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pratica per porre fine alla vita di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'eutanasia (letteralmente buona morte, dal greco εὐθανασία, composta da εὔ-, bene, e θάνατος, morte) è il procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica.
Essa, in base alle modalità di esecuzione, si divide in varie tipologie.
Tipologia | Definizione |
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Attiva diretta | Quando il decesso è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte (per esempio sostanze tossiche). |
Attiva indiretta | Quando l'impiego di mezzi per alleviare la sofferenza (per esempio: l'uso eccessivo di morfina) causa, come effetto secondario, la diminuzione dei tempi di vita. |
Passiva | Quando è provocata dall'interruzione o dall'omissione di un trattamento medico necessario alla sopravvivenza dell'individuo (come nutrizione artificiale e idratazione artificiale); secondo molti studiosi, questa condizione, se ad agire è un medico (poiché in astratto anche i non-medici possono porre in essere atti eutanasici) che ha valutato nel complesso l'assenza di indicazione alla prosecuzione delle terapie, non esiste realmente poiché l'interruzione di terapie non più indicate rappresenta il "lasciar morire" secondo natura e non il procurare intenzionalmente la morte[1] |
Tipologia | Definizione |
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Volontaria | Quando segue la richiesta esplicita del soggetto, espressa essendo in grado di intendere e di volere oppure mediante il cosiddetto testamento biologico. |
Non-volontaria | Quando non sia il soggetto stesso ad esprimere tale volontà ma un soggetto terzo designato (come nei casi di eutanasia infantile o nei casi di disabilità mentale). |
Involontaria | Quando è praticata contro la volontà del paziente. |
Definizione |
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È definito suicidio assistito l'aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio, ma senza intervenire nella somministrazione delle sostanze. |
Oltre alle prime due pratiche, facendo riferimento in particolare al panorama legislativo italiano (nonostante siano riconosciute anche da altri paesi) si distingue l'eutanasia da altre pratiche e problematiche concernenti la fine della vita:
Pratica | Definizione |
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Terapia del dolore | Quella pratica, attuata attraverso la somministrazione di farmaci analgesici, che possa condurre il malato ad una morte prematura; non è considerata una forma di eutanasia in quanto l'intenzione del medico è alleviare le sofferenze del paziente e non procurarne la morte . |
Rifiuto dell'accanimento terapeutico | Non configurata come eutanasia, il medico, nei casi in cui la morte è imminente e inevitabile, è legittimato (in Italia sia dalla legislazione che dal proprio codice deontologico) ad interrompere o rifiutare trattamenti gravosi per il malato e sproporzionati rispetto ai risultati che è lecito attendersi. |
Libertà di cura e terapia (ex Artt. 13, 32 - Cost.) | Tale libertà è riconosciuta in particolare dall'art. 32, 2º comma, che recita: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”; In base a tale principio nessuna persona capace di intendere e di volere può essere costretta ad un trattamento sanitario anche se indispensabile alla sopravvivenza. |
Cessazione delle cure post-mortem | Non si può definire eutanasia la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte, in particolare dopo la diagnosi di morte cerebrale. |
Le cure palliative risentono fortemente di una legislazione dove l'eutanasia è legalizzata.[2]
In un recente studio canadese [3] sono emerse infatti una serie di criticità. Tutti i medici coinvolti hanno parlato di un conflitto tra il mantenimento dei requisiti che rendono possibile l'accesso alla morte assistita (fra cui la condizione di provare sofferenze fisiche o mentali ritenute insopportabili) e un controllo efficace dei sintomi: i medici si sono trovati a sospendere l’uso di farmaci che avrebbero potuto alleviare il dolore, ma che avrebbero fatto perdere l’idoneità all'eutanasia. Molti medici hanno sottolineato il dilemma etico di presentare la morte assistita a pazienti che non l’hanno richiesta, che in questo modo possono sentirsi spinti a domandarla. Un gran numero di operatori di cure palliative ha confermato il forte impatto causato in loro dall’introduzione di questa legislazione che stravolge il rapporto medico-paziente, descrivendo come i pazienti pensino, a torto, che le cure palliative includano la morte assistita. I medici concordano nel ritenere che tale normativa indirizzi verso l’eutanasia risorse che altrimenti sarebbero destinate alle cure palliative.
«...se qualcuno non solo è incurabile ma anche oppresso da continue sofferenze, i sacerdoti e i magistrati, poiché non è più in grado di rendersi utile e la sua esistenza, gravosa per gli altri, è per lui solo fonte di dolore (e quindi non fa che sopravvivere alla propria morte), lo esortano a non prolungare quel male pestilenziale... In questo modo li convincono a porre fine alla propria vita digiunando o facendosi addormentare, così da non accorgersi nemmeno di morire. Ma non obbligano comunque nessuno ad uccidersi contro la propria volontà, né gli rivolgono meno cure... Chi invece si toglie la vita senza aver ricevuto prima il permesso dei magistrati e dei sacerdoti è considerato indegno.[4]»
In passato sotto la definizione di "eutanasia" ricadevano anche azioni od omissioni ritenute, anche oggi, giuridicamente ed eticamente ammissibili, come la rinuncia all'accanimento terapeutico e il ricorso alle cure palliative.[5]
In particolare, l'eutanasia passiva (od omissiva) comprendeva − in passato − differenti tipologie di azioni:
L'eutanasia indiretta corrispondeva, invece, al ricorso alle cure palliative, che possono comprendere l'uso di analgesici e sedativi in quantità tali da comportare − come effetto secondario e non desiderato − l'accorciamento della vita del paziente.
Il filosofo inglese Francis Bacon introdusse il termine "eutanasia" nelle lingue moderne occidentali nel saggio Progresso della conoscenza (Of the Proficience and Advancement of Learning, 1605)[6]. In questo testo, Bacon invitava i medici a non abbandonare i malati inguaribili, e ad aiutarli a soffrire il meno possibile. Non vi era però, nell'idea di Bacon, il concetto esplicito di dare la morte. Allo stesso termine "eutanasia" Bacon attribuiva solo il significato etimologico di "buona morte" (morte non dolorosa); lo scopo del medico doveva essere quello di far sì che la morte (comunque sopraggiunta in modo "naturale") fosse non dolorosa.
Il termine iniziò ad avere corso comune a partire dalla fine del XIX secolo, a indicare un intervento medico tendente a porre fine alle sofferenze di una persona malata. In tale periodo emerse esplicitamente il concetto di "uccisione per pietà" (talora - anche se non sempre - identificabile con la fattispecie dell'omicidio del consenziente) come pratica non riprovevole in linea di principio.
La questione della correttezza morale della somministrazione della morte è un tema controverso fin dagli albori della medicina. Nel Giuramento di Ippocrate (circa 420 a.C.) si legge: Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. D'altra parte, nel mondo classico, in determinate condizioni, il suicidio (e l'assistenza allo stesso) era spesso considerato con rispetto. Simili indicazioni etiche e deontologiche si possono rintracciare nel primo corpus legislativo della storia, il Codice di Hammurabi. Nell'Antico Testamento viene citato il caso di un suicidio assistito: quello di Saul (2 Samuele 1,6-10[7]): un soldato uccide Saul su sua richiesta; ma David in seguito condanna quel soldato a morte per omicidio. Le correnti di pensiero nell'ambito della filosofia morale più diffuse in epoca classica pre-cristiana, cioè l'epicureismo e lo stoicismo, consideravano il suicidio in linea di massima come un atto eticamente accettabile e degno di rispetto, in determinati contesti, senza trattare l'eutanasia medica come tipologia specifica. Un esempio di suicidio citato tra quelli ritenuti ammirevoli era quello di Seneca, assistito dal proprio medico e dai servitori, anche se in realtà fu condannato al suicidio da Nerone, come forma di condanna a morte "onorevole".[8] Comunque, dipendeva molto dalle idee dell'imperatore regnante o dalla sua simpatia per colui che aveva effettuato l'eutanasia: ad esempio Domiziano condannò il ricco liberto Tiberio Claudio Epafrodito per aver aiutato Nerone a suicidarsi[9], mentre lecito, in passato, era stato considerato l'aiuto per compiere l'atto dato a Marco Giunio Bruto o Gaio Sempronio Gracco. Fino all'epoca moderna in Africa presso i Dinka, i sommi sacerdoti giunti alla vecchiaia decidevano il giorno della loro morte nel quale venivano uccisi con un rito su loro esplicita richiesta, da tutta la comunità[10].
Il programma eugenetico nazista Aktion T4 fu anche chiamato «programma eutanasia», espressione che venne utilizzata allora da molti di coloro che erano coinvolti in quest'operazione, ma non può essere considerata a tutti gli effetti eutanasia: non prevedeva infatti il consenso dei pazienti, ma la soppressione contro la loro volontà. Il programma non era poi motivato da preoccupazione per il benessere dell'ammalato, come il desiderio di liberarlo dalla sofferenza, l'Aktion T4 veniva invece portato avanti principalmente a scopo eugenetico, per migliorare la «igiene razziale» secondo l'ottica dell'ideologia nazista allora imperante. Mirava inoltre a diminuire le spese sanitarie ed assistenziali statali, considerando che le priorità economiche erano rivolte ad altre voci come il riarmo militare. Il programma fu definito dai contemporanei come una «eutanasia sociale».[11] A fronte di una grande opposizione interna il programma fu ufficialmente abbandonato nell'estate del 1941.
L'idea di ricorrere all'eugenetica si ripropose già all'inizio dell'anno successivo, con l'insuccesso dell'Operazione Barbarossa, questa volta in un contesto militare. Le notevoli difficoltà che la Wehrmacht incontrava durante la campagna sul fronte orientale indusse i comandi a prevedere dei «gruppi di eutanasia» il cui compito era «aiutare i soldati feriti». Anche su questo programma i vertici nazisti cercarono di stendere il velo della segretezza. Nelle ultime fasi del Terzo Reich testimonianze dirette riportano addirittura, che nella propaganda fosse prevista una sorta di eutanasia di stato, chiamata dai burocrati del regime «morte indolore mediante gas», da preferirsi nettamente al cadere in mano sovietica.[12] Nel 2023 la rivista The Lancet ha istituito una commissione speciale dedicata alla medicina e i medici durante la seconda guerra mondiale e l'Olocausto[13].
In Unione Sovietica, a partire dalla promulgazione del codice penale del 1922, l'eutanasia e il suicidio assistito erano leciti e depenalizzati, se richiesti esplicitamente da una persona sofferente.[14]
Negli Stati Uniti fece scalpore il caso di Terri Schiavo, in stato vegetativo persistente (PVS) dal 1990, al cui marito Michael la corte suprema dello Stato della Florida diede nel 2005 il permesso di sospendere l'alimentazione forzata. Anche in quel caso si discusse sulla correttezza dell'uso del termine eutanasia. La sospensione della terapia in casi di coma irreversibile o PVS è prassi normale negli Stati Uniti: il caso nacque perché i genitori di Terri si erano sempre opposti alla richiesta del genero, imputandola solo al suo desiderio di liberarsi della moglie. Terri divenne, suo malgrado, oggetto di battaglia ideologico-politica tra i sostenitori e gli oppositori dell'eutanasia. L'esame autoptico praticato sulla donna dopo la sua morte appurò che il cervello di Terri Schiavo pesava circa la metà di quello di una donna in salute della stessa età, che gran parte delle cellule era irrimediabilmente distrutta o danneggiata, e che essa era totalmente incapace di percepire alcun senso, tanto meno sentire o vedere.
Anche in Italia alcuni casi hanno acceso un forte dibattito sul tema dell'eutanasia. Quello di Eluana Englaro è uno dei più noti. La giovane donna, a seguito di un grave incidente stradale avvenuto nel 1992, rimase in stato vegetativo persistente fino alla sua morte, sopraggiunta nel 2009 a seguito dell'interruzione della nutrizione artificiale.[15][16] Il dibattito sull'eutanasia si è riproposto, alla fine del 2006, quando il citato Piergiorgio Welby ha chiesto che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in vita. Welby è morto il 20 dicembre 2006 per insufficienza respiratoria sopravvenuta a seguito del distacco del respiratore a opera del medico anestesista.[17]
L'eutanasia è oggetto di vivo dibattito e al centro di accese controversie in ambito morale, religioso, legislativo, scientifico, filosofico, politico ed etico.
Una prima distinzione di massima si può tracciare tra le seguenti posizioni[19]
Diverse religioni hanno preso posizione riguardo all'eutanasia, sebbene le posizioni siano divergenti o talora diametralmente opposte.
La Chiesa cattolica è contraria ad ogni forma d'eutanasia, attiva o omissiva, mentre incoraggia il ricorso alle cure palliative e ritiene moralmente accettabile l'uso di analgesici, per trattare il dolore, anche qualora comportino − come effetto secondario e non desiderato − l'accorciamento della vita del paziente. Consente invece di sospendere, dietro richiesta del paziente, procedure mediche che risultino onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi; vale a dire che configurino accanimento terapeutico. Tale posizione è confermata nei paragrafi 2277, 2278 e 2279 del Catechismo.[21] La Chiesa insegna inoltre che le cure che d'ordinario sono dovute all'ammalato, come l'idratazione e la nutrizione artificiale, non possono essere sospese qualora si preveda come conseguenza la morte del paziente per fame e per sete. Si configurerebbe, in questo caso, una vera e propria eutanasia per omissione.[22]
Le Chiese riformate, anche a causa della loro particolare struttura gerarchica, hanno spesso posizioni interne più variegate ed elastiche[23].
Nell'Islam, ad Allah è attribuito l'epiteto in arabo di Al-MuhyÎ (o Al-Mumìt), che significa "Colui che fa vivere o morire"[24] (Signore della vita e della morte). In base alla Sura IV-an Nisâ, v. 29[24], l'Islam proibisce esplicitamente il suicidio ed in particolare l'eutanasia, vietando parimenti l'omicidio, che è considerato alla stregua di un "suicidio spirituale" da parte del peccatore, che con la propria condotta determina la sua dannazione eterna.
Il movimento per la difesa dei diritti dei disabili ha fin dalla sua nascita negli Stati Uniti agli inizi degli anni 70 contrastato la legalizzazione dell'eutanasia[25] Sulla sua scia organizzazioni di disabili espressamente dedite a contrastare culturalmente e politicamente l'eutanasia sono nate durante gli anni 90. È il caso della statunitense Not Dead Yet e di Care Not Killing[26], una rete di oltre 40 associazioni inglesi. Posizioni analoghe sono sostenute da associazioni di disabili svedesi[27] e australiane[28]. Alla base del rifiuto c'è la considerazione che le motivazioni che spingono una persona all'eutanasia potrebbero essere legate più al loro status e condizione sociale che alla loro sofferenza e condizione fisica. In questo senso l'influenza negativa sulla qualità di vita della propria famiglia impegnata economicamente e personalmente nell'accudimento, lo status negativo riservato agli elementi non produttivi dalle culture occidentali e i diffusi e persistenti pregiudizi sociali potrebbero essere considerazioni sufficienti a dettare la scelta suicidaria.[27]
Nazione | Metodo di Legalizzazione | Data dell’entrata in vigore | |
---|---|---|---|
1 | Paesi Bassi | Approvata dagli Stati Generali dei Paesi Bassi. | 1 aprile 2002 |
2 | Belgio | Approvata dal Parlamento federale del Belgio. | 28 maggio 2002 |
3 | Lussemburgo | Approvata dalla Camera dei deputati. | 19 marzo 2009 |
4 | Colombia | Sentenza della Corte Costituzionale della Colombia. | 15 dicembre 2014 |
5 | Canada | Approvata dal Parlamento del Canada. | 17 giugno 2016 |
6 | Spagna | Approvata dalle Corti Generali. | 25 giugno 2021 |
7 | Nuova Zelanda | Approvata dal Parlamento della Nuova Zelanda e approvata dai cittadini in un referendum. | 6 novembre 2021 |
8 | Portogallo | Approvata dall’Assemblea della Repubblica, è in attesa di essere firmata dal Presidente e dunque non è stata definita una data per l’entrata in vigore. Tre disegni di legge precedentemente approvati, tuttavia, sono stati nullificati, uno dalla Corte Costituzionale del Portogallo, gli altri due dal mancato raggiungimento del quorum parlamentare per il superamento del veto presidenziale. | da definire |
In caso di eutanasia passiva, devono essere soddisfatte tre condizioni:
Per l'eutanasia attiva, devono essere soddisfatte quattro condizioni:
I problemi che ne sono scaturiti, oltre al problema affrontato da molte altre famiglie del Paese, hanno portato alla creazione di "squadre SWAT di bioetica". Queste squadre saranno messe a disposizione delle famiglie dei malati terminali per aiutarle, insieme ai medici, a prendere una decisione sulla base dei fatti personali del caso. Sebbene nelle sue fasi iniziali e facendo affidamento su "sussidi del Ministero della Salute, del Lavoro e della sicurezza sociale", ci sono piani per creare un'organizzazione senza scopo di lucro per "consentire a questo sforzo di continuare".
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