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specie di pianta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il farinello buon-enrico, buon enrico[1] od òrapo (Blitum bonus-henricus (L.) Rchb., 1832) è una pianta erbacea perenne ed edule della famiglia delle Amarantacee[2], diffusa in tutta la penisola italiana.
Farinello buon-enrico | |
---|---|
Blitum bonus-henricus | |
Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Superasteridi |
Ordine | Caryophyllales |
Famiglia | Amaranthaceae |
Sottofamiglia | Chenopodioideae |
Genere | Blitum |
Specie | B. bonus-henricus |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Sottoclasse | Caryophyllidae |
Ordine | Caryophyllales |
Famiglia | Chenopodiaceae |
Genere | Blitum |
Specie | B. bonus-henricus |
Nomenclatura binomiale | |
Blitum bonus-henricus (L.) Rchb., 1832 | |
Sinonimi | |
Chenopodium bonus-henricus | |
Nomi comuni | |
Farinello tutta-buona |
L'epiteto specifico (bonus-henricus) è stato assegnato da Linneo per onorare Enrico IV di Navarra, chiamato dai francesi "Le bon Henry", che – tra l'altro – fu un protettore dei botanici[3].
In lingua tedesca questa pianta si chiama Guter Heinrich; in francese si chiama Chénopode bon Henri o anche Épinard sauvage; in inglese si chiama Good-King-Henry.
Sono piante perenni di tipo erbaceo, ma a volte quasi arbustivo, con portamento eretto-ascendente, a forma vagamente piramidale. Queste piante vengono classificate tra le "apetale", in quanto prive di corolla (il perianzio è presente ma ridotto). Si distinguono inoltre in quanto le foglie sono prive di ocrea e la pianta in generale non ha lattice e neppure peli urticanti, bensì peli di tipo viscido anche se prevalentemente è glabra. Possiedono un odore erbaceo sgradevole e un caratteristico "indumento" farinoso (vedi il nome comune) sui fusti e sulle foglie. L'altezza di queste piante può oscillare da 20 a 60 cm. La forma biologica della specie è emicriptofita scapose (H scap); ossia sono piante perenni con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve. Sono inoltre dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di (o con poche) foglie.
Le radici sono secondarie da rizoma.
La disposizione delle foglie lungo il fusto è alterna. Le foglie sono intere e farinose; sono picciolate e saettiformi o triangolari-astate con base troncata. La larghezza massima della foglia è nella parte inferiore della lamina. In genere il colore delle foglie di sopra è verde scuro e di aspetto farinoso e più chiaro di sotto. Alla base possiedono due grossi denti rivolti verso il basso, mentre il resto della lamina è lievemente ondulato. Lunghezza del picciolo alla base della pianta: 1-2 dm. Dimensioni della lamina: larghezza 3-7 cm; lunghezza 5-8 cm.
L'infiorescenza è priva di brattee, ma è fogliosa nella parte basale; la forma è quella di una spiga di densi glomeruli informi interrotta in alcuni punti e di colore rosso-brunastro. Ogni glomerulo contiene diversi fiori globosi verdastri e sessili. L'infiorescenza è principalmente terminale; sono comunque presenti dei brevi glomeruli di fiori all'ascella delle foglie inferiori. A volte la parte terminale dell'infiorescenza può essere piegata dal proprio peso. Lunghezza dell'infiorescenza terminale: 5-20 cm. Diametro dei glomeruli: 3-5 mm.
I fiori sono ermafroditi, pentameri (i vari verticilli – calice e stami – sono formati da 5 parti) e attinomorfi. Dimensione dei fiori: 1-2 mm.
Il frutto è una capsula che alla maturità diventa carnosa e succosa. Ogni frutto contiene un solo seme bruno-lucente, punteggiato molto minutamente a forma ovale o più semplicemente rotonda. Il pericarpo (parte esterna del frutto) è aderente. Dimensione del seme: 1,5-2 mm.
Dal punto di vista fitosociologico la specie Blitum bonus-henricus appartiene alla seguente comunità vegetale[7]:
Con la specie Blitum virgatum la pianta "farinello buon-enrico" forma il seguente ibrido:[8]
È una pianta conosciuta sin dall'antichità (era largamente coltivata dagli inglesi fino al XVIII secolo) e apprezzata per il suo valore nutritivo, spesso raccolta e lessata e consumata in varie forme nell'Italia centrale. Veniva anche molto usato, e spesso coltivato negli orti, nelle valli alpine di Piemonte e Lombardia.[14] Anticamente considerato un alimento povero, è oggi una spezia molto ricercata e pertanto è spesso oggetto di raccolte indiscriminate. Si cucina come una comune verdura, lessa o soffritta in padella. Si preferiscono i germogli o le cime immature delle giovani piante. Nell'entroterra montano della Riviera di Ponente è conosciuto col termine dialettale di "éngaru" (pl. "éngari") ed è molto usato in cucina, soprattutto nei ripieni dei ravioli, delle torte verdi, dei panzerotti, delle frittate, delle sfornate, ecc.
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