Timeline
Chat
Prospettiva
Fibula prenestina
reperto archeologico d'oro, proveniente da Preneste (Palestrina) e conservata nel Museo Preistorico Pigorini a Roma Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Remove ads
La fibula prenestina è una spilla in oro della metà del VII secolo a.C., ritrovata a Palestrina (l'antica Praeneste, ossia Preneste), che riporta un'iscrizione in latino arcaico considerata il più antico documento scritto in lingua latina. L'autenticità dell'iscrizione è stata a lungo oggetto di dibattito - in particolare, a partire dalla seconda metà del XX secolo – fino al 2011, quando è stata accertata – tramite analisi con microscopio elettronico a scansione e microsonda elettronica – la corrispondenza delle tecniche di fabbricazione del monile con quelle di realizzazione della scritta e con l'età ipotizzata dagli archeologi.
Remove ads
La fibula è esposta al Museo delle Civiltà a Roma, ivi confluita dalle collezioni del vecchio Museo Pigorini, dove era conservata. Una sua riproduzione moderna è esposta nella collezione epigrafica del Museo nazionale romano delle Terme di Diocleziano.
Remove ads
Origine della fibula
La fibula fu presentata per la prima volta nel 1887 dall'archeologo tedesco Wolfgang Helbig (1839-1915) presso l'Istituto Archeologico Germanico di Roma, ma senza che fosse fornita alcuna indicazione circa il luogo del ritrovamento.[1] Egli sostenne di averla acquistata da un amico nel 1886, ma indicò successivamente come luogo del rinvenimento la tomba Bernardini di Palestrina (scoperta nel 1851 e scavata a partire dal 1871), dal cui corredo funebre la spilla sarebbe stata rubata.[2] L'oggetto venne quindi inserito nell'inventario dei ritrovamenti della tomba Bernardini fino al 1919, data in cui venne ritirato a causa della mancanza di certezze archeologiche sulla sua esatta provenienza e sul contesto di reperimento.
Una fibula simile - d'oro e recante un'iscrizione - venne ritrovata in Etruria a Clusium (Chiusi).[3] Altre fibule dello stesso tipo, datate tra l'VIII e il VII secolo a.C., sono state ritrovate ancora in Etruria, ma anche nel Lazio e in Campania.
Remove ads
Descrizione
La fibula è lunga 10,7 cm ed è realizzata in oro. Appartiene alla classe delle fibule "a drago", una versione evoluta e più raffinata delle fibule "ad arco serpeggiante", che nella protostoria italiana sono ornamenti tipicamente maschili. Si presenta di profilo come un elemento a più gomiti con due barrette trasversali, che si prolunga in un ago o ardiglione il cui tratto distale è contenuto in una staffa allungata (una sorta di astuccio aperto lateralmente) su cui è incisa l'iscrizione, in latino arcaico, con andamento da destra a sinistra (tecnicamente, presenta un ductus sinistrorso).

L'iscrizione, compresi gli allungamenti vocalici, si legge come di seguito:
MĀNIOS MĒD FHEFHAKĒD NVMASIŌI
E viene fatta corrispondere, "traducendola" in latino classico, a MĀNIVS MĒ FĒCIT NVMERIŌ, ossia «Manio mi ha fatto per Numerio».
Remove ads
Analisi linguistica
Riepilogo
Prospettiva
Gli argomenti linguistici a favore dell'antichità dell'iscrizione sono i seguenti:
- la redazione da destra a sinistra, dal momento che la direzione sinistrorsa è prevalente su quella destrorsa nei documenti più antichi;
- la forma arcaica delle lettere, paragonabili a quelle delle iscrizioni greche di Cuma (è bene ricordare che i primi alfabetari a cui Etruschi e Latini attinsero provenivano dalle colonie greche in Campania);
- la scrittura arcaica della consonante latina f per mezzo del digramma ‹FH› per rendere un suono plosivo fricativizzato, uso mutuato dalla tradizione etrusca (in Etruria, infatti, per trascrivere il suono /f/ veniva impiegato ‹FH› in compresenza con la variante ‹VH›, mentre il digamma ‹ϝ› veniva usato per rendere /w/, cioè la /u/ semivocalica);
- la morfologia arcaica, con il nominativo in –ŏs (con o non ancora "oscuratasi" in ŭ), il dativo in –ōi (non ancora normalizzato e "analogizzato" in -ī), il pronome personale di prima persona all'accusativo mēd (con estensione analogica della desinenza ablativale -d mutuata dai temi in -e/-o), il verbo al perfetto nella forma, di eredità indoeuropea ma non più produttiva, con raddoppiamento sillabico della consonante iniziale con inserimento della vocale media anteriore e: fhe-fhaked (oltre al relitto morfologico del raddoppiamento, in questa forma verbale si notano la non ancora avvenuta chiusura di -ă- in -ǐ per effetto della cosiddetta "apofonia latina" e la persistenza della desinenza secondaria -d tipica del tema del perfetto, non ancora cancellata per influsso analogico dalla desinenza primaria -t, che si ritroverà nel classico fēcǐt);
- l'assenza in NUMASIOI del fenomeno del rotacismo, cioè della trasformazione di -S- intervocalica in -R- monovibrante dopo una fase intermedia di sonorizzazione e affricazione di -S- in -Z- (il rotacismo, infatti, si verificò dal VI secolo a.C. fino al IV inoltrato, dopodiché cessò);
- l'assenza di "indebolimento" delle vocali nelle sillabe successive alla prima, sempre per apofonia latina non ancora innescatasi (in NUMASIOI, -A- non muta in -E- chiudendosi e cambiando timbro).
Remove ads
Dibattito sull'autenticità
Riepilogo
Prospettiva
I primi dubbi sull'autenticità dell'iscrizione furono sollevati già all'inizio del XX secolo, favoriti dalle circostanze confuse e non documentate della scoperta. Ciononostante, la fibula è stata a lungo menzionata nelle pubblicazioni su Roma antica. Nel 1977, la spilla venne esposta a Parigi in occasione di una mostra al Petit Palais sulla nascita di Roma. Il catalogo dell'esposizione ne presentava due foto e la inseriva tra gli oggetti provenienti dalla tomba Bernardini. Le foto, scattate dall'alto e dalla faccia posteriore, evitavano di mostrare la discussa iscrizione, che veniva tuttavia menzionata nei testi introduttivi al catalogo.
Nel 1980, l'epigrafista italiana Margherita Guarducci sostenne pubblicamente che non solo l'iscrizione, ma la stessa fibula fosse un falso, frutto della collaborazione tra Wolfgang Helbig e l'antiquario Francesco Martinetti.[1][4] Quella della Guarducci fu la presa di posizione più netta a sfavore dell'autenticità del monile, ma non raccolse unanimità di consensi in seno alla comunità scientifica, e il dibattito rimase aperto fino al 2011, allorquando la controversia fu risolta grazie ad un'indagine condotta da Daniela Ferro dell'Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati (Ismn) del CNR e da Edilberto Formigli, restauratore e docente presso l'Università "La Sapienza" di Roma e quella di Firenze.
L'analisi della superficie della fibula, effettuata tramite un microscopio elettronico a scansione e una microsonda elettronica con spettrometro a raggi X in dispersione di energia, ha permesso di stabilire la congruenza tra l'età ipotizzata del manufatto (cioè il VII secolo a.C.) e le tecniche orafe delle maestranze etrusche dell'epoca. Si è inoltre scoperto che la fibula era stata riparata anticamente con una lamina a foglia d'oro per nascondere una piccola frattura che si era formata nella staffa.[5]
Remove ads
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Wikiwand - on
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Remove ads