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popolazione indoeuropea Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gli slavi sono un ramo etno-linguistico dei popoli indoeuropei: vivono principalmente in Europa, dove costituiscono circa un terzo della popolazione. A partire dalla loro patria originaria (in Europa orientale) nel VI secolo, si sono spostati anche verso l'Europa centrale e verso i Balcani. In seguito molti di loro si sono stabiliti nell'Asia settentrionale o sono migrati in altre parti del mondo.
I migranti slavi si univano alle popolazioni che già abitavano le terre in cui si stanziavano; per questo motivo i moderni popoli slavi mostrano pochi tratti genetici comuni. Un fattore unificante è invece il fatto di parlare tutti delle lingue slave, come pure un comune senso d'identità slava, intesa però in modo assai differente tra i vari popoli.
I popoli slavi sono tradizionalmente divisi lungo linee linguistiche in Slavi occidentali (che comprendono i Cechi, gli Slovacchi, i Polacchi, i Casciubi e i Sorbi), Slavi orientali (che comprendono i Russi, i Bielorussi, gli Ucraini e i Ruteni) e Slavi meridionali (tra cui i Serbi, i Bulgari, i Croati, i Macedoni, i Montenegrini, i Bosniaci e gli Sloveni).
Sono state fatte diverse ipotesi sulle origini del nome "slavi" (in latino Sclaveni, in antico slavo ecclesiastico Slověne, termine attestato dalle prime fonti scritte slave, risalenti al IX secolo):
Collegata con il nome degli slavi è anche l'etimologia della parola italiana "schiavo":[2] in latino medievale, il vocabolo sclavus derivava proprio da "slavo". Con il termine greco bizantino Σχλαυηνοί gli storici dell'impero romano d'Oriente del secolo VI designavano gli Slavi che, varcato il Danubio, iniziavano a infiltrarsi nella penisola balcanica.[3] Il termine greco passò poi al latino Sclaveni; come e perché, accanto a queste forme, siano poi sorte quelle brevi Σχλάβοι e Sclavi non è ben chiaro. Assai rapidamente e in tutti i Paesi europei l'etnonimo si mutò in sinonimo di "popolo asservito". Passato così a indicare uno status giuridico, in sostituzione dei classici mancipium e servus, il medievale sclavus è all'origine della parola che indica lo "schiavo" in quasi tutte le lingue europee. Con un processo simile, d'altronde, le lingue finniche utilizzano con il significato di 'schiavo' la parola orja, che potrebbe derivare dal nome dei loro antichi nemici "ariani".
Gli slavi fecero la loro comparsa nell'Europa centro-orientale, nella zona dei fiumi Warta, Vistola, Dnepr e Dnestr, verso il VI secolo d.C., e da questa zona iniziarono poi a spostarsi verso i quattro punti cardinali.
Sono state formulate diverse teorie relativamente all'urheimat slava, ossia la "patria d'origine degli Slavi".[4]
In tale periodo e soprattutto nei secoli precedenti sono assenti fonti scritte e pochissimi reperti archeologici testimoniano delle vicende degli slavi prima dell'inizio di questa migrazione. Ci dobbiamo affidare perciò alla linguistica storica, tenendo presente che le conclusioni che si possono raggiungere sono molto relative.
Esiste, però, un elemento che complica ulteriormente le cose e crea problemi tuttora non risolti: la cosiddetta civiltà lusaziana (1400-500 a.C.). Secondo alcuni studiosi, è una manifestazione della cultura germanica, ma secondo storici polacchi e cechi è già manifestazione culturale slava. Questa civiltà si diffuse fino all'Elba: se fosse stata una civiltà originaria slava, dovremmo ipotizzare che gli Slavi si siano rivelati presenti in quella zona mille anni prima del VI secolo d.C. L'ipotesi che la civiltà lusaziana testimoni una presenza di slavi così presto e così ad occidente è tuttavia molto debole. Nessun toponimo antico nella zona sembra avere origini slave (non è affatto dimostrato che il nome della città di Kalisz derivi dal protoslavo *kalu, 'fango'), e non troviamo parole di origine celtica nelle lingue slave, mentre sarebbe stato inevitabile se i lusaziani fossero venuti in contatto con popolazioni celtiche.
L'ipotesi più diffusa è che in questa zona che abbiamo considerato all'inizio, tra Polonia, Ucraina e Bielorussia, siano comparse le popolazioni protoslave verso il VI secolo d.C., che forse provenivano dagli Urali.
La società degli slavi era di tipo tribale e lo rimase per molto tempo. Ogni tribù aveva un proprio territorio, i campi erano posseduti in comune e la proprietà privata era molto limitata.
Agli inizi, la vita sociale era basata sul concetto di *rod ('schiatta', 'stirpe'), una stretta parentela di sangue. Successivamente però, la famiglia tese lentamente a ingrandirsi in modo graduale, in primo luogo per via di matrimoni, e in seconda istanza, cominciarono ad essere considerati membri della famiglia anche quelli che vi erano entrati come forza lavoro. Si passava pertanto da una famiglia basata sulla parentela alla comunità locale: presero vita così i primi villaggi e poi, quando mercanti e artigiani si spostarono nei centri più grandi e fortunati, nacquero le prime città, prima protette da palizzate di legno, poi da mura di pietra.
Le istituzioni erano strettamente legate al commercio, la legislazione era orale e consuetudinaria (per avere una legislazione scritta, la Russkaja Pravda, si dovette aspettare il regno di Jaroslav il Saggio (1019-1054). Il sistema giudiziario rifletteva chiaramente gli usi e le necessità di una società di commercianti. Il principe (knjaz') era semplicemente considerato un primus inter pares: era il guerriero più valoroso, riconosciuto ed eletto capo, proprio come nel mondo germanico. Successivamente i principi avrebbero cercato di rendere la loro carica ereditaria. Compiti del principe erano quelli di favorire il commercio e combattere contro i nemici: al principe spettava soprattutto il compito di fornire ed organizzare le scorte armate per proteggere i commercianti. Queste scorte armate sarebbero diventate in breve l'esercito principale del principe (družina, analoga alla trustis germanica), in simbiosi con il principe stesso. Il principe, inizialmente non nobile, tenderà poi a diventarlo e a estendere la propria nobiltà al suo esercito (nella družina si trovano dunque le origini del ceto dei boiari). I boiari avrebbero poi costituito nel tempo la classe dei grandi proprietari terrieri, dotandosi ciascuno di una propria personale družina,facendo crescere inevitabilmente la conflittualità tra principe e boiari.
Gli slavi erano degli abilissimi agricoltori, che coltivavano i propri appezzamenti di terra con il lavoro di famiglia e sfruttavano ampiamente le foreste e le risorse naturali dei territori da loro abitati.
In epoca storica, gli slavi non erano popoli nomadi: solo quando il suolo era esaurito cercavano altre sedi.
Coltivavano cereali (grano, miglio, segale, orzo, avena), e ortaggi (cavoli, rape, carote), allevavano bestiame (bovini, equini, suini, ovini), praticavano la caccia e la pesca, lavoravano il legname.
Essi si stanziavano soprattutto lungo i fiumi perché
Il commercio avveniva attraverso il baratto: successivamente cominciarono a essere usate pelli come moneta, infine venne introdotta la moneta metallica.
A partire dall'inizio del VII secolo gli slavi incominciarono un collettivo movimento migratorio.
Nell'805 Carlo Magno fissò il cosiddetto Limes Sorabicus lungo i fiumi Elba, Saale e Danubio. A partire dall'808 venne fissato anche il Limes Saxoniae tra il golfo di Kiel e la città di Lauenburg, per cercare di mettere un argine al dilagare degli Slavi. Questi due confini, in effetti, segnano la fine dell'avanzata degli Slavi verso occidente, dopo che essi si furono stabiliti in Pomerania, Slesia, Boemia, Moravia, Slovacchia e nei Carpazi Occidentali. Non avendo a disposizione fonti scritte per questo periodo, dobbiamo rifarci alla linguistica e soprattutto alla toponomastica:
- Berlin deriva dal protoslavo *běrlu, 'palo';
- Leipzig deriva dal protoslavo *lipa, 'tiglio'.
Gli slavi poterono dunque migrare con maggiore facilità soprattutto verso est e verso nord.
Durante l'Alto Medioevo, piccoli gruppi di slavi aggregati ai Longobardi si insediarono anche nell'Italia settentrionale, in particolare in Friuli, Veneto, Lombardia e Piemonte. Secondo il cronista Paolo Diacono, i Longobardi impiegarono ausiliari slavi durante alcune operazioni militari, come per l'assedio di Cremona del 603, e alle porte della loro capitale, Pavia, è documentato un grande porto sul Ticino, dotato di castello, denominato Sclavaria[6].
Tra Slavi occidentali e Slavi orientali ci sono sempre stati scambi linguistici e culturali. Austria, Ungheria e Romania, paesi non slavi, dividono la Slavia settentrionale (occidentale ed orientale) dalla Slavia meridionale. Tra Slavia settentrionale e Slavia meridionale i contatti furono a grandi linee impediti, soprattutto dalle scorrerie (prima) e dallo stanziamento (poi) dei Magiari.[7] Ma agli inizi del XV secolo molti intellettuali slavo-meridionali (soprattutto monaci serbi), in fuga davanti agli Ottomani, ripararono a Mosca, creando così un forte legame e un fecondo scambio.
Non è possibile ricostruire con precisione il pantheon slavo originario. Le fonti scritte (sia documentarie, sia narrative) sono tutte successive alla conversione degli slavi al cristianesimo: furono redatte da monaci (praticamente la totalità per il periodo delle Rus' di Kiev e circa tre quarti per il periodo della Moscovia), e questi autori eliminavano sistematicamente ogni richiamo al paganesimo precedente.
Le Cronache russe contengono delle sezioni narrative (skazanja) che si richiamano al periodo anteriore alla conversione degli slavi, ma questi racconti sono stati tutti recensiti e adattati dai monaci autori delle cronache. Un caso differente è quello delle byliny, racconti epici in versi, tramandati oralmente: qui si trovano molte più informazioni sulla religione degli slavi, anche se è difficile collocare cronologicamente con precisione le informazioni che ci giungono da fonti orali.
Un accenno ad una divinità slava nella Cronaca degli anni passati si trova in una formula di giuramento con la quale si concludevano sempre i trattati commerciali tra i mercanti russi e quelli greci:
Confrontando varie byliny e anche alcune skazanje possiamo affermare che:
Resta da risolvere, però, il problema di quale rapporto ci sia tra Perun e Thor, il dio germanico della folgore (nella Rus' erano presenti i Variaghi), e Perkūnas, divinità baltica raffigurata proprio come Perun. In definitiva, non è ancora chiaro se Perun fosse una divinità propria del mondo slavo, o presa "in prestito" dal mondo germanico o da quello baltico (è nelle lingue baltiche che il nome di Perkūnas è ricollegabile al "tuono": ancora oggi in lettone perkůns significa 'tuono', mentre parole analoghe in ucraino o in polacco potrebbero essere entrate in tempi posteriori). Tra l'altro, non è escluso che il nome del dio Thor si trovasse scritto su qualche fonte in caratteri runici, e gli autori delle cronache slave possano aver confuso nella traslitterazione una Þ con una P.
Da altre fonti emergono i nomi di altre divinità:
A partire dal VIII secolo i monaci benedettini missionari irlandesi o di scuola irlandese operarono a partire dalla Carantania verso la Carniola, Croazia, Dalmazia, Bosnia e Montenegro (per un breve periodo), verso la Boemia cristianizzando, Cechi, Boemi, Moravi, Slovacchi, Sloveni, Avari e Rumeni; dalla Boemia il cristianesimo si diffuse fino ai Polacchi.
Nel IX secolo i monaci bizantini Cirillo e Metodio cristianizzarono molte tribù slave meridionali di Serbia, Macedonia, Bulgaria e di Montenegro. Per far comprendere la Sacre Scritture e la liturgia cristiana a questi popoli, essi inventarono un nuovo alfabeto, il cosiddetto alfabeto glagolitico.
La lingua paleoslava è scritta con due alfabeti:
L'alfabeto inventato da Cirillo e Metodio è quello glagolitico, mentre quello cirillico, che di Cirillo porta il nome, venne creato dai suoi discepoli Naum e Sava, rifugiatisi in Macedonia.
«Se furono gli Slavi nel secolo VI ad abbattere il ponte che collegava l'Oriente e l'Occidente cristiani, si può dire che dai secoli IX e X in poi il loro compito storico sarebbe stato quello di ricostruirlo. Li attendeva il destino difficile dei popoli cerniera, la prospettiva di partecipare, secondo le epoche e le circostanze, a riavvicinamenti e osmosi parziali o viceversa a separazioni e incomprensioni fra l'Oriente ortodosso e l'Occidente cattolico, fra due modi di concepire il mondo e le sue strutture, leggi e finalità, e il ruolo che l'uomo viene chiamato a svolgervi volontariamente o suo malgrado.»
L'antenata di tutte le lingue slave nacque in un'epoca incerta dalla lingua proto-indoeuropea (probabilmente dopo essere passata attraverso uno stadio proto-balto-slavo). Secondo la tesi più diffusa gli indoeuropei che rimasero dopo le migrazioni iniziarono ad utilizzare la lingua balto-slava.[senza fonte] L'effettivo proto-slavo, definito come ultimo stadio della lingua che precede la divisione delle lingue slave storiche, risale al VII secolo, ed era probabilmente parlato durante il V e VI secolo.
Il gruppo delle lingue slave appartiene alle cosiddette lingue satem, o isoglossa orientale della famiglia delle lingue indoeuropee, insieme ai gruppi baltici e indo-iraniani. Questo avviene in contrasto alla divisione occidentale (lingue centum), che include il germanico e il celtico.
L'origine dei parlanti del pre-protoslavo e del protoslavo è oggetto di grandi dibattiti.[4] A partire dal XIX secolo la questione assunse una valenza politica, particolarmente in relazione alla storia delle divisioni polacche, e all'imperialismo tedesco conosciuto come Drang nach Osten: in sostanza, sia i tedeschi sia gli slavi volevano essere gli autoctoni della terra lungo il fiume Vistola.
Il dibattito venne sfruttato a scopo di propaganda politica e ha spesso assunto toni emotivi e intrisi di proto-archeologia e misticismo nazionalista.
Nel corso degli anni sono state avanzate alcune ipotesi per riconoscere tracce archeologiche di popolazioni slave anteriori al VI secolo d.C., quando gli slavi sono chiaramente riconoscibili nella zona paludosa che comprende le attuali Bielorussia, Polonia e Ucraina:
Recenti ipotesi genetiche sul popolamento dell'Europa, in via di elaborazione, propongono una teoria almeno in parte alternativa sull'origine degli slavi. Osservando la frequente ricorrenza di un determinato aplogruppo del cromosoma Y, l'aplogruppo R1a, tra gli eredi storici degli slavi, e constatandone la particolare frequenza in Pomerania, tale ipotesi individua nell'area compresa tra le attuali Germania e Polonia la culla ancestrale della lingua e della cultura slava, che da lì si sarebbe irradiata verso sud e verso est.
Una vaga reminiscenza di questa origine autoctona potrebbe essere presente nella leggenda di Lech, Čech e Rus, che narra in varie forme la storia di tre fratelli che in seguito si divisero generando le nazioni polacca, ceca e russa.
Oggi gli stati di lingua slava sono: Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro, Polonia, Federazione Russa, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Ucraina.
Gli Slavi adottarono gradualmente il Cristianesimo tra il VI e il X secolo, e conseguentemente fu soppressa l'antica religione slava. Le due principali divisioni cristiane negli slavi sono gli ortodossi e i cattolici, cui si affiancano minoranze di religione protestante e islamica. In molti gruppi etnici slavi la grande maggioranza dei credenti condivide la stessa religione, sebbene molti siano atei o agnostici; in quest'ultimo caso le persone possono tuttora identificarsi con una particolare religione in senso culturale e storico.
1. Coloro che sono in maggioranza ortodossi:
2. Coloro che sono in maggioranza cattolici:
3. Coloro che sono in maggioranza musulmani:
4. Mescolanza di religioni:
Le divisioni tra ortodossi e cattolici si acuirono per l'uso dell'alfabeto cirillico dagli ortodossi e i greci cattolici e dell'alfabeto latino da parte dei cattolici romani. La lingua serba, la lingua bosniaca e la lingua montenegrina possono essere scritte sia in alfabeto cirillico che latino. Tra i paesi a maggioranza di popolazione slava il cattolicesimo risulta la principale religione in Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Croazia. Le chiese ortodosse sono invece affermate in Bielorussia, Ucraina, Serbia, Bulgaria e Macedonia del Nord. In Bosnia ed Erzegovina le principali religioni sono la religione islamica, la religione ortodossa e la religione cattolica, professate rispettivamente dalle singole comunità etniche bosgnacca, serba o croata, che compongono il popolo della Bosnia-Erzegovina. In Macedonia le principali religioni sono la religione ortodossa e la religione islamica, professate rispettivamente dalle singole due comunità etniche che compongono il popolo della Macedonia del Nord, ossia quella macedone e quella albanese. In Russia la religione più diffusa risulta quella ortodossa, dichiarata da circa il 41 % della popolazione.
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