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branca della biologia che studia i geni, l'ereditarietà e la variabilità degli organismi viventi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La genetica (ghénesis, «genesi, origine») è la branca della biologia che studia i geni, l'ereditarietà e la variabilità genetica negli organismi viventi.[1] Il campo di studio della genetica si focalizza dunque sulla comprensione dei meccanismi alla base di questi fenomeni, noti sin dall'antichità, assieme all'embriologia, ma non spiegati fino al XIX secolo, grazie ai lavori pionieristici di Gregor Mendel, considerato per questo il padre della genetica.
Egli infatti per primo, pur non sapendo dell'esistenza dei cromosomi e della meiosi, attribuì ai "caratteri" ereditati in modo indipendente dagli individui parentali, la proprietà di determinare il fenotipo dell'individuo. In una visione moderna, l'informazione genetica degli organismi è contenuta all'interno della struttura chimica delle molecole di DNA.
I "caratteri" mendeliani dell'individuo corrispondono a sequenze di DNA (acido desossiribonucleico) ed RNA (acido ribonucleico) chiamate geni presenti nel genoma. I geni infatti contengono l'informazione per produrre molecole di RNA e proteine che permettono lo sviluppo e la regolazione dei caratteri cui sono correlati. Le proteine vengono prodotte attraverso la trascrizione del DNA a RNA, che viene trasportato fino ai ribosomi dall'RNA messaggero, che viene tradotto in proteina dagli stessi. Tale processo è noto come dogma centrale della biologia molecolare. Alcuni geni sono trascritti in RNA, ma non divengono proteine, assolvendo a fondamentali funzioni biologiche.
Sebbene la genetica giochi un ruolo importante nel determinare l'aspetto ed il comportamento dell'individuo, è la sua interazione con l'ambiente a determinare l'aspetto complessivo. Per questo motivo due gemelli identici, sebbene aventi lo stesso patrimonio genetico, possono avere diverse personalità.
Thomas Hunt Morgan osservò come la mutazione che causava la presenza di occhi bianchi in Drosophila fosse legata al sesso dell'animale. Ciò gli permise di ipotizzare che i geni si trovassero sui cromosomi.
Nella seconda parte del XIX secolo la teoria evoluzionistica di Charles Darwin andava via via affermandosi. Fu tuttavia il contributo del monaco ceco Gregor Mendel[2] a fornire la base teorica alla questione dell'ereditarietà dei caratteri,[3] che Darwin aveva risolto ipotizzando il meccanismo, poi rivelatosi errato, della pangenesi. Le teorie di Mendel prevedevano l'assortimento indipendente dei caratteri e non il rimescolamento dei caratteri stessi proposto da Darwin. La pangenesi non aveva alcuna prova sperimentale alla sua base. In ogni caso, le tesi di Mendel furono ampiamente ignorate fino all'inizio del XX secolo, quando vennero riscoperte da altri biologi che si trovavano ad affrontare problemi simili.
La stessa parola genetica fu coniata solo nel 1905 dallo scienziato britannico William Bateson in una lettera, rivolta a Adam Sedgwick, datata 18 aprile.[4] Bateson fu anche il primo ad usare il termine genetica in ambito ufficiale, nel corso della Terza Conferenza Internazionale sull'Ibridazione delle Piante del 1906 a Londra.[5]
Negli anni successivi alla riscoperta delle tesi di Mendel, si avviò un gran numero di esperimenti tesi a delucidare le basi molecolari dell'ereditarietà. Nel 1910 Thomas Hunt Morgan suggerì che i geni si trovassero nei cromosomi, in seguito ad osservazioni su Drosophila (il moscerino della frutta). Morgan notò infatti che le mutazioni che generavano un colore bianco dei cromatidi erano trasmesse in modo differente tra individui di diverso sesso in quanto questo gene mutante si trova sul cromosoma X. In seguito un suo studente, C.B. Bridges, dimostrò con vari esperimenti la correttezza dell'asserzione di Morgan. In più osservò il fenomeno della non-disgiunzione in Drosophila m. e scopri che il cromosoma Y di quest'ultima non ha rilevanza nella determinazione del sesso ma influenza la fertilità nei maschi. Nel 1913 il suo studente Alfred Sturtevant utilizzò il fenomeno del linkage genetico e le frequenze di ricombinazione ad esso associate per dimostrare e mappare la disposizione lineare dei geni lungo il cromosoma.
Sebbene i cromosomi fossero comunemente accettati come sito di localizzazione dei geni, all'inizio degli anni venti non vi era ancora chiarezza sulla composizione molecolare dei geni stessi. I cromosomi, infatti, sono composti sia di proteine che di DNA.
Nel 1928 Frederick Griffith pubblicò i risultati del suo lavoro (noto come esperimento di Griffith) sul fenomeno della trasformazione batterica, ipotizzando la presenza di un principio trasformante.
Sedici anni più tardi (nel 1944) Oswald Theodore Avery, Colin MacLeod e Maclyn McCarty ripresero la trasformazione, isolando ed identificando il DNA come molecola responsabile della trasformazione stessa. Nel 1952 l'esperimento di Hershey-Chase identificò il DNA come la molecola contenente il materiale genetico dei virus, ulteriore prova del fatto che il DNA fosse la molecola responsabile dell'ereditarietà.
Nel 1953 James Watson e Francis Crick completarono la risoluzione del DNA attraverso la cristallografia a raggi X eseguita da Rosalind Franklin, individuandone la celebre struttura a doppia elica: ogni nucleotide posto su un filamento aveva un nucleotide complementare sull'altro. Tale struttura, oltre a chiarire che l'informazione è contenuta concretamente nelle sequenze di nucleotidi, suggerì immediatamente il meccanismo fisico sottostante la replicazione del DNA. Essa infatti consiste nella separazione dell'elica nei due filamenti e nella ricostruzione di filamenti complementari ad entrambi.
I decenni successivi sono stati caratterizzati da una nuova espansione dei propri studi resi possibili dalla scoperta stessa della struttura del DNA. La scoperta degli enzimi di restrizione, in grado di tagliare in modo estremamente preciso, ha aperto la via ad una gestione sempre più efficace degli acidi nucleici. Lo sviluppo delle tecniche di sequenziamento del DNA nel 1977 hanno permesso la determinazione precisa delle sequenze nucleotidiche dei geni. La messa a punto della reazione a catena della polimerasi (PCR) da parte di Kary Banks Mullis nel 1983 ha reso possibile l'isolamento e l'amplificazione di sequenze specifiche di DNA. Queste ed altre tecniche hanno permesso al Progetto genoma umano e alla Celera Genomics di annunciare nel 2001 il completamento del sequenziamento dell'intero genoma umano. Infatti le mutazioni cambiano il DNA dei neucleotidi facendo variare tutto un organismo in due modi, o con le cellule somatiche o con le cellule riproduttive.
Con il passare dei decenni, gli approcci della genetica si sono differenziati, generando di fatto un buon numero di differenti aree in cui si applica la ricerca genetica.
La genetica formale (o classica) lavora con le tecniche e le metodologie messe a punto prima dell'avvento della biologia molecolare. In seguito alla scoperta del codice genetico ed alla messa a punto di strumenti come gli enzimi di restrizione, le vie di studio tipiche della genetica formale sono state in parte superate dalle evidenze messe in luce dalla genetica molecolare. Alcuni approcci di genetica formale, in ogni caso, restano decisamente utili ancora oggi. Le leggi di Mendel sono ad esempio ancora decisamente utili per la predizione dell'ereditarietà di alcuni caratteri monogenici. Per l'analisi di molti caratteri multigenici (o multifattoriali), invece, esse sono insufficienti, e si utilizzano approcci molecolari più fini e complessi.
La genetica comportamentale studia l'influenza della genetica sul comportamento degli individui. La genetica comportamentale ha messo in evidenza questioni di notevole interesse relativamente all'evoluzione del comportamento animale. In popolazioni di suricati o di guppy, ad esempio, la presenza di individui con ruolo di vedetta contro i predatori sembra essere geneticamente determinata. Tali individui hanno una aspettativa di vita decisamente minore rispetto agli altri e la loro presenza, stando alle regole della selezione naturale, dovrebbe venir meno in poche generazioni.
La genetica clinica (o genetica medica) raccoglie numerose applicazioni della genetica alla medicina. Il ruolo della genetica in patologia, infatti, è decisamente importante. Molte malattie, infatti, hanno causa scatenante essenzialmente ereditaria. Per altre, le cause genetiche sono presenti ma non sufficienti per indurre la patologia. Tra gli approcci della genetica clinica figurano la citogenetica e la consulenza genetica. Una nuova branca derivante dalle applicazioni delle conoscenze genetiche in medicina e nella pratica clinica è rappresentata dalla genetica personalizzata. Grazie alle scoperte derivanti dal sequenziamento del genoma umano è ora possibile eseguire degli studi predittivi sull'incidenza di una data patologia su un campione o su un individuo rispetto alla popolazione generale.
La genetica molecolare pone le sue basi sulla genetica classica, ma si focalizza sulla struttura e la funzione dei geni a livello molecolare. Questa disciplina utilizza sia le metodologie della genetica classica, che della biologia molecolare. Una branca importante della genetica molecolare, detta sistematica molecolare, analizza a livello molecolare la filogenesi e permette l'analisi della corretta classificazione scientifica degli organismi. Lo studio dei caratteri ereditari non strettamente associati a modifiche della sequenza del DNA sono invece il campo di studio dell'epigenetica.
La genetica delle popolazioni analizza le caratteristiche genetiche delle popolazioni nel loro insieme mediante metodi matematici, ed in particolare afferenti alla teoria delle probabilità e alla statistica. La disciplina studia, in particolare, le distribuzioni e le variazioni nelle frequenze alleliche dei geni sotto l'influsso delle quattro forze che regolano l'evoluzione: la selezione naturale, la deriva genetica, le mutazioni e le migrazioni. Questa branca, dunque, è in grado di spiegare fenomeni come l'adattamento e la speciazione.
La genetica delle popolazioni consta di due ulteriori sotto-discipline.
La genomica è la branca di più recente nascita. Essa si prefigge lo scopo di studiare le caratteristiche genetiche di interi genomi. Ciò è possibile attraverso ampie banche dati biologiche (come Ensembl, che raccoglie informazioni su diversi genomi) ed un crescente numero di strumenti computazionali messi a disposizione dalla bioinformatica.
L’epigenetica è lo studio dei processi di interpretazione del corredo genetico del DNA ad opera dell’ambiente cellulare che lo contiene e delle possibili mutazioni informative trasmissibili.
La ricerca epigenetica è una disciplina recente con ampie prospettive, innovativa di applicazione in campo medico, agrario, ecologico, anche il CNR ha dedicato un progetto per queste ricerche[12].
Il confine tra la genetica e le discipline affini, come la biologia molecolare e la biochimica non è ben definito ed è destinato ad esserlo sempre meno. Una definizione classica vedeva infatti la biologia molecolare come lo studio dei processi molecolari di replicazione, trascrizione, splicing e traduzione del materiale genetico; la biochimica come lo studio delle sostanze chimiche e del metabolismo degli esseri viventi; la genetica come lo studio dei fenomeni dell'ereditarietà. Tuttavia, oggi molti approcci di genetica molecolare si servono di tecniche e nozioni della biologia molecolare. Allo stesso modo, lo studio approfondito del metabolismo (argomento prettamente biochimico) non può esimersi dall'investigare i processi molecolari che lo controllano a livello genico. Le tre discipline, dunque, solo idealmente trattano aspetti diversi della biologia microscopica, di fatto i campi di studio sono notevolmente sovrapposti.
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