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guerrieri vichinghi furiosi in battaglia e ritenuti invulnerabili Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Nel mondo germanico, un berserkr (al plurale berserkir, in inglese berserker), raramente italianizzato in berserco,[1] era un feroce guerriero che si diceva invasato dallo spirito di Odino ("furore"). Prima della battaglia, entravano in uno stato mentale di furia, detto berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore e alla sofferenza.
Le fonti nordiche descrivono spesso la condizione della berserksgangr con espressioni che al lettore moderno suggeriscono l'idea di uno stato di trance, e che non hanno mancato di suscitare tentativi di interpretazione di tipo psicologico o neurologico.
L'etimologia della parola è incerta; una delle ipotesi è che sia frutto dell'unione di due parole norrene, "berr" (in inglese bare, "nuda") e sarkr (simile alla parola scozzese sark, ovvero "maglia"), ma questa etimologia è inesatta, poiché berr è un sostantivo e non un aggettivo; l'ipotesi più accreditata, e più corretta da un punto di vista etimologico, è che il termine derivi da berr (in germanico bär, in olandese beer, "orso", o baar, "lupo"), in quanto in tempi antichi era costume dei guerrieri vestirsi di pellicce di animali come orsi, lupi e renne[2]. Altre fonti suggeriscono un'etimologia puramente norrena secondo cui la parola significherebbe "quelli vestiti con pelli d'orso", simili agli úlfheðinn («teste di lupo»).
Notizie sull'origine di questi guerrieri sono assenti, anche se Tacito, in riferimento agli Arii una tribù dei Lugi, menziona gruppi di combattenti germanici con caratteristiche simili.[3]
Snorri Sturluson parla di berserker nella saga di Egil, nella Hrólfs saga kraka ok kappa hans e nella saga degli Ynglingar. Molte saghe descrivono i berserkir come assassini, ladri, saccheggiatori.
La Saga di Grettir narra che questi guerrieri erano conosciuti anche come Úlfheðinn o "mantello di lupo", poiché indossavano le pelli di questo animale.
Nel capitolo VI della Saga degli Ynglingar, i compagni di Odino erano così presentati: «Andavano senza corazza, selvaggi come dei cani o dei lupi. Mordevano i loro scudi ed erano forti come degli orsi e dei tori. Massacravano gli uomini e né il ferro né l'acciaio potevano niente contro di loro. Questo si chiamava furore di berserkir.»[4]
A queste, si aggiungono occasionali riferimenti di uomini chiamati orsi, se non uomini-orsiː nel Gesta Danorum Saxo Grammaticus riporta che il padre di Thorgils Sprakalägg era un "Ursus" e lo descrive come un plantigrado[5], oppure come capostipite della casata normanna degli Châtillon era indicato un certo "Ursus".
La venerazione dell'orso non era rara fra i Germanici del nord. "Posseduti" dallo spirito dell'orso, ritenevano di averne la forza e la ferocia, e di poterne assumere l'aspetto.
Sembra che i berserkir facessero parte di sette o società di guerrieri, come si può supporre da alcune saghe, le quali parlano di gruppi di berserkir con dodici membri dove coloro che desideravano entrare a farne parte dovevano sostenere un combattimento (rituale o reale). Alcuni berserkr cambiavano i loro nomi in björn o biorn, come riferimento all'orso. Il soprannome che adottavano e la loro inaudita ferocia in battaglia generò infatti una leggenda secondo la quale essi si trasformavano letteralmente in enormi orsi durante la battaglia e si credeva che non potessero essere sconfitti, in quanto insensibili al dolore e alla paura, senza ricorrere all'asportazione di parti vitali, quali cuore o testa.
La terribile reputazione che accompagnava queste bande, e la loro apparizione sul campo di battaglia avevano certamente un grande effetto demoralizzante sui nemici. I berserkir combattevano incoscientemente e con dispiego incredibile di forze.
Erik il Rosso era forse un berserkr. Harald Bellachioma, fondatore del regno di Norvegia, usava i berserkir come truppe d'élite.
Nel 1015 Eiríkr Hákonarson bandì i berserkir, poco dopo il periodo in cui si ipotizza la sua conversione al Cristianesimo.
Agli occhi del Cristianesimo, gli elementi di selvaggio furore accostarono i Berserkir al mito della caccia selvaggia e dunque agli invasati posseduti dal demonio; la Chiesa bandì dunque la figura di tali guerrieri. Gli evangelizzatori predicavano la protezione di un unico dio, non guerriero, padre di tutti gli uomini, contro le trasformazioni dei guerrieri-belva. E così i Berserker divennero l'espressione di un culto in declino: se prima erano considerati indomiti guerrieri dalla forza e dal coraggio sovrumani, a causa della presa di potere dei vescovi, risultano creature diaboliche, fuorilegge, complice l'evoluzione da una società tribale ad una società dall'organizzazione civile più complessa.[6]
Memorabile è l'episodio riportato dalla cronaca anglosassone e dalla saga su Harald Hardråde scritta nel 1225 da Snorri Sturluson, quando sul ponte sullo Stamford (da cui prendeva il nome il villaggio Stamfordbridge), dove il Re Aroldo II d'Inghilterra si scontrò con l'esercito del re norvegese Harald Hardråde, prendendolo di sorpresa, disarmato e impreparato, dopo una marcia leggendaria, a tappe forzate, dalla parte meridionale del regno.
Per ritardare la battaglia e dare ad Harald Hardråde sufficiente tempo per posizionare il suo esercito in formazione circolare su di un'altura, il ponte venne immediatamente occupato da un berserk della guardia d'onore reale, un guerriero norvegese armato di ascia, senza armatura, che combatteva in modo furioso e che terrorizzò l'esercito anglosassone. Egli riuscì a tenere il ponte per circa un'ora, ferendo o buttando di sotto decine di quelli che cercavano di passare, fino a che gli anglosassoni non riuscirono ad ucciderlo portando una barca sotto al ponte e trafiggendolo con una lancia.
Non è da escludere l'impiego di prodotti psicoattivi che avrebbero avuto il ruolo di enfatizzare la condizione dei guerrieri Berserker, attraverso lo stato alterato di coscienza; non mancano i collegamenti all'ergotismo o ancora si attribuisce un ruolo di rilievo alle sfrenate danze e altri rituali collettivi. Saxo Grammaticus, inoltre, ci parla della loro assunzione di sangue di orso o lupo, come "droga" per acquisirne la forza: è dunque possibile confinare in una dimensione simbolica le proprietà allucinogene di tale sostanza.[6]
Secondo il professore Howard Fabing la "furia dei berserkir", detta anche berserksgangr, poteva giungere in un qualunque momento della quotidianità. Incominciava con un tremolio, il battere dei denti e una sensazione di freddo nel corpo. La faccia si gonfiava. Seguiva una grande rabbia, durante la quale poteva ululare come un animale selvaggio, unita al desiderio di assalire il prossimo, senza distinzione tra amici o avversari. Quando la rabbia si esauriva, il berserker risultava stremato e questa condizione poteva protrarsi per giorni.[7]
Secondo il professore Jesse L. Byock, tale furore potrebbe anche essere stata causata dalla malattia ossea di Paget. La crescita incontrollata delle ossa del cranio poteva causare una pressione dolorosa sulla testa. Come prova, menziona le teste grosse e sgradevoli di Egill Skallagrímsson nella Egils saga. Altre possibilità sono epilessia e isteria.
Altri hanno sostenuto che i temuti Berserker vichinghi si eccitassero con un infuso di funghi allucinogeni del tipo Amanita muscaria. Nell'inglese moderno è diffuso il detto to go berserk, che indica il perdere completamente il controllo, proprio come questi feroci guerrieri.
Sulla scia degli studi di Luigi Luca Cavalli Sforza nella ricostruzione 'storica' del genoma umano, sono stati individuati tra Norvegia e Svezia tracce di una deriva genetica avvenuta nel passaggio alle culture del Neolitico, che sarebbe all'origine della malattia rara conosciuta come porfiria. La malattia, nel Medioevo, era nota come 'licantropia' ed ha un profilo sintomatologico acuto particolarmente aderente alla berserksganga, come anche la descrizione leggendaria richiama la testa d'orso o di lupo che i Berserkir usavano come copricapo distintivo.[8][9]
Come nel caso dell'emocromatosi e l'adattamento alla nutrizione cerealicola dei protocelti/protosassoni, la porfiria sarebbe dovuta al lungo isolamento e all'adattamento in regioni scarsamente soleggiate, prive di vegetazione e di cibi zuccherini, con un'alimentazione a base di sangue e latte di renna, in un territorio ostile, privo di riferimenti e popolato da predatori competitivi, come l'orso e il lupo. Se i risultati della ricerca genetica verranno confermati dalla ricerca archeologica, è probabile, in base alle tattiche e alle modalità di combattimento, che fossero Berserkir, portatori di porfiria, sia la guardia d'onore di Harald Bella Chioma, primo re norvegese, sia gli Ironsides di Oliver Cromwell, come i Danesi descritti da Tacito e gli Spartani delle Termopili, visto che è documentata la presenza di porfirici nell'area Mediterranea fin da Ippocrate.[10][11][12][13][14][15]
Similmente ai furiosi berserkir, subisce terribili metamorfosi durante le sue battaglie l'eroe celtico Cú Chulainn, protagonista del Ciclo dell'Ulster. Lo spasmo frenetico del corpo sotto la pelle trasforma letteralmente Cú Chulainn in un mostro inarrestabile, incapace di distinguere tra amici e nemici. Il nome dato a questa sua tipica frenesia guerriera è ríastrad, "distorsione".
Tale figura è stata successivamente ripresa e reinterpretata svariate volte, tra la letteratura di genere e la cultura di massa.
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