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islamista, scrittore e artista italiano (1924-2010) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gabriele Mandel (Bologna, 12 febbraio 1924 – Milano, 1º luglio 2010) è stato un islamista, psicoanalista, psicologo,[1] storico dell'arte, artista e traduttore italiano di discendenza turco-afghana. Ha utilizzato anche i nomi di Gabriele Mandel khân e Gabriele Sugana (cognome della nonna paterna). Fu un sufi islamico,[2] sceicco ("guida") della confraternita islamica Naqshbandiyya,[3]
khalīfa ("vicario") della confraternita sufi Jerrahi-Halveti,[4][5] Gran maestro della massoneria[6] e tra i fondatori, nel 2006, del Forum delle religioni di Milano.[7]
È autore di oltre 100 libri,[1] pubblicati da diverse case editrici italiane ed estere.
Nacque a Bologna nel 1924[8] dal massone Roberto Mandel (1895 - 1963), fisico, docente universitario, scrittore e storico e da Carlotta Rimini (1903 - 1992), scrittrice ebrea italiana. Benché il cognome Mandel sia molto diffuso anche fra gli ebrei mitteleuropei, alcune cronache familiari ventilano l'ipotesi suggestiva che il cognome originario era l'afghano Hetimandel Rūd,[9] poi abbreviato in Mandel. Gabriele D'Annunzio fu amico intimo del padre, che gli dedicò uno dei suoi numerosi libri,[10] ed ispiratore del nome dato a Mandel in suo onore.[11] In gioventù manifestò interesse per la musica, studiando flauto con Gastone Tassinari a Milano e diplomandosi in violino e armonia con Arrigo Pedrollo all'Istituto musicale Canneti, ora Conservatorio Arrigo Pedrollo, di Vicenza.[4]
Fu iniziato al sufismo in Afghanistan, a Kabul, nelle estati del 1938 e 1939.[1][12] Cominciò a scrivere novelle sufi sul Corriere dei Piccoli nel 1939, ma nel 1940 fu espulso dall'Albo dei giornalisti perché figlio di madre ebrea.[3] Membro della Resistenza partigiana, fu imprigionato nel 1944 e torturato dai nazisti nel carcere di San Vittore. Suo padre, ex fascista che si era opposto alle leggi razziali e all'entrata in guerra dell'Italia, fu internato con il figlio per aver nascosto la moglie ebrea, sottraendola all'arresto. Un libro di Roberto Mandel descrive le disavventure vissute.[13] Dopo la fuga rocambolesca di entrambi dal carcere, Gabriele Mandel si unì nuovamente alla Resistenza antifascista in una brigata anarchica.[1]
Finita la guerra, si laureò in lettere classiche[3] alla Sorbona[12] e conseguì il Diploma all'École des beaux-arts di Parigi (atelier Cami-Goerg). Ottenne poi un dottorato di ricerca in Archeologia all'Università del Lussemburgo.[12] Le sue ricerche archeologiche e gli studi sul campo, soprattutto in India e in Medio Oriente, si ritrovano nelle sue pubblicazioni, tra le quali: Salomone, La Civiltà della Valle dell'Indo, Il Regno di Saba, ultimo paradiso archeologico e Gengis Khan. In seguito divenne direttore dell'Istituto di Archeologia orientale islamica in Giordania.[3] Contemporaneamente approfondì i suoi studi scientifici, laureandosi prima in Psicologia a Bruxelles[12] e poi in Medicina all'Università degli Studi di Pavia.[3] Fece training didattico con Cesare Musatti[12] (metodo freudiano), Silvia Montefoschi[12] (metodo junghiano) e Francesco Parenti[12] (scuola adleriana). Si specializzò in psicologia clinica e medicina perinatale alla Clinica Mangiagalli di Milano. Finito il training didattico sotto la guida di Domenico De Maio, primario di psichiatria all'ospedale Fatebenefratelli di Milano, iniziò a lavorare come psicoterapeuta.[3] Fondò una scuola di psicoterapia globale, coniugando l'antica psicologia sufi a teorie psicologiche contemporanee. La psicologia risulta, assieme alla fisiologia, componente essenziale dell'universalismo immanente - radicato nel sufismo islamico[2] - di Mandel.[1] Ha insegnato psicologia all'università ESPI di Parigi ed è stato direttore della Facoltà di psicologia all'Università Europea del Lavoro di Bruxelles.[4][5]
Nuovamente iscritto all'Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 1959, divenne corrispondente, redattore e inviato speciale, scrivendo un totale di oltre 1800 articoli.[3] È stato segretario onorario della Organizzazione mondiale della Stampa diplomatica e direttore responsabile di tre periodici (Europa Unita, Rinnovamento dei Valori Classici, Alfani fi âl Islàm/Art in Islam). Fu infine direttore responsabile della rivista di cultura e spiritualità Sufismo e membro della Redazione di Jesus, mensile di Famiglia Cristiana di cui fu redattore dal 1978.[3]
Nel frattempo, nel 1971, viene iniziato nell'Ordine massonico Le Droit Humain.[14]
Da Keki Efendi Khan-i Hetimandel Rūd, principale esponente dei sufi in Afghanistan e da Mandel indicato come proprio zio,[9] ereditò l'interesse per il sufismo.[3] Fu allievo di Si Hamza Boubaker (1912 - 1995), politico, teologo e rettore dell'Università islamica di Parigi.[3][11][15] Membro dell'Accademia islamica di Cambridge,[4][5] rettore dell'università islamica âlBarî,[5][16] fondatore e membro del Consiglio direttivo dell'università islamica internazionale Averroè di Cordova,[4][5] oggi chiusa. Fu insignito della laurea honoris causa in Scienze coraniche all'università del Nuovo Messico[16] e in Scienze islamiche dall'università di Konya,[4][5] che successivamente gli ha dedicato la biblioteca della Facoltà di Lettere.[4]
Divenne dapprima sceicco, guida[3] della confraternita islamica Naqshbandiyya e poi khalīfa (califfo), vicario[4][5] per l'Italia della confraternita sufi Jerrahi-Halveti, con sede a Istanbul. In Italia ha fondato nel 2000 la tekke di Milano, guidandola fino alla morte nel 2010, e nel 2005 la tekke di Genova, lasciandola all'antico ordine afghano naqshbandi.[3] Fu tra i fondatori, il 21 marzo 2006, del Forum delle religioni di Milano,[7] al quale aderiscono ebrei, cristiani, musulmani, induisti, buddisti e ottenne il premio Dag Hammarskjöld per la pace.[4][17]
Numerose le sue pubblicazioni in Italia e all'estero dedicate all'Islam e al Sufismo, tra cui spiccano la traduzione dall'arabo e il commento del Corano,[18] in una versione che ha ottenuto l'alto patronato dell'UNESCO; la traduzione dal persiano e il commento al Mathnawì,[19] poema mistico di circa 25000 versi di Gialal al-Din Rumi. Conosceva, oltre ad altre lingue, l'arabo,[20][21][22] il persiano,[23] l'ebraico,[24] e il giapponese.[25]
È stato docente universitario di Entipologia (lo studio specialistico di opera a stampa dal punto di vista storico, artistico, tecnico e funzionale) alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, di Storia dell'Arte e direttore dell'Istituto di Discipline artistiche allo IULM di Milano[4][5] e professore onorario di Estetica Orientale e Storia dell'Arte Islamica all'Accademia di Brera di Milano.[4][5]
Ha studiato pittura anche con Henri Matisse all'École des beaux-arts di Parigi[11][12][26] e frequentato Salvador Dalí.[27] In qualità di pittore, incisore e ceramista ha esposto le sue opere in 156 mostre.[3][4] Tra le sedi d'esposizione: la Biennale di Venezia, il Museo d'Arte Moderna di Parigi, la Galleria di Parigi, il Museo d'Arte di San Paolo, i musei di Tokyo, di Nuova Delhi, di Ankara, di Konya, di Amman, di Samarkanda, il Palazzo dell'Ayuntamiento di Córdoba, il Palazzo Dolmabahçe di Istanbul, il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, il Civico museo della Città di Milano, la Basilica di Sant'Ambrogio, l'Abbazia di Chiaravalle, il Museo della Ceramica di Lodi, il Civico Museo di Crema, il museo di Belluno. Delle sue opere artistiche hanno parlato, tra gli altri: Filippo Tommaso Marinetti (1944), Giulio Cisari (1946), Alberto Martini (1948), Maurice Utrillo (1949), Gregorio Sciltian (1951), Carlo Carrà (1951), Henri Matisse (1953), Luigi Bartolini (1953), Jean Cocteau (1953), Si Hamza Boubakeur (1985), il cardinale e arcivescovo Carlo Maria Martini (1991), Roberto Guiducci (1991), Vittorio Sgarbi (1992).[4][28]
Ha collaborato con il musicista Franco Battiato, membro[11] della confraternita Jerrahi-Halveti guidata da Mandel, interessato al sufismo e alla musica islamica (Battiato ha cantato Fog el Nakhal in arabo durante il suo concerto di Baghdad del dicembre 1992). La mostra Misticismo d'Oriente e d'Occidente ha presentato circa 30 opere pittoriche di Mandel ed altrettante di Battiato a Verona[26] nel dicembre 2003 e a Milano[29] nel gennaio 2004.
Coniugato con Nûr-Carla Cerati[17], omonima della fotografa e scrittrice Carla Cerati, è deceduto a Milano il 1º luglio 2010.[7]
Molteplici sono stati i riconoscimenti culturali nel corso della sua vita, tra i quali il premio Dag Hammarskjöld per la pace.[4][17]
In Italia: Commendatore al Merito della Repubblica Italiana per motu proprio del presidente Giovanni Leone, medaglia d'oro del presidente della Repubblica Sandro Pertini, medaglia d'oro per i benemeriti della Pubblica Istruzione, gran premio di cultura della Presidenza del Consiglio.[4][5] Targa d'onore della Regione Lombardia, targa d'oro e Ambrogino d'oro del Comune di Milano, premio Mario Gromo alla Facoltà d'Architettura di Torino, targa d'onore di Martina Franca, premio San Valentino del Comune di Terni per la Letteratura.[4]
In Francia: medaglia d'onore della Città di Parigi, cavaliere del Bene e Merito Pubblico, medaglia d'oro dell'Accademia d'Arti, Scienze e Lettere, medaglia d'oro di San Luca.[4][5]
In Turchia: medaglia d'onore del Parlamento, targa d'onore del Ministero della Cultura, laurea honoris causa in Scienze islamiche dell'università di Konya.[4][5]
Negli USA: laurea honoris causa in Scienze coraniche all'università del Nuovo Messico.[16]
«Il dottor Mandel si agitò sulla sedia e disse: "una storia non risolve niente. Lei è proprio fuori dal mondo, sa. I suoi problemi sono ben altri."»
È autore di oltre 100 libri[1] pubblicati dai maggiori editori italiani (Rizzoli, Mondadori, Rusconi, Longanesi, Edizioni San Paolo, Franco Maria Ricci, Bompiani...), molti dei quali tradotti in più lingue (16 in totale[32]). Tra le opere edite in Italia:
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