![cover image](https://wikiwandv2-19431.kxcdn.com/_next/image?url=https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/df/Dharma_Wheel.svg/langit-640px-Dharma_Wheel.svg.png&w=640&q=50)
Buddhadharma
Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Il termine sanscrito Buddhadharma (बुद्धधर्म), indica, in India, l'insegnamento predicato dal Buddha Shakyamuni così da distinguerlo da quello di altri maestri indiani e dal Sanātanadharma (सनातनधर्म) ovvero l'insegnamento proveniente dalla letteratura vedica che, secondo le dottrine di origine vedica, non essendo stato pronunciato da alcun maestro non può che esserci sempre stato ed essere quindi sanātana(eterno, apéiron). In un significato più allargato, Buddhadharma indica il Buddismo con i suoi progressivi e contraddittori sviluppi.
![Thumb image](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/df/Dharma_Wheel.svg/320px-Dharma_Wheel.svg.png)
![Thumb image](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/73/Buddha-Footprint.jpeg/320px-Buddha-Footprint.jpeg)
Nei primi secoli, le comunità buddiste non rappresentavano con immagini il Buddha, ma solo per mezzo di impronte di piedi o con un trono vuoto.
Infatti, come ricorda Mario Piantelli, non è possibile parlare di "un" Buddismo quanto piuttosto di un "fascio di Buddismi".[1] Il tema, oggetto di numerose ricerche, è cosa di questo fascio di Buddismi possa essere ascritto alla figura storica del Buddha Shakyamuni. Ovvero quali fossero le caratteristiche del Buddismo delle origini. Un tema molto disagevole da trattare in quanto i testi scritti più antichi su cui tale ricerca può basarsi risalgono a poco prima l'inizio della nostra Era, successivi quindi, e di diversi secoli, alla morte del suo fondatore, il Buddha Shakyamuni. È arduo quindi avere la contezza di quale fosse il suo effettivo insegnamento e qualsiasi ricerca possa essere condotta su tale argomento deve ricordarsi dei limiti stessi da cui essa procede. Ciò premesso, alcune considerazioni possono essere fatte. È certo, ad esempio, che prima della loro messa per iscritto i sermoni del Buddha Shakyamuni venivano recitati oralmente e quindi trasmessi da monaci (bhikkhu) denominati bāṇaka. È certo anche che vi siano stati dei Concili buddisti in cui questi testi venivano recitati ma la cui ortodossia fu presto messa in discussione, producendo delle divisioni dottrinali (sul Dharma) e disciplinari (sul Vinaya) nel sangha buddista. Ma la stesura di un primo vero e proprio Canone buddista, andato perduto, può essere ascritta al periodo di Aśoka. Occorre infatti ricordare che, a parte le testimonianze archeologiche indirette, i Canoni buddisti scritti di cui disponiamo edizioni integrali o almeno non frammentarie appartengono tutti alla nostra era o poco prima: il Canone pāli è in una edizione risalente alla fine del V secolo d.C. (anche se basato su testi messi per iscritto nel I secolo a.C. e forse solo marginalmente modificati in questa edizione[2][3]; per ulteriori informazioni, vedasi Datazione dei Nikāya del Canone pāli), il Canone cinese è la traduzione, in cinese, operata nei primi secoli della nostra era a partire da testi sanscriti, mentre le traduzioni in tibetano, sempre dal sanscrito, del Canone tibetano sono decisamente più tarde. Prima di passare in rassegna i possibili più antichi raggruppamenti testuali del primo, possibile, Canone buddista e i relativi insegnamenti riportati successivamente negli Āgama-Nikāya, e forse persino nei più antichi Prajñāpāramitā Sūtra, fonte di interpretazione e di divisione dottrinale nel Buddismo dei Nikāya e nel Buddismo Mahāyāna, occorre affrontare il tema delle lingue usate nelle più antiche predicazioni e nella stesura orale dei primi insegnamenti buddisti[4].