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materiale artificiale con struttura macromolecolare Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le materie plastiche, chiamate comunemente plastica, sono materiali organici a elevato peso molecolare detti polimeri. Sono costituite da molecole con una catena molto lunga (macromolecole), che determinano le proprietà e le caratteristiche dei materiali stessi.[1]
Possono essere costituite da polimeri puri o miscelati con additivi o cariche varie. Le plastiche cosiddette caricate sono composte dalla matrice (proprio il materiale plastico prescelto) all'interno della quale sono annegate fibre di carbonio, di vetro, di kevlar o anche di legno. I polimeri più comuni sono sintetici, derivati cioè dal petrolio, ma esistono anche plastiche realizzate con materiali derivanti da altre fonti nonché le bioplastiche, ottenute a partire da amidi vegetali come quello di mais.
La IUPAC (Unione internazionale di chimica pura e applicata), nel definire le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi", raccomanda l'utilizzo del termine "polimeri" al posto di quello generico di "plastiche".[2]
Di seguito vengono riportate in ordine cronologico alcune tappe dello sviluppo delle materie plastiche.
I materiali polimerici sono generalmente il risultato della reazione di polimerizzazione di una quantità di molecole base (monomeri) per formare catene anche molto lunghe. Si parla di omopolimeri se il monomero è unico, copolimeri se il polimero è ottenuto da due o più monomeri diversi e di leghe polimeriche se il materiale è il risultato della miscelazione di due monomeri che polimerizzano senza combinarsi chimicamente [non chiaro].
Un materiale polimerico è in genere composto da macromolecole costituite dallo stesso tipo di unità ripetitiva, ma il numero di unità ripetitive varia per ciascuna macromolecola, per cui le macromolecole che costituiscono un materiale polimerico hanno diversa lunghezza. Quindi è necessario conoscere la distribuzione dei pesi molecolari (ovvero la percentuale di macromolecole aventi una specifica lunghezza) per determinare le proprietà chimico-fisiche del materiale polimerico in esame.
I materiali polimerici puri si suddividono in:
Dal punto di vista pratico, in genere si sfruttano opportune mescole, costituite da uno o più materiali polimerici con l'aggiunta di additivi. Per tale motivo alla classificazione standard dei materiali polimerici si affianca una classificazione "commerciale", secondo la quale i materiali polimerici si dividono in:
Le caratteristiche vantaggiose delle materie plastiche rispetto ai materiali metallici e non metallici sono la grande facilità di lavorazione, l'economicità, la colorabilità, l'isolamento acustico, termico, elettrico, meccanico (vibrazioni), la resistenza alla corrosione e l'inerzia chimica, nonché l'idrorepellenza e l'inattaccabilità da parte di muffe, funghi e batteri. Quelle svantaggiose sono l'attaccabilità da parte dei solventi (soprattutto le termoplastiche), degli acidi (in particolare le termoindurenti) e scarsa resistenza a temperature elevate.
Altra peculiarità è la bassa densità specifica, che conferisce un'elevata leggerezza compresa fra un minimo di 0,04 – 1 kg/dm³ per il polistirolo fino a un massimo di 2,2 kg/dm³ del politetrafluoruetilene (PTFE)[7], con una resistenza fisica molto eterogenea a seconda del tipo di plastica.
La plastica si ottiene dalla lavorazione del petrolio. Lo smaltimento dei rifiuti plastici, quasi tutti non biodegradabili, avviene di solito per riciclaggio o per stoccaggio in discariche; bruciando materiali plastici negli inceneritori si possono generare diossine (solo per i polimeri che contengono nella molecola atomi di cloro, ad esempio, il PVC), una famiglia di composti tossici. Questi problemi ambientali hanno incentivato negli ultimi anni lo sviluppo e la diffusione della bioplastica, i cui polimeri sono diversi da quelli petroderivati e si ottengono da zuccheri e amidi vegetali come quello di mais (ad esempio il PLA).
Alla base polimerica vengono aggiunte svariate sostanze ausiliarie ("cariche", additivi e plastificanti) in funzione dell'applicazione cui la materia plastica è destinata. Possono essere plastificanti, coloranti, antiossidanti, lubrificanti ed altri componenti speciali.
Tali sostanze hanno la funzione di stabilizzare, preservare, fluidificare, colorare, decolorare e proteggere dall'ossidazione il polimero. In genere servono a modificarne le proprietà reologiche (lavorabilità), aspetto e resistenza in funzione della destinazione d'uso.
I polimeri termoplastici possono essere fusi e rimodellati più volte. Hanno una struttura molecolare "a catena aperta", ovvero presentano un basso grado di reticolazione.
La tipologia di polietilene è ampia. Fra i diversi tipi abbiamo:
Possono essere formati una sola volta, perché, se sottoposti al calore una seconda volta, carbonizzano.
Le materie plastiche si classificano con il sistema americano SPI (Society of the Plastics Industry). Il segno distintivo è un triangolo (simbolo del riciclo) e un numero corrispondente al tipo di materia plastica.
Simbolo | Abbreviazione | Usi |
---|---|---|
PETE o PET | Riciclabile per la produzione di fibre poliestere, fogli termoformati, cinghie, bottiglie per bevande. | |
HDPE | Riciclato per la produzione di contenitori per liquidi, sacchetti, imballaggi, tubazioni agricole, basamenti a tazza, paracarri, elementi per campi sportivi e finto legno. | |
PVC o V | Riciclabile per tubazioni, recinzioni e contenitori non alimentari. | |
LDPE | Riciclato per sacchetti, contenitori vari, dispensatori, bottiglie di lavaggio, tubi, e materiale plastico di laboratorio. | |
PP | Riciclabile per parti da usare nell'industria automobilistica e per la produzione di fibre. | |
PS | Riciclabile multiuso, per accessori da ufficio, vassoi da cucina, giocattoli, videocassette e relativi contenitori, pannelli isolanti in polistirolo espanso |
Molte materie plastiche (nylon, teflon, plexiglas ecc.) si prestano bene a processi di produzione industriale con macchine utensili in modo del tutto analogo ai materiali metallici; per questo vengono spesso prodotte in semilavorati (barre, profilati, lastre eccetera) da cui i prodotti finiti (ad esempio boccole, rulli, anelli, perni, ruote) vengono ricavati con lavorazioni meccaniche.
Tra le lavorazioni a cui vengono sottoposte le materie plastiche, si annoverano:[8]
Lo stampaggio per compressione è un processo di lavorazione impiegato per le materie plastiche termoindurenti (ma talvolta è utilizzato anche per i termoplastici).[8]
Nello stampaggio per compressione il polimero, inizialmente in forma di polvere o pellet (pastiglie),[8] viene sottoposto ad elevate pressioni, e in questa maniera si realizza il processo di reticolazione.
La lavorazione più usata per produrre in serie oggetti in plastica è lo stampaggio ad iniezione. Si fa con speciali presse (dette "presse per iniezione termoplastica"), che fondono i granuli di materia plastica e la iniettano ad alta velocità e pressione negli stampi, dove il polimero, raffreddandosi, assume la geometria voluta.[8]
Lo stampaggio per iniezione viene impiegato sia nel caso di materiali termoplastici che termoindurenti.[8]
Nello stampaggio per trasferimento il polimero viene portato ad una temperatura tale da rammollirlo e al tempo stesso evitare la reticolazione, che si fa successivamente in uno stampo chiuso, in cui la massa rammollita viene trasferita (da cui il nome del processo).[8]
Nella formatura per estrusione il materiale viene spinto grazie ad una vite attraverso un'apertura. La forma finale del manufatto (la cui materia prima fluisce in maniera continua) dipende dalla geometria dell'apertura.[8]
Questo processo si utilizza per i materiali termoplastici e talvolta per quelli termoindurenti.[8] I tubi in plastica vengono prodotti tramite questo processo.
Utilizzato per produrre corpi cavi (come bottiglie, fustini, bombole) consiste nel dilatare una certa porzione di resina di forma cilindrica con un getto d'aria sotto pressione, fino a farla aderire alle pareti di uno stampo; la produzione di oggetti cilindrici è realizzata facendo precedere la fase di soffiatura da una fase di estrusione per la realizzazione del tubo di alimentazione alla soffiatura. La formatura per soffiatura viene impiegata anche per la produzione dei gusci di certi tipi di casco.
Un altro processo che ha una buona applicazione nella produzione di prodotti in plastica è la termoformatura, dove si parte da granuli di polistirolo o polipropilene. Si tratta dell'estrusione di film o di lastre che vengono fatte passare, a temperatura adeguata, in uno stampo nel quale l'oggetto voluto viene forgiato con la pressione dell'aria compressa o dell'aria atmosferica, con attrezzature di produzione molto economiche.
Un metodo diffuso per ottenere pellicole di polietilene è l'estrusione in bolla. Consiste nel far passare il polimero scaldato dall'estrusore attraverso una filiera circolare posta in posizione orizzontale. Il film ottenuto è raffreddato e fatto passare attraverso una calandra di traino che chiude il sistema. È anche inserita dell'aria per aumentare il volume del sistema, gonfiando ciò che assomiglia molto ad un pallone. In questo modo si produce il film termoretraibile usato per produrre imballaggi.
La pultrusione è un processo continuo che permette di produrre profilati plastici rinforzati da fibre, come ad esempio la fibra di carbonio e la fibra di vetro e fibra tessile
Nel 2022 l'Ocse ha presentato uno studio che analizzando il periodo tra il 1950 e il 2015 stima che
«solo 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati in fine, mentre 19% sono stati inceneriti e circa 50% sono finiti in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell'ambiente»
auspicando uno sforzo per aumentare la quota di riciclo[13][14].
In merito al modesto riciclaggio della plastica influiscono sia i processi onerosi legati a questa attività, sia il ridotto numero di volte che mediamente la plastica può venire riciclata, a differenza di altri materiali come il vetro o i metalli[15].
Lo smaltimento non adeguato delle materie plastiche alla fine del loro ciclo di vita causa inquinamento ambientale; in particolare, si possono riscontrare danni alla fauna selvatica, per la quale si stima che circa settecento specie siano state danneggiate, tra cui organismi marini, di terraferma e uccelli.[16]
Nel 2017 in Italia è stato scoperto che un tipo di bruco (la Galleria mellonella) si nutre di plastica ed è oggetto di studio allo scopo di tamponare l'impatto ambientale della plastica[17][18][19].
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