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specie di pianta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La spigarola bianca (nome scientifico Melampyrum pratense L., 1753) è una piccola pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Orobanchaceae.[1]
Spigarola bianca | |
---|---|
Melampyrum pratense | |
Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Asteridi |
(clade) | Euasteridi I |
Ordine | Lamiales |
Famiglia | Orobanchaceae |
Tribù | Rhinantheae |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Sottoregno | Tracheobionta |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Sottoclasse | Asteridae |
Ordine | Scrophulariales |
Famiglia | Scrophulariaceae |
Genere | Melampyrum |
Specie | M. pratense |
Nomenclatura binomiale | |
Melampyrum pratense L., 1753 | |
Nomi comuni | |
Melampiro dei prati |
Il nome generico (melampyrum) deriva da due parole greche: "mélas" (= nero) e "pyrós" (= grano), un nome usato da Teofrasto (371 a.C. – Atene, 287 a.C.), un filosofo e botanico greco antico, discepolo di Aristotele, autore di due ampi trattati botanici, per una pianta infestante delle colture di grano.[2] L'epiteto specifico (pratense) indica che l'habitat tipico per questa pianta sono i prati.[3][4]
Il binomio scientifico della pianta di questa voce è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione "Species Plantarum - 2: 605"[5] del 1753.[6]
Queste piante possono arrivare fino ad una altezza di 5 – 40 cm (massimo 60 cm). La forma biologica è terofita scaposa (T scap), ossia in generale sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme e sono munite di asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.[7] Sono piante “emiparassite” : possono vivere sulle radici di altre piante per prelevare acqua e sali minerali, mentre sono capaci di svolgere la funzione clorofilliana (al contrario delle piante “parassite assolute”). Queste piante anneriscono durante la disseccazione.[8][9][10][11][12]
La parte aerea del fusto è ascendente con superficie pubescente per brevi peli di tipo riflesso.
Le foglie, picciolate, sono opposte e colorate di verde scuro (anneriscono alla fine della fioritura, durante la fase secca della pianta). La forma è lineare-lanceolata; le maggiori sono lanceolate. I margini sono interi, appena ondulati sui bordi. Il portamento è lievemente falcato. Dimensione delle foglie medie: larghezza 4 – 12 mm; lunghezza 25 – 45 mm. Dimensione delle foglie maggiori: larghezza maggiori di 20 mm; lunghezza 60 mm.
L'infiorescenza è una spiga unilaterale con pochi fiori in genere disposti a copie. Sono presenti delle brattee lesiniformi dentellate alla base oppure intere. Le brattee alla fioritura sono verdi (o solo leggermente soffuse di violetto) e punteggiate di nero sulla faccia abassiale. Dimensione delle brattee: larghezza 4 mm; lunghezza 18 mm.
I fiori sono ermafroditi, zigomorfi e tetraciclici (con i quattro verticilli fondamentali delle Angiosperme: calice – corolla – androceo – gineceo) e più o meno pentameri (ogni verticillo ha 4 o 5 elementi). I fiori sono patenti (disposti orizzontalmente). Lunghezza del fiore: 11 – 20 mm.
Il frutto è del tipo a capsula deiscente a quattro semi; la forma è obovato-compressa bivalve.
Queste piante sono emiparassite, ossia in parte producono clorofilla e sono capaci di assorbire in modo autonomo i minerali dal terreno, ma hanno anche la capacità di utilizzare le sostanze prodotte dalle piante a loro vicine (funzione parassitaria). I meccanismo con il quale assorbono le sostanze di altre piante è basato su piccoli austori posti al livello radicale. La pianta ospite può accettare di buon grado questo insediamento (come la specie Festuca ovina) oppure può opporsi con secrezioni di sostanze tossiche. Se l'infestazione nelle colture di cereali supera un certo livello, la farina prodotta è più scura, con un particolare odore e dal sapore più acre e disgustoso dovuto al glucoside velenoso "rinantina".[10]
Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa scheda appartiene alla seguente comunità vegetale:[14]
La famiglia di appartenenza della specie (Orobanchaceae) comprende soprattutto piante erbacee perenni e annuali semiparassite (ossia contengono ancora clorofilla a parte qualche genere completamente parassita) con uno o più austori connessi alle radici ospiti. È una famiglia abbastanza numerosa con circa 60 - 90 generi e oltre 1700 - 2000 specie (il numero dei generi e delle specie dipende dai vari metodi di classificazione[16][17]) distribuiti in tutti i continenti. Il genere Melampyrum è distribuito in Europa, India, Giappone e Nord America; le sue specie preferiscono climi per lo più temperati delle regioni extratropicali. Comprende circa 30 - 40 specie di cui una dozzina sono presenti nella flora spontanea italiana.[10]
La classificazione tassonomica del Melampyrum nemorosum è in via di definizione in quanto fino a poco tempo fa il suo genere apparteneva alla famiglia delle Scrophulariaceae (secondo la classificazione ormai classica di Cronquist), mentre ora con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG) è stata assegnata alla famiglia delle Orobanchaceae e tribù Rhinantheae.[18].
Il numero cromosomico per questa specie è: 2n = 18.[19]
Melampyrum pratense è, da un punto di vista morfologico, estremamente variabile. La variabilità si manifesta su tre livelli: (1) un primo livello è dato dalla variazione geografica causata soprattutto dalle diversità climatiche; (2) un secondo livello è dovuto alla variazione ecologica data dai diversi habitat; (3) infine una certa variabilità è data dall'isolamento di particolari genotipi.[20]
Le specie del genere Melampyrum sono soggette al fenomeno del "polimorfismo stagionale". In particolare a quote basse dapprima si ha la fioritura "estivale" e quindi quella "autunnale". A quote più alte (alta montagna) a causa del più breve periodo di fioritura si ha una sola forma intermedia chiamata "monomorfa".
La specie Melampyrum pratense è variabile nelle brattee. Sul territorio italiano Sandro Pignatti distingue due tipi morfologici distinti:[12]
tipo pratense | tipo vulgatum | |
---|---|---|
Morfologia delle brattee | Le brattee inferiori sono intere, quelle superiori sono intere o appena dentate. | Tutte le brattee sono dentate. |
Colore della corolla dopo la fioritura | Purpureo o arrossato | Annerente |
Peli alla base delle antere | Sono decisamente più lunghi delle appendici delle antere | Sono subuguali alle appendici delle antere |
Fioritura estivale | Nome scientifico: var. rhaeticum Beauverd. Habitat: pascoli subalpini | Nome scientifico: fo. oligocladum Beauverd Habitat: boschi di abete rosso |
Fioritura autunnale | Nome scientifico: fo. quercetorum | Nome scientifico: fo. vulgatum (Pers.) Ronn.. Habitat: querceti e pinete su suolo acido |
Fioritura monomorfa | Nome scientifico: fo. alpestre Brugger. Habitat: brughiere subalpine a rododendri | Nome scientifico: fo. angustifrons Borbas Habitat:faggete acidofile |
Il disegno (tratto da Sandro Pignatti) dimostra la forma delle brattee nei due tipi descritti sopra in posizione basale, media e apicale rispetto l'infiorescenza.
Alcune checklist[13] descrivono, come presente nella flora spontanea italiana, anche la sottospecie subsp. commutatum (Tausch ex A. Kern.) C. E. Britton (stesso areale più o meno della specie tipo).
Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[15]
Le specie Melampyrum della flora spontanea italiana si dividono in cinque "gruppi di specie" principali non sempre di facile distinzione:[12]
Il disegno (sotto) mostra i caratteri del calice e delle brattee di questi cinque gruppi.
Il melampiro dei prati in altre lingue è chiamato nei seguenti modi:
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