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Composto chimico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La canfora (o D-(+)-canfora), con formula chimica C10H16O, è un chetone ciclico, prodotto da ossidazione di un terpene, il pinene C10H16.
Canfora | |
---|---|
Nome IUPAC | |
(1R,4R)-1,7,7-trimetilbiciclo[2.2.1]eptan-2-one | |
Nomi alternativi | |
D-(+)-canfora | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C10H16O |
Massa molecolare (u) | 152,24 |
Aspetto | solido da incolore a bianco |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 200-945-0 |
PubChem | 2537 |
DrugBank | DBDB14156 |
SMILES | CC1(C2CCC1(C(=O)C2)C)C |
Proprietà chimico-fisiche | |
Densità (g/cm3, in c.s.) | 0,99 (20 °C) |
Solubilità in acqua | (20 °C) insolubile |
Temperatura di fusione | 175 °C (~448 K) |
Temperatura di ebollizione | 210 °C (~483 K) |
Indicazioni di sicurezza | |
Punto di fiamma | 66 °C (339 K) |
Limiti di esplosione | 0,6 - 4,5 Vol% |
Temperatura di autoignizione | 460 °C (733 K) |
Simboli di rischio chimico | |
pericolo | |
Frasi H | 228 - 315 - 319 - 335 |
Consigli P | 210 - 302+352 - 304+340 - 305+351+338 [1] |
La canfora è una sostanza cerosa, bianca o trasparente con un forte odore aromatico. Si trova in parecchi vegetali, ma viene estratta principalmente dal legno della Cinnamomum camphora (Laurus camphora), un grande albero sempreverde[2], e anche della Dryobalanops aromatica (canfora del Borneo), un gigante delle foreste del Borneo.
La sostanza si può trovare anche in alcuni altri vegetali collegati della famiglia dell'alloro, in particolare nell'Ocotea usambarensis (Canfora africana). Può anche essere prodotta sinteticamente da olio di trementina. Viene usata per il suo profumo, come ingrediente in cucina (soprattutto in India), come fluido per imbalsamare, nelle cerimonie religiose e per scopi medicinali. Una delle principali fonti di canfora in Asia è l'Ocimum kilimandscharicum (Ocimum kilimandscharicum Baker ex Gurke). La canfora si trova anche in basilico, coriandolo, maggiorana, rosmarino e salvia[senza fonte].
La parola canfora deriva dal latino medievale camphora, dall'arabo kafur, dal sanscrito karpur.[3] Barus era il porto sulla costa occidentale dell'isola di Sumatra dove i mercanti stranieri venivano ad acquistare la canfora, per cui in malese è diventato Kapur Barus. La canfora era conosciuta nella Penisola araba già in tempi pre-islamici, come menzionato nel Corano LXXVI:5, usata come aromatizzante per bevande. Nel IX secolo, il filosofo e chimico arabo al-Kindi (noto in Europa come Alchindus), fornì la prima ricetta per la produzione di canfora nel suo Kitāb kīmīyāʾ al-ʿitr (Libro di chimica del profumo).[4] Dal XIII secolo, venne usata nelle ricette in tutto il mondo musulmano, dai piatti principali, come il tradizionale tharīd, allo stufato e ai dolci.[5]
Già nel XIX secolo si sapeva che con l'acido nitrico la canfora avrebbe potuto essere ossidata in acido canforico. Haller e Blanc pubblicarono una semisintesi di canfora da acido canforico, che, pur dimostrandone la struttura, non lo provò. La prima completa sintesi totale per l'acido canforico è stata pubblicata da Gustaf Komppa nel 1903. Egli partì da ossalato di dietile e acido 3,3-dimetilpentanoico, che reagirono per la condensazione di Claisen dando l'acido dicheto-canforico. La metilazione con ioduro di metile e una procedura complicata di riduzione produsse acido canforico. William Perkin pubblicò un'altra sintesi poco tempo dopo. Già in precedenza alcuni composti organici (come ad esempio l'urea) erano stati sintetizzati in laboratorio, ma la canfora era un prodotto naturale scarsamente disponibile e con una forte richiesta in tutto il mondo. Komppa se ne rese conto e iniziò la produzione industriale di canfora in Tainionkoski, Finlandia, nel 1907.
Molti furono i metodi ideati per la sintesi della canfora, tra i quali quello ideato dal chimico Auguste Béhal, partendo dall'essenza di trementina C10H16 e quello di Marcellin Berthelot, partendo dall'ossidazione del borneolo C10H18O o del canfene C10H16.
La canfora può essere prodotta dall'α-pinene, che è abbondante negli oli delle conifere e può essere distillata dalla trementina ottenuta come prodotto della macerazione chimica[6]. Con acido acetico come solvente e con catalisi da un acido forte, l'α-pinene prontamente si riorganizza in canfene, che a sua volta subisce una trasposizione di Wagner-Meerwein a catione di isobornile, che viene catturato dall'acetato dando acetato di isobornile. L'idrolisi in isobornile seguita da deidrogenazione dà la canfora.
La canfora naturale viene estratta dalle piante adulte di circa 50 anni. Gli alberi di 4 metri di circonferenza forniscono circa 300 kg di canfora cristallizzata. Per estrarre la canfora in modo non artigianale ma industriale, si sottopongono le foglie ed il legno spezzettato alla distillazione con vapore acqueo. Si ottiene una percentuale dell'1,2-1,5% di canfora e di 0,5% di olio; le percentuali variano tra estate e inverno.
La canfora grezza presenta di solito molte impurità, come acqua, ferro, olio di canfora, sabbia, legno. Acqua e olio vengono eliminati per pressione o per centrifuga; l'acqua può esser eliminata anche tramite il cloruro di calcio o calce viva. Altre impurità vengono eliminate tramite cristallizzazione o sublimazione. La canfora viene poi posta in commercio in blocchi sferici, pesanti da 1,5 a 4 kg, bianchi, cristallini, semitrasparenti ed elastici. Può essere anche sotto forma di tavolette (USA), cassette di 50–60 kg, botti di legno.
La canfora ottenuta dalla Dryobalanops aromatica (canfora del Borneo) è rara, pregiata, costosa e ha sapore ed odore molto gradevole.
Nella biosintesi la canfora viene prodotta dal pirofosfato di geranile, tramite ciclizzazione del pirofosfato di linalolo in pirofosfato di borneolo, seguito dall'idrolisi in borneolo e ossidazione in canfora.
Usi moderni includono la canfora come plastificante per nitrocellulosa, come antitarma, come sostanza antimicrobica, in imbalsamazione, nei fuochi d'artificio, esplosivi, surrogati del cuoio. La canfora solida rilascia vapori che formano un rivestimento antiruggine e viene quindi posta in casse portautensili per proteggere gli strumenti dalla ruggine.[7] I cristalli di canfora vengono utilizzati anche per evitare danni alle collezioni di insetti da parte di altri piccoli insetti.
Viene anche usata in medicina. La canfora è assorbita velocemente attraverso la pelle, produce una sensazione di raffreddamento simile a quella del mentolo e svolge una leggera azione anestetica locale e antimicrobica. Ci sono gel antiprurito e gel rinfrescanti che hanno la canfora come principio attivo. La canfora è un principio attivo (assieme al mentolo) in prodotti vaporizzanti ed è efficace come sedativo della tosse. Può anche essere somministrato per via orale in piccole quantità (50 mg) per lievi sintomi di cuore e affaticamento.[8]
Nel XVIII secolo è stata utilizzata da Auenbrugger nel trattamento delle manie[9].
Alcune tradizioni popolari, inoltre, dicono che la canfora dissuada i serpenti e altri rettili a causa del suo forte odore. Allo stesso modo, si crede che la canfora sia tossica per gli insetti e quindi viene a volte usata come repellente.[10]
La canfora è ampiamente usata nelle cerimonie religiose indù. Gli indù venerano una fiamma sacra generata bruciando canfora, che costituisce una parte importante di molte cerimonie religiose. La canfora viene usata nelle celebrazioni Maha Shivaratri di Shiva, il dio indù della distruzione e della (ri)creazione. Come la pece naturale, brucia senza lasciare un residuo di ceneri, che simboleggia la coscienza. Di recente, la maggior parte dei templi nell'India del sud hanno smesso l'illuminazione con canfora nei principali Sancta sanctorum a causa di forti depositi di carbonio, tuttavia nelle aree aperte usano la canfora.
Si trova anche nelle maschere utilizzate per schiarire la pelle.
Recentemente, nanotubi di carbonio sono stati sintetizzati utilizzando con successo la canfora in un processo di deposizione chimica da vapore.[11]
Altre sostanze ricavate dagli alberi a volte sono erroneamente vendute come canfora.
Nell'Europa antica e medievale la canfora veniva utilizzata come ingrediente per i dolci. Era anche utilizzata come aromatizzante, in confezioni simili ai gelati, in Cina durante la Dinastia Tang (618-907). Veniva citata in una grande varietà di piatti, sia salati che dolci, nei libri di cucina medievale in lingua araba, come ad esempio Kitāb aṭ–ṭabīḫ scritto da Ibn Sayyār al-Warrāq nel X secolo[12] e un libro di cucina andalusa anonimo del XIII secolo[13]. Appare pure in piatti dolci e salati in un libro scritto alla fine del XV secolo per i sultani di Mandu, il Niʿmat-nama[14].
Attualmente la canfora viene utilizzata in Asia come aromatizzante, soprattutto per i dolci. È molto usata in cucina, soprattutto per i dessert, in India, dove è nota come kachha (grezza/cruda) karpuram ("canfora grezza" in tamil: பச்சைக் கற்பூரம்), e si può trovarla nei negozi di alimentari indiani dove è etichettata come "canfora commestibile".
Nel pūjā e nelle cerimonie indù, la canfora viene bruciata in un cucchiaio cerimoniale per l'esecuzione dell'Āratī. Questo tipo di canfora, il tipo cristallino bianco, viene anche venduto nei negozi alimentari indiani. Tuttavia non è adatto come alimento ed è pericoloso per la salute se mangiato. Solo la canfora etichettata come "canfora commestibile" dovrebbe essere usata per cucinare.
La canfora è stata usata in diversi preparati contro la tosse, come il Vicks e il Buckley, come sedativo della tosse e come analgesico locale. In passato veniva usata anche come antispasmodico, eccitante dei centri nervosi, antisettico. Quella monobromata veniva usata per curare l'asma, l'isterismo e l'eretismo genitale da blenorragia.
La canfora è pericolosa soprattutto per i bambini, le persone oltre i 55 anni e per coloro che ne assumono quantità superiori a quelle consigliate per lunghi periodi di tempo. In grandi quantità, la canfora è velenosa quando viene ingerita e può causare convulsioni, confusione, irritabilità, iperattività neuromuscolare, allucinazioni, nausea, vomito e vertigini. In casi estremi, anche l'applicazione locale di canfora può portare a epatotossicità.[15] [16] Dosi letali negli adulti sono di 50–500 mg/kg (per via orale). Generalmente 2 g provocano tossicità gravi e 4 g sono potenzialmente letali. Un sovradosaggio prolungato (0,5 ml/kg di peso corporeo) può provocare il coma o gravi danni renali.
Nel 1980 il Food and Drug Administration degli Stati Uniti pose un limite dell'11% di canfora ammissibile nei prodotti di consumo e vietò totalmente prodotti etichettati come olio canforato, olio di canfora, linimento di canfora e linimento canforato (tranne "olio essenziale di canfora bianco", che non contiene quantità significative di canfora). Dato che esistono trattamenti alternativi, l'uso medicinale della canfora è scoraggiato dalla FDA, tranne che per usi relativi alla pelle, come le polveri medicative, che contengono solo piccole quantità di canfora.
Tipiche reazioni della canfora sono
La canfora può anche essere ridotta a isoborneolo usando il boroidruro di sodio.
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