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Beatrice d'Este nella cultura di massa

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Beatrice d'Este nella cultura di massa
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Moglie di uno degli uomini più influenti dell'Italia quattrocentesca e influente politica ella stessa, la duchessa Beatrice d'Este divenne oggetto di rappresentazione letteraria e artistica già poco dopo la propria morte, finendo anche per stimolare la fantasia popolare.

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La dama di Rothschild, attribuito a Bernardino de' Conti. Identificato come ritratto di Beatrice d'Este. Fine XV secolo.
Voce principale: Beatrice d'Este.
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Letteratura

Riepilogo
Prospettiva

Autori coevi

I Triumphi

Lo stesso argomento in dettaglio: Triumphi di Vincenzo Calmeta.
«Tolto m'ha morte el ben, spietata e cruda, | del qual l'avaro Ciel me fu sì largo, | lassando nostra età di gloria nuda; [...]»

A Beatrice sono dedicati i Triumphi (1497) di Vincenzo Calmeta, suo segretario, poemetto in terza rima d'ispirazione petrarchesca e dantesca nel quale il poeta piange la prematura scomparsa della duchessa e invoca la Morte affinché gli conceda di seguirla, inveendo contro il crudele Fato e la miseria della condizione umana, finché Beatrice stessa non scende dal Cielo a consolarlo e a trarlo fuori dal suo "passato errore", mostrandogli come in verità ogni cosa avvenga secondo la giustizia divina:[1]

«Misero, perché vai tu consumando | in pianto amaro i fugitivi giorni, | la morte ad ora ad ora desiando? | Deh, non turbare i mei dolci sogiorni! | Morta non son, ma gionta a meglior vita | lassando el mondo e soi fallaci scorni. | E s'io fui sciolta nella età fiorita | con tuo dolor dal bel carcer terreno, | tanto più fu felice la partíta, | ch'è bel morir mentre è el viver sereno.»

Il poeta, commosso e sbigottito, le rivolge si allora con questa invocazione:

«Alma mia diva e mio terrestre sole, | parlando e lacrimando alor dissi io, | o quanto el viver senza te mi dole! | Ché, te perdendo, persi ogni desio, | tua morte me interruppe ogni speranza, | né so più dove fermare el pensier mio [...]»

L'opera, che si inserisce nella tradizione rinascimentale dei Trionfi, non appare semplicemente una consolatoria di tipo cortigiano, e non risulta nemmeno che Vincenzo l'abbia mai presentata al duca Ludovico, il quale del resto viene menzionato poche volte. Tema portante è l'amore per la donna che, sul solco del Dolce Stil Novo, conduce il poeta alla salvezza. Anche in questo caso, secondo l'interpretazione di Rossella Guberti, si tratta di un amore puramente spirituale e non fisico, secondo una visione filosofico-religiosa: Beatrice è guida per gli smarriti sensi del poeta.[2]

Canzoniere e poesie

Gaspare Visconti compose per lei un intero canzoniere, preceduto da una lettera dedicatoria in cui la definisce "tra le Grazie la quarta, tra le Muse la decima, et unica fenice al nostro seculo, la quale sopra ogni altra la virtù ami e favorisci".[3] Fra le poesie ivi contenute, una introdotta dalla rubrica "per la morte de la Duchessa e per il periculo ove questa patria è posta" mostra già la consapevolezza della prossima rovina dello stato causata dalla disperazione del Moro per la perdita della consorte: "e la mia patria assai mi dà spavento | che in lui si regge, perché ogni edifizio | ruina, se vien manco il fondamento".[4]

Antonio Grifo scrisse ben undici sonetti in sua morte,[5] Serafino Aquilano quattro,[6] così anche altri poeti,[7] fra cui Niccolò da Correggio,[8] Timoteo Bendedei, e Cornelio Balbo.[9] Pietro Lazzaroni compose dodici Epitahia Beatricis consortis Ludovici Sforziae[10] e Michele Marullo un Epitaphium Beatricis Estensis:[11]

(latino)
«Solverat Eridanus tumidarum flumina aquarum. | Solverat, et populis non levis horror erat, | Quippe gravis Pyrrhae metuentes tempora cladis, | Credebant simili crescere flumen aqua. | Ille dolor fuerat saevus lacrimaeque futuri | Funeris et iustis dona paranda novis: | Scilicet et fluvios tangunt tua acerba, Beatrix, | Funera, nedum homines moestaque corda viri.»
(italiano)
«L'Eridano aveva liberato i fiumi delle tumide acque. | Li aveva liberati, e non era lieve paura per i popoli, | poiché temendo i tempi delle pesanti sconfitte di Pirro | credevano che il fiume crescesse con simile acqua. | Quel dolore era stato crudele e [vi furono] lacrime del futuro | funerale, e bisognò preparare doni per le nuove esequie: | e certamente la tua acerba morte tocca i fiumi, Beatrice, | e tanto più gli uomini e il cuore afflitto del marito.»

La Disperata

Antonio Cammelli, detto il Pistoia, inviò al Moro ventisei sonetti e una lunga composizione in terza rima, conosciuta come "La Disperata", per consolarlo della morte "di quella tua sì chiara, anci chiarissima coniunta da te amata in terra, Beatrice, ora nel cielo tra le caste martire locata". Nella Disperata, il poeta presta voce allo stesso Ludovico nell'esprimere il suo lamento:[13]

«La nuda terra s'ha già messo il manto, | tenero e verde, et ogni cor s'alegra, | et io pur hor do principio al mio pianto. | Gli arbori piglian fronde, io veste negra. | [...] Il mondo è in pace, io sol rimango in guerra, | il sol più luce, e più rende splendore, | a me par notte, et esser giù sotterra. [...] Gli altri scaldansi al sole, io ardo al foco, | gli altri braman vivendo esser felici, | ad ogni passo io più la morte invoco | [...]. Qual animal si posa per le grotte, | qual sotto frasca, quale in ramo o stecco, | io piango mie speranze al tutto rotte, | ciascuna piaggia è verde, e io son secco. | [...] O mondo falso, o mondo cieco e vario! | Amor senza speranza, amor fallace, | a me sì aspro, a me tanto contrario! | Or ch'io sperava haver con teco pace, | privo m'hai d'ogni ben, d'ogni diletto! | e grido e piango, e tutto 'l mondo tace. | Qual ingiuria magior, o qual dispetto, | far mi potevi? Tolta m'hai colei, | che insino al ciel levava il mio intelletto! | [...] Perché non ho di Dedalo le piume? | Che mai non fu sì presto uccel volante, | com'io sarei in seguir mio perso lume. | [...] Questa è colei che 'l cor m'arde et impiaga, | altro Apollo, Esculapio, altro Avicenna, | non mi potria sanar la mortal piaga. | Lei fu principio a sì dolente pena, | e lei esser può fine, e sol remedio | al crudel colpo, che a morir mi mena. | [...] Odi anima gentil, che mi tormenta, | odi il mio pianto, odi dolore amaro, | odi un, che per tua causa si lamenta. | Odi colui che non vede il Sol chiaro, | odi colui che la vita rifiuta, | odi colui a cui morir è charo. | Tu mi se' fatta cieca, sorda e muta, | io parlo al vento, agli usci, alle finestre, | ciascuno di me si ride e non m'aiuta. [...]»

Benché già defunta, Beatrice compare nella tragedia in lingua latina De rebus Italicis deque triumpho Ludovici XII regis (1500) di Giovanni Armonio Marsio, che celebra la vittoria di Luigi XII, a rimproverare il marito per non aver seguito i suoi consigli di governo:[15]

(latino)
«Heu quotiens dixi: modum retine, vir, | Retine, vir, modum regendi populum, | Sacramque vim auri cohibe et nomen iniquum. | Regenda sunt regna magis clementia. | Plus valet amor quam timor et ensis principi: | Sat populi moenia fides est urbium. | Tu tamen ut nomen et asciscere posses | Laudes et eternum vagaretur decus, Omnia perplexe querebas ruere. [...] Tamen sequar, tibi semel meam fidem dedi | Eamque servabo [...]»
(italiano)
«Ahimè, quante volte dissi: il modo modera, marito, | modera, marito, il modo di governare il popolo, | frena l'esacranda forza dell'oro e la fama avversa. | Bisogna reggere i regni più con la clemenza. | Al principe vale più l'amore che il timore e la spada. | La bastante fedeltà del popolo è mura delle città. | Tu tuttavia, affinché potessi arrogarti sia la gloria | sia gli onori e fosse diffuso un decoro eterno, | tutte le cose ambiguamente cercavi di rovesciare. | [...] Tuttavia ti seguirò, a te una volta giurai la mia fedeltà | e quella conserverò [...]»
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Beatrix Estensis, Ludovici uxor. Copia libera antica.

Autori moderni

Il profondo dolore di Ludovico il Moro per la morte della moglie, il presunto avvelenamento del duca Gian Galeazzo, la chiamata dei francesi in Italia e l'usurpazione del ducato di Milano, la presenza a corte di artisti del calibro di Leonardo da Vinci furono fonte d'ispirazione per artisti e letterati specialmente nel XIX secolo, nel contesto della corrente romantica.[16]

Nelle produzioni letterarie moderne in cui è protagonista o coprotagonista, quali i romanzi di Giovanni Campiglio e Ignazio Cantù, Beatrice appare spesso rappresentata come sagace e subdola politica, sprone e consigliera dell'incerto marito Ludovico, che senza la fermezza della moglie non troverebbe la volontà necessaria a usurpare a tutti gli effetti il trono del nipote Gian Galeazzo.[17][18][19] "La fatale di sdegni incitatrice" la chiama Antonio dall'Acqua Giusti per bocca di Gian Galeazzo Sforza.[17] Proprio la sua ambizione, congiunta alle angherie inflitte alla cugina Isabella d'Aragona, viene talvolta esasperata fino a sfociare nella crudeltà, come nella tragedia di Gian Battista Niccolini, dove è addirittura definita come di "indole iniqua".[20]

Altrove il quadro cambia: Beatrice appare come l'ingenua e delicata moglie del Moro,[21] innamorata di qualcun altro e manovrata suo malgrado dall'astuto marito, che la usa per i propri scopi.[22]

Tragedie

«Bea: Ferma il tuo colpo, mio Re. Deh, per pietade il suo sangue risparmia, se non voi me pure trucidar. Per questo seno, pria che giungere a lui, quella tua spada passar dovrà. Se la sua morte brami, ferisci pur, che a fermo piè t'aspetto.

Re: e a tanto giungi per lo sposo infido?
Bea: è mio consorte, e basta. In lui difendo la mia vita, l'onor, la fede mia.
Re: la senti, ingrato? Una sì degna sposa non meritasti mai. A' merti suoi la libertà ti dono; ma dovrai pender da' cenni miei. [....]
Lud: Ne' Stati suoi vada il Franco Monarca a impor le sue leggi.»

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Romanzi

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Biografie e monografie

Pochi autori si sono occupati di compilare biografie della duchessa, spesso in modo soltanto parziale o tematico, spessissimo influenzandosi a vicenda. Fra questi principalmente:

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Fra le monografie:

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Musica

Il compositore Reynaldo Hahn evocò la sua corte nella composizione del 1905 intitolata Le Bal de Béatrice d'Este.[37]

Culinaria

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Dolceriso del Moro decorato con l'impresa sforzesca dello scovino.

L'invenzione del Dolceriso del Moro, dolce tipico di Vigevano, è tradizionalmente attribuita alla stessa Beatrice, che l'avrebbe ideato nel 1491 per compiacere l'illustre consorte.[38]

Giochi da tavolo

Alcuni studiosi ritengono che la personalità dominante di Beatrice possa aver determinato l'avanzamento della Regina degli scacchi a pezzo più potente della scacchiera, avvenuto proprio alla fine del XV secolo.[39] Infatti all'origine del cambiamento vi sarebbe un bisogno psicologico da parte dell'innovatore: "espressione del suo desiderio istintivo di avere una donna forte che si prenda cura di lui". Si tratterebbe di un uomo che ha permesso a una donna di governare, appoggiandosi molto al di lei sostegno. Come uomo sposato, la moglie avrebbe avuto "un carattere dominante aggressivo, la personificazione della regina degli scacchi". Il nome di Beatrice è stato avanzato insieme a quelli di Caterina Sforza e di Isabella di Castiglia.[39]

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Pellicole e serie televisive

Riepilogo
Prospettiva

Beatrice appare come personaggio in alcune pellicole o serie televisive:

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Teatro

Beatrice appare, impersonata da Miriam Carsana, nell'opera lirica in un atto di Giuseppe Manfridi e Guido Chiarotti, con musica di Antonio Di Pofi, Le nozze di Leonardo, ambientata a Milano durante i festeggiamenti per le sue nozze nel 1491 e rappresentata al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste nel 2019.[44][45]

Omaggi postumi

Rievocazioni

  • Beatrice è annualmente protagonista del Palio di Mortara, in occasione del quale sono stati realizzati costumi storici fedeli a quelli dei suoi ritratti.[48][49]
  • Come tema del corteo storico del Palio di Asti è stato scelto, per il 2022, “Beatrice d’Este alla parata militare”, ossia l'entrata in città di Beatrice in compagnia di re Carlo VIII di Francia e del duca Luigi d’Orleans.[50]

Leggende

Si dice che nel castello sforzesco di Vigevano, e precisamente nell'ala del maschio, nelle caldi notti estive gli spiriti di Beatrice e delle sue dame continuino ad animare gli appartamenti un tempo appartenuti alla duchessa e la cosiddetta "loggia delle dame", che Ludovico aveva fatto costruire appositamente per la consorte.[51][52]

Raffigurazioni nell'arte

Lo stesso argomento in dettaglio: Iconografia di Beatrice d'Este.

Eventi legati alla sua vita e alla sua corte stimolarono la fantasia di alcuni pittori del romanticismo ottocentesco:[53]

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Note

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Bibliografia

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