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pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Altobello Melone (Cremona, 1490/1491 – Cremona, prima del 1547) è stato un pittore italiano.
Egli fu — secondo l'autorevole parere di Roberto Longhi — «uno dei giovani più moderni ed audaci che contasse nei primi decenni del Cinquecento la pittura dell'Italia settentrionale».
Sulla vita di Altobello Melone si hanno pochissime notizie certe. Particolarmente difficile risulta la ricostruzione del suo apprendistato e del suo percorso artistico anteriore alla prima data certa, quella dell'allogazione degli affreschi del duomo di Cremona nel 1516.
Tra le opere che — non senza incertezze attributive — compongono il primissimo catalogo di Altobello si possono citare la Madonna col Bambino e san Giovannino dell'Accademia Carrara di Bergamo e la Adorazione del Bambino e Santi in deposito al Kunsthaus di Zurigo da collocare temporalmente attorno al 1510.
Esse mostrano come il giovane pittore, a quella data, sia alla ricerca di una propria misura stilistica, attenta alle novità leonardesche o bramantiniane provenienti da Milano e al tonalismo di matrice veneziana.
A ridosso di tali prove si colloca l'evento destinato a marcare in profondità lo stile di Altobello: l'incontro con il Romanino. Una significativa testimonianza della comunanza di intendimenti e di soluzioni che si viene a stabilire con il pittore bresciano è data dal Compianto su Cristo morto della Pinacoteca di Brera proveniente con ogni probabilità dalla chiesa di San Lorenzo a Brescia e datata al 1512[1].
La convergenza stilistica con Romanino è particolarmente evidente, quasi a formare un sodalizio, nel corso del secondo decennio del Cinquecento, al punto che nelle Notizie d'opere del disegno redatte tra il 1521 and 1543 dal collezionista d'arte veneziano Marcantonio Michiel il pittore cremonese è indicato come discepulo di Armanin; un'assonanza tanto forte da rendere talvolta difficile l'attribuzione di opere all'uno o all'altro autore.
Appartengono a questo periodo la Trasfigurazione al Szépművészeti Múzeum e la Coppia di Amanti nella Gemäldegalerie di Dresda. Quest'ultima tavola (della quale esistono anche altre copie eseguite dallo stesso Altobello) mostra con evidenza il distacco compiuto dal linguaggio e dalla poetica di Tiziano. Commentando il quadro Mina Gregori osservò:
«A Venezia invano cercheremmo […] quell'impasto inestricabile di miseria e nobiltà che s'impersonano in questo malinconico Ruzzante e nella sua compagna.»
Sempre a questo periodo particolarmente fertile appartiene uno dei quadri più celebri del Melone, il cosiddetto Cesare Borgia conservato all'Accademia Carrara (ca. 1513). La tavola raffigura un gentiluomo dallo sguardo intenso e severo con un copricapo ornato — secondo la moda del tempo — da una spilla e con una mano coperta da un guanto bianco. La figura (che nella prima metà dell'Ottocento è stata romanticamente e disinvoltamente identificata col duca Valentino) si staglia su un paesaggio tempestoso che mostra come la lezione di Giorgione e di Tiziano, ancorché contrastata, sia stata attentamente meditata.
Un'altra prova delle qualità di ritrattista è fornita da Altobello nella tavola Ritratto di dama alla Pinacoteca di Brera (ca. 1510-15). Vi è raffigurata una nobildonna e dallo sguardo intenso e un po' malinconico, con una grande collana formata da cerchietti di due diversi colori; il suo portamento elegante che si staglia sullo sfondo di una fortezza (identificabile con quella di Brescia).
Il 1516 ed il 1518 rappresentano le uniche date certe nella carriera di Altobello: esse corrispondono alle due documentate allogazioni degli affreschi sulla Vita di Cristo da eseguire nella navata centrale del Duomo di Cremona.
In questa sorta di tempio della pittura padana, Altobello si trova a doversi confrontare con le prove di altri artisti chiamati in quegli anni a realizzarvi l'apparato decorativo: Boccaccio Boccaccino e Gian Francesco Bembo.
Ancora una volta Altobello dà prova di voler essere convinto interprete dell'anticlassicismo e del linguaggio "espressionistico" proprio dello stile del Romanino. Le sette scene realizzate da Altobello sono percorse da una potente carica trasgressiva — emblematica è la Strage degli Innocenti — che si manifesta nella esasperazione dei gesti e nella trasformazione grottesca dei volti, dense di rimandi alle incisione di Dürer e di Altdorfer. Lo stesso Romanino nel 1517 verrà chiamato, in qualità di giudice, a stimare le prime scene affrescate dal suo sodale cremonese e, in anni successivi, a proseguirne l'opera.
La stessa interpretazione in chiave popolare sino ai limiti del grottesco di soggetti sacri è rinvenibile in opere coeve quali Sulla strada verso Emmaus alla National Gallery di Londra o la tavoletta Viaggio di Sant'Elena verso Gerusalemme in cerca della Sacra Croce in collezione privata.
Le opere più tarde mostrano ancora stretti punti di contatto con il Romanino, ma anche aperture verso il più tenero linguaggio di artisti quali Lotto o Correggio, aperture rese necessarie dalla ricerca di una cifra stilistica capace di confrontarsi con le intenzioni manieristiche che si intravedono nella nuova generazione di pittori cremonesi; segnatamente Giulio Campi e Camillo Boccaccino.
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