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Un'evocazione consiste generalmente in una pratica o un rituale per richiamare la presenza di uno spirito, un defunto, una divinità, un demone, o altri esseri soprannaturali, spesso mediante una cerimonia magica.[1]
Forme di evocazione, soprattutto a scopo divinatorio, si riscontrano in svariate religioni e tradizioni spirituali,[1][3] in genere con l'ausilio di formule, scongiuri, preghiere e gesti, prevedendo talora anche il ricorso a sostanze in grado di alterare la coscienza. A tal fine, l'evocazione dei fantasmi o delle anime dei morti è denominata specificamente negromanzia, e viene utilizzata ad esempio durante una seduta spiritica per il tramite di un medium, come avveniva nei movimenti spiritistici di fine Ottocento.[3]
Il termine ricorre anche nell'ambito della psicologia per indicare l'atto mnemonico che riporta al presente un evento passato, cioè appunto l'«evocazione» di un ricordo.[4]
Il termine, derivante dal latino ex-vocare, «chiamare fuori» (o «chiamare da»), andrebbe distinto dall'invocazione (da in-vocare, «chiamare dentro») che può essere invece considerata una vera e propria forma di preghiera espressa a un livello puramente interiore.[5]
L'evocazione, al contrario, si prefigge di stabilire un contatto esteriore, su un piano sensibile e manifesto,[6] con gli esseri soprannaturali, per cercare di farli uscire dalla loro dimensione ultraterrena e portarli ad agire sulla realtà fisica terrena e immanente.[3]
Secondo la Commissione dottrinale del Concilio Vaticano II, l'evocazione può essere definita come un procedimento per «provocare con tecniche umane una comunicazione sensibile con gli spiriti o le anime separate [dei defunti] per ottenere notizie e diversi aiuti».[7]
L'evocatio latina si svolgeva soprattutto in ambito militare, e consisteva nel richiamo o «convocazione» della divinità protettrice di una città nemica, per deviarne il favore ed esortarla a passare dalla parte romana,[1] in genere con la promessa di un culto maggiore o dell'edificazione di un tempio più sontuoso in suo onore.[8] Si poteva ricorrere a tale espediente rituale anche come minaccia in caso di assedio, o in seguito a una resa degli avversari, per attenuare il saccheggio di oggetti o immagini sacre dai santuari da parte dei soldati.[9]
Queste pratiche di evocazione, le cui formule erano conosciute e custodite solo dal collegio dei pontefici,[10] rientravano pertanto fra le testimonianze della dibattuta possibilità di assimiliazione degli Dèi stranieri nel pantheon politeista romano.[11] Un esempio di evocazione a scopi militari fu quella della dea Giunone da parte di Marco Furio Camillo durante l'assedio di Veio.[12]
Altri esempi di evocazione, detta in greco nekyia, riguardano Tiresia e la figlia Manto, le maghe Medea, Canidia, ed Eritone.[1] Al di fuori del mondo greco-romano, la Bibbia riferisce di Saul che si servì della strega di Endor per evocare il defunto Samuele, e chiedergli predizioni sullo sontro imminente con i Filistei.[13]
Particolarmente versati nell'arte dell'evocazione, secondo quanto riporta Luciano,[14] erano poi soprattutto i maghi Caldei.[1]
L'evocazione degli spiriti divenne una pratica relativamente comune nel neoplatonismo, nella teurgia e in altri sistemi esoterici della tarda antichità,[15] in cui si ricorreva ad esempio alla telestiké per indurre epifanie di entità divine o planetarie.[16][17]
Nell'esoterismo occidentale moderno furono specialmente i grimori a fornire, tra le altre indicazioni in essi contenute, una varietà di metodi di evocazione degli spiriti (ars goetia).[18] Manuali come la Chiave Maggiore di Salomone, La Magia Sacra di Abramelin il Mago e molti altri combinavano un'intensa devozione al divino con la convocazione di gruppi personali di consiglieri spirituali, esseri elementari e famigli. Sin dalla medicina medievale monastica, inoltre, venivano spesso usate le evocazioni personalizzate dei demoni delle malattie a scopi terapeutici.[19][20]
In altre culture, l'evocazione di spiriti soprannaturali, oppure di visioni chiaroveggenti,[21] gioca un ruolo preponderante nella maggior parte delle religioni primitive e in quelle animiste, che prevedono intermediari spirituali come gli sciamani, ma anche nelle religioni orientate alla magia come il Bon, talora il Taoismo o il Voodoo.[22] Nella tradizione dell'Islam ricorre il jinn quale creatura spirituale che può essere convocata oppure invitata ad allontanarsi.[23]
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