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squadra di pallacanestro della NBA Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
I Los Angeles Clippers sono una franchigia di basket professionista con sede a Los Angeles, California. I Clippers competono nella National Basketball Association (NBA) e fanno parte della Pacific Division della Western Conference. I Clippers giocano le loro partite casalinghe presso la Crypto.com Arena, arena che dividono con i rivali NBA dei Los Angeles Lakers, con le Los Angeles Sparks (WNBA) e con i Los Angeles Kings della National Hockey League (NHL).
Los Angeles Clippers Pallacanestro | |
---|---|
Campione della NBA Pacific Division | |
«Clips, I Velieri, Lob City» | |
Segni distintivi | |
Uniformi di gara | |
Colori sociali | Rosso, blu, bianco[1][2] |
Dati societari | |
Città | Los Angeles (CA) |
Nazione | Stati Uniti |
Campionato | NBA |
Conference | Western Conference |
Division | Pacific Division |
Fondazione | 1970 |
Denominazione | Buffalo Braves 1970-1978 San Diego Clippers 1978-1984 Los Angeles Clippers 1984-presente |
Proprietario | Steve Ballmer |
Presidente | Lawrence Frank |
General manager | Trent Redden |
Allenatore | Tyronn Lue |
Impianto | Intuit Dome (18,000 posti) |
Sito web | www.nba.com/clippers |
Palmarès | |
Titoli NBA | 0 |
Titoli di conference | 0 |
Titoli di division | 3 |
Stagione in corso |
La franchigia fu fondata nel 1970 con il nome di Buffalo Braves, una delle tre squadre di espansione unitesi alla NBA quell'anno. Successivamente i Braves si trasferirono da Buffalo (Stato di New York) a San Diego, in California nel 1978 dove presero il nome di San Diego Clippers.
Nel 1984, i Clippers si trasferirono a Los Angeles dove "alloggiano" anche attualmente. Per gran parte della propria storia i Clippers sono stati etichettati come un modello di franchigia perdente nello sport professionistico americano anche sfavoriti dalla coabitazione con i ben più titolati Los Angeles Lakers con cui condividono l'arena di gioco dal 1999.
Tuttavia nel corso degli ultimi anni le sorti dei Clippers sembrano essere cambiate radicalmente anche grazie all'acquisizione di giocatori divenuti di fama mondiale come Blake Griffin, Paul George, Kawhi Leonard e il fortissimo play proveniente da New Orleans Chris Paul. Nel 2013 e nel 2014 infatti la franchigia ha conquistato i suoi primi titoli di divisione accedendo per la nona e decima volta nella propria storia ai playoff e producendo un record stagionale migliore rispetto ai "cugini" dei Lakers (cosa accaduta solo 10 volte su 39 stagioni dal trasferimento a Los Angeles).
Nati come Buffalo Braves, giocarono la loro prima stagione NBA nel 1970, un anno che vide l'aggiunta anche di altre due squadre, i Cleveland Cavaliers e i Portland Trail Blazers. I Braves, nelle loro otto stagioni a Buffalo, giocarono le loro partite interne al Buffalo Memorial Auditorium, condividendo l'arena con un'altra nuova franchigia, i Buffalo Sabres della NHL, che pure debuttarono nel 1970. Allenati dall'ex-stella Dolph Schayes, l'expansion draft permise ai Braves di prelevare le prime due stelle della loro storia, l'ala-centro Bob Kauffman dai Chicago Bulls, e l'ala piccola Don May dai New York Knicks campioni in carica. Curiosamente, già al primo Draft partirono con un passo falso: ebbero l'opportunità di scegliere una delle future star degli anni '70, Calvin Murphy, considerato tra l'altro come un idolo di casa (proveniva dalla Niagara University, anch'essa nello stato di New York come Buffalo), ma preferirono il poco incisivo John Hummer, selezionato con la 15ª chiamata. L'anno si concluse con un record di 22 vittorie e 60 sconfitte, con Kauffman a fare da leader sia nei punti (20,4 a partita) sia nei rimbalzi (10,7 a partita), guadagnandosi un posto nell'All-Star Team della Eastern Conference. Solo l'anno precedente, con i Bulls, segnò appena 4.3 punti di media. Senza stravolgere l'assetto con particolari mosse di mercato, i risultati si confermarono anche nella stagione seguente (22-60), in cui scelsero nel Draft Elmore Smith e Randy Smith; quest'ultimo divenne una vera bandiera per i Braves/Clippers, giocando ininterrottamente fino al suo passaggio ai Cleveland Cavaliers nel 1979, stabilendo l'impressionante record di 906 gare consecutive, battuto dal solo A.C. Green alla fine degli anni '90.
Stessa sorte nel campionato 1972-73, conclusosi con una vittoria in meno, ma con un grosso colpo: Bob McAdoo, 2ª scelta del Draft 1972 e Rookie dell'anno a fine stagione. Solo dall'anno dopo i Braves gustarono i primi risultati soddisfacenti, con il loro debutto ai play-off, eliminati al primo turno dai Boston Celtics. A un McAdoo devastante, si aggiunse un altro Rookie of the year, Ernie DiGregorio (3° scelta al Draft), e Jack Ramsay in panchina come allenatore. Con McAdoo in piena forma, nominato MVP della stagione nel 1975 (34,5 punti, 14,1 rimbalzi e 2,12 stoppate a gara), la squadra continuò a presentarsi ai playoff fino al 1976, gli ultimi nella città di Buffalo.
Durante l'estate del 1976, il proprietario dei Braves, Paul Snyder, cercò di vendere la franchigia ai signori Irving Corwan, fallendo però il tentativo che avrebbe trasferito la squadra in California, a Hollywood. Durante la stagione 1976-77 riuscì a cedere la società all'uomo d'affari John Y. Brown Jr., vendendone il 50% in estate e la restante parte a campionato in corso, con un patto: durante questo periodo di transizione, se Brown avesse venduto un qualsiasi giocatore, il suo costo di contratto si sarebbe dovuto ridurre e il denaro sarebbe spettato a Snyder. Così avvenne proprio quando McAdoo venne ceduto ai New York Knicks.
Altro fortunato Draft nel 1976, quando chiamarono con la 6ª scelta assoluta Adrian Dantley, destinato a diventare una delle stelle della NBA e vincitore del premio di Rookie dell'anno. I Braves, tuttavia, cedettero Dantley agli Indiana Pacers dopo una sola stagione. L'anno, curiosamente, iniziò anche con un clamoroso errore di mercato: ottennero il debuttante Moses Malone, scelto dai Portland Trail Blazers, ma dopo appena due gare (in cui giocò soltanto 6 minuti complessivi e senza segnare nemmeno un punto), venne subito ceduto agli Houston Rockets, con cui vincerà il primo dei suoi tre titoli di miglior giocatore della stagione appena due anni dopo. Con la cessione della loro superstar e la svista su Malone, il tormentato campionato si concluse con un mediocre record di 30 vittorie e 52 sconfitte, destinato a peggiorare in un 27-55 nella stagione seguente, l'ultima prima del trasferimento.
Il neo-proprietario Brown, infatti, trattò con il californiano Irv Levin che possedeva i Boston Celtics per un vero e proprio scambio di franchigie: Brown avrebbe gestito i Celtics, mentre Levin sarebbe divenuto proprietario dei Braves. Levin volle realizzare il sogno di avere una franchigia nella sua California, proponendo subito il trasferimento della squadra sulla costa pacifica. Alla fine della stagione 1977-78, i proprietari degli altri team NBA votarono per la ricollocazione, con 21 a favore e solo uno contro, dando il via libera ai Braves verso San Diego, dove avrebbero cambiato anche nome in Clippers.
Nel 1978-79, l'esperto Randy Smith fu affiancato dalla guardia Lloyd Free, appena acquistato dai Philadelphia 76ers che concluse al secondo posto nella classifica dei marcatori (28,8 punti di media) dietro George Gervin dei San Antonio Spurs. Con Gene Shue in panchina, i Clippers mancarono di un soffio la qualificazione ai playoff, nonostante conclusero la regular season con oltre il 50% di vittorie, un buon 43-39. Dopo la beffa per aver mancato la post-season, i Clippers non riusciranno più a concludere con un record positivo durante la loro permanenza a San Diego.
Nel 1979, i rosso-blu misero sotto contratto il forte centro Bill Walton, svincolatosi dai Trail Blazers. I 211 centimetri di Walton avrebbero potuto essere una pedina importante per i Clippers, ma il pivot giocò pochissimo e con difficoltà, saltando in seguito interi campionati per i postumi di una vecchia frattura a un piede. Free continuò a essere il miglior marcatore della squadra, con un eccellente media di 30,2 punti nella stagione 1979-80, per poi essere ceduto ai Golden State Warriors in cambio della guardia Phil Smith.
Levin, intanto, continuò a contrattare per i suoi Clippers, cedendola alla fine per 20 milioni di dollari a Donald Sterling nel 1982. Alle mediocri prestazioni del team conseguì lo scarso interesse da parte dei tifosi, con la San Diego Sports Arena quasi sempre deserta, cosa che convinse Sterling a un cambio di "casa" della squadra, portandola nella vicina Los Angeles, sua città natale, nel 1984.
Con i Lakers al Forum, i Clippers si spostarono a Los Angeles giocando nella Los Angeles Memorial Sports Arena. I risultati continuarono a essere molto deludenti, culminando con un catastrofico record di 12-70 nella stagione 1986-87, all'epoca secondo peggior record di sempre in NBA dopo il 9-73 dei Philadelphia 76ers nel 1972-73. I rosso-blu cercarono di risollevarsi grazie a buone scelte nei successivi Draft: nel 1987, con la 4ª scelta selezionarono la talentuosa ala piccola Reggie Williams e con la 19ª ingaggiano l'altra ala Ken Norman; l'anno seguente ebbero la prima scelta assoluta, che utilizzarono per l'ottimo Danny Manning, oltre a ricevere Charles Smith, 3ª scelta di Philadelphia ma subito girato ai Clippers. Il team, però, continuava a restare ultimo nella Pacific Division, sfiorando appena il 25% di vittorie.
Nel 1989 scelsero con il numero 2 Danny Ferry, che dopo aver fatto scintille con l'università di Duke (che ritirò persino la sua maglia numero 35), si rivelò una grossa delusione in NBA. Si rifiutò di giocare con Los Angeles, perché troppo perdenti, e accettò di giocare in Italia per un anno con Il Messaggero Roma, mentre il suo contratto NBA era stato nel frattempo ceduto ai Cleveland Cavaliers insieme a Reggie Williams per la guardia Ron Harper, uno dei migliori realizzatori della NBA.
Proprio con l'arrivo del promettente Harper, la percentuale di vittorie restò ancora bassa ed erano ancora impensabili i playoff, ma almeno Los Angeles non era più la squadra-materasso di metà anni '80, mostrando lenti segni di miglioramento (30-52 nel 1989-90 e una vittoria in più l'anno seguente). Nel 1991-92, con l'arrivo di Larry Brown in panchina, i Clippers raggiunsero finalmente i loro primi playoff con l'attuale nome, con un record di 45 vittorie e 37 sconfitte, superiore anche a quello dei rivali Lakers. Playoff ripetuti anche l'anno seguente, con un record di 41-41 e con Manning a capeggiare la squadra con 22,8 punti a gara e conclusi di nuovo al primo turno.
Lo stato di grazia ebbe un rapido stop nella stagione 1993-94, con l'addio di Larry Brown diretto ad allenare gli Indiana Pacers. Manning, che stava viaggiando a 23,7 punti di media ed era reduce dal suo secondo All Star Game consecutivo, venne ceduto il 24 febbraio 1994 agli Atlanta Hawks in cambio del veterano Dominique Wilkins, che riuscì a portare ancora più punti (ben 29,1 di media) e rimbalzi (7 di media). Il nuovo coach Bob Weiss e l'esperienza di Wilkins non riuscirono a portare i rosso-blu oltre le 27 vittorie stagionali. Con la contemporanea debacle dei Lakers, fu la peggiore stagione per la città di Los Angeles, con un record complessivo di 60 vittorie e ben 104 sconfitte.
Con Wilkins e Harper divenuti free agent e l'arrivo come coach di Bill Fitch, la leadership della squadra venne retta dall'ala Loy Vaught e dalla matricola Lamond Murray, 7ª scelta del Draft del 1994, che nulla poterono per evitare il peggior record della lega, solo 17 vittorie. Nel 1995, con la seconda chiamata, scelgono Antonio McDyess, subito ceduto ai Denver Nuggets in cambio di Brent Barry, figlio di Rick Barry e dotato di buonissime doti atletiche, e di Rodney Rogers. Senza notevoli cambiamenti nel roster, Los Angeles riuscì a raggiungere i playoff nel 1996-97, pur concludendo con un record negativo (43.9%), spazzati subito via al primo turno dai potentissimi Utah Jazz in tre partite.
Gli anni seguenti furono puro oblio, con la squadra che a malapena raggiunse il 20% di vittorie e una prima scelta sprecata nel 1998, quando selezionarono il centro nigeriano Michael Olowokandi[3], giudicato come la peggior prima scelta di tutto il decennio. Nel 1999, la squadra si trasferì insieme ai Lakers e ai Kings della NHL al nuovo Staples Center, e si rifece del clamoroso errore del Draft precedente, scegliendo con la 4ª chiamata Lamar Odom, promettente ala dal rimbalzo facile proveniente dalla Rhode Island University, anche se i risultati in campionato continuarono a essere disastrosi.
Nel 2000 iniziò una serie di cambiamenti, che portò in rosso-blu la guardia-ala Corey Maggette e il playmaker Keyon Dooling dagli Orlando Magic, oltre alla 3ª e la 18ª scelta del Draft, rispettivamente il giovanissimo Darius Miles e la guardia Quentin Richardson. In quell'anno, Maggette partecipò alla gara delle schiacciate durante l'All Star Game Weekend. Nel Draft seguente, con la 2ª scelta chiamarono Tyson Chandler scambiandolo subito insieme a Brian Skinner ai Chicago Bulls per la loro stella Elton Brand. Brand divenne immediatamente il punto di riferimento del team, guadagnandosi anche il suo primo All Star Game nel 2002. La squadra poté seriamente pensare di puntare alla post-season, che sfumò per un clamoroso crollo nel finale della regular season, con 13 sconfitte nelle ultime 16 gare, che li relegò in decima posizione nella Western Conference con un record di 39-43.
Il 2002-03 sembrava sperare bene per i Clippers, con l'ottima coppia Odom-Brand, i cenni di miglioramento di Olowokandi e l'arrivo del play Andre Miller, fresco vincitore della classifica degli assist. Fu invece una profonda delusione, con appena 27 vittorie. Stessa sorte l'anno seguente, che vide Mike Dunleavy come coach, con una sola vittoria in più, complici anche le partenze di giocatori chiave come Miller e Odom divenuti free agent. Ciò nonostante, il trio Brand-Maggette-Richardson assicurava quasi 60 punti complessivi in ogni gara.
Al Draft del 2004, i Clippers scambiano la loro 2ª scelta con la 4ª dei neonati Charlotte Bobcats chiamando Shaun Livingston, proveniente direttamente dall'high school; la squadra mostrò timidi miglioramenti concludendo con 37 vittorie finali, 3 in più dei Lakers, vice-campioni NBA subito decaduti dopo la dipartita di Shaquille O'Neal, finendo così davanti ai "cugini" giallo-viola per la prima volta dal 1993. Da citare il premio rivelazione dell'anno assegnato a Bobby Simmons.
L'estate del 2005 portò altri cambiamenti, come l'arrivo dai Minnesota Timberwolves del play Sam Cassell. Il campionato si rivelò nettamente proficuo per la franchigia, con un Brand stellare alla sua migliore stagione di sempre (con tanto di seconda partecipazione all'All Star Game). La squadra viaggiò con alte prestazioni per tutto l'anno, anche grazie al solito Maggette e ai notevoli progressi del centro Chris Kaman soprattutto a rimbalzo. L'arrivo dall'ala Vladimir Radmanović, specialista nel tiro dalla lunga distanza, fu un ulteriore aiuto. Il 2005-06 si concluse con un ottimo risultato di 47-35 (57,3%), il migliore della loro storia dopo aver lasciato Buffalo. Brand venne incluso nel Secondo miglior quintetto NBA e si aggiudicò lo Sportmanship Award come premio alla sua sportività, mentre Elgin Baylor fu nominato General Manager dell'anno. Giunti sesti nella Western Conference, ancora una volta davanti ai Lakers, affrontarono al primo turno dei playoff i Denver Nuggets di Carmelo Anthony, che batterono 4 a 1. Alle semifinali di conference (mai avevano raggiunto questo livello), incontrarono i Phoenix Suns, che, dopo una serie combattutissima, ebbero la meglio alla settima e ultima partita.
Nel 2006, non ebbero nessuna scelta nel primo giro dei Draft, avendola utilizzata in vecchi scambi di mercato. Prolungarono di due anni il contratto di Cassell, ritenuto uno dei protagonisti del successo appena vissuto, e ingaggiarono i free agent Tim Thomas e Aaron Williams. Purtroppo, diversi infortuni che afflissero Kaman, Cassell, Thomas e soprattutto Livingston impedirono una nuova stagione positiva. In particolare, Livingston subì un pesantissimo danno ai legamenti del ginocchio sinistro durante una gara in casa con i Charlotte Bobcats nel febbraio del 2007, saltando l'intero campionato successivo e compromettendo così la sua carriera[4]. Los Angeles cercò di ridurre al minimo i danni, e sfiorò i playoff per appena due vittorie mancanti con un record di 40-42.
Il 2007-08 iniziò peggio di com'era finito il campionato precedente, con Brand vittima di una lesione al tendine d'Achille sinistro che lo tenne fuori per buona parte della stagione. A tenere le redini del team furono Maggette (22,1 punti di media) e Chris Kaman, protagonista di un notevole exploit con 15,7 punti e ben 12,7 rimbalzi a gara. Assolutamente negativo il record finale di 23 vittorie e ben 59 sconfitte.
Con la 7ª scelta al Draft 2008 ingaggiarono Eric Gordon, abile guardia proveniente dalla Indiana University[5]. Nel tentativo di sopperire alle partenze dei suoi migliori giocatori, i Clippers si dimostrarono estremamente attivi nel mercato estivo. Brand e Maggette passarono rispettivamente a Philadelphia 76ers e Golden State Warriors, ma i Clippers li sostituirono prontamente mettendo sotto contratto uno tra i free agent più appetibili in circolazione, il playmaker Baron Davis, uomo da 20 punti e 8 assist a gara, che aveva lasciato proprio i Warriors e avrebbe così giocato nella sua Los Angeles[6]. Per sostituire Brand venne invece ingaggiato Marcus Camby dai Denver Nuggets, ala-centro tra i migliori difensori in circolazione[7]; vennero inoltre ingaggiate le guardie Ricky Davis[8] e Jason Williams[9], entrambi dai Miami Heat (Williams non giocò mai, annunciando il suo ritiro a settembre). I Clippers vantavano un quintetto di tutto rispetto, con Davis e il giovane Gordon potenzialmente tra le migliori coppie di "piccoli" di tutta l'NBA, e con le "torri" Kaman-Camby a garantire 20 rimbalzi a gara.
Poco prima dell'inizio del campionato, i Clippers annunciarono che coach Dunleavy avrebbe ricoperto anche la posizione di General Manager al posto di Baylor.[10] A novembre, un nuovo scambio di mercato: Tim Thomas e Cuttino Mobley ai New York Knicks in cambio dell'ala forte Zach Randolph, all'apice della sua carriera e avrebbe potenziato ancora di più il settore offensivo e il gioco sotto i tabelloni. Mobley non ha mai vestito la maglia dei Knicks, annunciando il suo improvviso ritiro subito dopo lo scambio a causa di un pericoloso disturbo al cuore, la cardiomiopatia ipertrofica[11]. Nonostante una squadra di assoluto rispetto, la stagione è terminata con un record di 19-63.
Al Draft del 2009 arriva una nuova prima scelta assoluta, con cui viene chiamato Blake Griffin, ala di 2,08 proveniente dalla University of Oklahoma e vincitore del Naismith Award come giocatore dell'anno nell'NCAA. Con il settore ali stracolmo, per far posto a Griffin, viene ceduto Randolph ai Memphis Grizzlies per Quentin Richardson, girato a sua volta ai Minnesota Timberwolves in cambio di Sebastian Telfair, Mark Madsen e Craig Smith. Griffin, che ha un fratello di nome Taylor scelto nello stesso Draft dai Phoenix Suns, parte bene in pre-season, segnando quasi 14 punti e con oltre 8 rimbalzi a gara, ma subisce un grave infortunio al ginocchio poco prima dell'inizio del campionato che lo terrà fuori per l'intera stagione, rimandando il suo debutto da rookie al 2010-2011.[12].
Con Griffin inutilizzabile e Davis in leggero calo, è Chris Kaman a prendere in mano la squadra. Il centro (6ª scelta del 2003, immediatamente dietro stelle come LeBron James, Carmelo Anthony, Dwyane Wade e Chris Bosh e per questo considerato a lungo come una promessa mancata) si rivela a sorpresa tra i migliori nel suo ruolo, guidando i Clippers con 18,5 punti e 9,3 rimbalzi a gara e guadagnandosi la prima convocazione all'All Star Game. Camby continua il suo lavoro di rimbalzista di lusso e Gordon aggiunge altri punti importanti. Nel febbraio 2010, Mike Dunleavy lascia il ruolo di head coach a Kim Hughes per concentrarsi esclusivamente al management e, dopo l'All-Star Game di Dallas, i rosso-blu si danno da fare per gli ultimi movimentati giorni di mercato: in uno scambio che coinvolge i Washington Wizards e i Cleveland Cavaliers, arriva dalla capitale Drew Gooden, con Telfair diretto ai Cavs e viene ceduto Camby ai Portland Trail Blazers (assolutamente bisognosi di un lungo rimbalzista vista la perenne assenza di Greg Oden) in cambio del promettente assistman Steve Blake e di Travis Outlaw; ma l'affare più importante è la cessione di Davis più una prima scelta non protetta del draft 2011 per Jamario Moon ma soprattutto per Mo Williams, che poteva essere considerato degno sostituto dello stesso Davis (se non addirittura più forte visti gli ultimi anni in calo del Barone) con il vantaggio di essere più giovane.[13]. La squadra, tuttavia, continua a dare risultati scadenti, terminando la stagione nettamente fuori dai playoff, quartultima nella Western Conference con un 29-53.
Ma nella stagione 2011-2012 la squadra si afferma improvvisamente come una delle favorite al titolo NBA: dopo il termine del Lockout NBA viene infatti ingaggiato Caron Butler, ottimo giocatore che poteva vantare già un All-Star Game e un titolo NBA con i Dallas Mavericks, ma soprattutto Chris Paul; il giocatore, considerato insieme a Deron Williams e Derrick Rose il migliore al mondo nel suo ruolo viene ingaggiato da New Orleans in cambio di Gordon, Kaman e Al-Farouq Aminu. Nonostante i sacrifici di Gordon e Kaman, la squadra ne esce nettamente rinforzata e affermandosi come squadra più forte della Western Conference insieme a Los Angeles Lakers e Oklahoma City Thunder e seria pretendente al titolo NBA. La squadra può infatti contare su un quintetto con giocatori come Paul, Butler, Griffin, Foye, il giovane centro Jordan e di una riserva di lusso come Chauncey Billups (acquistato anch'egli prima dell'inizio della stagione, inizialmente nel ruolo poi preso da Paul), uno dei più forti playmaker della lega, potenziale titolare in molte altre squadre. Poco dopo, in ritorno da una breve avventura in Cina dovuta al lock-out, i Clippers ingaggiano anche l'ex Nets e Nuggets Kenyon Martin. La squadra si guadagna il soprannome di "Lob City" a causa dei numerosi e spettacolari giochi di alley-oop creati solitamente da Paul in favore di Griffin o Jordan. La stagione regolare viene chiusa con un bilancio di 40 vittorie e 26 sconfitte, il che permette ai Los Angeles Clippers l'ingresso ai play-off come non accadeva dalla stagione 2005-2006. I Clippers affrontano nel primo turno di play-off i Memphis Grizzlies che battono vincendo la serie 4-3 passando in semifinale della Western Conference. Qui la squadra si scontra con i San Antonio Spurs, che appena arrivati da un brillante 4-0 contro gli Utah Jazz, travolgono anche i Clippers in soli quattro match.
In vista della stagione 2012-13 i Clippers cedono Williams (ormai diventato superfluo a causa dell'abbondante presenza nel roster di altri giocatori nel suo ruolo) agli Utah Jazz in una trade che coinvolge anche Dallas Mavericks e Houston Rockets, ottenendo in cambio dai Mavericks Lamar Odom (già vincitore di 2 titoli NBA con i Lakers). I Clippers tentano poi l'ingaggio di Ray Allen, senza successo; fallito l'ingaggio della guardia i Clippers rifirmano allora Billups e ingaggiano Jamal Crawford. Il 19 luglio 2012 realizzano un colpo di mercato ingaggiando il free-agent veterano Grant Hill. Il mercato dei Clips è chiaramente volto a rafforzare massicciamente la panchina: grazie infatti alle acquisizioni di Odom, Crawford, Hill, Matt Barnes e Ronny Turiaf la squadra può contare sulla miglior panchina della NBA, candidandosi ancora più prepotentemente tra le favorite al titolo. Tra novembre e dicembre del 2012 i Clippers riscrivono tutti i record della franchigia con una striscia di 17 vittorie consecutive che li porta ad avere il miglior record della lega. Pur rallentando un po' la corsa nei mesi successivi l'annata si rivela comunque storica per la franchigia di Los Angeles. Infatti il 3 aprile grazie alla vittoria 126 a 101 contro i Phoenix Suns i Clippers raggiungono per la prima volta nella loro storia quota 50 vittorie stagionali ed il 7 aprile dopo la vittoria per 109 a 95 nel derby contro i Lakers, sconfitti in tutte e 4 le sfide stagionali per la prima volta dal 1975, la squadra si laurea per la 1ª volta campione della Pacific Division. La stagione dei record termina con il 4º posto nella Western Conference dietro a Oklahoma City Thunder, San Antonio Spurs e Denver Nuggets, con 56 vittorie e 26 sconfitte. Ai play-off i Clippers sono nuovamente accoppiati con i Memphis Grizzlies, questa volta però con il vantaggio del fattore campo. La post season comincia bene per i californiani, infatti in gara1 i Clippers ottengono un'agevole vittoria mentre gara-2 viene decisa da un canestro allo scadere di Paul. Da questo momento però la serie svolta totalmente e i Grizzlies, dopo aver vinto le due gare a Memphis riescono ad espugnare lo Staples Center e a chiudere il discorso in gara 6 condannando i Clippers all'eliminazione. L'eliminazione costa cara all'allenatore Del Negro, al quale non viene rinnovato il contratto.
Il 24 giugno 2013 viene ufficializzato l'ingaggio come nuovo allenatore di Doc Rivers, ex allenatore Boston Celtics, con i quali aveva vinto il titolo NBA nel 2008, per arrivare al quale i Clippers cedono addirittura ai Celtics una prima scelta al draft 2015. Durante l'estate il roster viene mantenuto sostanzialmente invariato; la modifica principale è una trade con Phoenix Suns e Milwaukee Bucks, vengono ceduti Caron Butler ed Eric Bledsoe e vengono acquisiti J.J. Redick e Jared Dudley. Con il sistema di gioco ormai consolidato, basato su Paul e sui due lunghi Griffin e Jordan, i Clippers si mantengono fin dall'inizio della stagione tra le posizioni più alte della Western Conference. In vista dei play-off vengono ingaggiati diversi veterani; inizialmente vengono firmati Stephen Jackson e Saša Vujačić, mentre in seguito vengono firmati Danny Granger, Hedo Türkoğlu e Glen Davis. La squadra chiude la stagione con un record di 57-25, al 3º posto in Western Conference. A testimonianza del grande contributo fornito anche dalle riserve Jamal Crawford viene nominato Sixth Man of the Year. Ai play-off i Clippers incontrano i Golden State Warriors, che riescono a sconfiggere per 4-3. Durante il primo turno dei play-off viene però resa nota un'intercettazione dello storico proprietario dei Clippers Donald Sterling, nella quale intima ad un'amica, rea di aver pubblicato sul suo account di Instagram una foto con l'ex stella NBA Magic Johnson, di non farsi vedere pubblicamente con persone appartenenti a "minoranze" e di non portarli alle partite dei Clippers. L'intercettazione ha generato diverse reazioni e gli stessi Clippers sono scesi in campo durante una partita contro i Warriors con la maglia girata per nascondere il logo della squadra in segno di protesta. Il commissario NBA Adam Silver ha inoltre bandito Sterling a vita dalla NBA, gli ha inflitto una multa di 2,5 milioni di dollari e lo ha costretto a mettere in vendita la squadra. In semifinale la franchigia di Los Angeles viene sconfitta 4 a 2 dagli Oklahoma City Thunder.
In estate i Clippers non operano grandi colpi di mercato, assicurandosi però il playmaker Jordan Farmar e i due centri Ekpe Udoh e Spencer Hawes. Il 12 agosto viene raggiunto l'accordo per l'acquisto della franchigia da parte di Steve Ballmer, per la cifra record di 2 miliardi di dollari. La stagione procede bene, con il sistema di gioco basato sempre su Chris Paul e su Jordan e Griffin, costretto a saltare tutto il mese di febbraio a causa di un infortunio. Nel frattempo a dirigenza firma alcuni giocatori importanti come Austin Rivers, figlio di coach Doc in arrivo dai New Orleans Pelicans; la squadra si qualifica terza a Ovest con un record di 56-26 e incontra i San Antonio Spurs campioni in carica al primo turno; la serie è una delle più equilibrate degli ultimi anni e viene decisa solo negli ultimi secondi dell'ultima gara, con un canestro di Paul allo scadere che permette ai Clippers di prevalere per 4-3. Al turno successivo la squadra di Los Angeles incontra gli Houston Rockets e si porta subito in vantaggio sul 3-1 con due rocambolesche vittorie casalinghe allo Staples Center, ma i texani riescono in una clamorosa rimonta culminata con l'ennesima eliminazione a danni dei Clippers a gara 7, la quarta sconfitta consecutiva ai playoff per i californiani.
La squadra è una delle più attive durante la free agency, rivoluzionando totalmente la panchina e alcune pedine importanti del quintetto base; i Clippers fanno a meno di Matt Barnes e Spencer Hawes per la stagione successiva ma firmano i due veterani Paul Pierce e Pablo Prigioni, le due ali Josh Smith e Wesley Johnson, la guardia Lance Stephenson e i due lunghi Cole Aldrich e Luc Mbah a Moute, vantando ancora una volta la migliore panchina della lega e candidandosi nuovamente al titolo NBA. Le aspettative non vengono deluse, infatti i Clippers si mantengono tra i primi posti della Western Conference, nonostante l'assenza di Blake Griffin per tre mesi a causa di una frattura alla mano, causata secondo alcune fonti da un diverbio con un membro dello staff di squadra; intanto a Los Angeles arriva Jeff Green da Memphis in cambio di Stephenson mentre Josh Smith viene ceduto agli Houston Rockets; i californiani si qualificano ai playoff con la quarta testa di serie e incontrano al primo turno i Portland Trail Blazers, dati decisamente per sfavoriti; i Clippers si portano agevolmente in vantaggio sul 2-0, ma non riescono a vincere nessuna delle due partite seguenti in Oregon e in gara 4 subiscono la perdita dei loro migliori giocatori, Griffin e Paul, a causa di un infortunio; la serie prende così una piega diversa, con Portland che riesce a vincere le successive due gare, eliminando sorprendentemente la squadra di Los Angeles, che subisce un'altra eliminazione nella postseason. L'unica consolazione è il premio di Sixth Man of the Year per Jamal Crawford, terzo riconoscimento per lui e secondo in maglia Clippers.
La stagione successiva, l'ultima di Paul Pierce e del trio Paul-Griffin-Jordan al completo, vede i Clippers raggiungere nuovamente i playoff come quarta forza a Ovest, grazie a un record di 51 vittorie e 31 sconfitte nella stagione regolare. Vengono però eliminati ancora una volta al primo turno, questa volta sconfitti dagli Utah Jazz (4-3 nella serie), e concludono una stagione martoriata dagli infortuni che colpiscono i giocatori chiave della squadra (Paul e Griffin in primis).
Nell'estate 2017 Chris Paul si trasferisce ai Houston Rockets, in una trattativa che coinvolge diversi giocatori e che porta in California, tra gli altri, Lou Williams e Patrick Beverley.[14] Il 3 luglio i Clippers si garantiscono inoltre le prestazioni sportive di Danilo Gallinari, offrendogli 65 milioni di dollari in tre anni. Durante la stagione l'italiano non riuscirà però a esprimersi al meglio, complici diversi infortuni che ne limitano la sua presenza sul parquet. Nonostante l'arrivo in società dell'affermato dirigente Jerry West e del notevole apporto tecnico di Lou Williams (premiato Sixth Man of the Year 2018), dopo sei anni consecutivi di presenza ai playoff, i Clippers falliscono l'accesso alla post-season e terminano la stagione al 10º posto in Western Conference.
Alla vigilia della stagione 2018-2019 il roster della squadra si rivoluziona e subisce un nuovo, sostanziale cambiamento. Il trasferimento di DeAndre Jordan ai Dallas Mavericks decreta ufficialmente la fine dell'era della Lob City e l'ultimo addio dei Big Three, con Chris Paul ormai ai Rockets dal 2017 e Griffin che si era già accasato a febbraio 2018 ai Pistons. L'obiettivo dichiarato della franchigia di Doc Rivers rimane comunque il raggiungimento di un posto ai playoff, cercando di ritrovare un Gallinari finalmente al meglio della condizione e sfruttando l'apporto di giocatori d'esperienza come Lou Williams e la vivacità di due promettenti dal draft come Shai Gilgeous-Alexander e Jerome Robinson.[15] Nonostante alcune cessioni di rilievo a febbraio 2019 (come quella di Tobias Harris ai Sixers) le promesse vengono mantenute e i Clippers fanno ritorno alla post-season dopo un anno, raggiungendo matematicamente l'obiettivo dopo la vittoria del 26 marzo contro i Minnesota Timberwolves.[16] Dopo aver concluso la stagione regolare all'ottavo posto in Western Conference (con un recordo di 48-34), i Clippers affrontano al primo turno dei playoff i campioni in carica dei Warriors. Dopo aver perso il primo incontro, i losangelini pareggiano la serie e durante la seconda partita stabiliscono il record della più grande rimonta nella storia dei playoff NBA, recuperando un margine di 31 punti nel terzo quarto e sconfiggendo i Warriors 135 a 131. Nonostante ciò, la serie si chiude in 6 partite con la franchigia di Oakland che avanza alle semifinali di conference.
Durante la free agency del 2019 la squadra californiana ingaggia Kawhi Leonard con un contratto al massimo salariale per due anni con Player option per il terzo, ufficializzando poco tempo dopo l'acquisizione di Paul George dagli Oklahoma City Thunder in cambio di Danilo Gallinari, Shai Gilgeous-Alexander, le prime scelte del 2022, 2024, 2026 più le scelte del 2021 e 2023 dei Miami Heat e la possibilità per i Thunder di scambiarsi le scelte nel 2023 e 2025. Iniziano la stagione con enormi aspettative legate alle grandi potenzialità del roster. La squadra però non si amalgama alla perfezione ma nonostante ciò raggiunge i playoff agevolmente con il secondo record della Western Conference di 49-23 (numero delle partite ridotto per via della pandemia di covid-19 scoppiata nel Marzo 2020 con conseguente stop della stagione fino a Giugno). Ai playoff sfidano al primo turno i Dallas Mavericks di Luka Dončić vincendo la serie in 6 gare. Successivamente alle semifinali di Conference si trovano di fronte i Denver Nuggets e dopo essere stati in vantaggio per 3-1 si fanno rimontare mancando l'accesso alle finali di Conference contro i rivali di sempre dei Los Angeles Lakers. Pesano sull'eliminazione le prestazioni deludenti di PG13 ma soprattutto la mancata sintonia creata dalla squadra durante tutto l'arco della stagione.
La stagione 2020-21 comincia con la promozione da vice ad allenatore di Tyronn Lue, dopo sette anni trascorsi con Doc Rivers. Per la prima volta nella storia della franchigia, i Clippers giocano le finali di conference. Al primo turno dei playoff rimontano contro i Dallas Mavericks dopo due sconfitte, vincendo 4-3. Alle semifinali di conference Kawhi Leonard, durante gara 4, subisce un brutto infortunio al legamento crociato anteriore del ginocchio destro, che lo costringe a terminare anzitempo i play-off. Nonostante tutto i Clippers vincono per 4 a 2 la serie contro gli Utah Jazz 4-2, rimontando di nuovo dopo due sconfitte. La squadra accede così alle Finali di Conference per la prima volta nella sua storia, che perderà per 4 a 2 contro i Phoenix Suns di Chris Paul e Devin Booker. In questa corsa ai playoff, i Clippers sono stati i primi a rimontare per due turni dopo uno svantaggio di 2-0.[17]
Il campionato 2021-22 non è molto positivo per i Clippers a causa dell'infortunio di Leonard, che si rivela più grave del previsto e lo costringe a saltare tutta la stagione. La squadra giunge ottava alla fine della regular season, qualificandosi per i play.in, ma perde prima contro i Timberwolves e poi contro i Pelicans, mancando la qualificazione ai play-off per la prima volta dalla stagione 2011-12.
Per la stagione 2022-23 i Clippers ritrovano Leonard, che continua però ad essere perseguitato da numerosi infortuni per tutta la regular season, costringendolo a saltare diverse partite. Nonostante ciò la squadra, che ha visto l'arrivo di Russell Westbrook a metà stagione a seguito di una trade con i Lakers e gli Utah Jazz, riesce a qualificarsi in quinta posizione per i play-off. Il team viene tuttavia eliminato già al primo turno, battuto per 4 a 1 dai Suns, che nel frattempo hanno aggiunto tra le loro fila Kevin Durant.
Roster Los Angeles Clippers | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Giocatori | Staff tecnico | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
Roster • Transazioni |
Titoli | Anni | |
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Titoli di Division | 3 | 2012-2013, 2013-2014, 2023-2024 |
Dati aggiornati al 2 gennaio 2024.
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Legenda | |
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PA | Partite allenate |
V | Vittorie |
S | Sconfitte |
V% | Percentuale di vittorie |
Ha trascorso l'intera sua carriera da allenatore con i Clippers | |
Eletto nella Basketball Hall of Fame |
Note: Statistiche aggiornate a fine stagione 2023-2024.
Num. | Nome | Stagione/i | PA | V | S | V% | PA | V | S | V% | Successi | Ref. | |||
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Stagione regolare | Playoff | ||||||||||||||
Buffalo Braves | |||||||||||||||
1 | Dolph Schayes | 1970–1971 | 83 | 22 | 61 | .265 | — | — | — | — | [18] | ||||
2 | Johnny McCarthy | 1971–1972 | 81 | 22 | 59 | .272 | — | — | — | — | [19] | ||||
3 | Jack Ramsay | 1972–1976 | 328 | 158 | 170 | .482 | 22 | 9 | 13 | .409 | Nella top 10 allenatori della storia NBA[20] | [21] | |||
4 | Tates Locke | 1976–1977 | 46 | 16 | 30 | .348 | — | — | — | — | [22] | ||||
5 | Bob MacKinnon | 1977 | 7 | 3 | 4 | .429 | — | — | — | — | [23] | ||||
6 | Joe Mullaney | 1977 | 29 | 11 | 18 | .379 | — | — | — | — | [24] | ||||
7 | Cotton Fitzsimmons | 1977–1978 | 82 | 27 | 55 | .329 | — | — | — | — | [25] | ||||
San Diego Clippers | |||||||||||||||
8 | Gene Shue | 1978–1980 | 164 | 78 | 86 | .476 | — | — | — | — | [26] | ||||
9 | Paul Silas | 1980–1984 | 246 | 78 | 168 | .317 | — | — | — | — | [27] | ||||
10 | Jim Lynam | 1983–1984 | 82 | 30 | 52 | .366 | — | — | — | — | [28] | ||||
Los Angeles Clippers | |||||||||||||||
— | Jim Lynam | 1984–1985 | 61 | 22 | 39 | .361 | — | — | — | — | [28] | ||||
11 | Don Chaney | 1985–1987 | 185 | 53 | 132 | .286 | — | — | — | — | [29] | ||||
— | Gene Shue | 1987–1989 | 120 | 27 | 93 | .225 | — | — | — | — | [26] | ||||
12 | Don Casey | 1989–1990 | 126 | 41 | 85 | .325 | — | — | — | — | [30] | ||||
13 | Mike Schuler | 1990–1992 | 127 | 52 | 75 | .409 | — | — | — | — | [31] | ||||
14 | Mack Calvin | 1992 | 2 | 1 | 1 | .500 | — | — | — | — | [32] | ||||
15 | Larry Brown | 1992–1993 | 117 | 64 | 53 | .547 | 10 | 4 | 6 | .400 | [33] | ||||
16 | Bob Weiss | 1993–1994 | 82 | 27 | 55 | .329 | — | — | — | — | [34] | ||||
17 | Bill Fitch | 1994–1998 | 328 | 99 | 229 | .302 | 3 | 0 | 3 | .000 | Nella top 10 allenatori della storia NBA[20] | [35] | |||
18 | Chris Ford | 1998–2000 | 95 | 20 | 75 | .211 | — | — | — | — | [36] | ||||
19 | Jim Todd | 2000 | 37 | 4 | 33 | .108 | — | — | — | — | [37] | ||||
20 | Alvin Gentry | 2000–2003 | 222 | 89 | 133 | .401 | — | — | — | — | [38] | ||||
21 | Dennis Johnson | 2003 | 24 | 8 | 16 | .333 | — | — | — | — | [39] | ||||
22 | Mike Dunleavy | 2003–2010 | 541 | 215 | 326 | .397 | 12 | 7 | 5 | .583 | [40] | ||||
23 | Kim Hughes | 2010 | 33 | 8 | 25 | .242 | — | — | — | — | [41] | ||||
24 | Vinny Del Negro | 2010–2013 | 230 | 128 | 102 | .557 | 17 | 6 | 11 | .353 | [42] | ||||
25 | Doc Rivers | 2013–2020 | 564 | 356 | 208 | .631 | 59 | 27 | 32 | .458 | [43] | ||||
26 | Tyronn Lue | 2020–presente | 318 | 184 | 134 | .579 | 30 | 13 | 17 | .433 | [44] |
Buffalo Braves (1971-1978) | San Diego Clippers (1978-1982) | San Diego Clippers (1982-1984) | Los Angeles Clippers (1984-2010) | Los Angeles Clippers (2010-2015) | Los Angeles Clippers (2015-2024) |
Campione NBA | Campione di Conference | Campione di Division |
STAGIONE | V | P | % | PLAYOFF | RISULTATI |
---|---|---|---|---|---|
Buffalo Braves | |||||
1970-71 | 22 | 60 | 26,8 | ||
1971-72 | 22 | 60 | 26,8 | ||
1972-73 | 21 | 61 | 25,6 | ||
1973-74 | 42 | 40 | 51,2 | Perde Semifinali Conference | Boston 4, Buffalo 2 |
1974-75 | 49 | 33 | 59,8 | Perde 1º Turno | Washington 4, Buffalo 3 |
1975-76 | 46 | 36 | 56,1 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | Buffalo 2, Philadelphia 1 Boston 4, Buffalo 2 |
1976-77 | 30 | 52 | 36,6 | ||
1977-78 | 27 | 55 | 32,9 | ||
San Diego Clippers | |||||
1978-79 | 43 | 39 | 52,4 | ||
1979-80 | 35 | 47 | 42,7 | ||
1980-81 | 36 | 46 | 43,9 | ||
1981-82 | 17 | 65 | 20,7 | ||
1982-83 | 25 | 57 | 30,5 | ||
1983-84 | 30 | 52 | 36,6 | ||
Los Angeles Clippers | |||||
1984-85 | 31 | 51 | 37,8 | ||
1985-86 | 32 | 50 | 39,0 | ||
1986-87 | 12 | 70 | 14,6 | ||
1987-88 | 17 | 65 | 20,7 | ||
1988-89 | 21 | 61 | 25,6 | ||
1989-90 | 30 | 52 | 36,6 | ||
1990-91 | 31 | 51 | 37,8 | ||
1991-92 | 45 | 37 | 54,9 | Perde 1º Turno | Utah 3, LA Clippers 2 |
1992-93 | 41 | 41 | 50,0 | Perde 1º Turno | Houston 3, LA Clippers 2 |
1993-94 | 27 | 55 | 32,9 | ||
1994-95 | 17 | 65 | 20,7 | ||
1995-96 | 29 | 53 | 35,4 | ||
1996-97 | 36 | 46 | 43,9 | Perde 1º Turno | Utah 3, LA Clippers 0 |
1997-98 | 17 | 65 | 20,7 | ||
1998-99 | 9 | 41 | 18,0 | ||
1999-00 | 15 | 67 | 18,3 | ||
2000-01 | 31 | 51 | 37,8 | ||
2001-02 | 39 | 43 | 47,6 | ||
2002-03 | 27 | 55 | 32,9 | ||
2003-04 | 28 | 54 | 34,1 | ||
2004-05 | 37 | 45 | 45,1 | ||
2005-06 | 47 | 35 | 57,3 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | LA Clippers 4, Denver 1 Phoenix 4, LA Clippers 3 |
2006-07 | 40 | 42 | 49,6 | ||
2007-08 | 23 | 59 | 28,0 | ||
2008-09 | 19 | 63 | 23,2 | ||
2009-10 | 29 | 53 | 35,4 | ||
2010-11 | 32 | 50 | 39,0 | ||
2011-12 | 40 | 26 | 60,6 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | LA Clippers 4, Memphis 3 San Antonio 4, LA Clippers 0 |
2012-13 | 56 | 26 | 68,3 | Perde 1º Turno | Memphis 4, LA Clippers 2 |
2013-14 | 57 | 25 | 69,5 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | LA Clippers 4, Golden State 3 Oklahoma City 4, LA Clippers 2 |
2014-15 | 56 | 26 | 68,3 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | LA Clippers 4, San Antonio 3 Houston 4, LA Clippers 3 |
2015-16 | 53 | 29 | 64,6 | Perde 1º Turno | Portland 4, LA Clippers 2 |
2016-17 | 51 | 31 | 62,2 | Perde 1º Turno | Utah 4, LA Clippers 3 |
2017-18 | 42 | 40 | 51,2 | ||
2018-19 | 48 | 34 | 58,5 | Perde 1º Turno | Golden State 4, LA Clippers 2 |
2019-20 | 49 | 23 | 68,1 | Vince 1º Turno Perde Semifinali Conference | LA Clippers 4, Dallas 2 Denver 4, LA Clippers 3 |
2020-21 | 47 | 25 | 65,3 | Vince 1º Turno Vince Semifinali Conference Perde Finali Conference | LA Clippers 4, Dallas 3 LA Clippers 4, Utah 2 Phoenix 4, LA Clippers 2 |
2021-22 | 42 | 40 | 51,2 | Perde il Play-in Game 7-8 Perde il Play-in Game 8-9 | Minnesota 1, LA Clippers 0 New Orleans 1, LA Clippers 0 |
2022-23 | 44 | 38 | 53,7 | Perde 1º Turno | Phoenix 4, LA Clippers 1 |
2023-24 | 51 | 31 | 62,2 | Perde 1º Turno | Dallas 4, LA Clippers 2 |
Totale | 1843 | 2517 | 42,3 | ||
Playoffs | 65 | 83 | 43,9 |
NBA Most Valuable Player Award
NBA All-Star Game Most Valuable Player Award
NBA Sixth Man of the Year Award (record)
NBA Most Improved Player Award
NBA Executive of the Year Award
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