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decorazione architettonica diffusa del medioevo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il bacino ceramico è un elemento architettonico decorativo[1] usato sulle superfici esterne di edifici soprattutto religiosi cristiani ed islamici, ma anche civili, consistente in un recipiente in ceramica invetriata o smaltata (maiolica). Con questo termine si identificano oggetti ceramici come catini, piatti, ciotole, scodelle, ecc. di varie dimensioni fabbricati per un uso inizialmente differente da quello architettonico. Non rientrano quindi nella definizione di bacino ceramico[1] quegli elementi specificamente realizzati per essere inseriti come decorazione architettonica e che hanno l'invetriatura solo nella parte che resta visibile e sono dotati di un'appendice che viene fissata nella malta della muratura.
I bacini ceramici sono presenti in edifici sulle coste del Mediterraneo fino al Vicino Oriente.
La parola "bacino" accompagnata dall'aggettivo "ceramico" o "architettonico" è in uso fin dal secolo XVIII. Il termine italiano (in generale al plurale) viene utilizzato in architettura anche in altre lingue.[2][3]
Nel Medioevo gli edifici venivano abbelliti all'esterno con elementi in pietra, intonaco ed affreschi, ma l'arrivo dall'Oriente attorno al X secolo di piatti e ciotole di ceramica smaltata e colorata consentì una innovazione in tale decorazione garantendo un aspetto visivo di insieme di superficie lucida che determinava un elemento di rottura con la parete opaca di mattoni o pietra.[4] In particolare i bacini vennero usati nelle architetture religiose cristiane in Europa, ma anche in edifici civili pubblici, come la Torre civica e Porta Nuova a Pavia ed anche privati come Casa Baccinelli a San Gimignano.[5][6] L'impiego dei bacini ceramici iniziò attorno al X e durò fino al XV secolo scomparendo successivamente con qualche eccezione rara. Infatti a Pisa nei secoli XVI e XVII in lavori di ristrutturazione stilistica alcuni bacini furono eliminati e le cavità livellate. [7][2]
Alcune chiese, specialmente a Pisa, sono stati veri e propri musei di questo tipo di ceramiche, che ora sono raccolte, al chiuso (in particolare nel Museo nazionale di San Matteo di Pisa) per la loro miglior conservazione e protezione dagli agenti atmosferici.
I bacini ceramici venivano inseriti nelle facciate con due modalità: in corso di esecuzione dell'opera, quando la loro presenza veniva prevista in fase di progetto, realizzando appositi alloggiamenti e sagomando doverosamente la pietra o il laterizio per accogliere il bacino, oppure a facciata già costruita tramite uno scasso con rottura del paramento tale da consentire l'inclusione del bacino.[1]
I bacini ceramici svolgono solo una funzione estetica e fu la disponibilità di piatti e ciotole a colori, in assenza delle tecniche di fabbricazione in loco, che permise il loro impiego decorativo. I molti bacini studiati a Pisa, datati tra l'inizio del X e la fine dell'XI secolo, hanno provenienza per il 90% dalle zone occidentali dei paesi islamici (Nordafrica, Spagna, Baleari) mentre il restante 10% ha origine egiziana.[1]
Sui motivi che hanno spinto alla loro adozione sono state avanzate tre ipotesi:
In Italia sono noti almeno trecento edifici medievali, decorati con bacini ceramici, per un totale di circa seimilacinquecento pezzi. Circa la metà di essi sono ancora in situ mentre l'altra metà è conservata in musei.[13] La presenza di bacini ceramici si concentra soprattutto nel centro-nord Italia con Pisa in testa seguita da Roma, Pavia e Bologna.[4]
Sono presenti bacini decorativi su edifici a Siviglia, a Saragozza, a Teruel e Calatayud in Spagna; in Francia meridionale (per es. sulla facciata della Maison Romane - Municipio della Città Vecchia - a Saint-Antonin-Noble-Val) ed in Corsica (che rientra però nel contesto architettonico toscano e ligure). Anche sulla costa orientale dell'Adriatico sono presenti decorazioni a bacini a Zara e Traù. In Grecia è sto constatato un uso notevole specialmente attorno ad Atene e nel Peloponneso, con presenza anche nelle isole di Rodi e Creta. L'Anatolia ha qualche esempio così come la Georgia.[1]
In Toscana sono presenti oltre 60 edifici ad essi vanno aggiunti quelli presenti in Corsica (11) ed in Sardegna (oltre 50). In Lazio sono stati contati circa 50 edifici.[4] Pavia, Milano, Ferrara, Ravenna, Genova, Lucca, Sassari ed Ascoli Piceno hanno da 4 a 10 edifici con bacini.
Lo studio dei bacini ceramici iniziò negli anni '30 del Novecento con le opere del Ballardini,[8][21] e solo a partire dal 1970 fu iniziato un censimento sistematico degli edifici e delle loro ceramiche. Graziella Berti, archeologa italiana contribuì in maniera sostanziale alle ricerche sui bacini e sulle ceramiche pubblicando numerosi articoli alcuni dei quali con Ezio Tongiorgi specificamente dedicati alle ceramiche pisane.[22] [23][12]
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