Battaglia di Pavia (1525)
azione bellica del 1525 / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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La battaglia di Pavia fu combattuta il 24 febbraio 1525 durante la guerra d'Italia del 1521-1526 tra l'esercito francese guidato personalmente dal re Francesco I e l'armata imperiale di Carlo V, costituita principalmente da 12.000 lanzichenecchi tedeschi e da 5.000 soldati dei tercio spagnoli, guidata sul campo dal capitano fiammingo Carlo di Lannoy, dal condottiero italiano Fernando Francesco d'Avalos, e dal rinnegato francese Carlo di Borbone.[2][3] La battaglia si concluse con la netta vittoria dell'esercito dell'imperatore Carlo V; lo stesso re Francesco I, dopo essere caduto da cavallo, fu fatto prigioniero dagli imperiali.[4][5][6]
La battaglia segnò un momento decisivo delle guerre per il predominio in Italia e affermò la temporanea supremazia di Carlo V. Dal punto di vista della storia militare la battaglia è importante perché dimostrò la schiacciante superiorità della fanteria imperiale e soprattutto delle sue formazioni di picchieri e archibugieri spagnoli (tercios) e tedeschi (Doppelsöldner) che distrussero con il fuoco delle loro armi la famosa cavalleria pesante francese.[7][8]
La battaglia di Pavia segnò anche un momento di passaggio nelle strategie militari, che saranno d'ora in poi caratterizzate dal largo utilizzo delle armi da fuoco, nonché di importante mutamento nella composizione delle truppe, una sorta di Rinascimento Militare che prevedeva ora una distribuzione più omogenea della fanteria, della cavalleria come dell'artiglieria, visibile contemporaneamente nelle armate francesi e in quelle Imperiali.[9]
E se, durante il Medioevo, la cavalleria pesante aveva costituito l'ossatura degli eserciti, tra il XIII e il XVI secolo, questa disposizione cambiò sensibilmente. Durante le guerre d'Italia nel primo ventennio del XVI secolo, ci fu una vera e propria evoluzione dell'arte bellica rinascimentale, che coinvolse non solo le tattiche di cavalleria, bensì anche le nuove strategie adoperate dalla fanteria di picchieri svizzeri, che ora si trovavano a fronteggiare la nuova minaccia dei pezzi d'artiglieria. Infatti l'uso delle bombarde, ora montate su affusti e ruote, era ora possibile anche nelle battaglie campali e non solo negli assedi, e le armi da fuoco individuali, gli archibugi, venivano usati da archibugieri professionisti, che, organizzati in reparti autonomi, avevano un ruolo indipendente sul campo di battaglia da quello degli altri reparti.