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Miombo è la parola swahili usata per definire genericamente le piante del genere Brachystegia, un genere che comprende molte specie, ma ha acquisito anche un significato più ampio, passando a essere usato per riferirsi a un tipo di bioma tropicale e subtropicale caratterizzato da radure, savana e alberi di piccola taglia in cui la presenza della Brachystegia è l'elemento dominante, insieme a altri generi della sottofamiglia delle Caesalpinioideae e a erbe caratterizzate dal metabolismo C4.[1]
Il miombo si estende attraverso 11 paesi (Angola, Namibia, Botswana, Sudafrica, Zimbabwe, Zambia, Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Malawi, Tanzania e Burundi) a un'altitudine compresa tra 800 e 1250 m sul livello del mare, mentre nella parte orientale scende fino a 200-300 metri. I confini dell'ecoregione sono determinati da una miscela di componenti, oltre alla topografia, quali le precipitazioni e la temperatura. Il miombo è caratterizzato da un regime di piovosità unimodale (Novembre-Aprile) e una temperatura media massima di 24-27 °C. Rispetto alla definizione proposta inizialmente dal WWF, la super-ecoregione del miombo comprende diverse aree con vegetazione differente e identificabili.[2]
L'uso del fuoco per la preparazione dei terreni che saranno coltivati è impiegato comunemente da millenni, così come l'uso del fuoco per procurarsi il miele o preparare il carbone, cacciare gli animali o - al contrario - per spingere la vegetazione a far nascere germogli freschi che sono più appetitosi per il bestiame. I fuochi sono utilizzati al termine della stagione secca, tra Luglio e Ottobre; i fuochi hanno un effetto progressivamente più importante sulla vegetazione quanto più avvengono in condizioni di maggiore siccità. La composizione della flora del miombo è determinata in modo determinante dall'applicazione dei fuochi e infatti gli alberi dei generi più tolleranti agli incendi quali la Brachystegia e la Julbernardia sono i dominanti; tra le piante erbacee, sono avvantaggiate quelle che riescono a sopravvivere grazie a un apparato radicale che produce facilmente stoloni, o hanno le foglie di base, o bulbi, protette da tessuti morti.
All'interno dell'ecoregione del miombo si possono identificare 9 tipi di habitat, ognuno con distinte e caratteristiche composizioni di specie. Sono state catalogate 8.500 specie vegetali, di cui il 54% sono endemiche; il miombo è il centro di diversificazione sia per la Brachystegia sia per la Monotes, e 86 specie di piante con fusti e altre strutture di resistenza sotterranea (geoxile) sulle 98 conosciute sono state reperite in questa area.[2]
Le piante di questa regione tipicamente perdono le foglie per una piccola parte dell'anno per ridurre la perdita d'acqua per evaporazione e producono rapidamente una nuova generazione di foglie all'inizio della stagione delle piogge, con colori rossastri e dorati, che mascherano la clorofilla e ricordano piuttosto le colorazioni autunnali dei climi temperati.
L'aspetto più evidente della fauna del miombo è l'ampia presenza di grandi mammiferi erbivori (elefanti, rinoceronti bianchi e neri, ippopotami, giraffe masai, giraffe di Thornicroft, giraffe sudafricane, zebre di Grant, bufali e numerose antilopi fra cui Hippotragus niger variani e Hippotragus niger niger) e conseguentemente dei loro predatori (leoni, ghepardi, leopardi, iene, licaoni). Oltre a questi grandi gruppi, il miombo ospita scimmie (scimpanzé, babbuini e altre specie di scimmie diurne), mentre mancano studi approfonditi sui mammiferi minori, quali roditori, pipistrelli e insettivori.[2]
Sono state identificate almeno 938 specie (o sottospecie) di soli Passeriformi e ci sono 80 aree considerate importanti per l'osservazione degli uccelli, tra cui la paludi del lago Bangweulu, la falesia angolana, le colline Matobo e i piani di Kafue.
Molte specie sono endemiche e molte sono considerate a vario rischio di conservazione; nel miombo si trova il 90% degli esemplari di Bugeranus carunculatus su un totale di 13-15.000 stimati nel mondo. Lo struzzo è la specie più famosa ed è anche oggetto di allevamento per la carne.[2]
Ci sono 284 specie di Rettili e 130 di Anfibi, di cui 52 e 25, rispettivamente, sono endemiche del miombo. A parte il coccodrillo, la più nota, sono state identificate 10 regioni di particolare interesse per ospitare una particolare diversità di rettili/anfibi: la più alta diversità è stata riscontrata nel parco nazionale di Upemba, a Shashe (Zimbabwe/Sudafrica) e nel parco nazionale di Hwange. In sette aree sono stati identificati casi di endemismo. Le specie di rettili più minacciate sono il coccodrillo dal muso stretto centrafricano nel lago Mweru e la Cycloderma frenatum.[2]
La provincia ittiologica dello Zambesi contiene 196 specie di Pesci, senza considerare il lago Niassa che ne contiene da solo tra 600 e 800, e due aree di particolare ricchezza in termini di diversità ittica che sono quelle del lago Mweru e del fiume Luapula con 94 specie e quello dello Zambesi con 92.[2]
15 specie sono endemiche e 15 quasi-endemiche.
La loro conoscenza è lungi dall'essere completa: nel solo bacino dello Zambezi ci sono 102 specie di molluschi d'acqua dolce (sia Gasteropodi sia Lamellibranchi), ma il lago Tanganica è considerato più ricco e il bacino del Congo il più diversificato.
Oltre a questi, i gruppi più studiati e conosciuti sono i Lepidotteri, i Ditteri (è presente la mosca tse-tse, che è considerata la protettrice della fauna selvatica), gli Ortotteri, le termiti, quelli di diretto interesse per l'agricoltura e i portatori di problemi di salute umana.[2]
L'ecoregione si evolve affrontando la pressione che viene da rischi esterni, primo tra tutti l'espansione della popolazione, dell'area urbana, e di conseguenza la maggiore richiesta di aree destinate a uso agricolo.
La pressione delle colture da reddito è particolarmente sentita: mais, frumento e specialmente il tabacco hanno esigenze particolari per poter ottenere risultati economicamente e qualitativamente interessanti. In particolare, il tabacco ha una grande necessità di terreni perché si impongono ripetute rotazioni di superficie coltivata per difendersi dalle invasioni dei Nematodi che attaccano le radici e del grande fabbisogno di carbone vegetale per completare il processo di essiccazione delle foglie.[1]
La fauna è particolarmente minacciata dal bracconaggio, mentre in molti casi la corretta gestione delle risorse naturali è diventata una risorsa importante e una notevole fonte di reddito per le comunità che hanno accesso alla redistribuzione delle entrate derivanti dal turismo ecologico, dalla caccia controllata e dalle ricadute benefiche delle aree protette.
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