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regista statunitense Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Robert Burgess Aldrich (Cranston, 9 agosto 1918 – Los Angeles, 5 dicembre 1983) è stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense, considerato uno dei cineasti più anticonformisti della generazione che contribuì a trasformare il cinema americano negli anni cinquanta[1].
Più apprezzato dalla critica europea che da quella statunitense, ha sempre mantenuto un approccio indipendente per affrontare questioni politiche e sociali controverse, descrivere personaggi perdenti, cinici e violenti e ambienti (non ultimo quello di Hollywood) in cui l'avidità e la sete di potere sfidano l'individuo a sopravvivere.[2][3]
Nella sua trentennale carriera ha spaziato dal western (Vera Cruz) al noir (Un bacio e una pistola), dal film di guerra (Prima linea) alla commedia (Scusi, dov'è il West?) alternando enormi successi al box office tra cui Che fine ha fatto Baby Jane?, Quella sporca dozzina e Quella sporca ultima meta a clamorosi fallimenti come Quando muore una stella, L'assassinio di Sister George e California Dolls.
Nel 2017 l'attore Alfred Molina ha impersonato il regista nella miniserie Feud - Bette and Joan, trasmessa in Italia nel gennaio 2018 dal canale Studio Universal e incentrata sulla rivalità tra Bette Davis e Joan Crawford durante la lavorazione di Che fine ha fatto Baby Jane?.
«La lotta per l'autodeterminazione, la lotta per quello che un personaggio vuole che sia la sua vita... Cerco personaggi che si sentano abbastanza coinvolti in qualcosa che non si preoccupa delle probabilità prevalenti, ma che lotta contro quelle probabilità.[4]»
Nato nel 1918 a Cranston nel Rhode Island, Robert Aldrich crebbe in una famiglia di politici e banchieri (il nonno paterno era il senatore repubblicano Nelson Wilmarth Aldrich e uno degli zii l'imprenditore John Davison Rockefeller Jr.) e iniziò a lavorare nel cinema nel 1941, subito dopo la laurea in economia all'Università della Virginia.[5] Assunto dalla RKO come addetto alla produzione, si trasferì a Hollywood dove poco tempo dopo iniziò a lavorare come assistente di registi quali Edward Dmytryk, Lewis Milestone, Joseph Losey e Charlie Chaplin.[5] Nei successivi dieci anni Aldrich imparò il mestiere con film come I forzati della gloria (1945), Anima e corpo (1947), Arco di trionfo (1948) e Luci della ribalta (1952).
Nel 1952 debuttò alla regia in alcune serie televisive che lo fecero conoscere al pubblico americano, tra cui Schlitz Playhouse of Stars e The Doctor.[6] L'esordio sul grande schermo avvenne l'anno successivo con Il grande alleato, dramma ambientato nel mondo del baseball prodotto dalla MGM cui seguì il thriller Singapore intrigo internazionale, ma la svolta ci fu nel 1954 grazie all'incontro con l'attore Burt Lancaster, che lo stesso anno diresse nei western L'ultimo Apache e Vera Cruz prodotti dalla Hecht-Lancaster Productions.[5] Pur non particolarmente apprezzati dalla critica, entrambi furono dei successi al botteghino e assicurarono al regista una maggiore libertà per il film successivo.[7]
Il produttore Victor Saville gli chiese di adattare un romanzo di Mickey Spillane intitolato Kiss Me, Deadly (edito in Italia come Bacio mortale), uno dei gialli con protagonista l'investigatore privato Mike Hammer.[7] Il soggetto non trovò l'approvazione della Production Code Administration a causa dei riferimenti al narcotraffico e alla mafia, nonché il ritratto di Hammer come «assassino a sangue freddo i cui numerosi omicidi sono totalmente giustificati».[8] Aldrich e lo sceneggiatore A. I. Bezzerides trasformarono perciò il romanzo aggiungendo riferimenti alla guerra fredda e sostituendo la droga con la minaccia nucleare e nel novembre del 1954 la sceneggiatura fu approvata.
Il risultato fu Un bacio e una pistola, definito dal critico Tim Dirks «il film noir definitivo, apocalittico e nichilista»,[9] che cominciò a mostrare la cifra stilistica e narrativa che Robert Aldrich avrebbe ulteriormente sviluppato in seguito. Il film uscì nel maggio 1955 e ottenne un riscontro sufficiente a permettergli di fondare la compagnia Associates & Aldrich, con la quale lo stesso anno realizzò Il grande coltello, adattamento di The Big Knife di Clifford Odets interpretato da Jack Palance, Shelley Winters e Rod Steiger.[5]
Il graffiante ritratto di Hollywood e di uno star system fatto di personaggi egomaniaci, pavidi e amorali vinse il Leone d'argento alla Mostra di Venezia, ciò nonostante fu accolto da recensioni negative in patria mentre in Europa ottenne il plauso della critica. I Cahiers du cinéma accolsero Aldrich come protagonista di una nuova "rivoluzione autoriale" e inclusero tre dei suoi film (L'ultimo Apache, Vera Cruz e Il grande coltello) tra i dieci migliori dell'anno.[3][10][11] «Non c'è dubbio che la rivelazione di Robert Aldrich sarà l'evento cinematografico del 1955», scrisse François Truffaut, «all'inizio dell'anno non conoscevamo nemmeno il suo nome».[12]
Il grande coltello fu un insuccesso anche al box office e i risultati non migliorarono con il dramma Foglie d'autunno (1956), con il quale vinse l'Orso d'argento al Festival di Berlino,[7][13] il film antimilitarista Prima linea (1956), interpretato ancora da Jack Palance e vincitore del Premio Pasinetti a Venezia,[14] e il noir La giungla della settima strada (1957), prodotto dalla Columbia Pictures che non approvò la dura descrizione di un'industria di New York corrotta e infestata da criminali e rimpiazzò il regista con Vincent Sherman.[5]
Aldrich continuò a ricevere riconoscimenti in Europa, tanto che in Belgio il Club du Livre du Cinéma gli riservò una delle monografie della collana Les Grands Créateurs du Cinéma, accanto a cineasti quali John Huston, Jean Renoir e Vittorio De Sica.[2] Il decennio si chiuse proprio oltreoceano, dove nel 1959 girò i film di guerra Le colline dell'odio e Dieci secondi col diavolo, due co-produzioni che ottennero una tiepida accoglienza da parte di pubblico e critica.[5] Lo stesso anno fu chiamato a presiedere la giuria della 9ª edizione del Festival di Berlino.
Nel 1961 Aldrich tornò al western con L'occhio caldo del cielo, girato in Messico con Rock Hudson e Kirk Douglas come protagonisti. Il regista definì il periodo delle riprese «un'esperienza estremamente spiacevole» e fu particolarmente insoddisfatto della sceneggiatura di Dalton Trumbo, che nello stesso periodo stava scrivendo anche quelle di Exodus di Otto Preminger e Spartacus di Stanley Kubrick.[15] Allo stesso tempo dichiarò però di condividere in pieno la scelta di Trumbo di lavorare a più progetti contemporaneamente, dato che dopo oltre dieci anni era "uscito" dalla lista nera di Hollywood e aveva bisogno di riaffermare il proprio nome.[15] L'anno successivo girò in Italia e in Marocco il film storico Sodoma e Gomorra, al quale contribuì anche Sergio Leone come direttore della seconda unità prima di lasciare la produzione per cause mai conosciute.[16]
Il 6 settembre 1961 la stampa riportò che Robert Aldrich avrebbe diretto l'adattamento del romanzo What Ever Happened to Baby Jane? di Henry Farrell, progetto in sospeso da quando il produttore Richard Rush aveva acquisito i diritti cinematografici oltre un anno prima.[17] Secondo quanto scrisse il New York Times, Joan Crawford si era rivolta al regista già alcuni anni prima suggerendogli di girare un film con lei e Bette Davis. Da allora Aldrich era rimasto affascinato dall'idea delle due dive come co-protagoniste e il 29 luglio 1962 dichiarò che lui e la Crawford avevano concordato sulla storia da portare sullo schermo e che aveva incaricato Lukas Heller di scrivere la sceneggiatura.[17]
Che fine ha fatto Baby Jane? fu proiettato nel maggio 1963 al Festival di Cannes e ricevette cinque candidature agli Oscar, inclusa quella a Bette Davis come miglior attrice protagonista, ma vincendo solo quello per i migliori costumi. Venne accolto da recensioni prevalentemente positive e fu il più grande successo di Aldrich al botteghino dai tempi di Vera Cruz.[17] Dopo una serie di film piuttosto ignorati, il regista riuscì a "ringiovanire" la sua carriera con un'accusa al vecchio star system di Hollywood, un thriller psicologico che con il tempo sarebbe diventato un classico per il suo kitsch intenzionale e per le performance delle due co-protagoniste.[5][7]
Il 28 agosto 1963, dopo la commedia western I 4 del Texas realizzata per la Warner Bros. e quasi un anno dopo il successo di Baby Jane, la rivista Variety annunciò che Aldrich stava lavorando ad un progetto intitolato What Ever Happened to Cousin Charlotte?, suggerendo l'idea di un sequel.[18] In realtà la Crawford e la Davis avevano firmato per interpretare nuovi personaggi per un soggetto originale scritto da Henry Farrell, per cui nel marzo 1964 il titolo fu prudentemente cambiato in Hush... Hush, Sweet Charlotte (Piano... piano, dolce Carlotta).[18] Le riprese, subirono numerose interruzioni, dovute anche a una polmonite virale che aveva colpito Joan Crawford, e il regista decise di sostituirla e di volare a Parigi per ingaggiare Olivia de Havilland.[18]
La 20th Century Fox incrementò la campagna pubblicitaria per anticipare l'uscita nazionale in tempo per una possibile candidatura agli Oscar, tanto che Aldrich fu ricoverato in ospedale per un esaurimento nervoso mentre tentava freneticamente di terminare la post-produzione in tempo per la scadenza.[18] Il film ottenne sette nomination, tra cui quella a Agnes Moorehead come miglior attrice non protagonista, e fu un altro successo di critica e pubblico, anche se non al livello di Baby Jane.[7][18]
Altre due candidature arrivarono nel 1965 grazie a Il volo della fenice, una storia di sopravvivenza ambientata nel deserto del Sahara che nonostante la presenza di James Stewart, Richard Attenborough, Peter Finch e Ernest Borgnine si rivelò un fallimento commerciale.[7] Lo stesso anno E. M. Nathanson pubblicò il romanzo The Dirty Dozen, ispirato alla vera storia di un gruppo di condannati a morte costretti a partecipare ad una pericolosa missione in cambio della salvezza durante la seconda guerra mondiale. La MGM assegnò la regia a Aldrich e il film fu girato in Inghilterra nel 1966.[19][20] Forte di un cast che includeva Lee Marvin, John Cassavetes, Charles Bronson, Ernest Borgnine, Donald Sutherland e Telly Savalas, Quella sporca dozzina diventò il più grande successo di pubblico del 1967 e uno dei maggiori degli anni sessanta, oltre che un modello per molti film d'azione dei decenni successivi.[5][7]
Il successo del film permise al regista di acquistare uno studio cinematografico che inaugurò nell'agosto 1968, ma il piano di produrre fino a 16 film nei successivi cinque anni dovette fare i conti con il fallimento delle prime due produzioni:[19] il dramma anti-Hollywood Quando muore una stella e il controverso L'assassinio di Sister George, adattamento della commedia teatrale di Frank Marcus su un'affascinante attrice di soap opera (Beryl Reid) che teme di perdere sia il lavoro che la giovane amante (Susannah York). Il film fu distribuito col divieto ai minori di 18 anni, che condannò le sue prospettive commerciali e costrinse Aldrich a un accordo con la ABC-Palomar.[5][21]
Le cose non andarono meglio con Non è più tempo d'eroi (1970), forse il film di guerra più apertamente antimilitarista di Aldrich che contribuì anche alla sceneggiatura, il gangster movie ultraviolento Grissom Gang (Niente orchidee per Miss Blandish) (1971), e il western revisionista Nessuna pietà per Ulzana (1972), nonostante la presenza in quest'ultimo del vecchio amico Burt Lancaster che rimontò una versione alternativa del film per il mercato europeo.[7][22] Aldrich fu costretto a mettere in vendita il suo studio e nel 1973 realizzò per la 20th Century Fox il dramma ambientato durante la grande depressione L'imperatore del Nord, mostrato fuori concorso al festival di Berlino dove i due protagonisti Lee Marvin e Ernest Borgnine furono tra le celebrità più acclamate dal pubblico.[7][23]
Nel 1974 avvenne un altro incontro fortunato per Aldrich, quello con l'attore Burt Reynolds che diresse nel dramma sportivo Quella sporca ultima meta e l'anno successivo in Un gioco estremamente pericoloso, film neo-noir co-prodotto grazie alla creazione della RoBurt Productions. Il primo si aggiudicò un Golden Globe come miglior commedia ed entrambi risultarono molto apprezzati dal pubblico, risollevando momentaneamente il regista dalla crisi professionale e consolidando la celebrità di Reynolds.[7][24] Nel 1975 subentrò a Robert Wise come presidente della Directors Guild of America, corporazione dei registi cinematografici e televisivi statunitensi che guidò per quattro anni,[25] e nel 1977 diresse per la quarta e ultima volta Burt Lancaster in Ultimi bagliori di un crepuscolo, uno dei primi film apertamente critici verso la guerra del Vietnam tratto dal romanzo Viper Three di Walter Wager.[7]
Dopo il flop de I ragazzi del coro, nel 1979 diresse la commedia western Scusi, dov'è il West?, dopo la rinuncia di registi come Mike Nichols, Miloš Forman e Bud Yorkin. Aldrich accettò soprattutto perché a interpretare il ruolo del fuorilegge Tommy Lillard avrebbe dovuto essere John Wayne, rimanendo profondamente deluso quando l'attore si ritirò dal progetto per questioni economiche e fu sostituito da Harrison Ford.[26] «Ogni volta che dirigeva una scena, nella sua mente vedeva John Wayne», ha dichiarato il produttore Mace Neufeld, «trattava "mentalmente" con un'icona dello schermo, non aiutava Harrison come attore e gli metteva una pressione enorme».[26] Il film raccolse recensioni modeste, anche se la critica sottolineò il talento di Ford e soprattutto la performance del protagonista Gene Wilder, che in seguito ha espresso la sua ammirazione per il regista: «Era intelligente e in ogni momento sapeva esattamente quello che stava facendo. Come tutti i migliori registi, ti dava sempre l'opportunità di sorprenderlo».[26]
Nel 1981 Robert Aldrich diresse California Dolls, commedia ambientata nel mondo del wrestling femminile interpretata da Peter Falk. Mentre negli Stati Uniti si rivelò un clamoroso insuccesso (The Village Voice lo elencò tra i "disastri cinematografici" dell'anno)[27] il film ottenne un riscontro positivo oltreoceano e spinse il regista a considerare l'idea di un sequel.[28] Le cattive condizioni di salute non gli permisero però di portare avanti il suo progetto e pochi mesi dopo l'uscita del film, Aldrich dovette subire un intervento chirurgico che gli causò un'insufficienza renale.[28] Morì il 5 dicembre 1983 a Los Angeles, dove fu sepolto nel Forest Lawn Memorial Park di Hollywood Hills.[29]
Robert Aldrich è stato sposato dal 1941 al 1965 con Harriet Foster, dalla quale ha avuto quattro figli tutti impegnati nell'industria cinematografica: Adell, William, Alida e Kelly. Dopo il divorzio, l'11 novembre 1966 ha sposato la modella Sibylle Siegfried, rimasta accanto al regista fino alla morte di quest'ultimo nel 1983.[30]
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