popolazione di lingua romanì Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
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Citazioni sugli zingari, o zigani, zingani o gitani.
Chiedo a un amico che lavora come "produttore" presso un concessionario Mercedes: Quali sono i clienti migliori? Gli zingari. Non ti fanno tribulare per il colore e gli optional obbligatori: quello che c'è disponibile prendono e non tirano neanche il prezzo. Hanno delle borse di plastica, come quelle del supermercato; sono piene di banconote, ti mettono li 130/140 milioni, un foglio di filigrana sull'altro. In contanti. Non aspettano neanche le targhe, le fanno loro. (Maurizio Milani)
Chiunque voglia combattere efficacemente il nomadismo deve mirare a far saltare la comunità dei girovaghi e porre fine, per quanto ciò possa apparire duro, alla comunità familiare. Non esistono altre soluzioni. (Alfred Siegfried)
È assolutamente impossibile istillare negli zingari il concetto di proprietà e quindi educarli al lavoro come mezzo per conquistarsela. Ma temo che sia altrettanto impossibile far capire tutto questo ai nostri pietisti, religiosi e laici, che farneticano di «integrarli». (Indro Montanelli)
Ecco dove mettiamo gli zingari a Milano (mi torna alla mente il campo di via Idro, dalle parti della Gobba). Come i cimiteri, le carceri, gli inceneritori... lontano dagli occhi, ché disturbano nella loro fastidiosa irriducibilità. I campi rom mi inquietano. Sono una contraddizione in termini: se sono nomadi perché dovrebbero vivere in un campo? È il "paese dei campi", l'Italia, e la cosa mi disturba. La verità è che non sono più nomadi da almeno due generazioni. "Nomadi" è una nostra definizione, fra di loro non si chiamano così. Siamo noi (cos'è questo noi identitario? Con chi mi sto identificando? Anche con quelli che vorrebbero bruciarli, quei campi?) che nominandoli in quel modo è come se, magicamente, volessimo vederli via, prima o poi. Fuori dalle palle. Ma dove? La cosa davvero incredibile è che il popolo rom è il più odiato d'Europa, ed è anche l'unico che non ha mai fatto la guerra a nessuno. Bisogna uccidere, prevaricare, omologare, per essere amati e rispettati? (Gianni Biondillo)
Gli zingari avranno una forza di carattere tale da non stabilirsi su nessun pianeta, ma da continuare a vagare per il cosmo? (Stanisław Jerzy Lec)
Gli zingari invece erano un groviglio di spigoli. Non era l'imperfezione nel corpo o nel cervello, un'incisione sul pisello, il cognome di una città, la barba o il modo di parlare che li distingueva. Nemmeno la religione, la musica o il cibo. Nessuno di loro era mai diventato ricco, non avevano fatto guerre contro nessuno, non pensavano alla bomba atomica e alla armi chimiche o batteriologiche, non reclamavano una terra, non avevano creato né galere né manicomi. Qualcuno sapeva rubare sul tram, lavorare gli piaceva poco come a tutti, ma loro lo nascondevano meno e non consideravano un dramma puzzare di sudore o restare per una settimana senza cambiarsi mutande e calzini. In un'Europa che aspirava a una perfezione fatta di purezza sintetica e occhi azzurri, gli zingari apparivano come una zecca sul cane di Barbie, la muffa nel cheeseburger, i tarli da Ikea. (Ascanio Celestini)
Gli zingari, popolo autenticamente eletto, non portano la responsabilità di alcun evento e di alcuna istituzione. Essi hanno trionfato sulla terra per la loro attenzione di non fondarvi niente. (Emil Cioran)
La vera sfida europea è la continuità degli zingari in quella forma che essi stessi sceglieranno. E qui che il nostro essere europei giunge a compimento. (Andrzej Stasiuk)
Li vedevamo insieme ai loro bambini mentre accendevano fuochi, stendevano i panni. Avevano una vita, mentre noi eravamo scheletri che vagavano. Li guardavamo e ci dicevamo: che fortunati, questi, ma chi sono? C'era spesso il vento, ad Auschwitz, che spazzava il campo. Una mattina vediamo rotolare polvere, stracci e brandelli di vestiti. E dove sono andati a finire, gli zingari? Quelle che sapevano tutto hanno risposto: li hanno gasati tutti stanotte. Non lo posso dimenticare. Io sono la memoria di quello che è successo. (Liliana Segre)
Mi hanno portata via da mia madre poco dopo la mia nascita. [...] I primi sei mesi di vita li ho passati in un centro pediatrico per ritardati mentali. Lì ho vissuto le prime torture psichiatriche di un bambino jenische. [...] Quando per la prima volta ho chiesto al mio tutore, il dottor Siegfried, chi fossero i miei genitori, mi ha detto [...] tua madre è una puttana, tuo padre un asociale. E questo, me lo sono portato dietro per dieci anni. Finché ho capito il significato di quelle parole: i miei genitori erano zingari. (Mariella Mehr)
Si lamentano degli zingari? Guardateli come vanno in giro a supplicare l'elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi. L'Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all'Italia? (Fabrizio De André)
Sul significato della zingara, soggetto dipinto da Caravaggio e da tanti altri artisti del tempo, c'è molto da dire, non restando ancorati solo al tema del furto o della lettura della mano, come siamo abituati a vedere in tanta pittura del tempo. Si può riflettere sul legame di queste figure e mondi lontani, quindi sull'idea dell'esotico. Non è un caso che venissero chiamate anche le egiziane. (Francesca Cappelletti)
Zingari e zingare pare che siano nati, in questo mondo, soltanto per esser ladri: nascono da genitori ladri, crescono in mezzo ai ladri, studiano da ladri e riescono infine a esser ladri fatti e finiti di tutto punto. (Miguel de Cervantes)
Le ballerine zingare sono famose danzatrici. – In Ispagna ballano lo zarandeo e lo zarongo. Si vedono in tutti i balli popolari (baile de Condil) del sobborgo di Triana a Siviglia. Il dimenar del corpo (meneo) è l'essenza di queste danze; anzi, quando una ballerina spicca nel meneo, si suol dire la frase pittoresca: tiene mucho miel en las caderas. (Ha molto miele nei fianchi).
Non esiste problema istorico, che abbia più occupato le menti degli eruditi di quel che non abbia fatto la questione, che riflette l'origine degli Zingari. Il profondo silenzio degli antichi sull'organamento primitivo di questo popolo, sulle vicende e le cause di una diuturna dispersione, nella quale esso perdura mercé una specie di fatale maledizione, offre maraviglioso campo alle fantasie del romanziere, ma forma in pari tempo la desolazione dello storico e dell'etnologo. La critica moderna e i fecondi risultati della filologia comparata non hanno potuto nemmeno oggi dare un responso sicuro su questo difficoltoso problema; ond'è che da tre secoli in qua le più disparate e spesso le più assurde opinioni furono emesse sulle origini degli Zingari.
Per molto tempo si è creduto che gli Zingari non possedessero una lingua propriamente detta; e l'arcana veste del loro parlare fu ritenuta un frasario convenzionale, un gergo furbesco adoperato per non farsi intendere dai profani, alla foggia della lingua zerga d'Italia, della langue verte francese, del cant e dello slang inglesi e del rothwelsch tedesco.
Bisogna essere davvero infami per prendersela con chi non ha una nazione che lo difenda, che non può mettere in campo forze economico finanziarie per arginare le politiche persecutorie pensate e concepite come perfetta arma di distrazione di massa.
La ziganofobia è una delle forme più ripugnanti e vili di razzismo, prova di un'imbecillità senza limiti. Quasi nessuno di coloro che agitano lo spettro dei Rom e dei Sinti conosce la loro Storia, né le loro storie.
Le falsità che scatenano panico nei confronti delle marginalità sono le più efficaci, nella fattispecie i Rom e i migranti.
Certo, non siamo sempre innocenti, per questo non difendiamo l'indifendibile ma rifiutiamo la responsabilità collettiva, che tanto per cambiare era il criterio dei nazifascisti per motivare il genocidio.
[Dopo le elezioni politiche italiane del 2018] I programmi dei vincitori cambiano molto il quadro e mi riferisco in particolare a quello della Lega che non fa presagire cose molto buone per chi come i rom e i sinti sono stati a lungo oggetto di campagne d'odio, insieme con immigrati e musulmani.
L'istruzione è un diritto del cittadino ed è un dovere per le istituzioni pubbliche. E, secondo me, il problema più grande delle comunità rom e sinte è proprio la scuola come condizione fondamentale per uscire dai ghetti, anche quelli nei quali ci chiudiamo noi, per avere, lo ripeto, un posto in società, nel quale trovarci con la nostra cultura con pari diritti e doveri con le altre componenti sociali.