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184° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1261 al 1276 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gregorio X, nato Tedaldo Visconti (o Tebaldo o Teobaldo) (Piacenza, 1210 circa – Arezzo, 10 gennaio 1276), è stato il 184º papa della Chiesa cattolica dal 1º settembre 1271 alla morte. A lui si debbono il Secondo Concilio di Lione e la Costituzione apostolica Ubi Periculum, che regola tuttora, con poche modifiche, l'elezione dei papi. È stato beatificato da papa Clemente XI nel 1713.
Papa Gregorio X | |
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Papa Gregorio X in una miniatura de Il Milione (XV secolo, Biblioteca nazionale di Francia) | |
184º papa della Chiesa cattolica | |
Elezione | 1º settembre 1271 |
Insediamento | 27 marzo 1272 |
Fine pontificato | 10 gennaio 1276 (4 anni e 131 giorni) |
Cardinali creati | vedi Concistori di papa Gregorio X |
Predecessore | papa Clemente IV |
Successore | papa Innocenzo V |
Nome | Tedaldo Visconti |
Nascita | Piacenza, 1210 circa |
Ordinazione sacerdotale | 19 marzo 1272 |
Consacrazione a vescovo | 27 marzo 1272 dal cardinale Giovanni da Toledo |
Morte | Colle del Pionta, 10 gennaio 1276 |
Sepoltura | Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, Arezzo |
Beato Gregorio X | |
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Buonamico Buffalmacco, affresco de Gregorio X sulla cattedrale di Arezzo, 1320 circa. | |
Papa | |
Nascita | 1210 circa a Piacenza |
Morte | 10 gennaio 1276 a Colle del Pionta |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 8 luglio 1713 da papa Clemente XI |
Santuario principale | Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, Arezzo |
Ricorrenza | 10 gennaio |
Attributi | Triregno, abiti pontificali |
Tedaldo Visconti (o Teobaldo)[1] nacque a Piacenza intorno al 1210 da famiglia della nobiltà cittadina che secondo alcune fonti non aveva legami con l'omonima famiglia dei Signori di Milano[2]; secondo altre fonti invece discendeva dal ramo piacentino proprio dei Visconti stessi[3]. Suo padre era, con ogni probabilità, il podestà Oberto, ed egli compì forse studi ecclesiastici come chierico e diacono nella città natale, nella cui Cattedrale è anche possibile che abbia seguito i corsi religiosi del trivio e del quadrivio, ma - in definitiva - le notizie sulla sua infanzia e giovinezza sono scarse e frammentarie.
Le prime notizie certe ci conducono al 1236 quando conobbe il cardinale piacentino Giacomo Pecorara, che lo notò e lo prese al suo servizio un paio d'anni più tardi[4]. Nel 1239 Tedaldo accompagnò Pecorara in Francia, ove il porporato era stato inviato come legato pontificio, durante un viaggio che ebbe risvolti avventurosi: i due dovettero anche travestirsi da pellegrini per sfuggire agli uomini di Federico II, che proprio in quei giorni era stato scomunicato da papa Gregorio IX. Il viaggio in Francia fu comunque proficuo per il Visconti che, grazie all'interessamento del cardinale, ottenne prima un canonicato a Lione e quindi un arcidiaconato nella diocesi di Liegi[5].
Dopo la morte del cardinal Pecorara (1244), Tedaldo decise di recarsi a Lione, dove era appunto canonico, per assistere il nuovo vescovo cittadino, Filippo di Savoia, nell'organizzazione del Concilio ecumenico convocato in quella città da Papa Innocenzo IV[6]; nell'espletamento di tale incarico si fece ben conoscere e stimare dal papa, dai cardinali e dai numerosi ecclesiastici che presenziavano al Concilio.
Conclusi i lavori conciliari nell'estate del 1245, il Visconti raggiunse la sua sede arcidiaconale di Liegi, città ove risiedette per una ventina d'anni salvo alcune parentesi, tra le quali è di grande rilievo il soggiorno parigino di quattro anni presso la locale celebre Università, dal 1248 al 1252, dove strinse amicizia con personaggi quali Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d'Aquino[7], Guy Foucois (futuro papa Clemente IV), Pietro di Tarantasia (futuro papa Innocenzo V) e Matteo Rubeo Orsini (futuro cardinale protodiacono); in quegli anni conobbe anche Luigi IX e suo figlio Filippo, futuro Filippo III[5].
Tornato successivamente a Liegi, fu tra i protagonisti, in quella città, di un grave episodio accaduto nel 1266. La diocesi di Liegi era retta all'epoca dal principe-vescovo Enrico di Gheldria, un nobile dissoluto e libertino. In un giorno di quell'anno Enrico fu aggredito da un uomo armato cui il prelato aveva violentato la figlia; Tedaldo, che era presente, fece scudo al vescovo con il proprio corpo salvandogli la vita, ma subito dopo si rivolse al prelato rimproverandolo aspramente per la sua condotta immorale. Enrico, furibondo, percosse duramente ai fianchi il Visconti, procurandogli una grave ernia inguinale che gli creerà poi continui fastidi[5][8]. Va detto, per inciso, che questo vescovo malvagio verrà deposto "per indegnità" durante il secondo Concilio di Lione (1274) e sarà anche scomunicato; l'uomo, quasi a dimostrare per intero la sua indole, si metterà allora alla testa di una banda di malfattori con i quali compirà ogni genere di nefandezze per alcuni anni, finché non sarà ucciso nel 1282 durante un'azione di brigantaggio[9].
Lasciata Liegi Tedaldo prese nel 1267 la croce di crociato a Parigi[10] e fu quindi inviato da papa Clemente IV in Inghilterra per assistere il cardinale Ottobono Fieschi, futuro papa Adriano V, in una delicata e difficile missione di cui faceva parte anche Benedetto Caetani, il futuro papa Bonifacio VIII, missione che si concluse nell'autunno del 1268. Così, in quel fatale 1268 in cui la morte di Corradino aveva segnato il tramonto della Casa imperiale di Svevia, Tedaldo Visconti, pur avendo solo gli ordini minori, era buon amico del papa, di vari cardinali e futuri pontefici ed era stimato in tutta la Chiesa come uomo saggio, retto e onestissimo; proprio allora, il 29 novembre 1268, morì improvvisamente papa Clemente IV. I cardinali si riunirono a Viterbo per dare inizio a quella che fu la più lunga e difficile elezione papale della storia della Chiesa[11]. Tedaldo all'inizio del 1270 raggiunse Edoardo I d'Inghilterra per predicare la nona crociata a San Giovanni d'Acri; fu qui che, all'inizio dell'autunno del 1271, lo raggiunsero i messi del Sacro Collegio per informarlo che i cardinali, dopo una Sede vacante di ben 33 mesi, lo avevano eletto Sommo Pontefice della Chiesa di Roma[12].
L'elezione di Gregorio X era avvenuta dopo ben 1006 giorni di Sede vacante, al termine di un'interminabile e complicatissima elezione papale, che ne fecero il primo e più lungo conclave della storia. Era accaduto che, alla morte di papa Clemente IV nel 1268, i 19 cardinali riuniti a Viterbo per eleggerne il successore si erano trovati in grande disaccordo tra loro a causa di profonde divisioni politiche e nazionalistiche. Poiché dopo un anno e mezzo le votazioni continuavano a susseguirsi senza alcun esito positivo, esplosero improvvisi lo sdegno e l'insofferenza dei viterbesi che, guidati dal Capitano del popolo Raniero Gatti, segregarono a forza i cardinali nella grande sala del Palazzo Papale senza contatti con l'esterno (clausi cum clave), quindi ridussero loro il vitto, e infine addirittura scoperchiarono il tetto della sala, pur di farli arrivare ad un accordo. La segregazione venne successivamente ridotta ma, nonostante tutto, i porporati impiegarono altri 15 mesi per accordarsi sul nome di Tedaldo Visconti (1º settembre 1271)[13]. Gregorio, memore di quanto accaduto a Viterbo, durante il Concilio di Lione promulgò una sua costituzione apostolica, contenente norme precise che regolavano l'elezione papale: era la Ubi Periculum (16 luglio 1274).
La costituzione prevedeva che, entro dieci giorni dalla morte del papa, i cardinali elettori si riunissero, ciascuno con un solo accompagnatore, in una sala del palazzo ove risiedeva il defunto pontefice e venissero lì segregati senza alcun contatto con l'esterno; trascorsi tre giorni senza che fosse avvenuta l'elezione ai porporati doveva essere ridotto il vitto ad una sola pietanza per pasto; dopo altri cinque giorni il cibo doveva essere ulteriormente limitato a pane, vino e acqua; inoltre, durante l'elezione, tutti i redditi ecclesiastici dei cardinali venivano trattenuti dal Camerlengo, che li avrebbe poi messi a disposizione del nuovo papa. Appare evidente come la Ubi Periculum fosse in realtà molto limitante per i cardinali e impedisse loro quei contatti con l'esterno che avevano caratterizzato molte precedenti elezioni; si dice che dietro questa costituzione vi sia stata l'ispirazione di Bonaventura da Bagnoregio, che era grande amico di Gregorio X e voleva forse ripristinare l'autonomia del Sacro Collegio. Sta di fatto che diversi cardinali mal digerirono la Ubi Periculum e si adoperarono successivamente per farla prima sospendere da Adriano V nel luglio 1276[14], poi addirittura revocare da papa Giovanni XXI nel settembre dello stesso anno.
Fu papa Celestino V a reintrodurla nel 1294, mentre papa Bonifacio VIII, nel 1298, la inserì integralmente nel Codice di diritto canonico; va notato come questi due ultimi papi avessero entrambi ben conosciuto e stimato Gregorio X. Salvo piccole modifiche, dovute al mutare dei tempi, la Ubi Periculum regola tuttora lo svolgimento del conclave, che è stato istituito con questa costituzione, di cui i viterbesi furono i precursori[15].
La notizia della sua elezione lasciò Tedaldo stupefatto[16]. Il neoeletto pontefice si recò a Gerusalemme per pregare nei Luoghi Santi; in quei giorni incontrò anche Marco Polo con il padre Niccolò e lo zio Matteo, con i quali si era a lungo intrattenuto mesi prima quando era un semplice arcidiacono. I Polo, in quell'occasione, gli avevano espresso il loro rammarico per la lunga mancanza di un papa, poiché nel loro precedente viaggio in Cina avevano ricevuto da Kublai Khan una lettera per il Pontefice, ed erano così dovuti ripartire per la Cina delusi; avuta però notizia in viaggio dell'avvenuta elezione, e saputo anche che l'Eletto era proprio il loro dotto interlocutore di alcuni mesi prima, i tre si affrettarono a ritornare in Terrasanta, dove il nuovo Papa affidò loro lettere per il Gran Khan, invitandolo a mandare suoi emissari a Roma. Per dare maggior peso a questa missione, mandò con i Polo, come suoi legati, due padri domenicani[5].
Quindi, il 18 novembre 1271, con una scorta e una piccola flotta messe a sua disposizione da Edoardo I d'Inghilterra, il nuovo pontefice partì da Gerusalemme giungendo a Brindisi il 1º gennaio 1272; a Benevento fu accolto con grandi onori da Carlo d'Angiò, che ostentò con lui una protettiva e deferente amicizia. A Ceprano, porta d'ingresso dello Stato Pontificio, incontrò una rappresentanza del Sacro Collegio e, finalmente, il 10 febbraio 1272 giunse a Viterbo. Accolto trionfalmente, Tedaldo tenne subito, nel Duomo, un discorso pieno di passione sulla necessità di liberare la Terra santa. Sempre a Viterbo, alcuni giorni più tardi, venne ordinato sacerdote, poi consacrato vescovo, e scelse il nome pontificale di Gregorio X. Infine, l'11 marzo entrò in Roma, salutato con grande entusiasmo da un popolo che da tanti anni non vedeva più il "suo" Papa e, il 27 marzo 1272, fu incoronato in San Pietro. Appena quattro giorni più tardi, il 1º aprile, annunciò la convocazione di un Concilio ecumenico da tenere a Lione nel maggio 1274 con il triplice intento di risolvere i problemi della Terra santa, riunire la Chiesa di Roma a quella di Costantinopoli e rimuovere le molte difficoltà interne della Chiesa[17].
Partito da Roma nell'estate 1272, Gregorio si trattenne ad Orvieto fino all'anno seguente. Nel novembre del 1273 il Papa giunse a Lione, ove il Concilio ebbe inizio il 7 maggio 1274.
Il Secondo Concilio di Lione fu tra i più importanti e partecipati dell'intera storia della Chiesa. A Lione, città dell'alta Francia facilmente raggiungibile dalla Germania, giunsero moltissimi cardinali, circa cinquecento tra arcivescovi e vescovi, sessanta abati e più di mille prelati ed uomini di chiesa, nonché i maggiori teologi del tempo[5], con in testa i francescani Bonaventura da Bagnoregio e Alberto Gonzaga[18], il servita Filippo Benizi ed i domenicani Alberto Magno e Pietro di Tarantasia; vi prese parte anche Pietro Angeleri da Morrone, per impedire che l'ordine monastico da lui fondato fosse soppresso; il sommo teologo Tommaso d'Aquino invece morì nell'Abbazia di Fossanova mentre si stava recando proprio a Lione su esplicita richiesta di Gregorio. Al Concilio intervennero anche, con presenze più o meno lunghe, diversi sovrani e principi. I lavori conciliari ebbero termine il 17 luglio 1274.
Quando Gregorio convocò il Concilio, a soli quattro giorni dalla sua incoronazione, indicò con precisione i tre obiettivi che l'assise conciliare si prefiggeva, cioè:
In sede organizzativa, dopo la sessione inaugurale tenuta dal papa il 7 maggio 1274, venne poi dedicata una sessione del Concilio ad ognuno dei tre temi conciliari: così, nella II Sessione (18 maggio) si parlò della Terra santa, nella III Sessione (4 giugno) fu trattata la riforma della Chiesa, mentre durante la IV Sessione (6 luglio) si discusse dell'unità con la Chiesa ortodossa, con la partecipazione di una prestigiosa delegazione della Chiesa ortodossa; nella V Sessione (16 luglio) furono approvati alcuni decreti sul clero, venne presentata la costituzione apostolica Ubi Periculum e fu anche battezzato solennemente uno dei Tartari inviati in delegazione dal Gran Khan. Il Concilio si chiuse il 17 luglio 1274[19].
Oltre al grande successo partecipativo, si ebbe la percezione che potessero essere raggiunti tutti gli obiettivi principali per i quali il concilio era stato convocato:
In realtà si trattava di decisioni che non avevano, nei primi due casi, solide basi: dopo la morte di Gregorio X la Chiesa cattolica entrò nuovamente in un periodo di grave instabilità (in 16 mesi si succedettero ben 4 pontefici) e non si parlò più di Crociate. L'unità con la Chiesa ortodossa, di fatto "imposta" ai sudditi orientali dall'imperatore, morì con lui: alla scomparsa di Michele VIII essa fu infatti subito annullata dal figlio Andronico; anzi, il solco tra le due Chiese si approfondì sempre più. Così, dopo qualche anno, del grande Concilio di Gregorio X rimase solo la Ubi Periculum, che, per di più, era una costituzione apostolica (cioè un atto promulgato direttamente dal papa) e non conciliare[20][21].
Gregorio X lasciò Lione solo a fine aprile 1275; il 14 maggio incontrò a Beaucaire Alfonso X di Castiglia convincendolo a desistere dal rivendicare le sue mire sulla corona imperiale. Il 20 ottobre vide a Losanna Rodolfo I d'Asburgo[22], quindi riprese la strada di Roma. Lo stato di salute del papa era peggiorato in quei mesi, forse per colpa della vecchia ernia inguinale, che tornava a farsi sentire sempre più spesso. Il pontefice non poteva affaticarsi e, durante i viaggi, era costretto a periodiche soste. Così, a metà dicembre, si fermò un paio di giorni a Santa Croce al Mugello, ospite nel castello degli Ubaldini[5]. Tra il 19 e il 20 dicembre 1275 giunse ad Arezzo, dove le sue condizioni si aggravarono progressivamente, con un sensibile innalzamento della temperatura. Morì nel palazzo vescovile di Arezzo il 10 gennaio 1276[23]. Le sue spoglie riposano in una pregevole arca sepolcrale nel duomo di Arezzo. È stato beatificato da papa Clemente XI nel 1713, per conferma del culto ab immemorabili; nel Martyrologium Romanum la sua festa cade il 10 gennaio. Al suo nome è intitolato l'Istituto aretino di scienze religiose.
Nel 1268 l'esercito di Carlo d'Angiò sconfisse l'esercito svevo (battaglia di Tagliacozzo), segnando il tramonto della potenza sveva e il tramonto definitivo del ghibellinismo italiano. Quando Gregorio salì al Soglio l'Italia era dominata dagli Angioini, capo dei guelfi italiani. L'azione del papa fu volta a creare un equilibrio tra le due forze, cercando di porre fine alle controversie tra guelfi e ghibellini. Il pontefice si recò personalmente a Firenze, la capitale guelfa, dove giunse il 18 giugno 1273 accompagnato da Carlo d'Angiò, per pacificare due fazioni. Il tentativo si risolse in gravi tafferugli (fomentati probabilmente proprio dall'Angiò che era contrario a un accordo), che costrinsero il Papa a scagliare l'interdetto sulla città stessa[5][24].
Per riequilibrare la potenza degli angioini[25], Gregorio X riuscì a far rinascere il Sacro Romano Impero dopo una vacatio ultraventennale. Nel settembre 1273 il pontefice comunicò ai principi tedeschi che se essi non si fossero accordati sul nome di un imperatore, lo avrebbe scelto egli stesso con il collegio cardinalizio[26]. Il 29 settembre i principi elettori tedeschi si riunirono a Francoforte e, con il favore dei vescovi renani e quindi, con ogni probabilità, dello stesso Papa[27], elessero Rodolfo d'Asburgo.
Negli incontri di Losanna (ottobre 1275), il neoeletto imperatore Rodolfo giurò fedeltà al vicario di Cristo, ai cardinali e a tutta l'assemblea con le stesse formule utilizzate da Ottone IV e da Federico II. Egli promise inoltre, con un atto che ebbe importanza politica e vasta risonanza, di proteggere la Chiesa romana e di conservare integralmente i suoi possessi[26]. Gli accordi non furono ratificati per la morte prematura di Gregorio X. La sua azione fu portata a termine da Niccolò III (1277-1280).
Nel corso della sua vita Gregorio X ebbe modo di frequentare tutti i più importanti personaggi della Chiesa di quegli anni; vi furono tra questi personalità straordinarie, successivamente elevate alla gloria degli altari, alcune delle quali tra le massime nell'intera Storia della Chiesa; la dimestichezza con questi santi uomini contribuì certamente a forgiare sia la tempra che lo spirito di un uomo attento e dotto come Gregorio. Va anzitutto ricordato lo straordinario rapporto di amicizia con san Bonaventura, che si consolidò certo negli anni in cui Tedaldo frequentò l'Università di Parigi, ma che era quasi certamente iniziato molto tempo prima in Italia; grazie a questo rapporto fu proprio Bonaventura a spingere Tedaldo verso il Pontificato con i suoi numerosi interventi a Viterbo tra il 1269 e il 1271 durante il celebre Conclave; poi, una volta eletto, fu Gregorio a creare cardinale Bonaventura con uno dei suoi primi atti, e fu ancora il Papa a volere sempre accanto a sé il cardinale Bonaventura da Bagnoregio durante il secondo Concilio di Lione. Proprio a Lione, verso la fine del Concilio, Bonaventura finì i suoi giorni terreni.
Un'amicizia non meno importante fu quella con san Tommaso d'Aquino: anche il grande teologo domenicano ebbe un rapporto rilevante con Gregorio X molto prima che questi diventasse papa, e Gregorio chiamò Tommaso a Lione nel 1274 per tenere importanti interventi durante il Concilio. Sulla strada che lo portava a Lione Tommaso d'Aquino morì nell'abbazia di Fossanova[28]. Gregorio X conobbe altresì bene san Luigi a Parigi, san Filippo Benizi, generale dei Serviti, che prese la parola al Concilio di Lione, come pure l'insigne teologo domenicano tedesco sant'Alberto Magno, e anche san Celestino V quando era ancora il monaco eremita Pietro Angeleri da Morrone e fu abbracciato da Gregorio sempre durante il Concilio e invitato a celebrare la Messa davanti ai Padri Conciliari, dicendogli che « [...] nessuno ne era maggiormente degno».
Gregorio X fu infine ottimo amico del grande teologo domenicano Pietro di Tarantasia, che lui stesso creò cardinale, suo successore sul Soglio di Pietro col nome di Innocenzo V e che sarà poi beatificato nel 1898. Grande merito di Gregorio fu quello di armonizzare la fede razionale e intellettuale del domenicano Tommaso d'Aquino con la dolce e umile spiritualità del francescano Bonaventura, finendo col realizzare un papato vissuto tra ragione e bontà d'animo; non stupisce quindi che un simile papa, rigoroso, onesto, dotto e buono, abbia anch'egli conquistato la gloria degli altari nel 1713[29].
Papa Gregorio X durante il suo pontificato ha creato 7 cardinali nel corso di 2 distinti concistori.[30]
Tutti gli storici medievalisti[31] sono oggi concordi nel riconoscere l'elevato valore del pontificato di Gregorio.
Infatti, a dispetto di quelli che, anche tra i suoi elettori, vedevano in lui un uomo insignificante, innocuo, destinato insomma ad essere un papa di transizione, Gregorio X si rivelò un grande Pontefice. Nei quattro anni del suo pontificato diede infatti molte direttive assolutamente innovative e svolse un'intensa e disinteressata attività in tutti i campi, tesa soprattutto ad affermare l'indipendenza della Santa Sede, che veniva riconfermata come l'unica depositaria di taluni fondamentali valori: nacque così la volontà (che dominò sempre il pensiero di Gregorio) di unire l'Europa cristiana per una Grande Crociata che liberasse Gerusalemme. Intimamente legato e subordinato a questa volontà fu il desiderio di ricongiungere la Chiesa di Roma a quella d'Oriente, che venne parzialmente realizzato durante il Concilio di Lione.
In Italia fu sua incessante cura tentare la pacificazione tra guelfi e ghibellini, ma non riuscì a realizzarla compiutamente, anche per l'opposizione, più o meno velata ma tenacissima, di Carlo d'Angiò. Del resto al sovrano angioino non mancarono motivi di frizione con questo papa che lo trattava con affetto e dolcezza, ma che forse vedeva in lui solo un molesto protettore di cui la Chiesa non aveva più bisogno. Anche per questo Gregorio appoggiò apertamente l'elezione di Rodolfo I d'Asburgo ad Imperatore del Sacro Romano Impero, contro la volontà di Carlo I d'Angiò che voleva su quel trono il nipote Filippo III; dopo l'elezione Rodolfo scrisse al papa una lettera piena di devozione e di affetto filiale, con toni molto lontani da quelli che avevano usato i monarchi svevi, a dimostrazione del nuovo clima di distensione. Quindi, dopo i tanti momenti oscuri e difficili degli anni passati, la Chiesa aveva di nuovo trovato un grande Papa, secondo molti storici addirittura uno fra i migliori di tutti i tempi. Va ribadito come Gregorio X, con la sua azione, sia riuscito a realizzare, anche se per brevissimo tempo, un papato indipendente, al di sopra dei particolarismi nazionalistici, vero punto di riferimento per l'intero mondo cristiano.
In quei decenni così cupi solo papa Bonifacio VIII saprà fare qualcosa di paragonabile, anche se il pragmatismo opportunista di Bonifacio finirà per essere molto lontano dalla spirituale e al contempo logica determinazione di Gregorio. La morte improvvisa e la difficile successione ruppero purtroppo i complessi equilibri che Gregorio X aveva saputo costruire[32].
Per inciso occorre altresì notare come Gregorio X sia anche ricordato per le sue importanti decretali, di cui esiste un commento curato dal celebre canonista Giovanni d'Anguissòla. Infine, Gregorio X fu il primo papa eletto da un conclave, tenutosi a Viterbo in una forma molto simile a quella odierna.
La genealogia episcopale è:
La successione apostolica è:
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