delle Colline Nere è, dal 1912, ricompresa nel Custer State Park, primo e più grande parco nazionale del Dakota del Sud[105].
Sei contee in altrettanti stati portano il nome di "Contea di Custer": in Colorado, in Idaho, in Montana, in Nebraska, in Oklahoma e in Dakota del Sud. Il capoluogo della contea di Custer del Dakota del Sud è la città di Custer, costruita sulle Colline Nere nel 1875 dai minatori accorsi dopo l'esplorazione della regione ad opera del 7º Cavalleria; svariate altre township e piccoli centri abitati sono intitolati in onore di Custer in vari stati degli Stati Uniti.
La 85th Infantry Division, una divisione di fanteria dell'esercito statunitense attiva nella seconda guerra mondiale e come unità di riserva dal 1947 al 2007, portò l'appellativo di "Custer Division"[106]; la divisione aveva sede al Fort Custer Training Center, nel Michigan, uno dei più importanti centri d'addestramento militare della regione del Midwest.
Dopo la tragica fine, la figura di Custer, nonostante non fosse certo priva di ombre, fu celebrata come quella di un eroe senza macchia e senza paura dalle cronache dell'epoca a partire dai giornali, che già ne avevano fatto un simbolo durante la guerra di secessione, entrando di fatto nella mitologia assieme agli altri "eroi del selvaggio West". L'alone di mistero che aleggia attorno alla fine, sua e dei suoi uomini, al Little Big Horn ha consentito di spaziare, in modo più o meno romanzato, in numerose opere di fantasia, spesso caratterizzate da marchiane imprecisioni sullo svolgimento dei fatti.
Nell'elenco dei film viene riportato, quando noto, il nominativo dell'attore che ha interpretato il personaggio di Custer[107][108]
Il personaggio "Custer" è stato più volte interpretato in serie televisive tra le quali (tra parentesi l'attore che ha impersonato Custer):
Il personaggio "Custer" compare nei seguenti videogiochi:
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