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specie di virus della famiglia Flaviviridae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il virus del Nilo occidentale (noto anche con la denominazione inglese West Nile virus, WNV) è un arbovirus della famiglia Flaviviridae, genere Flavivirus, appartiene al IV gruppo dei virus a ((+) ssRNA).[1] Di questo genere fanno parte anche il virus della febbre gialla, il virus dell'encefalite di Saint-Louis, il virus dell'encefalite di Murray Valley e il virus dell'encefalite giapponese.
Virus del Nilo occidentale | |
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Cellula infettata dal virus del Nilo occidentale | |
Classificazione dei virus | |
Dominio | Acytota |
Gruppo | Gruppo IV (virus a ssRNA+) |
Regno | Riboviria |
Sottoregno | Orthornavirae |
Phylum | Kitrinoviricota |
Classe | Flasuviricetes |
Ordine | Amarilloviricetes |
Famiglia | Flaviviridae |
Genere | Flavivirus |
Specie | West Nile Virus |
Il suo nome viene dal distretto del Nilo Occidentale (West Nile) in Uganda, dove è stato isolato per la prima volta nel 1937 in una donna che soffriva di una febbre particolarmente alta. In seguito è stato trovato negli uomini, negli uccelli e nei moscerini in Egitto negli anni cinquanta, diffondendosi infine anche in altri Paesi. La malattia ha un andamento endemico-epidemico e inizialmente risultava diffusa soprattutto in Africa (specie in Egitto), Medio Oriente, India.
Nella prima metà degli anni novanta, la malattia da virus del Nilo occidentale si verificava solo sporadicamente ed era considerata un rischio minore per l'uomo. Tuttavia nel 1994 scoppiò un focolaio epidemico in Algeria che si caratterizzò per numerosi casi di encefalite. A distanza di due anni, nel 1996 si verificò una nuova grande epidemia in Romania, anche in questo caso associata a un alto numero di casi di malattia neuroinvasiva. Dopo aver fatto la sua comparsa in Europa in anni più recenti il virus è apparso negli Stati Uniti d'America, dove la prima epidemia è stata dichiarata nello Stato di New York nel 1999.[2] Il WNV è ormai diffuso a livello mondiale, e dagli Stati Uniti si è esteso al Canada, nelle isole Caraibiche e nell'America Latina.
Oggi il virus del Nilo occidentale va considerato un patogeno endemico in Africa, Asia, Australia, Medio Oriente, Europa e Stati Uniti. Nel 2012 si è verificata una delle peggiori epidemie virali, nel corso della quale sono morte 286 persone negli Stati Uniti, con il Texas particolarmente interessato dall'infezione virale.[3] Sempre nel 2012 in Italia è stato identificato un nuovo ceppo del virus.[4]
Il virus colpisce sia gli animali, in particolare i cavalli, sia gli esseri umani. Nel focolaio epidemico del 2002 sono stati registrati 15 000 casi solo nei cavalli. L'impatto dell'infezione virale sui cavalli e nell'industria americana dell'allevamento equino è stato devastante, con un tasso di mortalità di circa il 40%.
Nelle zone temperate i casi di encefalite dovuti a questo virus si verificano generalmente tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno. Nelle altre regioni più calde il virus può trasmettersi per tutto l'anno.
In Francia la prima epidemia ha avuto luogo nel 1962 con ben cinquanta casi di encefalite, di cui dieci gravi, e, tra il 1975 e il 1980, nuovi casi umani sono stati osservati in Camargue e in Corsica.
In Italia, le zone colpite hanno riguardato soprattutto Emilia-Romagna[5] e Veneto,[6] ma dal 2008 si sono verificati casi di contagio anche in Lombardia[7] e nuovi casi di contagio si sono verificati anche nel 2013 e 2014.[8][9] A scopo precauzionale diverse AVIS locali hanno deciso di effettuare controlli sul sangue dei donatori[10]. Anche il Centro Nazionale Trapianti italiano nel 2009 ha deciso di eseguire test per la valutazione di eventuali infezioni da WNV. Il verificarsi di una risposta anticorpale in alcuni donatori provenienti dal Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Basilicata è risultata inaspettata e ha evidenziato che l'infezione da WNV è presente in diverse regioni italiane.[11] Le zone adiacenti a fiumi o bacini lacustri sono più esposte al contagio, data la loro naturale proliferazione di zanzare.[12]
La modalità principale di trasmissione del virus del Nilo occidentale è rappresentata da diverse specie di zanzare, che sono il primo vettore. Tra queste, in particolare, riveste un ruolo primario il genere Culex. Ovviamente tutti i fattori che favoriscono la proliferazione delle zanzare, come ad esempio le piogge abbondanti, le irrigazioni dei terreni agricoli o condizioni climatiche con temperature alte, determinano l'aumento dei contagi.
Gli uccelli, stanziali, migratori o domestici, giocano un ruolo cruciale nella disseminazione del virus essendo l'animale più comunemente infettato e rappresentando il primo serbatoio. Tra gli uccelli sono soprattutto i passeriformi, il più grande ordine di uccelli, a rappresentare il serbatoio naturale del virus. Gli uccelli migratori permettono invece lo spostamento del virus dall'Africa, prima zona endemica, verso altre zone temperate. Le zanzare, in particolare del genere Culex, pungendo gli uccelli migratori asportano sangue infetto, infettano se stesse e quindi ogni altro animale, uomo compreso. Il virus WNV è stato trovato in varie specie di zecche, ma la ricerca attuale suggerisce come questi animali non siano vettori importanti del virus.
Il virus infetta anche diverse altre specie di mammiferi, oltre all'uomo, ed è stato identificato in alcuni rettili, tra cui alligatori e coccodrilli,[19][20] e anche in alcuni anfibi.[21][22]
Non tutte le specie animali suscettibili di infezione da virus WNV, o gli esseri umani, sono in grado di sviluppare nel sangue concentrazioni virali sufficienti da trasmettere la malattia alle zanzare infettandole. Pertanto non tutti gli animali suscettibili possono essere considerati fattori principali di trasmissione virale.
In Italia è in vigore dal 2008 una ordinanza del Ministero della Salute che dà il via a un piano di sorveglianza straordinaria della West Nile Disease. Il virus del Nilo è stato infatti dichiarato endemico nel nostro Paese. Questa ordinanza prevede anche il coinvolgimento dei medici veterinari liberi professionisti. Con il piano di sorveglianza straordinaria si intensificano le misure straordinarie di sorveglianza "finalizzate alla cognizione dell'espansione del fenomeno". L'attenzione al fenomeno è rivolta a uccelli stanziali appartenenti a specie bersaglio (gazza, cornacchia grigia, tortora dal collare orientale), agli equidi e alla fauna culicidica (anche con posizionamento di trappole per la cattura di zanzare). La segnalazione dei casi sospetti nei cavalli è stata incoraggiata anche dalla Società Italiana dei Veterinari per Equini (SIVE), secondo le linee guida fornite dall'Istituto Zooprofilattico di Teramo.
I medici veterinari pubblici e i liberi professionisti sono tenuti alla sorveglianza sindromica nei cavalli. L'attività prevede la messa a punto e distribuzione di un questionario ai medici veterinari per individuare cavalli in cui, nel periodo di attività dei vettori, si siano manifestate sindromi neurologiche riferibili alla malattia[23].
Il periodo di incubazione della malattia, il periodo cioè tra infezione e sviluppo dei primi sintomi, va dai 2 ai 15 giorni, e circa 1 paziente su 4 (il 26%) con infezione da West Nile virus è destinato a divenire sintomatico.[24] I sintomi iniziali dell'infezione da virus del Nilo occidentale sono rappresentati dalla comparsa di febbre moderata che in genere perdura da tre a sei giorni. A essa si associa spesso un senso di malessere generalizzato, anoressia, nausea, cefalea (mal di testa), tipica sintomatologia simil influenzale.
A essa può fare seguito la comparsa di dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari),[25] artralgie, tosse, eruzioni cutanee, linfadenopatia e dispnea (difficoltà a respirare). Alcuni pazienti possono sviluppare disturbi che interessano in modo particolare l'apparato gastrointestinale. In questo caso il quadro clinico è dominato da nausea, vomito e diarrea.[26]
In meno del 15% dei casi, di solito nei soggetti anziani e in quelli più deboli, possono verificarsi gravi complicazioni neurologiche quali meningite asettica, encefalite o meningoencefalite. I sintomi più comunemente riportati da pazienti con disturbi neurologici sono: febbre elevata, marcata cefalea, estrema debolezza, paralisi flaccida, modificazione dello stato mentale con alterato stato di coscienza, confusione mentale, disorientamento, tremori, convulsioni, stupore e coma. Tra le alterazioni neurologiche sono anche state registrate atassia, disturbi di tipo extrapiramidale, anormalità dei nervi cranici, mielite, neurite ottica, poliradiculite, e crisi convulsive di tipo epilettiforme. Una minoranza di pazienti manifesta anche eruzioni maculopapulari o morbilliformi sul tronco, collo, arti superiori e inferiori.[2]
La più comune manifestazione oculare della malattia da virus del Nilo occidentale è invece rappresentata da una corioretinite multifocale.[27] Generalmente il malato si rimette spontaneamente in 3-5 giorni, ma la malattia può essere mortale, specialmente in individui anziani e immunodepressi.
Nel cavallo il periodo di incubazione varia da 3 a 15 giorni. Oltre alla manifestazione di febbre, perdita dell'appetito e depressione generalizzata, i sintomi clinici sono quasi esclusivamente neurologici: debolezza agli arti posteriori, che può andare dalla mancata coordinazione fino alla paralisi, indebolimento della vista, atassia, movimento compulsivo di spinta della testa contro le pareti del box, movimenti senza meta, crisi convulsive, disfagia, movimenti circolari, ipereccitabilità, coma.
Il 10% dei cavalli affetti da West Nile Virus sviluppa disordini a carattere neurologico legati all'encefalite. Il tasso di mortalità tra i cavalli con sintomi clinici oscilla dal 20 al 57%.
Una diagnosi certa, fondata su esami sierologici o del liquido cerebrospinale, è necessaria per escludere altre malattie con segni neurologici similari: rabbia, botulismo, mieloencefalite protozoaria equina (EPM) e altre forme di encefalite.[28][29][30]
Allo stato attuale delle conoscenze non esiste un trattamento specifico che permetta l'eradicazione dell'infezione da virus WNV. La terapia è pertanto unicamente di supporto e indirizzata ad attenuare la possibile evoluzione verso l'edema cerebrale. Nei pazienti con marcata alterazione dello stato di coscienza o in coma il trattamento è indirizzato al mantenimento delle funzioni vitali, con particolare riguardo a un'adeguata pervietà delle vie aeree. Spesso questi pazienti si trovano già ricoverati in terapia intensiva o in rianimazione e talvolta necessitano di ventilazione assistita.
Il perdurare della febbre può determinare una marcata perdita di liquidi corporei, a seguito della traspirazione insensibile: in questi casi è necessario provvedere a un'adeguata infusione per via endovenosa di fluidi (soluzione fisiologica, soluzione di Ringer lattato e altre) verificando periodicamente l'adeguatezza dell'equilibrio idro-elettrolitico. All'inizio del 2009 la Fort Dodge Animal Health ha lanciato sul mercato il primo vaccino per equini contro il WNV autorizzato in Europa.
In linea generale la prognosi è favorevole. Alcuni studi indicano che la febbre del Nilo occidentale spesso può essere più grave di quanto si pensasse in precedenza. Studi clinici eseguiti su diversi focolai epidemici recenti indicano che per alcuni pazienti ci possono volere dai due ai tre mesi per recuperare.[31][32][33][34] I pazienti che hanno sviluppato una febbre da WNV di grado lieve hanno altrettante probabilità di quelli che hanno sviluppato gravi manifestazioni neuroinvasive della malattia di accusare a lungo termine (anche a più di un anno) disturbi somatici come tremore e disfunzioni nelle abilità motorie ed esecutive.[35] Secondo alcuni studi la febbre da WNV neuroinvasiva è statisticamente associata a un aumento di rischio per una successiva insufficienza renale cronica.[36]
A livello individuale sono efficaci i mezzi di prevenzione tradizionali contro le zanzare: insetticida o spray anti-zanzare. È utile poi portare vestiti che coprano braccia e gambe. Gli insetticidi costituiscono un metodo semplice ed efficace per ridurre la popolazione di zanzare. Tuttavia, essi agiscono solo contro le zanzare adulte.
La vaccinazione può notevolmente ridurre il rischio per i cavalli di subire le complicazioni del virus della West Nile. Tale efficacia è stata dimostrata con successo negli Stati Uniti, dove il numero di casi equini riportati è diminuito di anno in anno dal picco del focolaio endemico nel 2002.
Per proteggere i cavalli dal virus l'animale deve essere vaccinato prima della stagione degli sciami di zanzare, quindi prima di essere esposto al rischio di punture. La prima vaccinazione è seguita da un richiamo dopo 3-5 settimane, dopo il quale si dovrebbe fare un richiamo annuale. L'insorgenza dell'immunità inizia tre settimane dopo la seconda vaccinazione.
È raccomandabile evitare il contatto diretto con animali morti e stare lontano da luoghi a rischio come stagni e superfici umide (sottovasi).
Studi del 2009 hanno riscontrato:
Periodo | Stato | Casi | Decessi |
---|---|---|---|
1999 | Stati Uniti | 149 | 18 |
1999 | Canada | 1 | |
2000 | Israele | 120 | 10 |
2001 | Canada | 10 | |
2002 | Stati Uniti | 4 156 | 284 |
2002 | Canada | 416 | |
2003 | Stati Uniti | 9 858 | 264 |
2003 | Canada | 1 000 | 7 |
Agosto 2003 | Francia | 7 | |
Agosto 2006 | Canada | 1 | |
Ottobre 2008 | Italia | 68 | 6 |
Settembre 2009 | Italia | 16 | 4 |
Settembre 2012 | Tunisia | 50 | 5 |
Agosto–Settembre 2013 | Serbia | 137 | 12 |
Agosto 2015 | Italia | 2 | |
Novembre 2018 | Italia | 552 | 40 |
Settembre 2018 | Croazia | 53 | 3 |
Settembre 2019 | Italia | 16 | 1 |
Settembre 2022 | Italia | 517 | 28 |
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