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divinità romana dell'agricoltura Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Saturno (in latino Saturnus) è un'antica divinità venerata dai Romani, considerato il dio dell'agricoltura e della semina.
Saturno è l'equivalente latino del titano greco Crono. Era raffigurato come un anziano barbuto, vestito con un mantello e con in mano una piccola falce o ronchetto adunco. Si riteneva che, scacciato dall'Olimpo, per un periodo avesse regnato nel Lazio, nella cosiddetta età dell'oro, un'epoca pacifica e di progresso. Un giorno sarebbe improvvisamente scomparso, causando la decadenza progressiva dell'umanità.
Già in antichità lo si riteneva non indigeno ma proveniente dalla Grecia[4] il che ne denuncia quanto meno una precocissima influenza ellenica. Particolare significativo è che i sacrifici a lui dedicati erano eseguiti nel modo "greco" (Graeco ritu)[5] ovvero a capo scoperto (capite aperto) e coronato[6].
Altra caratteristica di questa divinità consiste nel fatto che la sua immagine culturale era rappresentata con i compedes (lacci) di lana ai piedi: da notare che la caratteristica dei compedes è propria degli schiavi. E questo spiega un'altra caratteristica che è invece legata alla festività del dio, i Saturnali[7], celebrati a partire dal giorno 17 del mese di December (dicembre): questo giorno[8] era un giorno di totale libertà per gli schiavi[9] i quali potevano banchettare con i loro padroni, da cui venivano anche serviti[10].
Tali caratteristiche indicano in Saturno una divinità, e quindi una festività, che promuove la trasgressione dell'ordine vigente allo scopo di generare una mancanza di regole, condizione grazie alla quale si può, con l'anno nuovo alle porte, rigenerare l'ordine appena perduto che procede sotto la dignitas di Giove.
In tal senso Mircea Eliade ricorda:
«Le feste avvengono in un tempo sacro, cioè nell'eternità, come fa notare Mauss. Ma vi sono feste periodiche -sicuramente le più importanti- che lasciano intravedere qualcosa di più: il desiderio di abolire il tempo profano già trascorso e di instaurare un "tempo nuovo". In altri termini, le feste periodiche che chiudono un ciclo temporaneo e ne aprono uno nuovo, intraprendono una rigenerazione del tempo.»
Tra le caratteristiche di queste feste religiose Eliade ricorda:
«intermezzi carnascialeschi, saturnali, rovesciamento dell'ordine normale, "orgia". [...] La "confusione delle forme" è illustrata dallo sconvolgimento delle condizioni sociali (nei Saturnali lo schiavo è promosso padrone, il padrone serve gli schiavi; [...])»
Dal che il dio Saturno e le sue feste, i Saturnalia, rievocano l'era aurea (aurea aetas), priva di conflitti[14] e di differenze sociali, quando regnava la prosperità e l'abbondanza e queste non erano frutto della fatica o della sofferenza. Il ricondurre il periodo posto alla fine dell'anno a quell'epoca aurea, consente alla tradizione religiosa romana di rigenerare il tempo sacro, di avviare l'anno nuovo che inizia per l'appunto con Ianuarius (gennaio), il mese del dio dell'inizio: Giano.
Ma Saturno non è solo il dio della rigenerazione, a lui non si fa riferimento solo per il periodo aureo dell'abbondanza, Saturno è il dio che ha insegnato agli uomini la tecnica dell'agricoltura e con essa la civiltà, da qui una possibile lettura dell'accensione dei ceri durante i suoi riti, celebrati in occasione anche dell'apertura dei granai e della conseguente distribuzione del farro alla cittadinanza.
«hoc principe ab incomi et tenebrosa vita quasi ad lucem et bonarum artium scientia editi sumus»
«le candele stanno a significare che grazie a quel principe ci elevammo da una vita informe e oscura alla luce e alla conoscenza delle arti liberali.»
«tum rex Evandrus Romanae conditor arcis:
Haec nemora indigenae Fauni Nymphaeque tenebant
gensque virum truncis et duro robore nata,
quis neque mos neque cultus erat, nec iungere tauros
aut componere opes norant aut parcere parto,
sed rami atque asper victu venatus alebat.
primus ab aetherio venit Saturnus Olympo
arma Iovis fugiens et regnis exsul ademptis.
is genus indocile ac dispersum montibus altis
composuit legesque dedit, Latiumque vocari
maluit, his quoniam latuisset tutus in oris.
Aurea, quae perhibent, illo sub rege fuerunt
saecula: sic placida populos in pace regebat.
deterior donec paullatim ac decolor aetas,
et belli rabies, ac amor successit habendi.»
«Allora il re Evandro, fondatore della rocca romana:
"Abitavano questi luoghi Fauni indigeni e Ninfe;
forti creature nate da tronchi di duro rovere;
non avevano civiltà di costumi, né sapevano aggiogare
tori, o raccogliere provviste, o serbare il raccolto,
ma gli alberi e la dura caccia li sostentavano di nutrimento.
Primo venne Saturno dall'etereo Olimpo,
fuggendo le armi di Giove ed esule del regno usurpato.
Raccolse la stirpe indocile e dispersa per gli alti monti,
e diede leggi e volle che si chiamassero Lazio
le terre nella cui custodia era vissuto nascosto. Sotto quel re vi fu il secolo d'oro, che narrano; così reggeva i popoli in placida pace;
finché poco a poco seguì un'età peggiore, che mutava
in peggio il colore, e la furia della guerra e del desiderio di possesso.»
Significativo è il fatto che uno degli appellativi di Saturno fosse Stercutus (anche Stercutius, Sterculius, Sterces) ovvero la divinità del concime questo inteso anche come fertilità, ricchezza[15][16].
«Agricoltura, civiltà, benessere e leggi -o piuttosto il sottofondo e la condizione di tutto questo, come appare dalla concimazione e dalla sospensione temporanea delle leggi nei Saturnalia- ecco quanto il dio Saturno e il re Saturno rappresentano in modo perfettamente uguale.»
Il nome di Saturno è stato volentieri accostato, da antichi e moderni[17], per la sua etimologia alla semina[18] ma questa etimologia è del tutto indimostrabile[19].
Saturno, in qualità di rex è considerato anche il fondatore di una comunità situata sul Mons Saturnus prima che questi venisse indicato come Capitolium[20], così anche Roma[21] come anche l'Italia[22], fu indicata con il nome di Saturnia.
Quindi come Giano ha la sua sede sovrana sul Mons Ianiculus, Saturno possiede il Mons Saturnus, ovvero il successivamente denominato Capitolium (Campidoglio)[23], questo dopo essere giunto esule, via mare[24], scacciato dal suo regno, vivendo nascosto in quella regione che per questo motivo volle chiamare Latium (Lazio)[25].
Il suo "esilio" ci porta al suo accostamento, e quindi alla sua identificazione, con il dio greco Crono, identificazione operata dagli antichisti romani già nel I secolo a.C.[28], per via, ad esempio, delle festività Saturnalia collegate alle Kronia di Atene, come ricorda il poeta romano Lucio Accio (II secolo a.C.) negli Annales riportato da Macrobio:
«Maxima pars Graium Saturno et maxime Athenae
Conficiunt sacra, quae Cronia esse iterantur ab illis,
Eumque diem celebrant: per agros urbesque fere omnes
Exercent epulis laeti: famulosque procurant
Quisque suos, nostrique itidem: et mos traditus illinc
Iste, ut cum dominis famuli epulentur ibidem.»
«La maggior parte della Grecia, e soprattutto Atene, a Saturno
celebra feste, che da loro sono denominate Cronie,
e festeggiano quel giorno: per campi e per città quasi tutti
banchettano in letizia e servono ciascuno
i propri schiavi e tale costume passò di là ai nostri parimenti,
sicché gli schiavi mangiano a tavola con i propri padroni.»
Eppure, ricorda lo studioso italiano Dario Sabbatucci dietro a questa identificazione si cela una differenza fondamentale tra il latino Saturno e il greco Crono:
«Il Saturno dei Romani non era ricordato per aver regnato nel mondo prima di Giove, ma per aver regnato sul Lazio (o sull'Italia) prima di Roma (Cfr. Città saturnie). Il punto di vista romano non conosce altro cosmo che Roma e il suo impero; non per niente a Roma il mito di nascita della città tiene il posto di un mito cosmogonico. Quando però l'identificazione di Saturno con Kronos era diventata operante, si dovette relativizzare il dio romano al punto di vista greco; si favoleggiò allora di un Saturno-Kronos cacciato da Giove-Zeus che si rifugia nel Lazio dove viene accolto da Giano.»
Come alcune altre personalità divine ed eroiche delle fabulae romane, anche Saturno scompare[29] (non comparuit):
«Cum inter haec subito Saturnus non comparuisset, excogitavit Ianus honorum eius augmenta. Ac primum terram omnem ditioni suae parentem Saturniam nominavit: aram deinde cum sacris tamquam deo condidit, quae Saturnalia nominavit. Tot seculis Saturnalia praecedunt Romanae urbis aetatem. Observari igitur eum iussit maiestate religionis quasi vitae melioris auctorem: simulacrum eius indicio est, cui falcem, insigne messis, adiecit.»
«Nel frattempo Saturno scomparve improvvisamente, e Giano pensò di attribuirgli maggior onore: anzitutto chiamò Saturnia tutta la regione sottoposta al suo potere, poi, come ad un dio, gli consacrò un altare con riti sacri che chiamò Saturnali. Di tante generazioni i Saturnali precedono l'èra di Roma! E volle innalzarlo alla dignità del culto in quanto artefice di una vita migliore: ne fa fede la sua effigie, a cui diede come attributo la falce, simbolo della messe.»
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