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Il Quarto di San Pietro è uno dei quattro quarti dell'Aquila; quarto amiternino, fa riferimento al quadrante nord-occidentale della città.
Il Quarto è caratterizzato dal colore azzurro e il suo stemma occupa il primo quadrante del gonfalone cittadino. Lo stemma è d'azzurro all'albero piantato su un terreno erboso, sormontato da un uccello sulla chioma.
In origine lo stemma doveva avere l'effigie di San Pietro apostolo, in riferimento all'intitolazione della chiesa capoquartiere.[senza fonte]
Un caso eccezionale in Abruzzo nell'ambito storico e artistico-architettonico, è la fondazione dell'Aquila nel 1254 circa, come descrive la Cronica in versi di Buccio di Ranallo. Infatti una consistente parte del romanico abruzzese, presente soprattutto nelle chiese della Valle d'Aterno, del Gran Sasso, della piana di Navelli, della Valle Subequana, della Piana del Cavaliere e anche della Valle Peligna, dove lo stile aquilano si incontrò con quello sulmontino-casauriense, è proprio legata allo sviluppo artistico aquilano, che nel difficile percorso di affermazione, a causa delle varie ricostruzioni per terremoti, riuscì a consolidare un modello base per una consistente parte delle architetture religiose. Insomma il romanico delle chiese di Acciano, Assergi, Fontecchio, Navelli, Bominaco, Castel di Ieri, Castelvecchio Subequo sarebbe stato diverso dalla matrice aquilana che lo plasmò, e si sarebbe diffuso con un influsso più umbro o marchigiano; per cui le vicende dell'arte romanica aquilana, che già di per sé è un originale compendio di questo periodo e del gotico, esempio unico nel centro Italia, racchiuso come sostengono gli studiosi nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio. Per cui fu determinante la fondazione della città, e soprattutto assai originale la ripartizione in "locali" e "cantoni" nei quartieri storici.
Con diploma di Corrado IV di Svevia[1], figlio di Federico II, la città nuova venne fondata presso il villaggio di Acculi, oggi nel rione Borgo Rivera, presso la fontana delle 99 cannelle; il permesso venne accordato a feudatari, contadini e artigiani stanchi delle vessazioni dei signorotti dei diversi castelli che popolavano la conca amiternina, quali Bagno, Assergi, Paganica, Roio, Arischia, Sassa. Benché la conca aquilana fosse da secoli abitata come dimostrano le città romane di Amiternum e Forcona, che condividevano anche la sede vescovile, a causa della tesa situazione politica del governo svevo sull'Abruzzo, e della relativa vicinanza di Amiterno ai territori pontifici, venne definito un programma di costruzione della nuova città, con un'area cinta da mura di guardia, e ripartita in rioni con cantoni e locali, ossia il pezzo di terra colonica dove i cittadini avrebbero eretto le case, i palazzi di guardia e le chiese. Il progetto fu assai originale, anche se della città originaria non si sa quasi nulla a causa della distruzione di Manfredi di Svevia nel 1259 per ribellione; mentre dai documenti di Carlo I d'Angiò che volle fortemente la rinascita della città nel 1265, si desume con chiarezza il piano di scansione dei vari cantoni e dei quartieri[2].
I quarti dell'Aquila, legati in parte con i locali agli antichi castelli (la leggenda vuole fossero 99), vennero suddivisi nel 1276, e sono ancora oggi il San Giorgio (o Santa Giusta), Santa Maria, San Pietro e San Giovanni d'Amiterno (o anche San Marciano).
Il primo occupa la zona sud-est, il secondo che è il più grande tutta la zona nord fino a Piazza Palazzo, il terzo la fascia ovest, e l'ultimo la fascia sud-ovest. Il punto focale della nuova città era ed è ancora oggi Piazza Duomo, dove confluiscono tre dei quattro quartieri. Inoltre furono progettati dei cardi e dei decumani, come il Corso Vittorio Emanuele (anticamente la Strada Maggiore, che da Porta Paganica, presso il castello cinquecentesco, da nord porta a Piazza Duomo), il corso Federico II, che da Piazza Duomo a sud portava a Porta Napoli, e poi le due vie trasversali di corso Umberto I a ovest, che attraversa i due rioni San Pietro e Santa Maria, diventando poi via Andrea Bafile e via Roma fino a Porta Barete, che incrociandosi al corso Vittorio Emanuele presso il Palazzo del Convitto (costruito sopra l'ex monastero di San Francesco d'Assisi), verso est mediante via San Bernardino che porta fino alla Porta Leoni delle mura, creava l'intersezione detta "Quattro Cantoni".
Inoltre ciascuno dei quattro quarti era ripartito in piccoli locali dei coloni provenienti dai castelli[3], e ciascun gruppo di essi legato indissolubilmente, almeno per il livello storico, più che per il livello politico e religioso a suo tempo. Ad esempio il quarto Santa Giusta ha i locali dei castelli fondatori stanziati nella fascia sud-orientale della valle (Fontecchio, Tione, Goriano Valle, Bazzano, Bagno), Santa Maria quelli del nord (Assergi, Arischia, Camarda, San Silvestro, Pizzoli), San Pietro i castelli di Coppito, Sassa, Barete, Porcinaro, Vigliano, e San Marciano quelli di Roio, Lucoli, Tornimparte, Rocca di Corno (oggi Sella di Corno), Preturo. Per sottolineare ancora di più il legame di appartenenza ai castelli, anche se altri dicono che si trattò di questioni economico-amministrative, le chiese nuove fondate nei quartieri ebbero lo stesso nome dei relativi castelli di appartenenza, facendo gli esempi più chiari delle quattro chiese parrocchiali dei quarti (la chiesa di Santa Giusta da Santa Giusta extra moenia di Bazzano, chiesa di San Pietro a Coppito dalla parrocchia di Coppito, la chiesa di San Marciano da quella dei SS. Marciano e Nicandro di Roio, e ancor prima da San Giovanni di Lucoli, e infine la chiesa di Santa Maria Paganica dalla parrocchia di Maria SS. Assunta di Paganica).
Il Quarto, insieme a quello di Santa Maria di Paganica, si sviluppò con delle prime colonizzazioni nel 1254, con l'arrivo dei castellani provenienti dai centri di Poppleto (Coppito, il castello maggiore), Arischia, Barete, Pettino e Pile. I castellani di Poppleto, volendosi distaccare dai signorotti locali che governavano il territorio, e che entrarono anche in conflitto con Federico II di Svevia nel 1233 durante la sua discesa in Italia, colonizzarono il locale omonimo che si trova presso Piazza San Pietro, erigendo la chiesa di San Pietro a Coppito, in ricordo della chiesa omonima situata in castello di Poppleto, e ancora oggi esistente, dedicata alla Madonna delle Grazie.
Altre chiese simboliche delle parrocchie degli antichi castelli, vennero erette dei castellani di Barete (San Paolo da Barete in via Roma), da Arischia (San Benedetto d'Arischia che fu abbattuta nel 1934, per ampliare via Duca degli Abruzzi), San Lorenzo da Pizzoli (il complesso oggi detto "La Lauretana" situata in viale San Giovanni Bosco, sede dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice), la chiesa di Santa Croce presso via Roma, San Biagio d'Amiterno o anche San Michele, dai castellani di San Vittorino, eretta inizialmente presso l'attuale cappella dell'oratorio di San Giuseppe dei Minimi in via Roio; e conseguentemente al terremoto del 1703, rifatta quasi totalmente con la facciata rivolta su via Sassa, e nella zona sud, dopo la chiesa dei Domenicani, la chiesa di San Quinziano di Pile e la chiesa di San Pietro di Sassa.
Tra i palazzi di maggior rappresentanza, si hanno le famiglie Porcinari, di Poppleto, e soprattutto dal XIV-XV secolo i Gaglioffi, originari commercianti della lana, che si insediarono nel Collegio dei Nobili.
Il Quarto di San Pietro era divenuto da subito il centro politico della città, con la casa del Capitano Regio in Piazza Palazzo e il Collegio dei Nobili in Piazza Santa Margherita, ma altresì, rispetto ai due quarti Santa Giusta e San Marciano e a quello alto borghese di Santa Maria, era il quartiere più popolare, provvisto delle botteghe dei macellai, che si trovavano in via dei Macelli (oggi via Patini) e di intere strade di case popolari, come via Sassa, il Vicolaccio, e via Roma. Le famiglie più influenti erano i Pretatti e i Gaglioffi, rappresentanti dell'imprenditoria privata che interessava i suoi guadagni sullo sfruttamento dei propri feudi, ma anche molto influenti nel commercio e nel mercato.
I Pretatti nel 1355, per il governo della città, ebbero una violenta lite con i nemici Camponeschi di Santa Maria, e nella guerra con Lalle Camponeschi, i Pretatti furono esiliati, benché tentarono con il favore di una parte del popolo di riprendersi la città con la forza, mentre nei disordini civici, il capitano regio veniva cacciato. I fatti sono molto ben descritti dal cronista Buccio di Ranallo.
Il XV secolo fu il secolo d'oro della città, che divenne tra le più illustri d'Italia. Nel 1423-24 presso la parte nord del Quarto, in locale Santanza, si acquartierò il capitano Braccio da Montone che con il suo esercito cinse d'assedio la città, fedele al partito angioino contro quello aragonese di Alfonso I d'Aragona. Con la pace stipulata con Alfonso nel 1442 presso Cordinio, il commercio tornò a fiorire in città, che rimase sempre nel regio demanio, con il Collegio delle Arti, che aveva le stesse funzioni di quello di Napoli, nel 1458 la città divenne sede dell'Università civica.
Nel Quarto nel XV secolo i protagonisti sono i membri della famiglia Gaglioffi, che aveva due palazzi ancora oggi visibili, lungo via Sassa verso il monastero del Corpo di Cristo l'antica casa Gaglioffi con cortile, e all'altezza del sagrato di San Biagio d'Amiterno il Palazzo Gaglioffi Benedetti. Durante la decadenza degli Aragona, negli anni in cui giunse in Italia Carlo VIII di Francia, i Gaglioffi che avevano la roccaforte nel Quarto, si allearono con i Casella, di partito francese, e si pensò che la famiglia intendesse rovesciare il governo oligarchico dei Nobili, il cui massimo rappresentante favorito era il membro della famiglia Camponeschi del Quarto Santa Maria e di partito aragonese, alleato con gli Antonelli. I rancori popolari esplosero l'8 maggio 1495 con una rivolta dei cittadini di San Pietro contro quelli di Santa Maria; ci fu un tentativo di pacificazione de parte del capitano civico e di Prospero Colonna, tuttavia la rivolta si propagò per il centro, i cittadini di San Pietro assaltarono il quarto nemico, incendiando le case, assassinando i cittadini, e i membri degli Antonelli, che rispondevano con il saccheggio del quarto e l'uccisione di membri dei Casella
Durante il periodo di transizione della storia della città dal Quattrocento alla conquista spagnola nel 1503, nel quarto si ricorda la figura di Giacomo Gaglioffi, nato nel 1470, per metà legato alla famiglia Porcinari, sempre del quarto. In seguito alla congiura dei baroni, quando era arcidiacono della città, Giacomo si rifugiò presso Carlo VIII, volendosi vendicare degli aragonesi Camponeschi, discendendo col sovrano francese in Italia, ed entrando acclamato all'Aquila il 4 febbraio 1495, facendosi nominare sindaco e procuratore il 25 marzo. Fu l'inizio di un periodo di ascesa dei Gaglioffi, che ebbero il modo di controllare la città, e contrastare la voracità predatoria dei nobili e degli alto borghesi di Santa Maria contro le piccole e medie imprese. Si sostiene che Giacomo Gaglioffi fu intimo del magistrato Ludovico Franchi, sempre del Quarto San Pietro, il quale concordò con lui la successione al seggio del Collegio dei Nobili nel 1499. Tuttavia dopo una fallita congiura da F. Lucentini arcidiacono aquilano avvenuta il 23 giugno 1501, l'8 agosto anche il Franchi dovette darsi alla fuga dopo Giacomo, e dopo che tornò in città dovette ottenere ancora una volta l'appoggio francese per placare la rivolta delle fazioni.
Nel Palazzo del Collegio dei Nobili in Piazza Santa Margherita, da non confondere con il Convitto Camponeschi annesso alla chiesa del Gesù, dal 1355 al 1544 ebbe sede il Consiglio di Rappresentanza delle Arti, rappresentate da vari signori della città, in analogia con le Arti di Firenze e di altre città d'Italia, che partecipavano attivamente, insieme all'istituzione del Capitano Regio presso l'attuale Palazzo Margherita più a est, lungo Corso Umberto I, alla vita pubblica. La vita politica aquilana era tutta concentrata in quest'asse, tra Piazza Santa Margherita e Piazza del Palazzo, a differenza di Piazza Duomo, che era centro della vita economico-mercantile e sociale. Le Arti finanziarono vari progetti riguardo alla coltivazione del territorio circostante, collaborarono con i mercanti di lana e di pecore, istituirono delle cartiere presso il fiume Vetoio, e delle botteghe di lavorazione della ceramica e dell'argilla, presso lo storico locale di Acquili, presso le 99 cannelle, dove sorgeva anche il monastero di Santa Chiara delle Clarisse, dotata di bottega propria per la lavorazione delle ceramiche; tuttavia dopo l'infeudamento della città sotto Carlo V, e poi passata al Principe Fabrizio Colonna e a don Pedro Alvarez de Toledo, che fece erigere nel 1534 il Forte a nord di Santa Maria Paganica, nel 1544 fu soppresso di fatto il parlamento. Il parlamento infatti era il cuore pulsante della politica cittadina, rappresentato da membri delle casate nobili che venivano periodicamente eletti, a rappresentanza di ciascuna "arte" o mestiere, e che a mo' di repubblica amministravano la città, che era incamerata sino dai tempi di Carlo I d'Angiò nel regio demanio, godendo anche del favore papale.
Con i francesi e poi con gli spagnoli nel XVI secolo si chiuse un periodo irripetibile della storia di libertà della città, che vide momenti altalenanti di ripresa, con il governo della duchessa Margherita d'Austria, figlia di Carlo, a cui era andato il feudo aquilano insieme ad altri d'Abruzzo, ma senza più godere dello splendore d'un tempo.
Altra significativa componente che caratterizza l'impianto urbano aquilano sono gli insediamenti monastici che si inseriscono, secondo differenti modalità e tipologie, all'interno della città, ai limiti del tessuto edificato e a ridosso delle mura fortificate, o anche esternamente, come la Basilica di Santa Maria di Collemaggio (1288), fuori Porta di Bagno. I Francescani s'insediarono dentro le mura, con il complesso monastico affacciato su Piazza Palazzo, che oggi costituisce il Palazzo del Convitto "Domenico Cotugno", ricavato nel 1878 dall'antico convento, inglobato nel nuovo edificio sul corso Vittorio Emanuele. Della chiesa di San Francesco rimane l'impianto visibile dai porti lungo l'accesso al Corso Umberto I e la facciata oggi completamente rifatta prospettante su Piazza del Palazzo, dove si trova la biblioteca provinciale Tommasiana. I Celestini si insediarono sull'asse del corso Federico II con la chiesa di Santa Maria dei Raccomandati, e poi presso la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria in Piazza San Biagio (prospiciente la facciata della Basilica di San Giuseppe Artigiano); i Domenicani nell'antico complesso di Palazzo Gaglioffi e della Beata Antonia (per cui esiste il monastero del Corpo di Cristo) in via Sassa. In posizione marginale al palazzo, i Domenicani si collocarono ad occidente al confine del rione San Pietro con San Marciano, sull'antico asse di via Forcella, con la chiesa di San Domenico la cui facciata raggiunge i massimi vertici della costruzione angioina abruzzese, i Francescani si erano stanziati a oriente con il complesso della Basilica di San Bernardino (metà XVI secolo), sull'asse di via Roma-Corso Umberto Il, poi via San Bernardino, con orto estesi sino alle mura; gli Agostiniani da San Giacomo-Sant'Onofrio si attestarono con Carlo I nel 1270 sia a meridione con il complesso della chiesa di Sant'Agostino ed ex Prefettura, e a nord con la chiesa di Sant'Amico, con le agostiniane femmine.
Ad occupare gli ampi spazi tra l'edificato e le mura, i complessi celestiniani di Sant'Agnese e San Basilio (oggi ex ospedale San Salvatore) a nord di Porta Paganica, quelli delle agostiniane di Santa Lucia (oggi sede dell'Opera salesiana don Bosco) e le Clarisse del convento di Santa Chiara di Acquili (presso via XX Settembre). La renovatio urbis dell'Aquila avvenne nella metà del Cinquecento in base a due fatti: l'infeudamento sotto la corona Spagnola di Carlo V, quando la città passò in mano a don Pedro Alvarez de Toledo, che per punire la città per l'aver abbracciato la causa francese mediante Ludovico Franchi, impose una pesante tassazione, volendo erigere il mastio del Forte spagnolo, su progetto di Pietro Luis Escrivà, locato in posizione dominante sulla città.
La formazione della tagliata interna comportò la demolizione di alcuni "locali" del rione Santa Maria, e la distruzione totale del Guasto. S'innesta inoltre un processo di polarizzazione urbana sulla nuova struttura, con la chiusura di entrambe le porte sul lato nord delle mura (Porta Pizzoli e Porta Paganica), e il rafforzamento degli assi stradali, entrambi convergenti sul castello, del Corso in direzione nord-sud, e di via Castello-via Garibaldi, in direzione est-ovest, sui quali vanno anche ad attestarsi diversi insediamenti palaziali. Il secondo evento storico è l'arrivo in città delle duchessa Margherita d'Austria, figlia di Carlo V, sposatasi con Ottavio Farnese, ereditando dunque una parte dell'Abruzzo Ulteriore, insieme a Penne, San Valentino e Montereale. Margherita prese sede nel vecchio palazzo del Capitano, trasformandolo dal 1572 al 1577 nel Palazzo Margherita, lasciando di originale la torre civica medievale.
La città presenta ampi vuoti nelle zone periferiche, e anche all'interno delle mura, la piazza San Bernardino, dove giunge a compimento la facciata del 1542 di Nicola Filotesio, e lo spazio del Borgo Rivera dove si affacciano la fontana delle 99 cannelle e la chiesa di San Vito da Tornimparte, dove è ipotizzabile un intervento del Fonticulano.
In tale contesto è emblematico, in ordine al processo storico di formazione, trasformazione e stratificazione del tessuto urbano, il caso dei luoghi centrali della città storica tra gli slarghi di Piazza Palazzo, Piazza Santa Margherita e Piazza Annunziata. Le due sezioni storico-sincroniche evidenziano con chiarezza il transito dell'assetto riferibile all'ultimo quarto del XVI secolo, a quello sullo scorcio del XVIII secolo. Le planimetrie sono incentrate sulle tre piazze citate, tutte tangenti all'asse urbano principale di via Roma-Corso Umberto, che attraversa da ovest a est l'interno centro orizzontalmente, tra Porta Barete e Porta Leone. L'assetto urbano sullo scorcio del XVI secolo era piuttosto diverso dall'attuale.
Su Piazza Palazzo s'affacciavano, nel lato orientale, la chiesa convento di San Francesco a Palazzo, dove tra il 1879 e il 1893 fu allestita la biblioteca provinciale Salvatore Tommasi, insieme al liceo classico del Palazzo del Real Convitto; sul lato occidentale il Palazzo Margherita, esito del radicale intervento di ristrutturazione e ampliamento, la torre civica dell'orologio con la campana "reatinella", più alta prima del t"taglio ì" operato dagli spagnoli, che troncarono anche i campanili di Santa Maria Paganica e Santa Maria del Carmine, per evitare possibili rappresaglie degli aquilani contro il castello dell'Escrivà. Su Piazza Santa Margherita, esattamente posta dietro il Palazzo comunale, prospettava sul lato settentrionale il Palazzo Conte di Montorio, residenza del tesoriere regio, sul lato occidentale si affacciava la piccola chiesa di Santa Margherita, poi ampiamente rifatta nel XVII secolo con l'istituzione in città della Compagnia del Gesù, appartenente al locale Forcella (1294), e la sede della Camera Aquilana, residenza degli eletti, il Magistrato e i Signori, che aveva acquistato funzione pubblica già nel 1495, ristrutturata e ampliata nel 1570 e il 1572, oggi pressoché a tutti nota come il Palazzetto dei Nobili.
Nel XVI secolo l'isolato compreso tra il lato occidentale di Piazza Santa Margherita, via Annunziata, via Roma (oggi questo tratto è stato dedicato al Tenente Andrea Bafile) e via Burri, appariva molto diverso dall'attuale, suddiviso in tre isolati stretti e lunghi da due strade non più esistenti. Il primo era interposto tra via Roma e via Forcella, e aveva in testata, sul fronte Piazza Santa Margherita, l'omonima chiesa del locale con a fianco un giardino (oggi compreso nel chiostro del Convitto Camponeschi), pertinenza del retrostante Palazzo Quinzi verso l'Annunziata. Il secondo isolato correva lungo via Forcella e comprendeva la Camera Aquilana dei Nobili, che affacciava sulla piazza, e la casa di Pietro Fonticola, in angolo tra via Annunziata e via Forcella; il terzo si sviluppava lungo l'attuale via Burri con la casa di Giorgio Saturnino. Con l'arrivo all'Aquila della Compagnia dei Gesuiti di Sant'Ignazio, che nel 596 si insediava nel Palazzo della Camera, si avviarono profonde modifiche urbane.
A partire dalla realizzazione della nuova chiesa del Gesù e del Collegio Aquilano (1626-fine secolo)[4], ossia il Palazzo Camponeschi, che comportava il taglio e la rifusione dei tre isolati preesistenti di forma allungata, la chiusura delle due strade tra di loro interposte e il tracciamento dell'attuale via Camponeschi, sull'allineamento della Piazza Santa Margherita. In realtà la chiesa che il Collegio restarono incompiuti, in particolare alla chiesa del Gesù vennero a mancare il paramento di facciata, transetto, cupola ed abside; con la ricostruzione posts sisma 1703 la piazza di Santa Margherita e dell'Annunziata trovano il loro definitivo assetto attraverso un lungo e complesso processo di trasformazione che porta alla definizione formale e figurativa dei due invasi.
Nella Piazza Santa Margherita a settentrione sul sito cinquecentesco di Palazzo Conte di Montorio si colloca il Palazzo Pica Alfieri, risultato di un corposo intervento di ristrutturazione compiuto tra il 1711 e il 727, contiguo ad esso Palazzo Quinzi (completato nel 1726) la cui angolata si affaccia sulla piazza; a oriente il fronte del Palazzo Margherita, a occidente la facciata incompiuta della chiesa di Santa Margherita o del Gesù, a sud il Plaazzetto dei Nobili, riedificato nel 1712. La piazza dell'Annunziata si conforma come un singolare spazio urbano triangolare, convergente sulla settecentesca chiesa omonima, edificata dai castellani di Preturo nel XV secolo circa, spazio su cui incombe il fronte di Palazzo Carli (sede del Rettorato universitario sino al 2009), ricostruito tra il 1708 e il 1725
Il terremoto del gennaio e del 2 febbraio 1703 gravò particolarmente sul Quarto di San Pietro, distruggendo la facciata della chiesa di San Pietro di Coppito, e facendo crollare la volta della chiesa di San Domenico, uccidendo circa 600 persone. La ricostruzione tuttavia fu abbastanza celere, e vennero rifatti daccapo molti palazzi nobiliari, per San Pietro di Coppito venne creata una facciata barocca completamente diversa dall'originale, che fu ripristinata con un lavoro arbitrario nel 1974 dal soprintendente Mario Moretti, anche San Domenico venne rifatta quasi daccapo, vennero ricostruite in stile barocco anche le chiese di Santa Caterina, San Filippo e San Biagio d'Amiterno (oggi basilica di San Giuseppe); nel 1726 si realizzavano anche i lavori della nuova fabbrica di Santa Margherita, che dal 1636 era stata occupata dai Padri Gesuiti della Compagnia di Sant'Ignazio, che già da quel tempo avevano iniziato grandi lavori di trasformazione dell'antica chiesa medievale. Anche il Palazzo Margherita fu ampiamente rifatto, ad eccezione della torre civica medievale.
Il Quarto andò estendendosi nei primi anni del Novecento. Nel 1826 l'antica Porta Barete venne completamente abbattuta, perché ostruiva l'uscita verso la campagna di Pile e Pettino, e si pensò di rifarla in stile monumentale, cosa che però non avvenne. Anzi il piano di accesso a via Roma, in quanto molto pendente per il dislivello, venne parzialmente colmato nei primi del Novecento, delimitando la scomparsa dei pochi resti. Nel 1878 l'antico monastero di San Francesco a Palazzo (XIII secolo) già sconsacrato da una decina d'anni, venne ampiamente trasformato: la chiesa che prospettava su Piazza Palazzo venne modificata con un edificio in stile neoclassico dall'elegante porticato, che partiva dall'inizio del Corso Umberto I, e ospitò la biblioteca provinciale, il resto del convento, meno la cella dove morì nel 1444 San Bernardino e la cappella di Santa Maria della Concezione, venne decorato da ampi portici ad arcate a tutto sesto, che verranno continuati nel primo Ventennio del Novecento per garantire una continuità deambulatoria, pur'anche artistica, sino al Palazzo Federico su Piazza Duomo.
Il Quarto video dei lavori significativi, seppur in gran parte distruttivi, durante il periodo del fascismo: venne modificata via Fontesecco che portava in giù all'uscita di via XX Settembre, una parte orizzontale, posta circa a metà dell'intera area del Quarto, venne tagliata e sventrata; fino ad allora si chiamava "Vicolaccio" per la presenza di case popolari e botteghe di bassa lega, e così i canoni di decenza dell'etica fascista imposero la distruzione di queste case, con conseguente "tagliata" di una parte del monastero del Corpo di Cristo, per permettere una via di accesso veloce da Piazza Fontesecco sino al Corso Vittorio Emanuele: vale a dire l'attuale via Sallustio, completata nel 1941, per isolare i mercanti e gli artigiani di bassa lega che abitavano la strada detta "Vicolaccio" (che oggi risulta essere l'allargamento di via Sallustio), affinché fossero condotti nel sobborgo fuori le mura di Colle Pretara, lasciando via Sallustio a nuove istituzioni mercantili d'ambito imprenditoriale e di costituzione più moderna.
Altri lavori riguardano l'occupazione edilizia delle contrade di Santanza e Arischia, dove insistevano le due chiese di San Nicola d'Anza e San Benedetto, distrutte nel 1934 per realizzare la moderna circonvallazione di via Duca degli Abruzzi, che andava a collegare direttamente il piano del Castello con via Niccolò Persichetti, nel Quarto di San Marciano.
Il terremoto del 6 aprile ha gravemente danneggiato il Quarto, sventrando alcuni locali di Palazzo Margherita, provocando numerose crepe al Palazzo del Convitto sopra San Francesco, il crollo, in certi casi quasi totale, di case storiche poste lungo via Roma, da zona Santa Croce sino a Piazza San Pietro, gravi danni ai palazzi affacciati su questa piazza, come al Ciavoli-Cortelli, e alla chiesa stessa di San Pietro, con crollo parziale della facciata e totale della torre campanaria ottagonale; anche la parte superiore della facciata di San Domenica è crollata, mentre profonde crepe sono apparse sui muri esterni di Palazzo Carli, la sede storica del Rettorato universitario.
Corrisponde a una zona molto popolosa, sede di dimore di famiglie importanti come i Gaglioffi, i Camponeschi e i Pretatti. Il Quarto è attraversato per tutta la lunghezza dalla via Roma, vero e proprio decumano dell'impianto quattrocentesco cittadino, e culminava con Porta Romana, oggi scomparsa, verso Pile.
Di interesse sono la chiesa di San Domenico con il convento, voluta da Carlo II d'Angiò, e specialmente la capoquartiere chiesa di San Pietro a Coppito, costruita dagli aquilani del castello Poppleto (poi Coppito). Il Quarto confina in Piazza Duomo mediante le strade di via Teofilo Patini, via Cavour e via di Piazza Machilone, che dall'altra parte a nord sfocia in Piazza Palazzo dove si trova il Municipio, chiamato anche Palazzo Margherita d'Austria.
I locali in cui è suddiviso il Quarto sono:
Il portale romanico strombato del 1308 è una replica di quello di Santa Maria Paganica per la ricchezza e la decorazione delle cornici e delle colonne, e per il gruppo in rilievo del Cristo benedicente tra Apostoli. Nella lunetta inoltre c'è una statua di San Pietro con due leoni accanto, probabilmente materiale di spoglio dalla vicina Amiternum. La cornice del rosone è in parte originale, la facciata è a coronamento orizzontale con arcatelle pensili, l'impianto è basilicale con bracci del transetto sporgenti, e sulla destra sorge il campanile turrito a pianta ottagonale, mentre sul retro sporgono tre absidi poligonali. L'interno è a tre navate, con arcate ogivali, soffitto a capriate lignee; la navata di destra sembra essere la più antica della chiesa, che è stata una delle poche strutture ad essere rimaste in piedi dopo la distruzione di Manfredi di Svevia nel 1259. Un grande arco trionfale introduce in una specie di antitransetto sul quale si aprono altri tre archi trionfali, quello centrale impostato su due pilastri ottagonali, affiancato da un piccolo arco a sesto acuto, e da un altro arco mutilo. Le pareti mostrano affreschi del XV secolo, mentre nella parete absidale ci sono dei cicli più antichi del XIV sec. Sulla volta a crociera è raffigurata una serie di ritratti di Apostoli, e sulle pareti, divisi a scompari, i riquadri delle Storie di San Giorgio con didascalie informative in dialetto aquilano, come QN LU RE DEVEVA MANNARE LA FIGLIA A LU DRAU - QN. S. GIORGIU LIBERO LA TUSELLA DALLU DRAU. Nel sottarco del pilastro sinistro sono ritratti San Giovanni Battista, Sant'Elena e Santa Genoveffa, sulla parete sinistra del transetto ci sono affreschi rinascimentali della Natività, di Sant'Antonio abate e San Diacono e una "Fuga in Egitto". Nel vano del terzo arco ci sono altri affreschi della Madonna di Loreto tra santi (XVII sec), nell'edicola gotica alla sinistra dell'ingresso una "Madonna col Bambino tra santi" di Francesco da Montereale.
Arrangiata risulta l'abside, poiché costruita non seguendo il progetto originale; la parete è tripartita in verticale dalle medesime paraste presenti nel resto dell'aula, al centro vi è una nicchia contenente il Sacro Cuore, mentre le bande laterali sono quasi completamente riempite da due grandi dipinti incorniciati: Santa Margherita Alacoque e Beato Claudio de la Colombiére, influente nella diffusione del culto del Sacro Cuore. La controfacciata è occupata da un organo con cantoria a tre snelle arcate su esili colonne marmoree, realizzata nel 1717 da Gaetano Antonucci. Le cappelle sono molto decorate dagli stucchi tipici barocchi, e ospitano degli altari con delle tele. Degna di nota è la cappella di Sant'Ignazio con la tela di Gregorio Grassi e gli affreschi di Girolamo Cenatiempo.
Tra frazioni e comuni autonomi, i castelli del Quarto sono:
Arischia, Barete, Cagnano Amiterno, Cascina, Colle Pretara, Coppito, Pettino, Pile, Pizzoli, Pozza, Santanza, Santa Barbara, San Marco e San Vittorino. Di queste frazioni Pile e Pettino, dagli anni '60 e ancor più dopo il 2009 sono cresciute a dismisura costituendo il centro moderno aquilano, zona di costruzione di abitazioni antisismiche del progetto C.A.S.E e di prosperità commerciale. L'espansione edilizia ha comportato anche la costruzione della Facoltà di Fisica e Matematica dell'Università, accanto al nuovo ospedale San Salvatore, e al centro commerciale L'Aquilone. Di storico questa campagna aveva delle ville dei nobili, e alcune chiese, come quella di San Sisto, quella di San Giovanni e di San Pietro, presso Coppito.
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