Sarteano
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Sarteano (Sartiàno in dialetto locale[5]) è un comune italiano di 4 458 abitanti[1] della provincia di Siena in Toscana.
Sarteano comune | |
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Panorama di Sarteano | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Provincia | Siena |
Amministrazione | |
Sindaco | Francesco Landi (centro-sinistra) dal 7-5-2012 (3º mandato dal 13-6-2022) |
Territorio | |
Coordinate | 42°59′N 11°52′E |
Altitudine | 573 m s.l.m. |
Superficie | 84,81 km² |
Abitanti | 4 458[1] (31-8-2022) |
Densità | 52,56 ab./km² |
Frazioni | Castiglioncello del Trinoro |
Comuni confinanti | Cetona, Chianciano Terme, Chiusi, Pienza, Radicofani, San Casciano dei Bagni |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 53047 |
Prefisso | 0578 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 052031 |
Cod. catastale | I445 |
Targa | SI |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 237 GG[3] |
Nome abitanti | sarteanesi[4]; sartianesi (antico)[4] |
Patrono | Madonna del Buon Consiglio |
Giorno festivo | 26 aprile |
Cartografia | |
Posizione del comune di Sarteano all'interno della provincia di Siena | |
Sito istituzionale | |
È un paese di importanza storica e naturalistica, collocato sui contrafforti della Val d'Orcia in un altopiano al confine con la Val di Chiana. Il passato medievale del paese è testimoniato dal castello, elemento principale del paesaggio architettonico, e da un grande numero di chiese. L'economia di Sarteano è diversificata, ma fondamentalmente si basa sull'agricoltura e sul turismo. I prodotti della terra sono olio d'oliva, vino e frumento.
Scarse e incerte sono le testimonianze dell'uomo nel territorio di Sarteano nel Paleolitico. Le fasi successive, dal Neolitico all'età del bronzo sono invece ampiamente note grazie alla ricchissima documentazione archeologica proveniente dalla Grotta dell'Orso. Conosciuta fin dal 1954, questa ampia cavità carsica fu esplorata completamente dai componenti del Gruppo Speleologico di Sarteano. Fu indagata con scavi sistematici a partire dal 1960, prima da Guglielmo Maetzke poi dall'università di Pisa tra il 1960 e il 1963. La grotta, oggi non visitabile, è divisa in due parti comunicanti attraverso stretti cunicoli. In molte zone si rinvennero, generalmente in superficie, gruppi di vasi dell'età del bronzo, alcuni anche interi e contenenti cariossidi di grano, che lasciavano supporre deposizioni intenzionali legate a pratiche rituali. La stratigrafia ricavabile dal saggio principale indica la presenza dei seguenti aspetti culturali:
La frequentazione della grotta continua fino all'XI secolo a.C. e si hanno infine tracce di epoca romana con frammenti di piatti e anforoni. Un'altra cavità carsica nel territorio di Sarteano è la Buca del Rospo posta sul versante occidentale del monte Cetona che ha restituito vasi dell'antica età del bronzo deposti per una raccolta rituale delle acque di stillicidio.
Proprio le tracce di un passato etrusco sono quelle che più hanno segnato il territorio intorno a Sarteano, dal IX al I secolo a.C. I primi insediamenti occuparono le zone collinari più elevate, vicino alla Necropoli di Sferracavalli, lungo la strada che conduce a Radicofani e poi, soprattutto nel corso del VII secolo a.C., nella zona verso Castiglioncello del Trinoro dove la sterminata Necropoli di Solaia-Macchiapiana, con le sue numerose sepolture entro canopi (vasi cinerari a testa umana tipici di questo territorio), dimostra la presenza nelle vicinanze di un centro abitativo densamente popolato soprattutto nel periodo tardo-orientalizzante.
Con il periodo arcaico invece, ovvero con il VI secolo a.C., ci fu uno spostamento dell'area abitativa su colline meno elevate, poco sopra i 500 m., per avvicinarsi a quello che all'epoca era il centro politico egemone, ovvero il polo urbano di Chiusi che viveva in quella fase il suo periodo più florido, come dimostrano sul finire del secolo le imprese del lucumone Porsenna. Così le necropoli di maggior rilievo di quel periodo sono proprio quella della Palazzina, posta lungo una delle vie Cupe, ovvero i tracciati viari che conducevano verso Chiusi, e la Necropoli delle Pianacce.
Quest'ultima, indagata a partire dal 2000 dal museo civico archeologico di Sarteano e dal Gruppo archeologico Etruria ha riservato negli anni una serie di straordinarie scoperte, oltre ad essere ubicata in una zona di grande suggestione paesaggistica con uno splendido affaccio sulla Val di Chiana a controllo di quello che era anche in antico il fondamentale asse viario nord-sud tra Orvieto e Arezzo. In primo luogo l'eccezionale Tomba della quadriga infernale, con pitture uniche e dai colori vivacissimi della seconda metà del IV secolo a.C. in cui è raffigurato un demone dai capelli rossi alla guida di un carro trainato da due leoni e due grifi, probabilmente Charun – il Caronte etrusco - nella sua unica raffigurazione come auriga nello svolgimento del suo compito di accompagnatore delle anime verso l'Ade.
Anche le altre scene (il banchetto di due figure maschili accompagnate da un servitore e un grande serpente a tre teste e un ippocampo) sono ambientate nell'Ade e sono uno dei più fulgidi esempi del nuovo sentire degli Etruschi per un mondo funerario più tormentato e pauroso rispetto a quello di epoca arcaica. Accanto alla Tomba della quadriga infernale numerosi altri ipogei, databili tra la fine del VI e il I secolo a.C., mostrano una necropoli occupata da famiglie aristocratiche di un certo rango, così come di grande interesse è la struttura teatriforme collegata a tre di questi ipogei e adibita ai rituali funerari venuta alla luce nel 2007. Questo sito di straordinario interesse, visitabile, è solo una delle numerose realtà archeologiche del territorio.
Quando nel periodo Ellenistico, cioè nel corso del III e II secolo a.C., il popolamento del territorio si diffuse “a macchia di leopardo” ci fu un'occupazione sparsa, ma capillare e in quella fase le necropoli interessarono numerosi siti tra cui quello di Molin Canale, dove alcuni esempi di tipologie tombali sono stati messi in luce e resi visitabili. In epoca romana si mantenne una diffusa occupazione dell'area, anche in virtù dello sfruttamento delle sorgenti termali e sicuramente due importanti aree insediative dovevano essere nella zona di Sant'Alberto e nell'altra, molto ampia, della Peschiera Giannini e delle aree limitrofe. Resti di questi edifici termali legati a villae rustiche, mostrano un notevole grado di raffinatezza, come dimostrano le lastre di tipo Campana da Colombaio e dalla Peschiera.
Tutte le tracce di questo intenso e vitale passato, dai canopi orientalizzanti, ai buccheri, alle ceramiche figurate sia etrusche che attiche, le straordinarie statue-cinerarie di pietra fetida rinvenute nel 2006, fino ai reperti Romani sono esposti nel museo civico archeologico di Sarteano a testimonianza dell'alternarsi di tre civiltà dall'uomo dell'età del bronzo, agli Etruschi ai Romani.
Alcuni documenti provenienti dalle carte del monastero dell'Abbazia di San Salvatore del Monte Amiata attestano nel territorio della contea di Chiusi-Sarteano-Chianciano, fin dagli inizi dell'anno Mille, la presenza della famiglia longobarda dei conti Farolfi.[6] Causa la legge longobarda di successione ereditaria la contea venne a poco a poco spezzettandosi tra i molti rami di questa famiglia comitale da cui in Sarteano ebbero origine i conti Peponi e infine i Manenti.[7] Questi documenti[8] riferiscono di alcune donazioni effettuate dagli eredi dei Farolfi pro remedio animae in favore delle più note abbazie del territorio:
Il più antico documento tuttora esistente riguardante Sarteano è datato 1038 e parla del Castello come feudo dei conti Manenti, di lontana origine longobarda.
Nel 1228 Sarteano venne occupato dalle milizie orvietane comandate da Pietro Monaldeschi. Poco dopo la Repubblica di Siena mosse la controffensiva e, dopo aver preso Chianciano, le sue autorità imprigionarono Pietro, figlio di Monaldo, capostipite del ramo dei "Monaldeschi della Cervara". Pietro morì a Siena nel 1238.[9]
Dopo successivi conflitti tra le città di Siena ed Orvieto, con esiti alterni, verso la fine del XIII secolo le località di Sarteano e Chianciano furono elencate in appendice al catasto di Orvieto come: «dominii con obblighi speciali»[10]. In quel periodo nel comune di Orvieto era in atto la feroce disputa per il potere tra la famiglia ghibellina dei Filippeschi e quella guelfa dei Monaldeschi, conclusasi con la sanguinosa sconfitta dei primi.
Porta Monalda, posta in direzione di Siena, sormontata dallo stemma dei Monaldeschi e recante inciso l'anno 1313 (MCCCXIII), sembra voler ricordare ai Sarteanesi la «grande vittoria»[11] del condottiero Ermanno Monaldeschi. Egli, aspirante al potere della signoria orvietana, intraprese grandi lavori pubblici, tra cui la lunga strada selciata che, partendo da Porta Monalda e attraversando la valle del Paglia raggiungeva Orvieto.[12] "....consiste questa terra la maggior parte in una strada lunga competentemente larga, parte selciata e parte mattonata che principia alla porta Monalda". L'opera si rese necessaria per facilitare la percorrenza dei pesanti carriaggi effettuati dalle maestranze che per conto dell'architetto Lorenzo Maitani, dalla cava posta nelle vicinanze di Camporsevoli estraevano il prezioso travertino impiegato nella composizione dei bassorilievi del Duomo d'Orvieto.
Alla morte di Ermanno Monaldeschi avvenuta nel 1337, il controllo politico sul comune di Sarteano venne esercitato dalla città di Perugia quando, a seguito della battaglia di Torrita Perugia, stremata dalle ingenti spese, per porre fine alla lunga guerra contro Siena (1357-1359) fu costretta ad accettare il lodo del cardinale Egidio Albornoz, che pose fine alle pretese egemoniche di Perugia su gran parte del territorio toscano, e lasciare Sarteano e altre fortezze ai senesi[13]
Nel 1408, un poderoso esercito condotto da Ladislao di Durazzo, re di Napoli, nel tentativo di estendere i confini del proprio regno, si accampò in Val di Chiana nelle rocche di Ossaia e Valiano, in attesa di portare a termine l'impresa con la conquista della Repubblica di Siena e del Ducato di Firenze. Qui rimase per oltre due anni, compiendo devastazioni e razzie delle messi nelle campagne circostanti, tali da meritarsi l'epiteto di re guastagrano, rimasto a lungo nella memoria di quelle popolazioni.[14] Nel mese di giugno 1409, le milizie di Ladislao mossero dagli accampamenti e, dopo aver occupato Cortona, assediarono il castello di Sarteano, che venne prontamente difeso dalle milizie locali impedendone l'espugnazione.[15]
Nel 1455 il Castello subì un nuovo assedio da parte dei mercenari della Compagnia di ventura condotta dal perugino Jacopo Piccinino, rivoltatosi contro il governo senese dal quale pretendeva un pagamento per liberare il territorio repubblicano dalle sue masnade. Anche in questa occasione i sarteanesi seppero sconfiggere il nemico e, per celebrare la vittoria, eressero un altare di cui ancor oggi appare traccia nel cortile interno della rocca. Da quel 29 giugno, giorno della ritirata del Piccinino, la popolazione tributò per lunghi anni una processione annuale di ringraziamento che, partendo dall'abitato sottostante il castello, risaliva fino alla porta interna.[16].
Nel 1467, il Comune di Sarteano, liberatosi delle passate difficoltà, concluse con il governo senese un contratto di accomandigia perpetua, che prevedeva la protezione diplomatica e militare da parte della Repubblica di Siena in cambio dell'ingresso a pieno titolo del Comune di Sarteano nella Repubblica stessa.
La fedeltà del comune di Sarteano nei confronti del governo di Siena, auspicata dalle parti contraenti nell'accomandigia già sottoscritta, durò fino all'estinzione della repubblica senese stessa per mano imperiale. Le prime difficoltà arrivarono nel mese di gennaio del 1503, quando il duca Valentino, Signore di Romagna e braccio armato dello Stato Pontificio, dopo aver espugnato Perugia, abbandonata dai Baglioni, con un esercito agguerrito si portò in Toscana con l'intento di estendervi la sua signoria e assalì, pertanto, la rocca di Sarteano provocandole gravi danni.[17] La morte contemporanea di papa Alessandro VI, padre del Valentino, e la contrarietà del nuovo papa Giulio II, furono gli eventi che facilitarono il fallimento di quell'ambizioso progetto.[18]
Alla metà del XVI secolo tutto il territorio della Val di Chiana fu teatro del conflitto armato in atto tra Siena e Firenze nel contesto delle Guerre d'Italia franco-spagnole. Il punto di svolta per la Toscana si ebbe con la Battaglia di Scannagallo, dove l'esercito imperiale di Carlo V sconfisse l'esercito senese coadiuvato dai francesi nel 1554, determinando l'assedio di Siena e la sua resa per fame l'anno successivo (1555).
Nonostante la pesante sconfitta della città alleata, le comunità di Sarteano e Chiusi rimasero fedeli alla Repubblica di Siena riparata in Montalcino, dove i resti del suo esercito sconfitto condotto da Piero Strozzi tentarono l'ultima disperata resistenza. Nella primavera del 1556, non appena ricevuti i rinforzi dal duca Cosimo, le milizie del conte Mario Sforza di Santa Fiora mossero l'artiglieria pesante dall'accampamento di Radicofani, conquistando le ultime rocche di Sarteano e Chiusi, che vennero aggiunte ai domini dei Medici.
Pur resistendo a Montalcino fino alla fine della guerra, la Repubblica di Siena venne però estinta dal Trattato di Cateau-Cambrésis, che decretò il passaggio di proprietà del feudo nobile di Siena a Cosimo de' Medici, che andò quindi a porre sotto il suo dominio personale sia il Ducato di Firenze (cosiddetto Stato vecchio) e il Ducato di Siena (cosiddetto Stato Nuovo), comprendente anche Sarteano. La situazione ambigua venne sciolta da Papa Pio V nel 1569, che conferì a Cosimo il titolo di Granduca, ponendo entrambi i Ducati sotto il Granducato di Toscana con poteri amministrativi e magistrature autonome, sebbene gradite ai Medici.[19]
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 5 giugno 2001.
«Di rosso, al leone d'oro, linguato e allumato di rosso, armato di nero, accompagnato da due stelle di otto raggi, d'oro, una posta nel canto destro del capo, l'altra nel canton sinistro della punta. Ornamenti esteriori da Comune.»
Il leone d'oro in campo rosso è ripreso dal blasone della famiglia Manenti, conti di Sarteano che furono feudatari della zona dall'XI al XIII secolo (di rosso, al leone d'oro, accompagnato nel canton destro del capo da una rosa dello stesso).
Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di giallo.[20]
La fortezza, costruzione cinta da doppia cerchia di mura con il maschio quadrato e torri rotonde ai lati. Nel XIII secolo fu feudo dei conti Manenti e da questi ceduta al comune di Sarteano. Nel XVI secolo la rocca medievale, ormai cadente, venne modificata in una più moderna struttura militare secondo le tecniche di costruzione messe in atto in Toscana dall'architetto Baldassarre Peruzzi. Così Sarteano ebbe la sua "cittadella" capace di resistere agli attacchi delle nuove armi (bombarde ed archibugi) portate in Toscana nel 1454 dall'esercito di re Afonso di Napoli.[21] Il maschio della fortezza fu modificato e reso capace di ospitare stabilmente una guarnigione di soldati armati con armi da sparo; cunicoli sotterranei percorribili da soldati furono collegati con le porte di accesso dell'abitato. Fin dal 1590 i granduchi di Toscana concessero la proprietà della fortezza al capitano Eustachio Fanelli e ai suoi eredi.[22] Oggi la fortezza è stata acquistata dal comune di Sarteano per essere usufruita dalla cittadinanza.
Il Monumento ai caduti, definito come miglior monumento ai caduti d'Italia, è stato collocato nella piazza principale del paese nel 1923 in quanto dono da parte dello scultore italiano Arnoldo Zocchi, in onore della moglie originaria del luogo.
Abitanti censiti[23]
Consultando la rivista Montepiesi può essere ulteriormente seguita l'evoluzione demografica di Sarteano Nel gennaio 1970, ad esempio, gli abitanti di Sarteano risultavano essere 3.903 (Cfr. Montepiesi gennaio 1970). In Montepiesi) numero 2, 1970)[24] si trovano alcuni dati relativi al decennio 1960-1969. Nel periodo 1960-1969 nel comune di Sarteano sono nate 413 persone, ne sono morte 468, sono immigrate 1208 persone e ne sono emigrate 1692. Nel solo anno 1969 i nati a Sarteano furono 39, i morti 55, gli immigrati 156, gli emigrati 106.
Una significativa emigrazione di sarteanesi verso l'Australia è avvenuta negli anni sessanta.
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 530 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Il 15 agosto si svolge la Giostra del Saracino. La manifestazione ha tradizioni antichissime: il primo documento d'archivio risale al 1583, ma ha subito alcuni, anche lunghi, periodi d'interruzione; dal 1982 ha ripreso a svolgersi con regolarità. La Giostra fonda le sue radici nei tornei medievali, quando le attività equestri della caccia col falcone, cavalcate, quintane, e giostre costituivano il passatempo preferito dei cavalieri che con il gioco si mantenevano in esercizio per affrontare le più pericolose battaglie campali.[25]
Il giornale locale Montepiesi (antica denominazione del Monte Cetona), da oltre 40 anni racconta le cronache paesane. È una pubblicazione interessata a tramandare la memoria storica di Sarteano con lunghi e dettagliati racconti di Sarteanesi.[28] Il primo numero è uscito nel dicembre 1969.La rivista ha cessato la pubblicazione alla fine del 2017.[senza fonte]
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
2 luglio 1989 | 13 giugno 1994 | Stefano Paolucci | Partito Democratico della Sinistra | Sindaco | [32] |
13 giugno 1994 | 28 maggio 2002 | Rosanna Pugnalini | Partito Democratico della Sinistra | Sindaco | [32] |
28 maggio 2002 | 29 maggio 2007 | Fabio Dionori | lista civica di centro-sinistra | Sindaco | [32] |
28 maggio 2007 | 7 maggio 2012 | Roberto Burani | lista civica di centro-sinistra | Sindaco | [32] |
7 maggio 2012 | in carica | Francesco Landi | lista civica di centro-sinistra | Sindaco | [32] |
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