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espressione giornalistica riferita a gruppi criminali dediti a sequestri di persona Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Anonima sequestri (o Anonima sarda) è stata un'espressione giornalistica utilizzata dai media italiani per riferirsi a gruppi criminali originari della Sardegna dediti a sequestri di persona, assalti e rapine a mano armata, inizialmente in Sardegna ma poi anche in altre regioni italiane, in prevalenza dagli anni 1960 agli anni 1990.[1][2][3][4][5]
La gravità del fenomeno fu tale che già alla fine degli anni sessanta venne istituita una commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno del banditismo in Sardegna, oltre a modifiche legislative volte a inasprire le pene per il reato di sequestro di persona e alla procedura del blocco dei beni della famiglia del rapito. A porre definitivamente fine al fenomeno dei rapimenti a scopo di estorsione nei primi anni novanta fu la classificazione del reato di rapimento a scopo di estorsione al pari del reato di associazione mafiosa con la conseguenza che vennero bloccati i beni dei parenti dei sequestratori anziché dei sequestrati, grazie anche alle pressioni del comitato degli ex sequestrati che hanno contribuito a tale svolta.[1][3]
Gruppi di sequestratori originari della Sardegna hanno operato in tale regione compiendo 177 sequestri in trent'anni,[6] prevalentemente in Gallura (ad opera di una banda chiamata dai giornalisti Anonima gallurese[7] o Superanonima[8]), in Barbagia, nelle Baronie e, occasionalmente, anche nella vicina Corsica e in regioni dell'Italia continentale come la Calabria, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Lazio, l'Umbria e la Toscana, dove si contano venti sequestri.[6]I paesi d'origine dei più famosi sequestratori sono Orgosolo, Orune e Mamoiada.
Il fenomeno dei sequestri di persona in Sardegna guadagnò notorietà nei media italiani negli anni sessanta, quando la frequenza dei rapimenti si impennò e si estese anche alla penisola, specialmente in regioni dove erano presenti comunità di immigrati sardi praticanti attività agro-pastorali. Il rapimento di personaggi famosi come i cantanti Fabrizio De André e Dori Ghezzi, del bambino Farouk Kassam e dell'imprenditrice Silvia Melis, nonché gli scontri armati con le forze dell'ordine, contribuirono a tenere alta l'attenzione mediatica fino agli anni novanta, quando i sequestri diventarono episodici, grazie anche al mutato quadro legislativo penale.
A partire dal 1997 i sequestri si ridussero drasticamente, scomparendo quasi completamente nel XXI secolo.[9][10][6]
Contrariamente alle organizzazioni criminali italiane di stampo mafioso dell'Italia meridionale, come Cosa nostra in Sicilia, la 'ndrangheta in Calabria e la camorra in Campania, che sono caratterizzate da strutture gerarchiche e complesse, tramandano il proprio potere nel tempo e tra generazioni familiari, possiedono un rigido codice d'onore, impediscono di abbandonarle a chiunque vi abbia preso parte ed estendono la propria influenza alle istituzioni politiche, i gruppi responsabili di sequestri di persona in Sardegna sono stati associazioni a delinquere estemporanee, estranee a qualsivoglia apparato istituzionale e non aventi rapporti con le mafie. Non si può quindi propriamente parlare di "anonima sarda" o di "organizzazione criminale", vista la mancanza di una struttura unitaria e di organizzazione interna continua nel tempo e per la totale indipendenza della maggior parte degli episodi criminali tra di loro.
Alcuni inquirenti, dal momento che un sequestro di persona nelle modalità tipiche sarde richiedeva inevitabilmente l'appoggio di un gran numero di persone, hanno accusato la popolazione delle aree interne e montuose dell'isola, quasi sempre luoghi di prigionia dei sequestrati e di origine dei sequestratori, di omertà e collusione con i banditi, ma eventi come quello di Osposidda, in cui la popolazione del paese del sequestrato si armò e partecipò all'inseguimento ed alla cattura dei sequestratori, hanno evidenziato una situazione più complessa. La piaga dei sequestri è stata un fenomeno rilevante nel periodo 1960-1997, richiedendo anche la mediazione con i gruppi criminali, a cura di persone quali inquirenti (elemento centrale fu il giudice Luigi Lombardini), avvocati, giornalisti, imprenditori ed emissari delle famiglie dei sequestrati.
Il fenomeno si è ridotto drasticamente a partire dalla metà degli anni novanta; al giorno d'oggi è scomparso pressoché completamente nella forma tradizionale, lasciando spazio a sparuti casi di sequestro lampo. La criminalità rurale sarda si è da allora dedicata principalmente agli attacchi ai portavalori o ad attività criminali di tipo urbano, come rapine in banche ed uffici postali e traffico di sostanze stupefacenti.
In aggiunta al generale declino dei crimini violenti in Italia dagli anni '90, si può ritenere che un sostanziale impatto sul numero di sequestri derivasse da specifiche iniziative legislative e governative.
In particolare
La stagione dell'eversione politica, attiva in Italia già dai primi anni del dopoguerra, si espanse in Sardegna a metà degli anni sessanta e si concluse negli anni ottanta, periodo in cui finirono gli anni di piombo anche nella penisola. I contatti tra i criminali sardi implicati in sequestri di persona e i militanti di organizzazioni eversive di sinistra e attive nel terrorismo rosso, quali Brigate Rosse e Nuclei Armati Proletari, furono in parte aiutate dalla detenzione di militanti di sinistra nelle carceri di massima sicurezza dell'isola, in maniera similare ai soggiorni obbligati dei mafiosi meridionali nel Settentrione, che influenzarono la nascita della Mala del Brenta. I movimenti terroristici e paramilitari più famosi nati nell'isola, per la maggior parte di ideologia comunista e indipendentista, furono Barbagia Rossa, Movimento armato sardo e il Comitato di solidarietà con il proletariato prigioniero sardo deportato, che nell'arco di un decennio rivendicarono diversi attentati e sequestri di persona.
Tra i principali sostenitori della causa indipendentista ed eversiva vi fu l'editore Giangiacomo Feltrinelli, che più volte tentò di prendere contatti con diverse organizzazioni dicendo di voler fare la rivoluzione in Sardegna (con l'aiuto dei gruppi indipendentisti) e formare un governo comunista (con l'aiuto degli eversivi di sinistra), sul modello attuato da Fidel Castro a Cuba,[19] e pensò di nominare Graziano Mesina, il più noto bandito della criminalità sarda, come capo delle truppe ribelli, idea che effettivamente fu presa in considerazione sia dagli eversivi di sinistra, come dimostrano vari contatti, che dai servizi segreti.
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