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scrittrice e poetessa italiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Caterina Marianna Percoto (Manzano, 19 febbraio 1812[1] – Manzano, 15 agosto 1887[2]) è stata una scrittrice e poetessa italiana.
Caterina Percoto, all'anagrafe Caterina Marianna[3], nasce a San Lorenzo di Soleschiano (frazione del comune di Manzano, in provincia di Udine) in Friuli, figlia di Antonio e di Teresa Zaina. La sua è una famiglia nobile di avvocati, artisti e uomini di lettere. Caterina fu l'unica bambina di sette figli.
Alla morte del padre, nel 1821, la sua famiglia si spostò ad Udine, e lei fu mandata nell'Educandato di Santa Chiara (oggi Educandato Uccellis), a scuola dalle suore. Da questo periodo, nacque nella scrittrice la forte avversione per l'educazione monacale delle donne, tema che Caterina Percoto difese per tutta la vita. Nel 1828 incontrò il primo amore, un giovane di origine ebraica. Proprio per questo, la relazione fu duramente osteggiata sia dalla famiglia che dalle suore.
Nel 1829, lasciò il convento per ragioni di carattere economico. Dopo il suo ritorno a casa, cominciò a dedicarsi all'azienda di famiglia e all'educazione dei fratelli minori coadiuvata da don Pietro Comelli, già "fattore" dei conti Percoto e pievano del luogo. Comelli le diventerà presto guida spirituale e amico sincero.
La carriera letteraria di Caterina Percoto ha inizio nel 1839, grazie a Don Comelli che inviò segretamente alla Favilla di Trieste il primo scritto di Caterina: un commento alla traduzione di Andrea Maffei di alcuni brani della Messiade di Klopstock. Iniziò così il rapporto di Caterina con l'editore Francesco Dall'Ongaro, che ben presto diventò suo mentore.
Immersa nei paesaggi friulani, sovrintendendo al lavoro nei campi e alla coltura dei bachi da seta, ritrasse nelle sue opere lo stagnante mondo di povertà del Friuli, sotto il dominio austriaco.
Nel 1841 apparirono sulla Favilla i primi racconti della Percoto. Dall'Ongaro la fa conoscere nel mondo letterario italiano.
Nel 1847, dopo un viaggio a Vienna, iniziò il lungo contatto epistolare con Carlo Tenca. Ma con la Prima guerra di indipendenza, nel 1848, i suoi scritti divennero politicamente più impegnati, essendo rimasta sconvolta e testimone oculare dei cosiddetti "fatti di Jalmicco". Allora, infatti, Udine e alcuni villaggi friulani si erano ribellati alla dominazione asburgica e l'esercito austriaco intervenne pesantemente dando fuoco a interi paesi, fra cui Jalmicco frazione di Palmanova, Visco e Bagnaria Arsa, che appunto aggiunse al nome l'aggettivo "Arsa" per ricordare queste vicende[4]. In questo periodo scrisse racconti come La donna di Osoppo e La coltrice nuziale, i quali riscossero un grande successo negli ambienti patriottici.
Nell'ottobre 1852 morì il fratello Costantino, lasciandole il gravoso compito dell'educazione dei suoi giovanissimi figli.[5]
Negli anni cinquanta, inoltre, iniziò a scrivere in lingua friulana, e dopo due anni di trattative con l'editore Le Monnier, il quale temeva che i titoli in friulano avrebbero infastidito gli Austriaci, nel 1863 uscirono due volumi di racconti. Caterina fu raccoglitrice della tradizione e narrativa popolare, pubblicò nel 1863 Racconti, una raccolta di favole friulane.
Gli ultimi anni di vita della scrittrice furono piuttosto sofferti, a causa delle sue precarie condizioni di salute, ma allo stesso tempo densi di avvenimenti ed incontri di particolare rilievo. Nel 1867, ad esempio, incontrò a Udine Giuseppe Garibaldi in persona. Quindi si recò a Firenze, dove frequentò il salotto di Francesco Dall'Ongaro venendo a contatto con i letterati e i politici emergenti di quel periodo.
L'anno successivo rifiutò la nomina a direttrice dell'Educandato di Santa Chiara (oggi Educandato Uccellis) e nel 1871 il ministro Cesare Correnti la nominò ispettrice degli educandati veneti.
Nel 1878 e nel 1883 vengono pubblicate due raccolte di suoi racconti.
Caterina Percoto morì il 15 agosto 1887[6] a San Lorenzo di Soleschiano ed è sepolta a Udine accanto al poeta friulano Pietro Zorutti.
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