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figura araldica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'aquila bicipite (o aquila bicefala) è, in araldica, l'aquila con due teste separate fin dal collo e rivolte in due direzioni opposte. Generalmente, la si pone nel capo d'oro, detto capo dell'Impero. Infatti l'aquila bicipite identifica l'unione di due imperi.
L'aquila bicefala ha origine in Mesopotamia dove compare nei sigilli sumeri con il dio Enki.[1] Uccelli e altri animali mitici a due teste furono in seguito adottati anche dagli ittiti[2] e si suppone che l'aquila a due teste fosse un "simbolo reale".[3]
L'aquila bicipite fu adottata come stemma nell'Impero bizantino sotto la dinastia dei Paleologi. Una teoria attribuisce la sua introduzione con l'imperatore Isacco I Comneno (1057-1059), la cui famiglia proveniva dalla Paflagonia. In questa terra si trovava l'importante città di Gangra (oggi Çankırı) e ad essa era associato il simbolo ittita dell'acquila a due teste.[4] Oggi, la Chiesa ortodossa greca usa l'aquila bicipite come eredità dei Bizantini. Lo stesso stemma fu usato in precedenza dagli Arsacidi, re d'Armenia, e più avanti dagli Asburgo, imperatori d'Austria e re d'Ungheria, e dai Romanov, zar di tutte le Russie. Anche i re di Serbia, i principi di Montenegro, e l'eroe albanese della resistenza contro i turchi ottomani, Giorgio Castriota Scanderbeg, adottarono l'aquila bicipite come emblema. L'aquila bicipite fu adottata anche in Oriente, per il Regno di Mysore nell'India.
Secondo alcuni autori una testa rappresenta l'Occidente e l'altra l'Oriente, in particolare le due metà dell'Impero bizantino, una in Europa e una in Asia. Nella disposizione delle teste c'è l'eccezione della città di Fiume: le due teste sono dalla stessa parte, rivolte entrambe a sinistra (verso la destra dell'osservatore).
Da una prospettiva esoterica, le due teste alluderebbero all'unione in sé del potere spirituale e di quello regale-temporale,[5] propria del re del mondo Melchisedec,[6] mentre in alchimia rimanderebbero all'androgino o al rebis.[5]
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