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film del 1958 diretto da Alessandro Blasetti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Amore e chiacchiere, noto anche come Salviamo il panorama, è un film del 1958 diretto da Alessandro Blasetti.
Amore e chiacchiere | |
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Gino Cervi e Vittorio De Sica in una scena | |
Paese di produzione | Italia, Spagna, Francia |
Anno | 1958 |
Durata | 95 min |
Dati tecnici | bianco e nero |
Genere | commedia |
Regia | Alessandro Blasetti |
Soggetto | Cesare Zavattini |
Sceneggiatura | Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Isa Bartalini, José María Otero (per la versione spagnola) |
Produttore esecutivo | Attilio Riccio |
Casa di produzione | Electra Compagnia Cinematografica (Italia), Ariel Film (Spagna), Societe Generale de la Cinematographie (Francia) |
Distribuzione in italiano | Cei-Incom |
Fotografia | Gábor Pogány |
Montaggio | Mario Serandrei |
Musiche | Mario Nascimbene, diretta da Franco Ferrara |
Scenografia | Veniero Colasanti |
Costumi | Filippo Sanjust |
Trucco | Francesco Freda |
Interpreti e personaggi | |
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Il ricco commendatore Bonelli, Gino Cervi, è proprietario di una splendida villa, che sorge in una località marina di fronte a una pittoresca insenatura. La vista che si gode dalla villa è però minacciata dalla presenza di un ospizio per anziani, che era stato parzialmente distrutto durante la guerra, e che ora si vuole ricostruire. Il commendatore ha delle conoscenze altolocate e potrebbe impedire il progetto, ma il vicesindaco appoggia le rivendicazioni popolari.
Un avvocato, che è anche assessore comunale facente funzione di sindaco, ha il difetto di ritenersi un abile oratore, e da questo il commendatore cerca di trarre profitto offrendogli di tenere il discorso di inaugurazione della villa alla presenza di molte autorità e della televisione. Egli però pone una condizione: l'avvocato otterrà l'incarico, se dichiarerà in pubblico di voler impedire la deturpazione del panorama. Il vicesindaco è disposto ad accettare, anche perché nel frattempo le sue idee democratiche hanno subito un duro colpo con la fuga da casa del figlio, fidanzatosi con la figlia dello spazzino comunale.
Tale fidanzamento era stato inizialmente vietato dallo stesso padre della ragazza, con modi rudi che prevedevano anche ripetuti schiaffi alla propria figlia. Nel momento in cui lo stesso netturbino, attraverso malintesi, arriva a parlare col sindaco del fidanzamento tra i due giovani, il sindaco, Vittorio de Sica, vieta in modo indiscutibile tale possibilità, prima facendo un quadro dei tempi necessari affinché i ragazzi possano crescere, arrivando allo Sbarco sulla Luna, che prevede per il 1970, poi con minaccia di licenziamento immediato del netturbino stesso. Intanto i vecchietti, stanchi di aspettare, iniziano la costruzione dell'asilo. A questo punto l'avvocato fa una promessa solenne davanti alle telecamere, e poi dà al figlio il permesso di sposarsi. I due giovani, dopo un tentativo di suicidio, vengono fermati da un poliziotto e riportati a casa; il commendatore deve accettare così il fatto compiuto.
Gli interni del film vennero girati negli stabilimenti di Cinecittà. Anche se i titoli di testa non lo specificano, si tratta di una coproduzione tripartita: con la Spagna, dove furono girati anche alcuni esterni, e con la Francia, come risulta dall'unico cartello dei titoli di coda. In origine, il titolo del film era Salviamo il panorama[1], ma fu cambiato per timore che il pubblico si confondesse potendo pensare a un film turistico. Il vecchio titolo rimase come sottotitolo. Venne iscritto al Pubblico registro cinematografico con il n. 1.815 e, presentato alla Commissione di Revisione Cinematografica, ottiene il visto di censura n. 24.508 del 26 giugno 1957 con una lunghezza della pellicola accertata di 2.600 metri, senza operare alcun taglio[2]. Il 28 gennaio 1958 il film venne ammesso alla programmazione obbligatoria al contributo del 16%[2] Ebbe la prima proiezione pubblica a Torino il 27 gennaio 1958, quindi la distribuzione partì il 31 dello stesso mese. Il film venne proiettato anche in Spagna, paese coproduttore, con il titolo Hablemos de amor (Salvemos el paisaje) il 28 aprile 1958[3] e in Germania, dove ebbe come titolo Liebe und Geschwätz. In Francia non risulta sia mai stato proiettato. L'incasso non risulta comunicato da fonti ufficiali. È stato proiettato in televisione diverse volte ed è stato inoltre pubblicato in DVD dalla Medusa Video. Nel film viene citata anche la squadra della Fiorentina nella scena in cui i due giovani, di ritorno dal treno verso Roma, s'imbattono in un gruppo di militari tifosi viola, di cui uno è Umberto Lenzi in viaggio per una trasferta allo Stadio Olimpico per la gara Roma-Fiorentina. Nella scena seguente allo Stadio dei Marmi, un altoparlante dello stadio annuncia la formazione viola dello scudetto della stagione precedente, il 1955-56.
«Graziosa ma garbata pellicoletta, Amore e chiacchiere si allontana molto da quel roseo bozzettismo e da quella evasiva superficialità che da qualche anno segnano i limiti delle commedie cinematografiche italiane. C'è una maggior pulizia, ecco tutto, una pulizia morale. (...) Il racconto ha le sue pagine più sincere nella descrizione del verde amore tra i due adolescenti (...)»
«Non diremo di più circa il soggetto, punteggiato di invenzioni e di notazioni tutte sapide, vivaci e mordenti, che Blasetti ha saputo porre in rilievo con quella precisione descrittiva e ritmica di cui è maestro. Tra gli interpreti vi sono nomi di grande importanza, ma noi vogliamo citare per primi quelli di due giovanissimi, Carla Gravina (al suo esordio) e Geronimo Meynier (uno dei due "amici per la pelle" nell'omonimo film di Franco Rossi), i quali interpretano la parte dei figli con una sincerità, una sensibilità, una grazia, che non è esagerato definire incantevoli.»
«La parte finale non è senza goffaggini e semplicistiche soluzioni, tuttavia il quadro risulta nell'insieme polemico, amaro, convincente. Per comprendere appieno il valore del film, basta rifarsi alle recenti dichiarazioni di Blasetti. "Nel mio ultimo lavoro - ha detto il regista - ho voluto prendere di mira la prevaricazione, ciò che la potenza del denaro può consentire nei confronti dei diritti pubblici".»
«Si sente dappertutto una presenza calda e cordiale, che è naturalmente la presenza di Blasetti, la sua passione per la vita, la sua eterna fiducia e buona fede di fronte ai suoi personaggi e al suo mondo. Si capisce che, nascendo in una famiglia di gobbi, com'è ormai quella del cinema italiano, il film non poteva, secondo l'atavica legge della famiglia dei gobbi, non avere anche lui qualche piccola gobbetta.»
«Amore e chiacchiere rimane comunque, ad onta dei suoi limiti, un film ben raccontato, un film che procura di divertire - e vi riesce - senza rinunciare all'apporto dell'intelligenza. Che un film comico sia nato da un'idea e che questa idea sia sostanziata di una stimolante moralità è una cosa che va ascritta a pieno attivo di Amore e chiacchiere, film che come tale si raccomanda all'attenzione e che si inserisce perciò coerentemente nella filmografia di Alessandro Blasetti.»
«E adesso? Ho le unghie di Blasetti alla gola. "Insomma, ti piace o non ti piace il mio film?", sento che ringhia. Mi piace e non mi piace, caro Sandro. L'impegno, la dignità con i quali tu sempre fatichi, e più ancora gli attuali stravizi cinematografici mi fanno esclamare: "Ne avessimo un paio all'anno, di Amore e chiacchiere. Ma... Ecco. L'idea fondamentale era bella: dagli occhi di un ragazzo che stimava il padre, cade la benda... tutt'a un tratto l'idolo si rivela un pagliaccio. Ma il tuo Bonelli è talmente scoperto! È di una infima, clamorosa futilità: dovuta (perdonami) al tuo rozzo, plateale senso del comico, non sbavatosi mai (da Retroscena ad Altri tempi e a Tempi nostri) alle altezze dello humour.»
«In Italia più si chiacchiera e meno si fa, soprattutto i politici, ma anche gli intellettuali, che sono poi quelli che, in qualche modo, creano fuori d'Italia l'immagine dell'Italia. De Sica nel film era perfetto, in questo senso: l'importante è chiacchierare, non fare, e nel film chiacchiera, chiacchiera (...) Non era un film sul rapporto tra padri e figli, come qualche critico allora disse, anche se l'ipocrita era il padre e l'ingenuo il figlio.»
«Contrasti tra padri e figli, maneggi di provincia, arroganza dei ricchi, corruzione dei potenti, all'alba della ricostruzione dell'Italia. Tutto ci parla di Cesare Zavattini sceneggiatore in uno dei suoi film minori.»
Pino Farinotti nel suo Dizionario[quale?], gli assegna due stelle e mezzo recensendo così il film: «Le intenzioni sono quelle di una satira politica sugli italiani (come quello di parlare e di non fare), ma la sostanza è di apologo, di favola morale: Blasetti e lo sceneggiatore Zavattini sono dalla parte dei giovani e il film ha le sue pagine più fresche nella descrizione dell'amore tra i due adolescenti. Lei è Carla Gravina: una rivelazione».
In Cinema di tutto il mondo, del 1978, si parla di un'opera «vivace e simpatica che vuole essere un'analisi spesso ben riuscita della società contemporanea» [6]
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